Anime & Manga > Yuri on Ice
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Autore: Pendincibacco    29/05/2017    3 recensioni
Fin dal termine della serie mi ronzava in testa un dubbio: come sarebbe stato un eventuale momento di "chiarimento" fra Yuri e Victor in merito ai reciproci sentimenti? Ho deciso di fare un tentativo nel descrivere il modo in cui ho immaginato questa scena. Una one shot senza troppe pretese, solo una specie di puntino sulla i, per così dire.
- Vorrei semplicemente sapere. - cominciò, rinserrando la presa sulla mano dell'altro un po' per rassicurarlo ed un po', nonostante non l'avrebbe mai ammesso ad alta voce, anche per farsi forza.
- Un conto è immaginare, un conto è sentire ... e io penso di averlo sentito abbastanza chiaramente in questi ultimi mesi, davvero ... ma sapere è diverso, Yuri. In genere non sono molto insicuro, l'avrai capito ormai. Di solito mi getto a capofitto nelle cose, non dico senza riflettere, ma quasi. Se mi convinco che devo giungere ad un certo traguardo semplicemente mi ci lancio contro a testa bassa mettendo in gioco tutte le mie capacità e le mie forze. Ma in questo caso non è stato così, forse perchè in gioco c'è qualcosa di diverso dal solito. -
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Victor Nikiforov, Yuuri Katsuki
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Note dell'autrice: Salve a tutti, questa è in assoluto la mia prima storia su Yuri! On Ice, quindi siate clementi! :)
Non è nulla di pretenzioso, solo una sorta di momento mancante in cui i nostri due protagonisti parlano finalmente con il cuore in mano della loro situazione. Una specie di mio headcanon che sentivo il bisogno di mettere nero su bianco da mesi.
Spero che nonostante la semplicità vi piaccia, se vi va fatemi sapere cosa ne pensate, i pareri sono ben accetti!
(Non ho beta, quindi sono ben accette anche le segnalazioni in merito ad errori di battitura ed eventuali sviste grammaticali)
Buona lettura!




Everything about you

 

 

Il sole, che ancora faceva capolino al di sopra di un denso strato di soffici nuvole, indorava l'orizzonte fino a perdita d'occhio dando vita ad uno spettacolo magnifico e rilassante. Tuttavia, nonostante la calma che la vista sembrava ispirare in tutti gli altri passeggeri, Victor Nikiforov, ex campione del mondo nel singolo maschile, si stava tormentando su qualcosa che non fosse il programma per una gara, il che costituiva in effetti qualcosa di incredibile e mai visto prima dalla maggior parte delle persone.

Per almeno un'ora non aveva fatto altro che deglutire, sbuffare leggermente, dimenarsi sul suo sedile e scoccare occhiate angosiate all'indirizzo del suo compagno di volo che da più di sei ore dormiva rilassato contro la sua spalla, pacifico e apparentemente ignaro della battaglia interiore che si stava svolgendo nella testa accanto alla sua. Per un po' anche Victor era riuscito a dormire, poi il tarlo del dubbio aveva ricominciato a roderlo e di riprendere sonno non c'era stato verso.

Nel tentativo di distrarsi aveva guardato un film, concluso la lettura di un volume in edizione economica che aveva aquistato all'aeroporto prima di partire, ordinato una bottiglia di acqua fredda che si era scolato senza quasi rendersene conto; ma alla fine non c'era stato altro da fare che arrendersi all'evidenza e ricominciare a lambiccarsi come un adolescente cretino. Perchè, nonostante faticasse ad ammetterlo a sé stesso, si stava comportando proprio come un ragazzino imbecille incapace di trovare il coraggio di chiedere alla ragazza che gli piaceva di accompagnarlo al ballo della scuola. E non importava che avesse ventotto anni, che di ragazze non ci fosse nemmeno l'ombra e che la faccenda fosse decisamente più importante e comunque più complicata di così, restava il fatto che il grande pattinatore Nikiforov ci aveva messo ore anche solo per convincersi ad affrontare il discorso. Quanto poi a come farlo, quella era un'altra storia.

Guardò l'orologio per la milionesima volta: le 16.50. Ormai non mancava molto, anzi, erano quasi arrivati a destinazione e sapeva che, per quanto non si sentisse del tutto pronto, quello era il momento buono per buttarsi: un momento di transizione tra il "prima" e il "dopo", prima che il toccare terra li catapultasse in un futuro in cui, che lo volessero o meno, le dinamiche della loro vita "insieme" sarebbero cambiate.

"O la va, o la spacca" si disse suo malgrado. Se non altro, in qualunque caso, avrebbe avuto le certezze che cercava.

Deglutì un altro paio di volte, rimpiangendo di aver finito l'acqua troppo in fretta, quindi prese un respiro profondo e si buttò, posando la mano sulla guancia del suo allievo.

- Yuri ... -

- Mmmh. -

L'interpellato mugolò e strinse automaticamente le palpebre, evidentemente disturbato dal richiamo, quindi si mosse leggermente contro la sua spalla. L'altro sorrise nonostante l'agitazione: era incredibile quanto fosse pigro, pur essendo uno sportivo!

- Forza, sveglia, bella addormentata ... - gli sussurrò quindi all'orecchio, accarezzandogli lievemente il viso. Con Yuri le sveglie brusche non funzionavano, rimaneva nervoso e sul chi vive per tutto il giorno, e lui di certo preferiva affrontare il discorso con uno Yuri di buonumore.

Finalmente, dopo qualche tentativo, il secondo pattinatore al mondo sbattè le palpebre, si strofinò il viso e dopo essersi raddrizzato sul sedile gli rivolse un sorriso assonnato ed uno sguardo acquoso. Victor rispose al sorriso, ricacciando in giù verso lo stomaco il nodo che sentiva in gola.

- Ho guardato l'orologio, dovremmo atterrare fra poco più di mezz'ora. Ho pensato che fosse meglio svegliarti ora con calma, piuttosto di doverti gettare giù dall'aereo in fretta e furia! - esclamò ridacchiando forzatamente. L'altro recuperò gli occhiali dal vano porta-oggetti e li inforcò, riuscendo finalmente a fissare il suo interlocutore.

- Sì, grazie per avermi chiamato. Scusami per la compagnia scadente ma non sono riuscito a trattenermi, ho dormito come un morto. - mormorò, evidentemente dispiaciuto. Victor gli spostò i capelli, scarruffati dal sonno, in un gesto tenero.

- Yuri, eri sfinito dopo le gare, mi sarei preoccupato se non ti fossi addormantato! Per me non è un problema, abbiamo già dormito altre volte in aereo. -

Detto ciò si bloccò per un momento, quindi si allungò verso l'altro e pose una mano sul suo braccio, come a volersi sostenere in vista della conversazione che aveva in mente.

- A dire il vero, comunque, ti ho svegliato anche per un altro motivo. Stavo pensando che, ora che il Grand Prix si è concluso e la situazione è decisamente più rilassata, fosse il momento giusto per parlare un po'. -

Yuri lo fissò, leggermente confuso.

- Parlare? Beh, certo, possiamo farlo. Voglio dire, puoi dirmi pure tutto quello che vuoi, ti ascolterò. - Lo so. Sei un buon ascoltatore ... e grazie al cielo, altrimenti tutta la fatica che ho fatto in tutti questi mesi sarebbe andata sprecata! Certo, un argento non è un oro, ma comunque ... -

Era più forte di lui, cercava in ogni modo di sdrammatizzare e di rimandare la questione.

Yuri si dipinse in viso un'espressione offesa, ma in realtà nel giro di un secondo non potè che ridere, a mezza bocca, come faceva sempre. Gli diede anche una leggera gomitata, più per gioco che per altro: nei due giorni precedenti Victor non aveva fatto altro che fare battute sulla sua "vittoria mutilata", come la chiamava lui.

- Ma smettila ... insomma, di cosa vorresti parlare?

- In effetti, vorrei parlarti di noi due. Del futuro. -

Nell'udire quelle parole le sopracciglia del ragazzo si corrugarono subito in un'espressione perplessa.

- Eh? Come mai? Voglio dire, mi pareva che ne avessimo già parlato durante la finale. Avevi detto di voler tornare a gareggiare alla prossima stagione e di voler anche continuare a farmi da coach. Hai ... hai cambiato idea? Perchè, ovviamente, sei del tutto libero di farlo, non devi sentirti ob... -

Gli occhi improvvisamente sgranati di Yuri tradirono un primo accenno di panico che Victor decise di sedare prima che la situazione precipitasse, quindi interruppe il suo sproloquio affannato posandogli una mano su una spalla e afferando una delle sue con l'altra.

- Hey, frena, frena! Non ho cambiato idea, certo che no. Non ho alcuna intenzione di mollarti, Yuri. Te l'ho detto: almeno cinque campionati pretendo da te, non uno di meno! -

Fu come vedere al rallentatore un elastico teso che torna al suo status naturale: l'espressione del ragazzo si ammorbidì, la sua postura perse rapidamente la rigidità che non sapeva nemmeno di aver acquisito e Victor avvertì chiaramente tutto il corpo rilassarsi sotto alle proprie mani.

- Oh. Bene. - esalò, sospirando come se avesse inconsciamente trattenuto il respiro. Quindi aggrottò leggermente le sopracciglia, indirizzandogli uno sguardo perplesso.

- Ma allora, cosa intendevi dire? -

Quello fu il turno di Victor di sospirare. Per un attimo si chiese se, nonostante tutto quel rimuginare delle ore precedenti, fosse davvero pronto ad affrontare quel discorso; poi si rispose che in realtà non aveva alcuna importanza. Doveva farlo.

- Intendevo dire che credo, ora che abbiamo il tempo e la calma per poterlo fare, dovremmo parlare chiaramente della nostra ... situazione? Insomma – spiegò, sollevando la mano destra ancora intrecciata a quella di Yuri - vorrei che parlassimo di questo. -

Giusto il tempo che la sua mente elaborasse la richiesta e l'altro arrossì, distolse lo sguardo puntandolo ostinatamente verso il finestrino ed assunse un'espressione a metà fra l'imbarazzo, il terrore e lo stupore.

- Oh. Oh sì, ehm, ok. E ... ehm, in che senso ne vorresti parlare? - borbottò, un tremore diffuso ben percepibile dall'allenatore attraverso il loro contatto. Cosa che, come ormai accadeva spesso, trovò adorabile.

- Vorrei semplicemente sapere. - cominciò, rinserrando la presa sulla mano dell'altro un po' per rassicurarlo ed un po', nonostante non l'avrebbe mai ammesso ad alta voce, anche per farsi forza.

- Un conto è immaginare, un conto è sentire ... e io penso di averlo sentito abbastanza chiaramente in questi ultimi mesi, davvero ... ma sapere è diverso, Yuri. In genere non sono molto insicuro, l'avrai capito ormai. Di solito mi getto a capofitto nelle cose, non dico senza riflettere, ma quasi. Se mi convinco che devo giungere ad un certo traguardo semplicemente mi ci lancio contro a testa bassa mettendo in gioco tutte le mie capacità e le mie forze. Ma in questo caso non è stato così, forse perchè in gioco c'è qualcosa di diverso dal solito. -

Prese fiato e gettò uno sguardo al suo interlocutore: guardava ancora fuori dal finestrino con uno sguardo così complicato che Victor non avrebbe davvero saputo come descriverlo se non con la parola "struggente".

- Ti ho baciato, quel giorno alla Coppa di Cina, e ti ho guardato mentre lo facevo. E quindi so, cioè, penso di sapere. Ma non c'è stato il tempo o la concentrazione necessaria per parlarne, non era prioritario in quel momento. Sono il tuo coach, la priorità era farti vincere e non me ne pento, però più il tempo passava, più ho temuto di aver frainteso quello che ho visto. Ho pensato che potesse essere soltanto euforia per la vittoria o non so che altro. E poi ... mi hai regalato questo anello. Allora ho pensato di esserne certo, perchè che altro poteva essere? Hai parlato di portafortuna, ma ... -

Yuri lo interruppe di colpo, inaspettatamente, sbraitando e agitandosi sul sedile.

- Ma era davvero un portafortuna! Perchè tutti hanno frainteso? Se penso che Pichit ha pensato ad una proposta di matrimonio mi viene voglia di morire in fretta. -

Il suo tono lamentoso strappò a Victor un sorriso, ma era un sorriso amaro: si era quindi sbagliato? Davvero non c'era nient'altro? Gli rivolse un'occhiata stanca, sapendo che con la coda dell'occhio lo stava osservando nonostante tentasse di non darlo a vedere.

- Capisci perchè, nonostante tutto, la mia certezza non è matematica, Yuri? Tu a volte fai delle cose incredibili, cose che mi fanno pensare che tutto, fra noi, stia davvero nel modo in cui lo vedo io. Che ci sia davvero qualcosa tra noi. Poi però con qualche frase piazzata di quà o di là riesci sempre a mescolare le carte in tavola e a farmi pensare di aver fatto il passo più lungo della gamba. Vorrei solo una conferma, prima di dire o fare qualcosa che ti metterebbe davvero a disagio e che renderebbe il nostro rapporto imbarazzante. Non penso di sbagliarmi, ma ... vorrei sentirmelo dire da te. -

Si girò e si tese ancora di più verso l'altro, prendendo ora entrambe le sue mani fra le proprie, nel tentativo di trasmettergli tutta l'intensità di ciò che aveva dentro e che gli sembrava stesse per farlo esplodere ormai da ore, giorni, settimane. Yuri teneva a quel punto il volto ostinatamente abbassato e i capelli gli erano ricaduti sulla fronte a coprirgli la fronte e gli occhi.
 

- Yuri, mi sto sbagliando? -

Per qualche secondo Victor temette che non avrebbe ricevuto alcuna risposta. Poi, quasi impercettibile, sentì un mormorio confuso e di difficile interpretazione.

- Macrtchn... -

- Cosa? Yuri, girati, non capisco nulla se parli al pavimento. - chiese, sorridendo suo malgrado e scuotendo la testa divertito. Poi, a sorpresa, Yuri sollevò il capo di colpo e fissò lo sguardo nel suo per la prima volta da quando quel difficile discorso era iniziato.

- Ma certo che non ti sbagli! Come ti viene in mente che potresti, tu sei ... e io ... oh santo cielo!- esclamò frustrato, come se non trovasse le parole. Con stupore l'altro si accorse che la sua espressione appariva quasi dolente, come se quella confessione gli provocasse una certa sofferenza.

- Victor, io ... ho sentito tante volte la voglia di parlarti. Di parlarti davvero intendo, di qualcosa di più personale del pattinaggio e più profondo delle solite chiacchere giornaliere. E in un certo senso lo abbiamo fatto, spesso anche, ma ... non sono mai riuscito ad arrivare a fondo, perchè come potevo dirti quello che mi passava per la testa? Tu sei Victor Nikiforov. Sei il mio idolo da quando avevo, non so, otto anni forse; ma ancor di più sei l'idolo di mezzo pianeta! Come potevo dirti che conoscerti è stato incredibile, che sei la persona più strabiliante che abbia mai conosciuto, che averti come mio coach è stata una benedizione che non credo di aver meritato? Come avrei potuto parlarti di quanto le mie giornate mi siano sembrate più faticose, più divertenti, più imbarazzanti, più emozionanti ... più piene e dense di significato da quando sei arrivato ad Hosetsu quel giorno? Come ti avrei spiegato come mi fai sentire più capace, più talentuoso, più coraggioso e più felice e appagato ogni giorno, da quando mi svegli trascinandomi giù dal letto a quando mi dai la buonanotte la sera con quel tono e quello sguardo che sembrano dirmi sempre "sono fiero di te" anche quando agli allenamenti ho fatto schifo? -

Quasi ansimava per la velocità e l'affanno con cui aveva sputato le parole una dietro all'altra, come se non avesse potuto trattenerle un secondo di più. Come, pensò il campione del mondo provando un moto di tenerezza e riconoscimento, se le avesse avute bloccate in gola da ore, giorni o settimane.

- Come potevo trovare la forza di dire delle cose così patetiche e assurde al cinque volte campione del mondo del pattinaggio singolo? - concluse infine l'altro in un mormorio imbarazzato, le guance ancora rosse e gli occhi leggermente lucidi di chi ha appena compiuto uno sforzo incredibile.

Victor lo guardava con un misto di meraviglia e adorazione: non solo Yuri aveva appena spazzato via i suoi dubbi, ma l'aveva fatto con un discorso così diretto e "personale" che quasi faticava a crederci, considerando il suo carattere in genere mite e riservato.

- Beh, ora l'hai trovata, mi pare. - gli fece notare con un sorriso, accarezzandogli il dorso della mano in un gesto confortante; ma lui, spiazzandolo ancora una volta, gli scoccò un'occhiata infastidita.

- Certo, perchè è così assurdo che tu mi chieda se ti stai sbagliando! Come potresti? Come potrebbe uno come me, che ancora non riesce a capacitarsi del fatto che tu sia davvero seduto al suo fianco su questo aereo, non provare nulla? -

Il suo tono implicava chiaramente che, a suo parere, Victor era un cretino incapace di afferrare un concetto davvero elementare.

- Victor, tu sei il sogno di tre quarti del pianeta. Io sono ... un katsudon. Magari uno che ha imparato a muoversi in modo un po' più sensuale, ma pur sempre un katsudon ... e non prendiamoci in giro, lo so che nel katsudon non c'è alcun eros, lo so bene! E questo ... questo katsudon vive con te, passa il tempo con te, si allena con te, dorme con te perfino. Un misero katsudon come avrebbe potuto non rimanere abbagliato di fronte alla tua luce, allo splendore che emani? Ho ceduto al tuo fascino, Victor, come migliaia di persone prima di me. Era inevitabile, non avrei potuto fare altrimenti. Come un bambino a cui vengono infilati i pattini per la prima volta e che viene lanciato in mezzo alla pista: magari riuscirà a rimanere in equilibrio per un po', magari con le braccia tenterà di bilanciarsi, ma alla fine scivolerà sicuramente e cadrà verso il ghiaccio. E il ghiaccio non lo accoglierà con dolcezza, gli farà male, come è naturale che sia. -

A quel punto era lui a stringere le mani dell'altro, mormorando ad occhi bassi con un tono sofferente che fece contorcere dolorosamente qualcosa dentro Victor: era terribile il modo in cui Yuri asseriva con convinzione di non aver avuto nessuna chance, di non considerarsi nemmeno al suo stesso livello.

- Io pensavo di sbagliarmi, ero certo di sbagliarmi. Ogni volta che ti comportavi in modo affettuoso come me, ogni volta che mi toccavi in quel modo delicato, ogni volta che sussurravi il mio nome in quel modo, io sapevo che mi stavo sbagliando. Mi ripetevo che stavo esagerando, che non era nulla di che, che tu sei gentile e dolce con tutti e che non dovevo lasciarmi trasportare dalla fantasia. Pensavo "è impossibile che io per lui sia speciale". Perchè tu sei così speciale Victor, così fuori dal comune che era impossibile che io in qualche modo fossi in risalto nel tuo mondo. Sono troppo comune per essere speciale, e ... -

- Yuri, ti ho baciato davanti alle telecamere, di fronte agli occhi di tutto il mondo. - gli fece notare interrompendolo con un tono di leggero rimprovero, scioccato e turbato dal fatto che potesse aver pensato, anche dopo quell'evento, di non essere speciale per lui.

- Ma ho creduto che fosse l'emozione! - quasi gridò l'altro in risposta, riportando lo sguardo su di lui.

- Una dimostrazione di euforia teatrale, una pazzia dettata dagli eventi! Non potevo pensare che ci fosse altro, avrei sofferto di più in futuro scoprendo di essermi illuso. Quando ti ho regalato quell'anello ... era un portafortuna, non ho mentito, ma era anche il mio modo per "darci un taglio". Ero quasi certo che dopo il Grand Prix te ne saresti andato, per quale motivo saresti dovuto rimanere, dopotutto? No, non mi bloccare, lo so che non intendevi farlo, lo so che l'avevi detto. Ma non riuscivo a crederci, sembrava "troppo". Era troppo, non a caso prima della gara finale ti ho detto ... quello che sai. Non volevo, ma pensavo che ti stessi forzando, che non potessi davvero voler restare con uno come me. Perciò volevo un modo per siglare il mio impegno a fare del mio meglio per il poco tempo rimasto. E qualcosa che ti ricordasse di me più avanti, quando le nostre strade si fossero divise. Era una promessa, ma era anche un addio. - concluse finalmente, con il respiro pesante, l'espressione amara di chi sta ricordando qualcosa di tremendo ed uno sguardo liquido che fece tremare all'altro le ginocchia.

Victor scosse la testa lentamente: voleva che Yuri abbandonasse i pensieri tristi, non era quello il momento per soffermarcisi. Anzi, dato tutto ciò che aveva appena confessato, Victor sperò che un tempo per ricordare quel periodo nero prima della finale del Grand Prix non sareppe venuto mai più.

- Tutto questo flusso di coscienza equivale ad un "no"? - domandò senza riuscire a trattenere una smorfia ironica.

- Eh? - domandò Yuri, confuso e ancora evidentemente intento a riprendersi da quel monologo.

- Era un modo lungo, dolce e romantico per dirmi "No Victor non ti sbagli"? - domandò allora più chiaramente, indirizzandogli un sorriso con cui tentò di trasmettere tutto l'affetto possibile. Parve riuscirci, perchè Yuri arrossì nuovamente ma si lasciò scappare un sorrisino dall'angolo della bocca.

- Ma certo, che altro doveva essere? Ro-romantico non direi ... - si schermì, ma Victor non aveva intenzione di lasciare che si nascondesse dietro alle chiacchiere ancora a lungo.

- Bene, direi che questo risolve tutto. -

- Cos-? Mmh! -

Victor lo baciò, per la seconda volta in vita sua, stavolta però con meno impeto e più calma, prendendosi il tempo di circondargli una guancia con una mano e di accarezzargli la gola con il pollice. Yuri emise un verso sorpreso, poi gli strinse come per un riflesso incondizionato la mano che ancora teneva la sua, mentre con l'altra gli artigliò la spalla e seppellì le dita fra le pieghe del suo maglione. Aveva immaginato che Yuri non si sarebbe tirato indietro, ciò che non si era aspettato erano il modo disperato con cui gli si era aggrappato addosso, la decisione seppur vibrante con cui le sue labbra si muovevano leggere sulle sue e gli sfuggenti sguardi carichi di qualcosa che in mancanza di un termine migliore avrebbe descritto come amorevole adorazione che gli sfuggivano di tanto in tanto fra le palpebre socchiuse. Di fronte a tutto ciò Viktor Nikiforov, cinque volte campione del mondo, ebbe la sensazione di non essere mai stato davvero felice in vita sua e di esserlo in quel frangente per la prima volta. Consciamente sapeva che fosse un'esagerazione, però in quel momento non riusciva a fare a meno di pensarlo e fu forse per questo che, di colpo, ebbe la certezza di essere davvero innamorato.

Si allontanarono un momento per riprendere fiato ma, quando tentò di riavvicinare il viso al suo, Yuri gli posò una mano sul petto, trattenendolo.

- L'aereo è pieno di gente. - mormorò, il fiato corto e l'aria vagamente perplessa di chi si sta evidentemente chiedendo "oh mio dio, l'ho fatto veramente?".

- Al palaghiaccio ce n'era molta di più se non ricordo male, comunque nessuno ci sta guardando. Ma non ha nessuna importanza in ogni caso. Gente o non gente. Non ho intenzione di sprecare un giorno di più senza farti sapere con certezza che, nel modo più assoluto, nel mio mondo tu risalti in modo quasi impossinile, Yuri Katsuki. - spiegò, sollevando la mano destra di Yuri e posando brevemente le labbra sull'anello, quello che si erano scambiati solo pochi giorni prima e che per lui aveva un significato troppo pregno di malinconia.

- Se per te va bene, vorrei che questo diventasse una promessa un po' meno triste e un po' più a lungo termine. Magari, un giorno, abbastanza a lungo termine da far contento Pichit, se sarai d'accordo. Che ne dici? - domandò, sperando di rendere chiaro oltre ogni ragionevole ed irragionevole dubbio quanto Yuri fosse importante e quanto sbagliata fosse la sua idea di non contare abbastanza per poter essere un tassello essenziale nella sua vita. Lui lo guardava fisso, il colorito sempre arrossato, ma a quelle parole le sue labbra si stirarono in un sorriso, uno di quelli veri: luminoso e senza freni.

- Dico che va bene... molto bene; ma, Victor ... - rispose cautamente dopo qualche secondo, la voce appena tremante e il sorriso leggermente appassito mentre poneva la domanda che evidentemente lo tormentava fin dall'inizio della loro conversazione- ... perchè io? Com'è possibile che, tra tutte le perone sulla faccia della terra ... - si bloccò, come se non riuscisse ad esprimere a parole l'enormità della cosa. L'allenatore sospirò: evidentemente no, ancora non aveva chiarito a sufficenza la questione. Gli diede un bacio leggero sulla fronte, cercando un contatto più rassicurante che romantico, strofinando delicatamente le labbra sulla sua pelle accaldata. Questa volta voleva che capisse, che leggesse nelle sue parole quello che lui vedeva ogni volta che lo guardava, ogni volta che parlava con lui ... quello che vedeva in lui da quando condividevano le loro vite.

- Deve esserci un perchè? Non c'è. O meglio, tutto è il perchè. Tutte le tue caratteristiche, i tuoi modi di fare, di essere, di esprimerti ... tutto ciò che ti caratterizza e che io trovo assolutamente adorabile, tutto ciò che ti rende "Yuri". Ecco, quell'insieme, quel tutto "Yuri", quando è sul ghiaccio io lo amo, me ne sono accorto subito, fin dalla finale del Grand Prix dello scorso anno e, soprattutto, da quando ho visto quel video in cui ripetevi il mio programma di "Stammi vicino". Ma mi ci sono volute davvero poche settimane, un numero ridicolo di settimane secondo i miei standard, e mi sono accorto che lo amo anche fuori dalla pista, in ogni luogo e in ogni situazione, senza altri perchè se non il fatto che semplicemente sei tu. -

- Si avvisano i signori passeggeri che l'atterraggio sta per cominciare. Siete pregati di allacciare le cinture e ... -

Victor fu interrotto dall'annuncio dell'hostess all'interfono ma, comunque, pensò che non ci fosse in effetti altro da dire e si limitò ad osservare il suo allievo, che lo fissava con espressione meravigliatamente felice e un'intensità tale da fare quasi male. Gli sorrise, sciolse la mano dall'intreccio con la sua e cominciò a radunare le proprie cose e ad infilarsi la giacca, subito imitato dall'altro. Rimasero in silenzio per un po', ma non fu imbarazzante: era il silenzio soddisfatto e rilassato di chi aveva ottenuto le risposte che cercava.
 

***
 

- Quindi ora ... che si fa? - lo udì domandare a bassa voce qualche minuto dopo ad atterraggio avvenuto, mentre erano in attesa del loro turno per scendere dall'aereo.

- In che senso? -

- Voglio dire, ora noi stiamo, ehm, insieme? Cioè, insieme in quel senso? Per davvero? -

Non potè fare a meno di ridacchiare di fronte alla domanda e al tono titubante con cui era stata posta. Scosse la testa dicendosi che, a conti fatti, non poteva certo aspettassi che un tipo come Yuri dimostrasse di colpo una sicurezza che gli sarebbe stata di certo innaturale. Ci sarebbe voluto del tempo ma, in realtà, pensò che non aveva importanza: nel frattempo lui si sarebbe mostrato abbastanza sicuro per tutti e due.

- Se tu lo vuoi ... sì, staremo insieme, in quel modo. Per davvero, adesso. Mi hai detto che ti va bene, giusto? -

- Gi..usto. -

- Ottimo allora. - concluse soddisfatto, raccogliendo la tracolla da viaggio ed avviandosi lentamente lungo il corridoio tra i sedili seguito a ruota dal compagno che, però, indossava un'espressione piuttosto accigliata e perplessa. Gli rivolse uno sguardo interrogativo, invitandolo ad esprimere i suoi dubbi.

- Niente, è solo che mi chiedevo ... è tutto qui? -

Victor, stupito e divertito, sollevò un sopracciglio e stirò le labbra in un ghignetto malefico.

- Beh, cosa vorresti, un annuncio ufficiale all'interfono? Posso ancora parlare con l'hostess, se ci tieni. - propose, fingendo indifferenza e strappando all'altro un'escamazione sconvolta.

- No! Voglio dire che ... mi esmbra assurdo che sia stato così facile. - concluse con tono incredulo. Lui non potè che sospirare e scoccargli un'occhiata vagamente esasperata.

- Facile ... Yuri, ti rincorro da un anno, tu questo lo definisci facile? -

- Cosa? Un ann ... - tentò di domandare, ma Victor non gli permise di concludere la domanda. Non gli sembrava il momento adatto per raccontargli cosa era successo esattamente a quella serata di gala avvenuta esattamente un anno prima, nè per spiegargli come avesse attirato la sua attenzione fin da allora. Ci sarebbe stato tutto il tempo per farlo, in futuro.

- E' stato "facile", come l'hai definito tu, semplicemente perchè, beh ... credo che ci siamo appena detti cose che in realtà sapevamo già. Abbiamo solo abbattuto qualche muro, per così dire. Come ho detto poco fa io sapevo, avevo la quasi certezza. Ma prima di proseguire sulla nostra strada avevo bisogno di sentirmi dire da te che avevo ragione, volevo sapere quello che provi direttamente dalla tua bocca -

Mentre scendevano le scale rivolse un cenno di saluto all'hostess che gli sorrise in un modo provocante che Victor senza alcun tentennamento ignorò.

- Ora so ... e per me tanto basta. - concluse, prendendo il compagno per mano e godendosi il sorrisino che gli si era stampato sul viso.

 

***

 

- Credi che dovremmo chiamare tua madre per dirle che siamo atterrati? Non vorrei che andasse in crisi all'idea di non aver avuto il tempo di cucinare nulla come accade di solito. D'altra parte, forse sarebbe meglio non dire nulla, proprio per evitare che si metta a sgobbare come una matta. Tu che ne pensi? - ponderò Victor, trascinando stancamente dietro sé la sua pesante valigia in mezzo all'atrio principale dell'aeroporto. Si sentiva davvero stanco, come non gli capitava da tempo; e non erano state tanto l'ansia del Grand Prix o la lunga traversata di mezzo pianeta in aereo, quanto piuttosto la lunga chiacchierata conclusasi poco prima a lasciarlo seriamente spossato. Non vedeva l'ora di salire sul taxi che l'avrebbe portato allo stabilimento termale dei genitori di Yuri e già pregustava un bagno in sua compagnia, specialemente dopo che la natura del loro rapporto era stata chiarita e poteva finalmente comportarsi in modo totalmente spontaneo senza ansie di sorta.

Non udendo però risposta dal compagno fermò e si voltò, individuandolo subito fermo a qualche passo di distanza, con il viso rivolto verso il basso e l'espressione intensamente concentrata.


 

- Penso che vale anche per me. -

La voce di Yuri risuonò limpida e forte, quasi un grido, forse per paura che non lo sentisse per via dello spazio fra loro.

- Vale anche per te cosa? - domandò, perplesso, tornando sui propri passi ed avvicinandosi a lui.

- Anche io adoro tutto te. Non voglio che tu pensi che io ... che ho detto quel che ho detto in aereo solo perchè ti ammiro o perchè ho una fissazione per te. E' vero, sono stato un tuo fan per anni, ma da quando ti conosco è tutto diverso. Io sono diverso, il modo in cui ti vedo lo è. Per me non sei solo il grande Victor Nikiforov, il pattinatore di fama mondiale. Amo proprio te, tutto "Victor".-

L'altro lo osservò per un attimo, meravigliato, quindi gli accarezzò delicatamente una guancia e si sciolse in un sorriso caldo.

- Lo so. Ed una delle decine di cose che adoro di te. - mormorò al suo orecchio, provocandogli un brivido leggero che lo fece sorridere e tendere allo stesso tempo. Decisamente, era ora di sbrigarsi e di andarsene a casa.

- Ora, credo che negli ultimi quaranta minuti siamo stati incredibilmente sdolcinatidolci, persino per i nostri standard. Se per te non è un problema rimanderei qualunque altro tipo di dichiarazione a stasera, quando saremo da soli, che ne pensi? Vedi, io adoro essere teatrale, come giustamente hai sottolineato tu stesso, però l'attenzione che ci hai tirato addosso urlando in mezzo all'aeroporto il fatto che adori "tutto me" sta cominciando a far sentire in imbarazzo persino uno abituato ai bagni di folla come me. - commentò quindi utilizzando il tono più leggero e casuale del suo repertorio, prendendolo poi per mano e conducendolo verso l'uscita.

Yuri alzò di colpo lo sguardo e parve per la prima volta rendersi conto del fatto che una certa quantità di gente si era radunata intorno a loro, ridacchiando nella loro direzione o addirittura facendo foto. Avvampò come Victor l'aveva visto fare poche volte in quell'ultimo anno, quindi accelerò il passo finendo per essere lui a trascinare l'allenatore verso le porte.

- Aaaaaaaah! - gemette, lo sguardo basso e carico di vergogna che non potè che strappare una risata all'altro.

- Non fare così, dai, è stato carino. - commentò sempre disinvolto e, finalmente, rilassato e divertito dalla situazione.

- Ca ... carino? Carino?! Oddio ... - si lamentò ancora Yuri, oltrepassando finalmente l'agognata uscita senza interrompere la sua marcia.

Victor puntò i piedi e lo costrinse a rallentare un pochino: voleva godere di quei primi assaggi di aria salmastra, di quel profumo di mare che ormai entrambi amavano.

- Su, non ci pensare troppo. - aggiunse, osservando il cielo invernale che cominciava ad inscurirsi.

- Lo sai che d'ora in poi sarà da così a peggio, no? Immagino che dovremo farci l'abitudine. - concluse, più per strappare un nuovo singulto strozzato a Yuri che per una reale preoccupazione.

Lì, in quel momento, con quel sentore salato addosso e la mano ancora intrappolata in quella calda del compagno, non aveva timore di nulla, nemmeno del futuro: aveva finalmente tutto ciò che desiderava.

  
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