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Autore: Alvin Miller    29/05/2017    0 recensioni
Questa storia parla di una terra lontana e perduta nel tempo, Uruma, patria di una piccola comunità di pony, ma anche habitat di feroci creature carnivore.
Ed era anche la sede della Congrega dei Cacciatori di Mostri, pony coraggiosi e dal cuore impavido, che mettevano in gioco la loro vita per la sicurezza della popolazione.
Ma da qualche anno le cose sono diverse: la Congrega è sfaldata, le condizioni di vita sempre più difficili, ed ora solo due Cacciatori sono rimasti a difendere la cittadina costiera di Capo Unicorn.
Quella che vi sto per raccontare è la loro storia. Io sono Liberty Spirit, sono un Cacciatore, e questa è la mia storia.
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2: Un cambiamento radicale.

Non ho detto alcuna parola mentre mi riportavano a casa, non so come avrei potuto.

Più ci pensavo e più l’immagine di quelle zanne mi ritornava alla mente e mi paralizzava i nervi.

Avevo il petto in fiamme, lì dove ero stato graffiato dal Razorgor, mi avevano medicato con un bendaggio provvisorio mentre aspettavamo di fare rientro alla baracca.

Una volta lì, ci siamo separati dai compagni di mio Zio e avevo lasciato che lui si prendesse cura delle mie ferite.

Non erano lesioni serie, mi diceva di tranquillizzarmi, e una semplice magia di guarigione elementare, unita a un po’ di riposo avrebbe rimesso le cose a posto.

Non era stato del tutto onesto con me, però. Un medico competente avrebbe rigenerato i tessuti senza lasciare la minima traccia dell’aggressione. Invece, quando finì lui mi rimase un marchio indelebile che avrebbe rigato il mio corpo per sempre.

Per non so quanto tempo fissai quelle cicatrici, che erano diventate per me una specie di ossessione.

«Io ne sarei orgoglioso se fossi in te.» Mi aveva detto dopo aver notato la mia malinconia.

«È orribile… » risposi io, e fui sul punto di piangere ancora.

«Allora ti troverò qualcosa da mettere addosso, non disperare… »

E poi che cosa fece dopo averlo detto…? Uhm, non ricordo. Comunque mi arrivò vicino, e quasi mi sussurrò questa cosa all’orecchio: «Sappi che per quelli come noi le ferite di caccia sono allo stesso tempo sia un monito che un trofeo. Ci ricordano le sfide che abbiamo superato e che siamo ancora vivi. Sii lieto di poterne esibire una.»

Per lui la caccia era qualcosa di sacro, una vocazione alla quale non avrebbe rinunciato per tutti gli Argenti del mondo.

Allora non capii il significato delle sue parole, ma immagino che cercasse di dirmi che era qualcosa con cui avrei dovuto imparare a convivere. Altre ferite si sarebbero aggiunte a queste mie prime tre cicatrici, e ben presto avrei smesso di preoccuparmene. Sarebbero diventate parte di me, come le sue erano ormai diventate un suo tratto distintivo.

Mi ricordo una delle più impressionanti che esponeva alla vista degli estranei quando si sfilava il mantello. Era una specie di squarcio malamente ricucito sulla parte sinistra del ventre, che (pensavo sempre) doveva essergli stata inferta da un animale veramente gigantesco e selvaggio.

Un giorno avrei scoperto la verità sul suo conto, ma allora pensavo solamente che i miei tre graffi di Razorgor erano la cosa peggiore che potesse capitarmi.

Alla fine di un Contratto c’era la tradizione, che onoravamo sempre, di dirigerci entrambi al “Brocco Randagio”, giù a Capo Unicorn, dove Brave mi ci portava già da prima che decidesse di trascinarmi con lui in missione, e anche quella sera, malgrado tutto, non fummo da meno alle convenzioni.

A quei tempi la taverna era molto diversa dal buco di culo puzzolente che è diventata adesso. Quando ancora il paese era abitato, oltre che dai pirati, anche da semplici famiglie di bottegai e contadini, il Brocco era un punto di ritrovo abituale per gli stalloni che venivano a rilassarsi dopo una giornata di duro lavoro alla baia.

C’erano tavoli adibiti al poker e gli unicorni potevano addirittura dedicarsi a un gioco che consisteva nel bendarsi gli occhi, mentre si cercava di centrare con la magia un bersaglio con delle freccette appuntite (e se poi erano pure ubriachi, si formavano intorno delle bische per scommettere su quanto sarebbe stato preciso il loro tiro).

Non era strano che di tanto in tanto vi si trovassero anche dei muli e dei bovini, ma erano una netta minoranza, e come si diceva, se ci entravano se le andavano a cercare.

A gestire il posto c’erano Dirty Rag e sua moglie Rose Stalk.

Rose era una giumenta grossa e mascolina, dal manto lavanda e una criniera che sapete… è difficile a dirsi, non era né gialla né verde… comunque, il suo Simbolo di Virtù era una “rosa servita su un piatto d’argento” (dico sul serio).

Col passare del tempo mi aveva preso in simpatia, immagino perché era decisamente raro vedere altri puledrini bazzicare da quelle parti (e noi eravamo degli habitué del posto), e ogni volta che ci presentavamo mi faceva trovare pronta qualche leccornia che non era presente nel menù. Piatti speciali intendo, vere ricette da buongustai! Aveva la passione per la cucina, e mi aveva eletto come suo critico personale. Ancora mi mancano i suoi involtini di palme ripieni di crema di margherite…

Sfortunatamente, da lì a qualche settimana avrebbe discusso con suo marito sull’idea di lasciare Capo Unicorn per sempre, e quando lui si rifiutò, Rose sarebbe partita da sola, lasciandolo da solo alle prese col Brocco.

Eravamo seduti al nostro solito posto.

Rose Stalk mi aveva appena servito un bicchiere di succo di pomodoro (a quei tempi lo bevevo a litri. Ripensarci oggi mi da la nausea) e vedendo le mie cicatrici le era pigliato un colpo.

Se la prese con mio Zio per questo, accusandolo di sconsideratezza, ma era stata una discussione dai toni scialbi, perché sapeva che prima o poi quello stile di vita mi sarebbe toccato per forza.

Si direbbe che tutti fossero consapevoli della cosa meno che il sottoscritto.

Dirty Rag arrivò dopo di lei, servendo a mio Zio la sua solita “prima pinta”, prima di fermarsi a scambiarci insieme due chiacchiere.

Vi racconto questa: lui e Brave amavano intrattenersi spesso insieme con barzellette e vari aneddoti delle rispettive attività. Talvolta a Rag capitava che sfuggisse qualche parola più spinta del solito, e prontamente veniva richiamato sia dalla moglie che da mio Zio, che se non altro si trovavano d’accordo quando si trattava di tutelare le mie “delicate orecchie da puledro”. Rose era di mattarello facile, ed è successo almeno una volta che uno di questi fu sbattuto così forte sulla capoccia del marito, che finì per spezzarsi a metà.

Andavo matto per questi piccoli siparietti di allegria, e anche Rag a quei tempi era molto più magro e curato di quanto non sia adesso. I baffi, che ora pendono dalle sue labbra e che sembrano dei tentacoli grassi e viscidi, allora erano tenuti con cura doviziosa e gli davano sempre un certo Appeal, che Rose raccontava: “Sono stati una delle tre ragioni che mi hanno convinta a sposarlo”.

È un vero peccato che la loro storia si sia arenata. Erano una bella coppietta. Bizzarra, sì. Ma allegra e divertente.

Dopo la separazione, Dirty Rag non avrebbe più ritrovato lo stesso vigore di un tempo.

Perdonatemi se ho divagato, ma in un certo senso anche questo faceva parte dei cambiamenti che da quel giorno avrebbe iniziato a prendere zoccolo nella mia vita, ma tornando a noi:

Insomma, anche quella sera era cominciata all’insegna delle battutine e dei punzecchiamenti reciproci tra Rag e mio zio, ma nessuno dei due sembrava intenzionato a proseguire oltre. Le voci correvano a Capo Unicorn e anche se nessuno ne voleva parlare apertamente, tutti sapevano che nella missione di quella mattina qualcosa era andato storto.

Qualcuno era morto. Erano solo dei bovini, certo. Praticamente qualcosa di meglio dei pony di terra perché più robusti, ma a malapena degni di abitare entro i confini del paese. Eppure faceva un effetto sgradevole pensare che da lì in poi non li avremmo più rivisti bazzicare quei paraggi.

Rag e mio Zio ne discussero tra loro fino a quando nella locanda non era entrato un altro avventore: il pony di terra che ci aveva accompagnato in missione quella mattina.

Si sedette con noi ignorando gli sguardi di quelli che lo fissavano in cagnesco e ordinò a Rag di portargli (presumo) del rum. Disse poi di farsi lasciare la bottiglia sul tavolo, cosa di cui il barista non era affatto entusiasta, meno che mai sua moglie, ma la protesta quasi patetica che aveva sollevato il pony di terra, spinse entrambi i proprietari ad arrendersi.

Lo stallone a quel punto trangugiò il suo primo goccio in silenzio, e da quel momento in poi fu un continuò vuotare e riempire il bicchiere.

La prima volta che aprì bocca per parlare, fu per rivolgersi a me. «Come ti senti, piccolo?» Mi chiese.

E io mentii, dicendo che era tutto a posto, quando oramai avrete capito che in realtà non era affatto così.

«Lui dov’è?» Aveva chiesto mio Zio, riferendosi all’unicorno turchese.

Lo stallone sfregiato bevé il suo secondo bicchiere e quindi cominciò una lunga discussione tra i due.

«È andato da Colton Nyx a riscuotere la nostra parte. Non è dei nostri stasera.» Disse lui.

«Uhm, potevate farlo domani, perché tanta fretta?» Chiese Brave.

Il pony di terra lo osservò in silenzio per un po’, e sospirò.

«Suppongo che l’avresti saputo prima o poi… » cominciò a dire «ce ne andiamo, Brave.»

A questo punto mio Zio esordì con: «Cosa?», ed in effetti anch’io mi feci più attento alla questione.

In pratica, il pony di terra ci parlò di una goletta che era pronta a salpare per l’oriente all’alba, e che lui e il suo partner erano intenzionati a essere a bordo, quando le vele si sarebbero spiegate. Dal suo tono di voce, mentre spiegava, e dall’espressione che si corrugò sul volto di Brave nel frattempo, mi ero reso conto che non era la prima volta che quella discussione veniva intavolata.

Mio Zio sostenne il suo sguardo a lungo, e io vedevo che lo sfregiato aveva le labbra che gli si stringevano, e le zampe tremare dal nervosismo.

«Quindi è deciso?» Gli domandò Brave a un certo punto.

Avreste dovuto esserci: mio Zio, benché si vedesse che nel profondo era offeso, non faceva una sola piega nei riguardi dell’altro, mentre lo sfregiato sembrava ansioso di levare le tende il più presto possibile.    

«È deciso, sì. E… » poi guardò di nuovo me «se accetti un consiglio, credo che vi converrebbe fare altrettanto. Potete unirvi a noi se volete, sarà più semplice se partissimo… »

Ecco, qui non terminò la frase, perché subito mio Zio fece «“Conveniente”, tze. Da quanto tempo lavoriamo insieme?»

«Tre anni… quattro, credo.»

«Quattro, esatto. E ora volete mandare tutto in malora?!»

«Abbiamo fatto il culo a tanti mostri, sì. Ma le cose non sono più come un tempo… persino tu dovresti essertene accorto!»

Allora Brave aveva sollevato le braccia come per mandarlo a quel paese. «Ancora con questa storia?» Disse poi.

«Eh certo che sì, cazzo! Non a caso siamo rimasti solo noi tre a tirare avanti la carretta! Solo il mese scorso se ne sono andati in sette! Sette Cacciatori, Brave!  È finita, il libro paga di Nyx è vuoto! Ormai alla Congrega non c’è rimasto più niente per cui valga la pena di restare!»

Mio Zio si era ritirato con la testa, dicendo: «Mi sembra di essere stato chiaro sull’uso delle parolacce in presenza di mio nipote.»

Sembrava incredibile, ma di tutte le cose che erano uscite dalla bocca del pony di terra, l’unica che sembrava avere superato le barriere di mio Zio era stato il turpiloquio, e non per niente il terrestre s’incazzò per questo: «Lascia che le senta allora! Anzi, se proprio vuoi tirare in ballo anche lui, guarda che è successo stamattina!» Lo disse indicando il mio petto, dove vi ricordo, le cicatrici erano ancora fresche e bene in vista.

«Sono i rischi del nostro mestiere, doveva viverlo sul campo se un giorno si aspetta di diventare un bravo Cacciatore!»

Io a quel punto avrei voluto dire la mia, giusto perché ero chiamato in causa. Dirgli che francamente non morivo dalla voglia di seguire le sue orme, ma i toni si erano scaldati così velocemente he non mi sarei mai azzardato di lasciar trapelare qualcosa.

Il pony di terra batté uno zoccolo con così tanta forza sul nostro tavolo che Rose Stalk, dall’entrata della cucina, lo intimò di darsi una regolata.

Mi accorsi che avevamo gli sguardi di tutti puntati addosso.

«Tu proprio ti rifiuti di capire!» Continuò poi. «Uruma sta impazzendo! C’è qualcosa di completamente sbagliato che sta succedendo da queste parti! I Razorgor non attaccano in quel modo la gente! Non affrontano a viso scoperto degli avversari che sono in grado di tener loro testa! Per l’amore della Dea, oggi “Lui” lo hanno quasi ammazzato perché ci desse il tempo di scappare!» (Piccola parentesi: Quando dico “Lui”, intendo il pony turchese, di cui continuo, malauguratamente, a scordarmi il nome).

«Hai finito?» Ecco, quando Brave disse questo, il terrestre si ammutolì di colpo.

Una cosa che mi sono dimenticato di dirvi era che Brave Lion era dotato del dono dello Sguardo. Non so se ne avete mai sentito parlare: è una dote di natura di certi pony che permette loro d’intimorire le creature selvagge, anche quelle dieci volte più grosse di loro, semplicemente fissandole negli occhi. Questa era poi una capacità che si sposava benissimo con gli incantesimi di caccia nei quali mio Zio eccelleva.

La cosa più incredibile era che talvolta era capace di esercitare questa innata capacità anche nei confronti degli esseri senzienti, come altri mammiferi e perfino i draghi. E in quell’occasione non escludo che se ne fosse servito per raffreddare anche i bollori del pony di terra.

«Sei proprio uno zuccone! Così facendo metti solo in pericolo la tua vita e quella di tuo nipote!» Disse lui, che ancora non voleva darsi per vinto.

«Lascia che ti dica una cosa: prima di tutto non parlarmi come se non conoscessi il mio mestiere! Sono in questo giro da prima che imparaste come si maneggia una lama! In secondo luogo, sei tu che ti rifiuti di vedere il quadro attuale della situazione: è proprio perché le cose stanno andando a rotoli che abbiamo il dovere di metterci in prima linea e affrontare la situazione! Oggi dei Gor hanno ucciso delle mucche, una famiglia, tra l’altro, con cui io ero in buoni rapporti! Domani un Rogueshar potrebbe decidere di mettere sotto assedio l’intera Capo Unicorn. E CHI DIFENDERÀ LA CITTÀ SE NON NOI?!»

Questa parte la scandì ad alta voce. Voleva accertarsi che tutto il Brocco lo sentisse.

«Tanto prima o poi se ne andranno tutti da questo buco di salsedine… » Il pony di terra era stato sconfitto dalla ferrea fede di mio Zio, forse tramortito anche dal rum che si stava scolando.

«Vorrà dire che resteremo qui fino ad allora e aiuteremo l’ultimo di loro a salire sulla nave.» Lanciò uno sguardo a me, forse perché cercava la mia complicità.

Il terrestre dal volto sfregiato aveva completamente svuotato la bottiglia e subito pretese che gliene fosse portata un’altra. Dirty Rag si rifiutò, e questa volta senza lasciare spiragli di trattativa, gli portò invece un qualche tipo di spremuta analcolica, che non avevo idea di cosa fosse. L’accettò con riluttanza e una punta di rammarico. Non doveva essere male, a vedere come si era messo a vuotarla.

«Speravo di convincerti, ma non sono mai stato bravo in queste cose.» Disse intanto che con gli occhi si perdeva a fissare l’interno del bicchiere.

«Non ci saresti riuscito comunque, neppure da sobrio.»

«Già, immagino sia così.»

Sembrava che la conversazione fosse giunta al capolinea, ma poi mio Zio se ne uscì con questa domanda: «Dov’è che avete intenzione di andare, giusto per sapere?»

Lo sfregiato aveva vuotato il bicchiere dell’intruglio e lo aveva adagiato bruscamente sul tavolo.

«Approderemo sulla costa est di Equestria. Nella ex-Terra dei Pegasi. Il capitano dice che col vento a favore dovremmo arrivare lì in meno di un mese.»

«Equestria? Ma non c’è niente lì, solo una discarica puzzolente! Tanto varrebbe continuare la vita da erranti qui!»

Comunque, quella fu la prima volta che sentii parlare di quei posti.

Ma riprendiamo:

«No, c’è una città a Nord, almeno così ho sentito dire. Stanno istituendo una specie di organo di controllo e c’è bisogno di combattenti che tutelino i terreni. Almeno non perderemo il nostro smalto.»

«Trovo che sia una cazzata…» poi si era voltato verso di me per scusarsi. Anche a lui capitava ogni tanto di lasciarsene sfuggire qualcuna.

«Può darsi, Brave. Ma per quanto ci riguarda, Uruma ha finito di esigere il nostro sangue.» Tornò ad osservare i miei sfregi (per fortuna a Capo non c’era traccia di menestrelli da tempo, o ci avrebbero scritto canzoni per anni). «Un segno sul corpo non vale la pena se il prezzo che devi pagare è una vita vissuta nella violenza.» E si alzò dal tavolo.

Dovevate vederlo, la risolutezza con cui l’aveva fatto spiegava meglio di qualsiasi cosa come si sentiva.

«Spero che lo capirai anche tu prima che sul vostro corpo non ci sia più spazio per le cicatrici.» Aveva concluso.

Intorno a noi, credo, qualcuno aveva annuito in silenzio. Ci stavano ancora ascoltando.

Lo sfregiato aveva barcollato fino al banco per pagare il suo conto, e quindi si era congedato da noi.

Non so se Brave era mai andato a dare l’addio ai suoi ex-colleghi, ma quella serata sarebbe stata l’ultima in cui io avrei visto quel pony di terra.

Eravamo rimasti in due. Io e mio Zio.

Certe volte mi chiedo se non facesse parte di un suo piano per evitare la pensione. Forse mi aveva voluto con sé perché intuiva che la divisione con i suoi compagni era già nell’aria da un po’, anche se non escludo che gli eventi di quel giorno avessero accelerato di molto i tempi.

Io non ero pronto a prendere in zoccolo le redini del suo lavoro, ma a quel punto non me la sentivo di tirarmi indietro, visto ciò che faceva. Avevo avuto un assaggio della pericolosità della caccia, e sapevo che non sarebbe mai riuscito a tirare avanti da solo. Oltretutto, non avevo ancora un Simbolo di Virtù, e pensavo che così avrei potuto intraprendere la strada migliore per ottenerlo.

Aravamo rimasti a lungo in silenzio. Io ero in un angolo della panca, e fissavo il vuoto davanti a me riflettendo sul futuro che mi aspettava, lui invece scolava litri di alcolici come se si trovasse sotto una cascata. Reggeva l’alcol meglio di chiunque altro e quindi poteva permettersi di bere a volontà.

Ad un certo punto si girò verso di me, e io sentii che il mio disagio saliva esponenzialmente, perché voleva significare che stava per dirmi qualcosa d’importante.

Mi disse che era orgoglioso di me, di come mi ero comportato quel giorno, e mi chiese se ne ero consapevole.

«Sì.» Avevo risposto. Certo che lo sapevo, non aveva fatto altro che ripetermelo da quando avevamo lasciato il bosco, anche se non capivo cosa esattamente avessi fatto di tanto speciale per meritarmi quei complimenti.

In cuor mio, speravo che si sarebbe limitato solo a quello, invece parlò ancora:

«Capisci l’importanza di questo lavoro, vero?» Mi chiese, senza però guardarmi negli occhi.

«Credo di sì.» Gli risposi, ed era vero, in un certo senso. Sapevo che i Cacciatori operavano per la sicurezza degli abitanti di Capo Unicorn, tenevano lontane le creature più grandi dalle campagne abitate e proteggevano il lavoro dei contadini sul quale si basava l’economia del paese. Erano una concreta arma di difesa contro i pericoli che correva Capo Unicorn, che in cambio di una ricompensa mettevano se stessi al servizio degli altri pony. Erano eroi… in un certo senso.

«Purtroppo per gli altri non è così.» Mi disse. «A loro importa soltanto fare i loro interessi. Giocano a fare la guerra finché pensano di avere i fianchi al sicuro, ma appena le cose cominciando a farsi difficili, vedi tu stesso come si comportano.»

Io annuì.

Per tutta la serata fu come se un muro si fosse eretto tra me e lui, ma mentre parlavamo, sentii che quel muro si stava sgretolando un mattone per volta. Poco dopo eravamo già in grado di fissarci negli occhi senza che vi fosse imbarazzo reciproco.

«Se quello che dicono di Uruma è vero, presto le cose si faranno toste. Io non posso tirare la carretta da solo, Spirit. Avrò bisogno di un partner… »

«Io… ho paura… » trovai il coraggio di confessargli.

Lui fece di sì con la testa, e proseguì: «Lo so. Le prime volte è sempre così, ragazzo. Ma imparerai. Ti insegnerò tutto quello che ho imparato io negli anni, e finché non sarai pronto, ti guarderò le spalle. Te lo prometto.»

Poi si era abbassato verso di me e mestamente mi disse: «quello che voglio sapere è se tu le guarderai a me, quando arriverà il momento.»

Il modo in cui mi fissò mi mise l’amaro in bocca al solo pensiero che potessi dirgli di no. Fino ad allora non avevo mai creduto di potergli essere così indispensabile.

Mi rese felice da una parte, ma d’altro canto la promessa di ricevere un addestramento nella stessa arte in cui eccelleva lui non mi era stata sufficiente per trovare un appiglio nella tempesta in cui mi voleva trascinare.

Mi diede del tempo per prendere una decisione, e può darsi che sia stato questo ad “incatenarmi”, alla fine.

Non sapevo a che cosa sarei andato incontro, ma comunque fosse andata, “saremo rimasti insieme” avevo pensato, e quindi accettai la sua proposta.

Dormimmo lì quella sera, nella locanda del Grotto Randagio. Perché c’eravamo trattenuti fino a tardi e c’era ancora qualcosa da fare prima di dare il via alla mia nuova vita da aspirante Cacciatore.

Quando ci svegliammo, la mattina seguente, dopo aver fatto colazione alla locanda, la prima cosa che facemmo fu di raggiungere l’ufficio dello Sceriffo di Costa.

Colton Nyx non era poi così diverso da come si presenta oggi. Era già borgomastro di Capo Unicorn da prima che me ne ricordi, e si mostrava occasionalmente con qualche camicia elegante quando doveva presiedere a qualche comitato paesano, o prendere parte ad eventi di natura formale, altrimenti, per il resto del tempo, portava indosso solo il suo gilet da sceriffo, che gli calzava sulla pelle come un secondo strato di pelliccia.

I segni del tempo gli hanno scolorito il manto onice, e la criniera che un tempo era bianca, ora è diventata argentea, ma se lo guardate oggi e pensate che sia un grullo stagionato, vi posso assicurare che ai tempi era anche peggio: uno stronzone dalla punta della coda alla cima della criniera!

Lui e mio Zio non andavano d’amore e d’accordo, anzi, il più delle volte se ne dicevano peste e corna. In effetti, sono il primo a biasimare Brave per certi suoi atteggiamenti: lui per primo non aveva mai fatto niente per porgere al nostro primo cittadino l’altra guancia.

Ci trovavamo entrambi nel suo ufficio, quando era arrivato il momento di siglare la chiusura del Contratto. Io ero lì di fianco, che cercavo di seguire quel che stavano facendo. Avevo capito che se dovevo prendere parte al lavoro di Brave Lion, tra le tante cose avrei anche dovuto imparare come ci si comporta prima e dopo un ingaggio.

Nell’aria c’era una forte tensione, la percepivo in particolare su mio Zio.

In un certo senso, aveva fallito la sua missione, e quindi era tutto da vedere se avrebbe percepito la somma pattuita (o anche solo una parte), oppure no.

Colton compilò una lista di schede, batté dei timbri, e quando terminava qualcosa, passava il malloppo a mio Zio perché vi ponesse la sua firma.

Tentai di sbirciare alcune di quelle carte, ma era come se Brave facesse l’impossibile per impedirmi di leggere.

Non voleva che suo nipote leggesse i rapporti che testimoniavano il suo fallimento, forse.

Il tutto fu poi messo in archivio, e quindi Colton gli consegnò la sacca con dentro gli Argenti. Non chiedetemi quanti fossero di preciso, ma avevo capito che contenevano il Bonus Condottiero, meno la penale per non aver rispettato i vincoli di missione, che in questo caso erano: “Assicurare la salvezza della famiglia”. Semplice, e allo stesso tempo, il vincolo più critico di tutti.

«Detto personalmente, avrei preferito che andasse diversamente.» Commentò Colton Nyx da dietro la scrivania, rimproverandolo.

«Lo so. Se lo avessi saputo prima… »

«Sì. “Sarebbe andata diversamente”, non è vero?»

Solo adesso vedevo quanto mio Zio era mortificato da quella sconfitta. Mi si strinse il cuore a guardarlo, provai pena per lui.

«E per giunta i tuoi ragazzi ci hanno appena dato il benservito.»

L’espressione, prima addolorata, gli si indurì. «Non potevo certo obbligarli a restare!»

«Il problema è che adesso non abbiamo più Cacciatori a parte te. Pensi di riuscire ad accollarti da solo tutto il fardello?»

Beh, ora penso che possiate indovinare cosa rispose…

«Non sarò da solo.»

Ed ecco che entrai in scena io.

Per tutto il tempo era come se Colton Nyx non mi avesse neppure visto. Ero semplicemente invisibile ai suoi occhi. Ma non appena Brave fece cenno a me, ecco che magicamente diventai il pony più interessante del momento.

«Vuoi farlo per davvero?» Aveva chiesto lo Sceriffo, e io mi ritrovai ad annuire con tanta incertezza sulle spalle, che se le mie ali fossero state un poco più fragili, si sarebbero staccate. Non fosse che in realtà la domanda era stata rivolta a Brave, non a me.

«Sono convinto che abbia del talento. Ieri in missione ha dimostrato di sapersela cavare contro i mostri. Basterà indirizzarlo nella giusta via e sono convinto che diventerà un ottimo Cacciatore.»

“Sì, come no.” Stavo pensando io.

Tra l’altro fu divertente il siparietto che si aprì subito dopo:

Colton aveva sporto il muso per osservarmi meglio, ed è stato come se d’improvviso avesse collegato le mie cicatrici alle parole di Brave. Inorridì.

«Tu hai portato un civile in una missione ufficiale?! Per giunta minorenne e incapace di volare?!?»

«L’ho fatto.» Annuì lo Zio. «Per fortuna ho aspettato il compenso prima di parlartene.»

Anche allora trovai la cosa un tantino, sadicamente, divertente.

«Dovrei sbatterti in gabbia per questo, lo sai?»

«Per l’autorità che ti sei auto-conferito, probabilmente sì, ma poi chi terrà le bestie lontane da Capo?»

Lo stava decisamente tenendo per le palle, e Colton ne era consapevole.

Quando ci si metteva, Brave Lion era una vera spina nel fianco per lo sceriffo…

All’inizio Colton era rimasto fermo nella sua posizione: per nessuna ragione al mondo avrebbe abilitato un puledro alla caccia, per giunta il nipote di Brave. Il fatto poi che fossi incapace di volare (il che mi rendeva agli occhi della gente qualcosa di veramente simile a un pony di terra) non faceva che degradare la mia già precaria posizione a un gradino ancora più basso. Eppure in qualche modo, Colton Nyx doveva aver capito che neppure mio Zio, da solo, era sufficiente per contrastare le minacce future a Capo Unicorn.

In qualche angolo sperduto del suo sistema uditivo, qualche vocina doveva avergli suggerito che quella era migliore possibilità per tentare di risanare la situazione che si era venuta a creare con l’abbandono degli altri Cacciatori.

«E sia, posso munirlo di una licenza straordinaria per Contratti a Supervisione finché non avrà raggiunto l’età per emanciparsi. Ma fino ad allora, ti avviso che è sotto la tua completa responsabilità! Qualsiasi cappella dovesse combinare, ricadrà sulla tua testa. E francamente non vedo l’ora che accada.»

Ecco fatto, da quel momento ero diventato un Cacciatore (a supervisione), anche se avrei dovuto mangiare montagne di fieno prima di potermi mettere sullo stesso piano di Brave Lion.

Ma attenzione, perché adesso arriva il bello:

«Mi assicurerò che righi dritto, non preoccuparti per questo… » disse mio Zio, che fu subito interrotto dal nostro caro capomastro.

«Sarà meglio per entrambi.»

«Invece, prima di andare, ho bisogno di un'altra cosa.» Aggiunse.

«Sentiamo.»

«Un nuovo Contratto.»

Io drizzai le orecchie e Colton Nyx strizzò gli occhi in maniera torva.

«Non ho niente per te ora. Almeno fino al prossimo periodo dei raccolti. Se fossi in te, mi terrei stretto il denaro che ti sei intascato oggi.»

Ma evidentemente mio Zio stava pensando a tutt’altro: «Non intendevo per me» m’indicò con lo zoccolo «ma per lui!»


   
 
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