The power of good-bye
You were my lesson I had to learn
I was your fortress you had to burn
Pain is a warning that something’s wrong
I pray to God that it won’t
be long…
There’s nothing left to
try
There’s no place left to
hide
There’s no greater power
than the power of good-bye.
(“The power of good-bye” – Madonna)
Era
la fine. No, non la fine: l’inizio di una perpetua agonia in fondo agli abissi,
così come gli aveva detto Elijah con un sorriso compiaciuto e crudele; e Klaus…
Klaus aveva rincarato la dose, promettendogli che, una volta imprigionato lui,
anche la sua adorata sorella Aurora avrebbe subìto terribili sofferenze prima
di morire.
Davvero
bravi i due fratelli Mikaelson, che in quel frangente
erano riusciti a dare il peggio di loro stessi. Si erano proprio superati,
complimenti. Ma lui si era dominato, non aveva mostrato nemmeno in minima parte
la paura e l’angoscia che lo attanagliavano… o almeno così sperava, che niente
si fosse intravisto nei suoi occhi, non un’ombra, non un’esitazione. Paura per
sé, angoscia per Aurora.
Ma
il peggio doveva ancora venire. L’ultima umiliazione. La mortificazione più
grande che Elijah poteva infliggergli. Non bastava averlo sconfitto,
imprigionato, non bastava averlo condannato ad un destino peggiore della
peggiore delle morti, no. C’era ancora un’ultima crudeltà da perpetrare prima
di sigillarlo per sempre nel fondo del mare.
Hayley aveva chiesto di parlargli e Elijah l’aveva
lasciata fare. Si era allontanato e l’aveva guardata mentre si permetteva di
fargli la predica, con le sue
lacrimucce ipocrite e l’aria falsamente afflitta. Ipocrita, sì, mille volte
ipocrita con quell’aria da santarellina e l’ostentata afflizione per Jackson,
come se lui non sapesse che, togliendolo di mezzo, le aveva fatto un favore,
permettendole di essere di nuovo libera di strusciarsi a Elijah. Falsa,
bugiarda, sorniona…
“Hai
ucciso un uomo buono senza nessuna ragione” aveva sospirato, mostrando un
dolore che di certo non provava. “Lui sarà con me per sempre…”
Sì, certo, come no… aveva pensato Tristan. Se non fosse stato tanto angosciato e spaventato
si sarebbe messo a sghignazzare… oltretutto era anche una pessima attrice! Tempo due giorni e ti starai già facendo
consolare da Elijah, maledetta ipocrita. E come ne sarà compiaciuto lui… quasi
quasi sono contento di non poter essere qui per vedervi!
“Ma
tu… tu verrai dimenticato” aveva proseguito Hayley, “e,
quando marcirai nell’oceano, ricorda la mia faccia, perché sarà l’ultima che
vedrai nella tua esistenza!”
Con
quell’ultima frase ad effetto, la ragazza avrebbe voluto chiudere lo sportello
del container ed essere lei stessa la protagonista finale di quell’atto
conclusivo, ma questo Tristan non poteva permetterlo.
Tutto, ma non quell’ultima umiliazione.
La
rabbia provata in quell’attimo gli diede la forza di mantenere saldo il tono
della voce. Stava lottando con se stesso per non cedere al terrore
agghiacciante, alla tentazione di chiedere pietà almeno per la sorella e quell’ultimo
sforzo, figlio della disperazione, lo sfibrò… ma non lo diede a vedere. Avrebbe
avuto tutto il tempo, poi, per disperarsi, per gridare fino a perdere la voce,
per piangere, perfino… ma non ora. Quello era il momento della rivalsa, l’unica
che poteva prendersi.
“Su
questo ti sbagli, principessina in gramaglie” disse, nel tono di voce più
tagliente che riuscì a trovare. “Non sarà alla tua nauseante faccia ipocrita e
alle tue false lacrime che penserò quando sarò in fondo agli abissi.”
Spiazzata
da quella risposta inaspettata, Hayley lasciò lo
sportello aperto per metà e fece un passo indietro.
“Visto
che avrò tanto tempo a disposizione” continuò Tristan,
esibendo anche un mezzo sorriso, “mi diletterò a ricordare e rivivere infinite
volte il momento in cui ho strappato il cuore a quel cane e mi sono deliziato
delle tue urla.”
Inorridita,
Hayley indietreggiò ancora, con un gemito strozzato.
“Sei…
sei davvero un mostro, sei ancora
peggiore di…” balbettò.
“Di
cosa?” la interruppe il giovane, cui la rabbia infondeva un’energia che non
credeva di possedere ancora. “Andiamo, non fingere di essere veramente così
addolorata per tuo marito, non recitare davanti a me. Tra l’altro, sei anche una
pessima attrice, lascia che te lo dica. Invece di interpretare la tua scena
madre, dovresti ringraziarmi per averti liberata da quel peso… così adesso
avrai la scusa per andare a scodinzolare attorno al prode e nobile Elijah, da
quella cagnetta in calore che sei!”
Hayley avvampò. Klaus, suo malgrado, non poté
trattenere un risolino ammirato: alla fine il piccolo mostro aveva deciso di
vendere cara la pelle e si stava esibendo in uno spettacolo niente male,
emozionante fino alla fine. Elijah, al contrario, non era per niente divertito.
Furibondo, si avventò a sua volta verso lo sportello del container, dal quale Hayley si era allontanata, e lo spalancò con veemenza.
“Non
permetterti di parlarle in questo modo!” esclamò, fuori di sé.
“Perché,
altrimenti cosa mi farai? Posso dire quello che voglio, non ho nulla da
perdere, non è così?”
Elijah
scosse la testa, un sorriso amaro e beffardo gli si dipinse sul volto.
“E’
così, infatti. E, così facendo, dimostri di meritare tutto ciò che ti
succederà. Hayley ha ragione, sei un mostro ancora
peggiore di quanto pensavamo” disse, consapevole che le sue parole erano come sale
su una ferita per il giovane condannato.
Ma
Tristan non si scompose, almeno in superficie.
“Sì,
forse hai ragione, sono un mostro” concordò. “Anzi, probabilmente sono il
mostro peggiore che abbia mai percorso questa Terra, però… però tu ricorda
questo…”
Alzò
gli occhi chiarissimi a incontrare quelli neri del suo creatore, in un estremo atto
di sfida.
“Se
io sono un mostro, di chi è la colpa se non di colui che mi ha creato?” sussurrò,
per farsi sentire da Elijah e solo da lui. “Sei stato tu a trasformarmi e poi
mi hai abbandonato, lasciandomi a me stesso, una bestia fuori controllo in
preda alle sue brame. Chissà, sarei potuto essere diverso se tu mi avessi
educato e guidato come Klaus ha fatto con Marcel? Forse sì. E allora, in questo
caso…”
Il
dolore, la paura, la rabbia, l’umiliazione e l’angoscia che si agitavano nell’animo
di Tristan, lacerandolo e straziandolo, vennero fuori
in un ultimo sibilo maligno.
“Tu
credi di strappare via la parte più nera di te seppellendomi negli abissi, ma
sappi che ti sbagli. Ciò che io sono, tu lo
hai creato. Ciò che io ho fatto, tu lo
hai reso possibile. Tutto ciò che ho fatto ricade su di te: le tue mani sono
lorde del sangue delle mie vittime e non ti basterà confinarmi in fondo al mare
per liberarti da questa consapevolezza.”
Detto
questo, il giovane fece qualche passo indietro all’interno del container,
sempre tenendo lo sguardo implacabilmente fisso su Elijah.
Il
vampiro, con un gesto di stizza, richiuse violentemente lo sportello e voltò le
spalle al container e a ciò che nascondeva dentro di sé, come a voler
rinchiudere anche le parole che aveva udito.
Ma
quelle parole rimanevano, si annidavano in profondità nel suo animo e, nei
giorni a venire, avrebbero scavato, e scavato, e scavato…
Rimasto
solo, nel buio, Tristan perse tutta la sua baldanza.
Era
finita.
No,
anzi, come aveva detto Elijah, il suo supplizio era appena cominciato.
La
tensione nervosa che l’aveva sorretto fino a quel momento svanì e il ragazzo
scivolò sul pavimento del container, raggomitolandosi su se stesso come per
proteggersi da ciò che l’aspettava.
Eppure
non si sarebbe lasciato sfuggire neanche un gemito, neanche un sospiro.
Non
ancora.
Avrebbe
avuto tutta l’eternità per gridare la sua angoscia nell’orrore dell’oscurità
più profonda.
FINE