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Autore: fallsofarc    28/05/2017    7 recensioni
Liz è a Londra da Jack. L'incontro con un'altra coppia li fa riflettere sulle difficoltà delle relazioni a distanza.
Dal testo: “Ci siamo conosciuti al primo anno di college, perché sono finita in un assurdo corso di teatro per ottenere crediti, illusa che avrei fatto tappezzeria. Invece… abbiamo dovuto recitare insieme e…”
“Vi siete innamorati” concluse Bianca, con un sospiro. “Dalla finzione alla realtà, davvero romantico. Certo, ora siete parecchio distanti.”
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Tra palco e realtà
Extra di Lezioni di seduzione


“Hai davvero intenzione di studiare mentre sei qua?”
Sbuffai, perché era la quinta volta che me lo chiedeva nel giro di poche ore. “Sì, Jack.”
Si fermò, a due passi dall’entrata della libreria. “Rimani solo cinque giorni.”
Come se non sapessi anch’io che il tempo sarebbe volato.  “Lo so ma ieri il professore ha aggiunto questo saggio al materiale da studiare e non era previsto” mi lamentai, considerando quanto avevo studiato nelle notti precedenti per rimanere al passo con il piano di studi e potermi concedere quei giorni a Londra.
Annuì, sconfitto. “D’accordo, vediamo se lo troviamo qua” mi prese per mano ed entrammo.
Sperai che il terzo tentativo fosse quello buono, nelle due librerie precedenti era andata male e non ne esisteva una versione digitale.
“Io vado a cercarlo, tu intanto vedi se qua c’è qualcuno che ci possa aiutare” mi istruì Jack, ancora nervoso per la mezz’ora persa nel negozio precedente.
Da quando era venuto a prendermi all’aeroporto, non eravamo ancora riusciti a stare un po’ da soli. Avevamo lasciato la mia valigia nel suo appartamento e mi aveva proposto di fermarci in camera sua, per farmi riposare, ma in salotto c’erano il suo coinquilino e un paio di amici.
“Jack, se mi stendo rischio seriamente di addormentarmi, non ho dormito molto sull’aereo” era stata la mia risposta, a malincuore. C’eravamo baciati, non appena ero corsa tra le sue braccia, ma eravamo comunque in pubblico.
“Hai così scarsa fiducia nelle mie capacità di tenerti sveglia?” si era finto offeso ma il suo classico ghigno aveva fatto subito capolino.
“Al contrario, ne ho troppa e di là in salotto c’è gente” mi ero seduta sul letto, con un sospiro.
“Decisamente non sei silenziosa, è vero. Per me non è un problema ma…”
“Jack!” lo avevo bloccato, cercando di non ridere. Perché era drammaticamente vero, tutto quanto. Sia che lui riuscisse a farmi perdere il mio abituale autocontrollo sia che non se ne sarebbe minimamente curato, mentre io non avrei avuto il coraggio di uscire da quella stanza fino alla partenza.
Perciò avevamo deciso di andare alla ricerca di quel maledetto libro, considerando che avrei comunque avuto qualche ora libera il lunedì mentre Jack sarebbe stato a lezione. Certo, avrei potuto godermi la città da turista ma non era la mia prima visita e in caso di pioggia, quindi molto probabile, avrei avuto qualcosa di utile a cui dedicarmi.
Jack sparì nei meandri della libreria, diretto alla sezione giusta, mentre io mi avvicinai alla cassa per chiedere informazioni.
C’era un ragazzo alto, dai capelli corti, fermo lì vicino. Non era in fila per pagare e alla cassa non c’era nessuno, perciò dedussi che lavorasse lì.
“Scusami, sto cercando un libro” esordii.
Si girò e mi restituì uno sguardo perplesso. Non era la prima volta che il mio accento americano suscitava un minimo di curiosità ma lui mi stava fissando come se parlassi un’altra lingua.
“Mi dispiace, non lavoro qua.” E non era nemmeno del luogo, dedussi da come mi rispose.
“Oh, scusami” arrossii, conscia di aver appena scambiato un turista per un commesso. Con buona pace del cliché dell’americana svampita.
“Non ti preoccupare” mi sorrise, poi aggiunse “scusami… il mio inglese non è il migliore.”
Parlava lentamente, misurando le parole ma non aveva fatto alcun errore e, oltretutto, aveva davvero una bellissima voce.
“Oh no, tranquillo! A volte faccio fatica a farmi capire perfino io qua, quando parlo troppo velocemente. Sono americana” gli spiegai.
Non mi ero mai accorta di quanto marcato potesse sembrare il mio accento fino a quando Jack aveva iniziato a esercitarsi per usare l’accento inglese e le differenze erano diventate subito evidenti.
“Turista? O adesso vivi qua?”
“Nessuna delle due. Il mio ragazzo studia qua e quando posso vengo a trovarlo” sempre troppo poco di frequente, ma le ore di viaggio e le spese per sostenerle erano davvero tante.
“Relazione a lunga distanza, wow” poi aggiunse qualcosa in una lingua che non riconoscevo, guardando alle mie spalle.
Mi girai e vidi una ragazza sorridergli, poi si avvicinò a noi, mostrandogli un libro.
“Puoi chiedere a lui” il ragazzo dalla bella voce mi indicò il commesso che aveva seguito la ragazza, forse era stato impegnato a trovarle quel libro.
“Grazie e scusami ancora” gli feci un ultimo sorriso, prima di girarmi.
Con la coda dell’occhio vidi che quella che probabilmente era la sua ragazza mi guardava con curiosità.
Con enorme sollievo di Jack, trovammo il libro ma quando stavamo per uscire dalla libreria, ci accorgemmo che fuori la pioggia da lieve era diventata intensa.
“Mangiamo qualcosa qua, dai. Diamo il tempo agli altri di sgombrare casa come ho chiesto” mi propose, indicandomi il locale lì vicino.
“Più che chiesto, hai ordinato, minacciandoli di non azzardarsi a tornare prima di mezzanotte.”
Jack rise, non potendo negarlo. “Miciotta, non ti vedo da quasi due mesi e avresti dovuto accettare la mia proposta di prenderci una stanza in albergo.”
Scossi il capo. “Avremmo speso inutilmente soldi, dobbiamo risparmiare per il prossimo biglietto aereo.”
Dopo varie discussioni avevamo deciso di creare un fondo comune, dove depositare ogni nostro risparmio da destinare ai biglietti aerei.
Jack lavorava quattro sere a settimana in un pub ma la sua borsa di studio copriva soltanto la rata di iscrizione e poco altro, quindi doveva comunque pagare l’affitto e mantenersi. A suo padre non aveva chiesto un soldo, non si erano più parlati da quando gli aveva annunciato il trasferimento oltreoceano. Io avevo iniziato a dare ripetizioni e per fortuna i miei genitori si preoccupavano di pagare anche l’affitto dell’appartamento che dividevo con Rick.
Non ci saremmo comunque potuti permettere più di due viaggi se non fosse stato per i biglietti che Luke, il fratello di Jack, ci aveva regalato per il suo compleanno e poi per il mio. Era il suo ringraziamento perché avevo convinto Jack a cercare di recuperare un rapporto con lui.
Se c’era una cosa che quella relazione a distanza ci aveva insegnato era superare l’orgoglio, accettare gli aiuti per riuscire a vederci più spesso. Non era facile ma ce la stavamo facendo, smentendo qualsiasi previsione.
Quando ci fecero accomodare a un tavolino per la cena, notai subito, nel locale ancora mezzo vuoto, la coppia della libreria. Feci al ragazzo un cenno di saluto e Jack mi vide.
“Lo conosci?”
Gli raccontai di averlo scambiato per il commesso quando in realtà era un turista.
“Andiamo a parlarci, dai!” mi prese per mano, alzandosi dalla sedia.
“Ma è con la sua ragazza, magari li disturbiamo” mi opposi, debolmente, perché sapevo che l’avrebbe avuta vinta. Tutta colpa della facilità con cui sembrava aver assorbito l’accento britannico. Gli era rimasta la curiosità di imparare altri accenti, in previsione di un incerto futuro in cui gli sarebbe servito fare un provino per un personaggio straniero. Non era la prima volta che mi trascinava a fare conversazione con un turista.
Jack mancava di ritegno e non si imbarazzava mai per nulla, quindi non si faceva problemi a intavolare una conversazione con un perfetto conosciuto.
Finimmo, neanche troppo inspiegabilmente, a sederci a tavola con la coppia. Lei si chiamava Bianca, studiava economia ma aveva un’ottima conoscenza della lingua, perfino quando mi era sfuggito un modo di dire tipicamente americano.
“Sono abituata alle serie tv e ai libri, quindi capisco meglio te di uno sceneggiato della BBC!”
Alex, il ragazzo, si era scusato nuovamente perché il suo lessico non era molto ampio, giusto quello che gli era servito sapere nel suo lavoro alla reception di un albergo.
“Quindi siete italiani ma non abitate vicini” Jack continuò a fare domande sulla loro provenienza.
“Sono due città diverse, entrambe nel nord Italia” spiegò lei. “Ma devi ascoltare Alex se vuoi sentire la giusta dizione, ha studiato per registrare i suoi podcast.”
Di fronte alla mia espressione incuriosita, continuò a spiegare. “Alex ha un podcast in cui legge racconti inviati dagli ascoltatori, è così che ci siamo conosciuti” Bianca si girò verso di lui, con un sorriso nostalgico.
“Quindi vi siete conosciuti online?”
Il ragazzo annuì, chinando il capo per lasciarle un bacio sulla tempia. Erano davvero una bellissima coppia.
“E voi invece? Tu sei americana e lui inglese…?” la domanda era legittima, per chi non ci conosceva.
Non avevo bisogno di voltarmi, ero certa che Jack stesse sorridendo compiaciuto.
“Veramente sono americano anch’io, però ho imparato a fingermi inglese” abbandonò la recita.
Adoravo il suo finto accento britannico, lo trovavo sexy, ma mi sentivo a casa quando tornava se stesso.
“Ci siamo conosciuti al primo anno di college, perché sono finita in un assurdo corso di teatro per ottenere crediti, illusa che avrei fatto tappezzeria. Invece… abbiamo dovuto recitare insieme e…”
“Vi siete innamorati” concluse Bianca, con un sospiro. “Dalla finzione alla realtà, davvero romantico. Certo, ora siete parecchio distanti.”
“Già” convenne Jack, circondandomi le spalle con un braccio, per attirarmi più vicina.
Mi lasciai andare contro di lui, come desideravo fare ogni volta che il pensiero della lontananza mi apriva una voragine nel petto.
“Non mi lamenterò più della nostra ora di treno” sospirò Bianca, guardandomi con dispiacere.
“Però anche voi non riuscite a vedervi sempre” puntualizzai. Non volevo che sminuisse le difficoltà della loro relazione a distanza, solo perché io e Jack eravamo due pazzi che continuavano a resistere con un oceano in mezzo.
“La distanza è sempre dolorosa, fa discutere e alimenta la gelosia e…” Alex si bloccò e chiese la traduzione di una parola alla sua ragazza.
“Il risentimento, sì” concluse lei, facendosi comprendere anche da noi.
Jack sospirò, prendendo a giocare con i miei capelli, come faceva quando aveva bisogno di rilassarsi.
“Alex, ma come è nato il tuo podcast?” cambiò poi argomento, per risollevare l’umore generale.
Rimanemmo due ore a chiacchierare con loro e ci scambiammo gli indirizzi e-mail per tenerci in contatto. Jack non vedeva l’ora di ascoltare il podcast di Alex per continuare a studiare le differenze di accento tra le lingue e io mi ero scoperta curiosa quanto lui. Certo, non avrei compreso i racconti letti ma la voce di Alex era davvero bella, calda e morbida.
Eravamo quasi arrivati all’appartamento di Jack, quando lui ritornò in argomento.
“Sai, credo di aver capito che non è facile per nessuna coppia, indipendentemente dalle ore di viaggio. Stare distanti e non potersi vedere quando si vuole è comunque doloroso.”
Annuii, pensierosa. Jack stava per inserire le chiavi nella porta quando lo bloccai. “Promettiamoci una cosa.”
“Cosa, miciotta?”
“Che se un giorno diventasse troppo difficile, troppo doloroso da gestire, ce lo diremo. Senza trascinarci, senza rovinare i bei ricordi. Prima di arrivare a fare qualcosa di…”
“Stai parlando di tradimento?” mi bloccò, serio.
“Io ho fiducia in te, Jack. Se non ce l’avessi non avrei resistito nemmeno un giorno dopo la tua partenza.”
Sorrise, poi mi prese tra le sue braccia, ancora sul pianerottolo. “E io ho fiducia di riuscire a farti tornare a casa così felice e sessualmente appagata che nessun broccolo oserà nemmeno avvicinarsi a chiederti l’ora, da quanto ti si leggerà in faccia che pensi solo a me” mi scoccò un bacio a fior di labbra.
“Sei il solito presuntuoso arrogante” risi, sciogliendomi dalla sua stretta per permettergli di aprire la porta.
“E tu sei pazza di me” concluse, prendendomi in braccio a sorpresa.
“Jack!” mi lamentai, mentre mi faceva varcare la soglia dell’appartamento. “Non ti sembra di esagerare?”
“Dimentichi sempre che mi sono inginocchiato ai tuoi piedi, davanti a una platea piena di testimoni.” Chiuse la porta dietro di noi, con un calcio. Per fortuna l’appartamento era deserto come speravamo.
“Quello era William e stavamo recitando Lezioni di seduzione” protestai, debolmente, mentre lui procedeva spedito verso la sua camera.
“Lo so, sono un grande attore” ghignò, depositandomi brutalmente sul letto.
Prima che potessi lamentarmi della poca delicatezza, mi trascinò su di lui. “Non ho mai avuto bisogno di calarmi davvero nei panni di William e tu non sei mai stata Catherine per me.”
“Nessuna distinzione tra il palco e la realtà?” sussurrai, con il cuore che batteva fortissimo.
“Una sola, sul palco mi sono dovuto trattenere.” Mi baciò, con passione. I vestiti volarono via, nessun lento spogliarello come in Lezioni di seduzione, nessuna scena interrotta, nessun gioco di luci e di scenografie.
“Ti amo, Liz.”
Ogni volta che facevamo l’amore dopo essere stati separati per settimane, finivamo a stringerci l’un l'altra come se non fossimo mai vicini a sufficienza, come se non potessimo tollerare nemmeno un millimetro tra di noi, consci che quei ricordi ci avrebbero dato la forza di aspettare il viaggio successivo, di resistere nonostante le difficoltà.
“Ti amo anch’io, Jack.”





Note finali
Sono ormai sette anni che scrivo, ciclicamente, di Jack e Liz. Lezioni di seduzione ha appena compiuto un anno in libreria e, proprio in questi giorni, ho ripreso a scrivere una nuova versione di Un fidanzato di troppo.
Ho sempre amato far incontrare i miei personaggi e non potevo non farlo anche con Alex e Bianca di Onde di velluto.
Grazie a chi passerà di qua con la voglia di leggere ancora di Jack e Liz e magari di conoscere anche i miei nuovi personaggi. Potete trovarmi qua: profilo facebook, pagina facebook, instagram, twitter, wordpress, wattpad, nel nuovo gruppo facebook appena nato... e in libreria! A presto, perché torno sempre a casa.

fallsofarc



   
 
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