Crossover
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Autore: Ash Visconti    28/05/2017    4 recensioni
Europa, inizi del secolo XI: in pieno medioevo due cavalieri d’oro, Crysos dei Pesci e Acubens del Cancro indagano su alcune attività sospette di cavalieri rinnegati, ma ben presto si troveranno coinvolti in un’avventura che coinvolgerà loro e il misterioso Regno Argentato ed il Regno Dorato.
Crossover tra Saint Seiya - I Cavalieri dello Zodiaco e Sailor Moon. Nota AU inserita per il fatto che due universi condividono lo stesso universo.
Da un'idea originale di Suikotsu autore qui su EFP. La storia è da considerarsi in continuity con la sua fic "Le guerre degli dei". Non è necessario aver letto le sue fic per comprendere questa fic.
AVVISO: STORIA PER IL MOMENTO INTERROTTA.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Anime/Manga
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 15 - La Battaglia del Regno Dorato - Ultima Parte


 
Le stelle splendevano allegre in cielo quando Nephrite era salito sulla torre più alta del palazzo.
Appassionato di Astronomia sin dalla giovane età, la guardia del corpo del principe della terra amava trascorrere le serate libere lassù per ammirare la volta stellata.
Si era portata dietro, un libro d’astronomia, un cannocchiale e vari strumenti per lo studio delle stelle, strumenti che di sicuro non trovavano in nessuna zona del mondo.
“Come ti è nato tutto questo interesse per le stelle del cielo?”
Nephrite voltò la testa dietro di sé, verso chi aveva parlato.
Una ragazzina di dodici anni, coi capelli rossi e gli occhi verdi, lo stava osservando poco lontano.
“Mah, difficile dirlo con precisione, credo di averla avuta da sempre”.
“Già, la sua passione è un mistero persino per noi!” aggiunse scherzosamente Jadeite, appoggiato alla balaustra della torre  assieme alla ragazzina.
“Oh, anche molte cose dei miei compagni sono un bel mistero”.
Risero tutti e tre, poi la ragazzina osservò il cielo stellato e privo di nuvole.
“E’ sempre uno spettacolo incredibile!” disse.
“E la sai una cosa Arianna?” disse Jadeite. “Alcuni popoli fuori dal Regno Dorato pensano che le stelle siano fuochi da campo che accendono di notte le anime dei morti salite in cielo”.
La ragazzina rise, e Nephrite commentò: “La solita semplice mentalità dei barbari là fuori, anche se altri popoli là fuori sanno che quei puntini lassù sono soltanto corpi celesti”.
Arianna non staccò gli occhi dal cielo: aveva chiesto a Jadeite di portarla lì ed ora, era molto curiosa della disciplina scientifica di cui la guardia era appassionata.
“E’ vero che si può leggere nelle stelle il futuro?”
“Questa, Arianna, è una faccenda più complicata del studiare le stelle, che già di per sé è una cosa abbastanza complessa” rispose il castano mentre sfogliava un paio di pagine del libro.
“E tu ci riesci?”
“Un po’. Sto affinando la tecnica”.
“Ti consulterò per il mio futuro” aggiunse in tono scherzoso Jadeite.
“Le stelle possono decidere il tuo destino è vero?” chiese Arianna.
“In che senso?”
“Nel senso che se decidono che ti capiterà una tal cosa allora ti capiterà”.
Nephrite scosse la testa.
“Questo lo pensano le persone semplici che conosco poco la materia (senza offesa Arianna). Ma di fatto le cose non stanno esattamente così. Le stelle possono dirti come andranno certe cose, se sai consultarle, ma queste cose sono una possibilità, non una certezza. In parole povere: gli astri influenzano, ma non costringono”.*
Conclusa questa precisazione, il castano si posizionò al cannocchiale per scrutare più attentamente le costellazioni.
I due rimasero a guardare il giovane per un po’, poi Arianna tirò la manica della divisa di Jadeite.
“Ehi”.
“Mh?”
“Secondo te ci saranno altri problemi per il futuro?”
“Mah,  a parte tentare di rubare quella stupida statua non vedo cos’altro può accadere”.
“Ma…” obiettò Arianna. “Molti membri della corte, sono inquieti per il futuro, non gli piacciono tutti questi strani stranieri che giungono qui, dicono che il re non avrebbe dovuto allontanarsi, temono che si ripeta…”
“Quello che è successo trent’anni fa? Hanno solo paura, Arianna, ed è normale, no dimenticare che noi siamo il regno terrestre più sviluppato, possiamo affrontare ogni genere di minaccia rappresentata da uomini o  demoni”.
“E se succederà qualcosa di brutto in futuro?”
Jadeite mise un braccio attorno alle spalle della ragazzina: Arianna era come lui, orfana, cresciuta sola ma pronta ad affrontare a testa alta i problemi della vita. Lui e lei erano cresciuti insieme per un po’ e per lei la guardia del corpo del principe era diventata una sorta di fratello maggiore.
“Tranquilla” disse con un sorriso. “Finché prodi guerrieri come il sottoscritto saranno sempre pronti a proteggere il regno!”
Intanto Nephrite stava continuando ad osservare la volta stellata tramite il cannocchiale. Per un po’ aveva avuto un’espressione rapita poi, d’un tratto essa era passata a  perplessa ed infine abbastanza sconvolta.
Staccò lo sguardo dal cannocchiale alzando lo sguardo alle stelle, sempre con la stessa espressione di prima.
Jadeite notò la cosa, rimanendo parecchio stupito.
“Nephrite?”
“Eh? Cosa?”
Il suo amico si girò a fissarlo con uno sguardo indecifrabile.
“Nephrite, che c’è?” ripeté il biondo.
In quel mentre si sentì un suono di campane.
“Che è?” fece Arianna.
I due giovani uomini però si scambiarono occhiate molto preoccupate nel sentire i suono.
“L’allarme!?”
All’esclamazione di Jadeite, Arianna lo fissò preoccupata.
“L’allarme?” ripeté stavolta preoccupata anche lei.
“Dannazione, questo è un attacco!” gridò spaventato Nephrite.
“Andiamo subito di sotto!” ribatté deciso Jadeite. “Arianna, tu vieni con me!”
I due corsero di sotto, poco dopo, nel palazzo, si separarono: il biondo per portare al sicuro Arianna, il castano si precipitò subito fuori.
All’esterno del palazzo era scoppiato il pandemonio: soldati e civili spaventati correvano chi da una parte e chi dall’altra alcuni edifici all’esterno della città erano in fiamme, si udivano grida e cozzare di spade.
Senza perdere tempo Nephrite corse dove udiva più vicino i rumori di battaglia e vide soldati del regno che lottavano contro alti guerrieri chiusi in armature nere come l’inchiostro, con indosso inquietanti elmi neri.
Nephrite li fissò un attimo perplesso.
“Chi diavolo sono questi?”
Il dubbio svanì un attimo do si lanciò nella mischia dando una mano ai soldati a combattere contro gli invasori.
Nei minuti seguenti la faccenda fu sempre la stessa: armato di spada, Nephrite combatteva contro i guerrieri neri, incrociando la sua spada con le loro.
Gli scontri continuavano e la guardia del principe si diede da fare a difendere la città.
Dopo un po’ giunse in una piazzetta eliminò due guerrieri, e nel momento di pausa seguente ripensò a ciò che aveva visto sulla torre del palazzo.
“Non ho visto questi guerrieri, ma ciò non toglie che stanno attaccando il regno, ed io li fermerò!”
Un’altra squadra di guerrieri si fece avanti ma caddero tutti come fuscelli.
“Non sono poi così pericolosi, almeno non per me” si disse.
Ritornato in posizione di guardia, si preparò a fronteggiare i prossimi avversari. Questi si lanciarono in avanti, armi in pugno, quando per le vie riecheggiò con insistenza un suono di corno.
A sentire il suono di corno, i nemici si bloccarono, fissarono un attimo il terrestre, poi gli voltarono le spalle e presero a correre.
“Ehi, dove… ?”
Nephrite li segui e vide che si buttavano in un varco oscuro creato da uno di loro, che si buttò per ultimo, facendo svanire il varco.
“Si sono ritirati?” rifletté guardandosi intorno.
Inevitabilmente in quel momento di tregua ripensò a quello che aveva visto sulla torre.
Una visione del futuro. Sì, era una visione del futuro, ne era certo, per un attimo aveva visto uno sprazzo del futuro, non quello che era appena accaduto, no, no. Ne era certo, ma non sapeva ancora fare totale chiarezza su quanto aveva visto.
Dato che in zona non sembravano esserci altri nemici, si spostò, spada in pugno in un’altra via.
Qui vide due uomini: uno era un soldato del regno, sdraiato a terra, l’altro era inginocchiato vicino lui e dava le spalle al castano.
La tunica arancione lo identificava come uno dei sacerdoti della Setta del Sole.
“Ehi, che gli stai facendo?”
“Chiama un medico, presto!”
“Cosa?”
Avvicinandosi, Nephrite vide che la guardia presentava una brutta ferita sul fianco destro. Il solariano cercava di tamponare il sangue usando un pezzo della sua veste che si era strappato.
Voltatosi e osservando Nephrite ribatté: “Gli serve un medico, e subito!”
Nephrite lo fissò; era un semplice giovane, biondo e con gli occhi verdi, non particolarmente bello né particolarmente brutto.
“Il medico” ripeté.
Il castano si scrollò di dosso la perplessità e, guardandosi attorno, individuò due medici che si muovevano nella zona in cerca di superstiti.
Gridando ed alzando il braccio destro, li chiamò ed essi giunsero sul luogo, dove poterono assistere il ferito.
Mentre i due medici si occupavano del soldato debilitato, Nephrite si avvicinò al giovane che si era allontanato un poco non appena i medici erano arrivati.
“Come ti chiami?”
“Febo” rispose quello dopo un istante.
“Perché hai soccorso quel soldato?”
Il giovane sospirò.
“Deve proprio esserci sempre un motivo valido per aiutare qualcuno?”
“Sì, se il salvatore fa parte della Setta del Sole”.
Febo scosse la testa.
“Ti prego, so che molti ci vedono come i reietti del regno, ma non fare di tutta l’erba un fascio. So bene che i miei confratelli e consorelle in alcuni casi si lasciano andare a comportamenti violenti ed esagerati, io stesso non mi capacito dei loro atteggiamenti e del perché il Sommo Sacerdote Delo non rimproveri o punisca più seriamente queste eccedenze.
Credimi, personalmente vorrei che tutto questo non esista, che noi fossimo soltanto un pacifico movimento religioso, ma il più delle volte mi sembra di essere l’unica voce discordante del coro, se capsici la metafora. Uno m’ha detto una volta che sono troppo buono”.
Mentre Nephrite rimaneva lì a riflettere su quello che aveva detto, Febo si allontanò ma prima si rivolse un’ultima volta al castano.
“Un ultima cosa: alcuni di noi si sono messi in testa una strana idea: ovvero che le armature d’oro di quei guerrieri stranieri abbiano una parte del potere del sole. Non chiedermi perché è nata questa idea balzana, non lo so neanch’io. Comunque gli stranieri farebbero bene a partire dalla città, prima di ricevere aggressioni”.
Detto questo si avviò per la sua strada.
Nephrite lo seguì con lo sguardo per un po’, poi vide con la coda dell’occhio Jadeite che si dirigeva nella piazzola, trascinando per il piede qualcuno.
Guardando bene, vide che era uno degli invasori.
“Ehi Jadeite, cosa… ?” fece andando verso di lui.
Jadeite mollò il piede dell’invasore e con sorriso soddisfatto dichiarò: “Ho preso un prigioniero!”
Nephrte osservò il nemico: presentava ferite leggere ed era svenuto. L’elmo l’aveva perso e mostrava un volto identico a quello d’un essere umano, tutto sommato gradevole da vedere, e con lunghi capelli neri. L’unica differenza erano i tratti del viso, più “affilati” del normale e spiccavano delle orecchie appuntite.
“Non è umano” commentò il castano. “Anche se mi aspettavo qualcosa di più brutto sotto quegli elmi”.
“Già, anch’io. E debbo dire che mi ha fatto sudare parecchio per catturarlo. Ha un’aura spirituale pari alla mia.”
“Pensi che abbia informazioni importanti?”
“Credo che sia un ufficiale di rango medio, a giudicare da come dava ordini ai soldati. Magari ci aiuterà a capire qualcosa in più in questa faccenda”.
 
 
Cardhan ed i lunari fissavano l’individuo che stava appollaiato sui rami più bassi del grande albero.
Notando l’armatura d’oro l’elfo si chiese se non fosse il Cavaliere d’Oro che gli esploratori avevano avvistato giungere nella Città Dorata, però c’era una cosa che non tornava: avrebbe dovuto essere in città durante l’attacco, che si fosse allontanato?
Quello continuava ad osservarlo con un sorriso sornione sul volto.
“Dunque, vediamo di ricapitolare, torno da un lungo viaggio assieme ad una persona importante, giungo alla casa di tal persona di notte, stanco morto, sperando di riposarmi ed invece la trovo a soqquadro. Quindi addio riposo: anziché buttarmi su un giaciglio devo combattere dei brutti musi che non rispettano i morti”.
Detto questo, scese con un balzo dal ramo, atterrando con agilità sul terreno.
Il generale degli elfi oscuri lo fissava guardingo.
“Come hai fatto a far scomparire i miei Draugr?”
“Ho usato la mia tecnica Strati di Spirito, una bazzecola per sbarazzarsi dei non-morti. Vuoi sapere che effetto fa sui vivi questa tecnica?”
Mentre i due discutevano, quasi ignoravano che la scena aveva un piccolo pubblico.
“Chi accidenti è quel terrestre?” borbottò tra sé il Generale dell’esercito lunare.
In effetti la presenza di quell’individuo aveva suscitato la curiosità di ogni lunare che assisteva alla scena, pur comprendendo che il guerriero dall’armatura dorata era sicuramente un terrestre.
“Speri di impressionarmi?” continuò l’elfo. “Allora speri male!”
“Sicuro? Se io fossi al tuo posto proverei timore. Un grande timore”.
“E chi dovrei temere, umano? Te?”
“Oh, oh, trema: hai davanti a te uno di quei mostri di potenza che rispondono alla nomea di “cavaliere d’oro”!”
La battuta detta con tono parecchio sbruffone irritò il generale elfico.
“Noi siamo gli Elfi Oscuri: non temiamo niente e nessuno, né siamo così lesti a ritirarci!”
“Al contrario, fareste bene a ritirarvi prima di finire tutti distrutti!” dichiarò un secondo individuo facendosi avanti.
Serenity sussultò: l’uomo appena arrivato al fianco del guerriero dorato era molto simile, nel viso, ad Endymion. Ma pareva più sciupato, mostrava di più i segni del decadimento del tempo di cui i terrestri errano afflitti, a differenza dei lunari.
“E tu sei?” fece l’elfo.
“Hai davanti a te Re Endymion, sovrano di questa terra!”
Serenity lo fissò perplessa: dunque era quello il genitore di Endymion? Caspita, si assomigliavano tantissimo!
“Dunque sei tu il sovrano di queste terre…” commentò Cardhan in tono neutro. “Perdonami se non sono impressionato, ma i popoli di Midgard mi sono totalmente indifferenti”.
“Midgard?” disse il Re.
“La Terra, è così che la chiamiamo noi” precisò l’elfo.
“Va bene, basta, non mi interessa chi sei o da dove vieni, sta di fatto che questo attacco è opera tua e dei tuoi simili, e non tollererò ulteriori spargimenti di sangue nel mio regno!”
Il tutto l’aveva detto sfoderando la spada.
L’elfo strinse più forte lo scettro, stava cominciando preoccuparsi: aveva davanti due avversari con un cosmo non indifferente, mentre dietro c’era un piccolo gruppo di forti guerrieri. Abbastanza da preoccuparsi: benché avessero fama di temerari, i feroci guerrieri di Svartalfheim non erano stupidi e sapevano quando una battaglia era persa in partenza. Si chiese se gli altri avevano portato a termine la loro missione, perché non avrebbe tenuto a bada tutta quella gente a parole ancora per molto.
In quel mentre, si udì, lontano, un suono di corno.
“Cos’è?” fece il Re alzando la testa accigliato, mentre all’elfo tornava il sorriso sul volto.
“Il segnale della ritirata, ecco cos’è!” ribatté.
E, sempre sorridendo, generò un varco oscuro proprio alle sue spalle, in cui vi entrò semplicemente cadendo all’indietro.
Acubens allungò la mano per afferrarlo, ma il varco si richiuse all’istante e le sue dita strinsero solo l’aria. L’elfo si era dileguato.
“Dannazione ci è scappato!”
La cosa non piacque nemmeno al generale lunare.
“Ed adesso figuriamoci di sapere dov’è l’arco che hanno rubato!”
Solo allora i due terrestri parvero notare il piccolo gruppo di lunari.
“E quelli chi cavolo sono?” fece il Cavaliere del Cancro inarcando un sopracciglio.
Il Re, già di pessimo umore nel trovare il proprio regno sotto attacco non mostrò alcuna gentilezza verso quegli strani individui.
“Chi siete voi? Spero che non stiate con i bastardi che stanno attaccando il mio regno!”
“Come osi?” tuonò Tsukoyomi punto sul vivo. “Già ci consideri da subito dei selvaggi guerrafondai? Avete sentito che razza di faccia tosta ha questo terrestre, uomini?”
“Terrestre?” fece perplesso Acubens. “Perché ci definisci così? Tu non lo sei forse?”
“Ah, allora siete arguti voi abitanti della Terra, non l’avrei mai detto”.
“Ora basta!” sbottò Re Endymion. “Mostra rispetto quando ti rivolgi a me: come ho detto sono il re di questo regno, che, per la cronaca, è il più avanzato della Terra!”
“Tu non sei la mia Regina e non ti devo alcun rispetto, terrestre!”
“Ehi, ehi, basta, vediamo di calmarci!” intervenne il Cancro notando che il Re era sul punto di urlargli cose pesanti. Neanche lui piaceva quell’uomo tronfio ed antipatico, ma cercò di tenere i nervi saldi.
“Siamo tutti nervosi, quindi adesso facciamo un bel respiro e parliamo più civilmente. Tanto per cominciare, è evidente che voi non avete nulla a che fare con quel tizio ed i suoi uomini”.
“Esatto”.
“Bene ora ci dici gentilmente chi siete?”
“Tsk, non vedo perché!”
Mentalmente, Acubens si impose calma e pazienza, anche se gli stava venendo voglia di investire il tizio con gli Starti di Spirito.
Irritante… “Senti buon’uomo, sto cercando di essere gentile, poteresti gentilmente ricambiare e fare lo stesso”.
Prima che il Generale rispondesse con i suoi modi, Serenity si fece avanti, uscendo da dietro gli altri e posizionandosi al fianco di Tuskoyomi.
“Vi prego perdonate le maniere di quest’uomo!” esclamò con i palmi alzati in segno di pace. “Noi non volevamo fare niente di male qui, stavamo solo cercando quegli esseri che ci hanno rubato un oggetto e rapito una di noi!”
L’improvvisa apparizione di quella bella ragazza lasciò basiti i due terrestri, mentre Tuskoyomi non gradì l’intervento.
“Principessa, vi proibisco di parlare con questi terrestri!”
Principessa? Pensò Acubens.
“Tu non mi proibisci niente, Tsukoyomi!” strillò lei. “Non sei mia madre, e voglio parlare con loro due, visto che tu sei un pessimo diplomatico!”
“Non possiamo fidarci di costoro!”
“Io sì!”
E prima che il generale replicasse parlò di nuovo ai due uomini in tono più tranquillo.
“Sono la Principessa Serenity, ed io e questa gente proveniamo dal Silver Millennium, meglio noto da voi come Regno Lunare”.
Re Endymion sbarrò gli occhi. Lunari? Quelli erano Lunari? In un attimo ripensò alle storie più o meno assurde che aveva sentito sin da bambino sul popolo della Luna. Ed ora eccoli lì davanti a lui.
Acubens, che aveva sentito parlare solo di recente del popolo della Luna, rimase ugualmente perplesso.
“Vi assicuro che non abbiamo intenzioni ostili, come ho detto cercavamo quegli esseri perché avevano rapito una mia amica e rubato un oggetto” continuò la bella principessa lunare.
“Che oggetto?” chiese Acubens recuperando la voce.
“Un arco. Non sappiamo perché l’abbiano rubato, e purtroppo non sappiamo dove sia ora. La mia amica invece è stata salvata”.
“Va bene, basta così” tagliò corto Tuskoyomi. “Non abbiamo altro da fare qui. E dubito che loro ci saranno d’aiuto!”
“Voglio sentire cos’altro ha da dire” affermò il Cancro.
“Come osi darmi ordini, sporco…”
“Basta!!” lo zittì Serenity, facendolo arrossire per la rabbia.
Vi chiedo scusa, ma il Generale Tuskoyomi non ha molta stima per i terrestri”.
“E con buone ragioni” borbottò quello.
“Tuttavia… Non credo che sia un caso che abbiano attaccato anche voi, dopo il mio regno. Forse questa è una faccenda che coinvolge entrambi i nostri regni…”
Il Re della Terra prese finalmente la parola. “Forse non è un caso come dici… anche se ho qualche dubbio”.
Serenity rifletté un po’ sulla sua intuizione: per istinto era sicura che non fosse un caso. E sulla spinta di quelle sensazioni ebbe un’idea. “Che ne dite se collaborassimo per venire a capo della faccenda?”
I soldati lunari rumoreggiarono.
“Collaborare coi Terrestri?”
“Ma che assurdità!”
“Non abbiamo bisogno di aiuto per risolvere la faccenda!”
“Però forse non è un caso se hanno attaccato prima la Luna e poi la Terra…” mormorò tra sé Sailor Mercury.
Infine il Re della Terra accigliato, dichiarò: “Collaborare? Per ora sono più sul no”.
“Oh…” fece Serenity.
Ma che ha nella testa la principessa?, pensò Tuskoyomi.
Acubens era un po’ confuso sull’improvvisa proposta ed aveva bisogno di tempo per rifletterci su.
“Ed ora, devo tornare alla mia città!”
Serenity fissò le fiamme che ardevano da alcuni edifici della città all’orizzonte.
“Capsico…”
Senza una parola, il Re si voltò e marciò verso la sua casa con mille pensieri per la testa a causa di quell’incontro inatteso.
Il Cavaliere del Cancro lo seguì un attimo dopo.
“Va bene, allora addio suppongo… Ehm, saluti Principessa” aggiunse facendo un inchino.
“Sì, andate!” commentò Tuskoyomi.
Dietro di lui, Sailor Jupiter gli mise una mano sul braccio.
“Tsukoyomi, lascia stare, torniamo sulla Luna”.
“Oh, al diavolo!” Sbottò con vari pensieri in testa. Voltatosi, alzò la mano destra per dare un ordine. “Forza uomini, torniamo a casa!”
A quell’ultima affermazione, il gruppo di lunari si allontanò per la sua strada verso il luogo dove avevano lasciato gli addetti al teletrasporto.
Mentre camminava, Serenity voltò per un’ultima volta lo sguardo verso la città dorata per poi proseguire assieme agli altri.
L’attacco era sicuramente cessato ed ora si chiese se il suo Principe stava bene.
 
 
“Dannazione! Hanno preso la statua!?”
“Purtroppo sì, sire, e non siamo riusciti ad impedirlo” spiegò contrito Kunzite.
Erano in una piazzola della città, oltre al Re e al Cavaliere del Cancro, vi erano anche il Principe e le sue guardie Kunzite e Jadeite.
“Ma cos’ha di tanto importante quella statua?” domandò il Principe esasperato.
“E’ questo l’assurdo figliolo: da quanto ho scoperto non ha proprio poteri o particolarità speciali quella dannata statua! Dunque perché la vogliono?”
“Mh…” fece Acubens. “Potremmo fare lo stesso discorso su gli altri oggetti recuperati”.
“Magari il prigioniero sa dirci di più!” asserì Jadeite.
“Un prigioniero?” chiese il Principe.
“Sì, l’ho preso io!”
“Bravo” commentò piacevolmente colpito Kunzite. “Pensi che sappia qualcosa di importante su tutta questa faccenda?”
“Sì, credo che sia ufficiale di medio rango, qualcosa saprà”.
“Padre, lo interroghiamo, ora?” chiese il Principe.
“Domani”, decise il re. “Ora siamo tutti sfiniti, pensiamo ai feriti ed a riposarci. Imprigionate quell’invasore nelle celle in attesa dell’interrogatorio”.
“Un momento sire”, obiettò Jadeite, “quell’essere è forte quanto me, ed una volta sveglio non esiterà a tentare di scappare!”
“Allora dite ai medici di iniettargli costantemente il Sìro”.
“Il… ?” chiese Acubens.
“Sìro” spiegò il principe. “E’ un preparato inventato anni fa dai nostri alchemici, blocca l’uso dell’aura spirituale, o cosmo, come lo chiamate voi cavalieri. L’unica pecca è che ha una breve durata, e bisogna somministrarlo costantemente, se te ne dimentichi di somministrarla il tuo prigioniero scappa”.
“Inoltre, non funziona su aure o cosmi troppo forti. Per esempio su di me e sul principe non avrebbe effetto, su Jadeite sì” precisò Kunzite.
“Mh, interessante” commentò il Cancro. “Bene, allora domani mattina vedremo cosa può dirci di utile il nostro prigioniero. Ora mi ritirerei nelle mie stanze”.
“Buona idea, tra poco lo farò anch’io” commentò il Re.
Prima che Acubens se ne potesse andare, Jadeite ebbe un’ultima cosa da comunicargli.
“Ah, una cosa Cavaliere: tuo fratello è qui”.
“Mio fratello?” fece stupito il Cancro.
“Sì, è giunto qui assieme ad altri due guerrieri del tuo ordine”.
“Dov’è adesso?”
“Là dietro” rispose Jadeite indicando una svolta a destra. “Sta bene, ma mi sembra un po’ turbato”.
Salutati i reali e le due guardie del corpo, il cavaliere si diresse a passo svelto nella direzione indicata.
E, seduto su un marciapiede, trovo il fratello minore, assorto nei suoi pensieri.
“Crysos!”
“Mh? Oh, Acubens!” esclamò quello alzandosi in piedi.
I due fratelli si strinsero la mano.
“Mi venga un colpo, che fai qui, fratellino? Il Gran Sacerdote è preoccupato per me?”
Nonostante tutto, al Cancro faceva piacere vederlo.
“Non sono riuscito ad impedire il furto dell’oggetto custodito al Taigeto”.
“Accidenti, ma che è successo?”
“I compagni del rinnegato mi hanno distratto, così non sono riuscito a fermarli. In seguito il Gran Sacerdote mi ha mandato qui a darti supporto”.
“E ti sei beccato una bella battaglia con gli Elfi Oscuri”.
“Sono loro i nuovi compagni dei Rinnegati”.
“Una bella squadra di cattivi. I Rinnegati si sono visti?”
“Quelli del Corvo e della Balena. Sono morti” rispose il biondo.
“Quindi quanti ne rimangono adesso? Quattro? Ed ho sentito che sono riusciti a rubare la statuetta d’oro”.
“Purtroppo non ero lì”.
“Cos’è, ti hanno distratto ancora?”
Crysos abbassò lo sguardo ed il fratello notò una cosa strana in lui: come aveva accennato Jadeite, sembrava molto turbato.
“Che c’è?”
“I Rinnegati, il loro capo… l’ho incontrato”.
“E?”
“E’ Megaleìo”.
Acubens sbarrò gli occhi per lo stupore.
“Megaleìo?” esclamò stupito. “Ma non era morto?”
“Così credevamo”.
Crysos distolse lo sguardo, mentre il fratello maggiore lo fissava pensieroso, riflettendo sulle implicazioni della faccenda.
A rigor di logica era indubbio che Megaleìo fosse davvero il leader che serviva ai Rinnegati per organizzarsi e compattarsi come gruppo, ma il vero problema erano i trascorsi tra quell’uomo e suo fratello, trascorsi che potevano presentare difficoltà per il futuro. Sapeva che Crysos provava solo tristezza e compassione per il suo vecchio compagno di allenamenti e si chiese se volesse continuare la missione.
“Quindi…”
“Cosa?”
“Quindi che cosa vuoi fare? Voglio dire… se non te la senti di proseguire questa battaglia e vuoi passare il testimone a me…”
Il Cavaliere scosse la testa.
“Non rinuncio a niente, Acubens. Ormai questa è la mia battaglia a tutti gli effetti” ribatté quello, serio.
“Quindi cosa farai?”
“Per ora non lo so. Ma ho bisogno di riflettere.”
Il Cancro rimase per un po’ in silenzio, indeciso su cosa dire, ma Crysos aveva ragione: quella era anche la sua battaglia, ed il Fato avrebbe deciso la parte finale di quella storia.
Posò la mano destra sulla spalla del fratello.
“Forza, andiamo a dormire, le guardie del principe hanno catturato un prigioniero, e domani mattina vedremo che ha da dirci”.
 
 
 
* Cit. a Tommaso d’Aquino.
   
 
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