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Autore: Clarysage    29/05/2017    3 recensioni
La vita di Hermione sembra essere tornata al suo posto, ma quando riceve un invito a un matrimonio - fissato per il trenta giugno - ogni sua sicurezza si sgretola, portandola ad affrontare fantasmi passati e capitoli che credeva conclusi per sempre.
Giunti di fronte a un bivio, Draco Malfoy e Hermione Granger, dovranno prendere una decisione complicata e dolorosa, che segnerà per sempre la loro vita.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto, Da VII libro alternativo
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[Premessa: Questa one-shot si svolge in un futuro prossimo al settimo anno di Hogwarts, i fatti da tenere in considerazione – però – sono attinenti alla fine del quinto libro, con la variante che Voldemort è stato sconfitto durante lo scontro al Ministero.
E’ un racconto senza pretese, spero che vi piaccia.
Buona lettura!
Clarysage]
 


 
So you hit the lights and I'll lock the doors
Let's say all of the things that we couldn't before
Won't walk away, won't roll my eyes
They say love is pain, well darling, let's hurt tonight
If this love is pain, then honey let's love tonight
[Let’s Hurt Tonight – OneRepublic]
 

 
Trenta giugno.
Hermione si sarebbe sempre ricordata quella data. Quella maledetta, stramaledettissima data.
Trenta giugno millenovecentonovantanove.
La data in cui il suo cuore si sarebbe irreparabilmente frantumato in migliaia di pezzi, così piccoli da essere impossibili da riattaccare, così piccoli da lasciare un vuoto incolmabile al posto di quel muscolo oramai completamente inutilizzabile.
Da quando aveva ricevuto la lettera, quella lettera, il mondo le era letteralmente crollato addosso, portandola in un abisso di tristezza che non sapeva esistesse e stritolandola in una morsa tanto soffocante quanto un incantesimo Incarceramus scagliato con la massima potenza. No, non poteva resistere ancora per molto. Il dolore l'avrebbe dilaniata velocemente e inesorabilmente, gridando al mondo quanto fosse stata spezzata all'arrivo di quella lettera malefica, quanto sarebbe stata spezzata per sempre. Nulla poteva sedare la belva che si nutriva del suo sangue e della sua carne, accovacciata tra le sue costole, dove prima soggiornava un cuore forte e pulsante degno della Grifondoro qual era. Degno della Grifondoro qual era stata.
Perché ormai non era più la coraggiosa leader del Trio dei Miracoli: si nascondeva. Nascondeva le occhiaie di tutte le innumerevoli notti insonni con un abile incantesimo di camuffamento, nascondeva l'angoscia appiccicandosi sulle labbra un sorriso finto quanto l'oro dei Lepricani, nascondeva le unghie rosicchiate fino all'osso per il nervosismo dietro strati di Smalto Magico per Ricostruzione Super-Rapida, nascondeva le lacrime onnipresenti dietro palpebre d'acciaio. D'altronde era la strega più brillante della sua età, i suoi piani funzionavano sempre - o quasi.
Le uscite con Harry, Ginny o Ron erano strazianti, percepivano che c'era qualcosa che non andava, ma dopo averle chiesto cosa la tormentasse almeno ottocento volte, avevano gettato la spugna e di tanto in tanto le lanciavano occhiate dispiaciute e compassionevoli, mentre sorseggiavano Burrobirra o Idromele ghiacciato.
Il Weasley più giovane cercava di tirarle su il morale con la sua tipica gentilezza impacciata, baciandola con tenerezza o passione, tornando a casa ogni giorno con fiori diversi e carezzandola ogniqualvolta se ne presentava l'occasione; Hermione sapeva di sembrare lunatica e irritante, ma non sapeva in che modo reagire. Le parole dolci di Ronald non le facevano alcun effetto, ma non era colpa del ragazzo, era colpa sua. Solo sua. Interamente e completamente sua.
Con mano tremante, la giovane prese il biglietto di pesante carta color crema che le era arrivato il mese precedente e lo voltò, leggendo per l'ennesima volta le parole vergate di nero con grafia elegante e svolazzante. Ogni parola le provocava una fitta al petto, gocce di sangue si riversarono sulle guance in lacrime salate e calde, che bruciavano roventi sulla pelle diafana.
 
Draco Lucius Malfoy
&
Astoria Diane Greengrass
sono lieti di invitarvi al loro matrimonio
che verrà celebrato mercoledì 30 giugno 1999
 
Cordialmente,
Gli sposi
 
Hermione rilesse le nere parole ancora, e ancora, e ancora, finché il sapore metallico del sangue le invase la bocca, bagnandole la lingua e incollandosi al palato; senza accorgersene si era martoriata il labbro inferiore e adesso bruciava a causa del sale di quelle lacrime dispettose, che avevano terminato il loro tortuoso percorso posandosi su quei petali rossi di dolore. La ragazza si asciugò le guance con il dorso della mano, graffiando un sentiero già danneggiato, respirò profondamente e ripose la piccola lettera sul tavolino davanti al divano rosso sul quale era rannicchiata, stringendosi in un abbraccio per evitare di cadere nuovamente in pezzi.
Un turbine di ricordi la investì, sommergendola con un'onda dolce e densa come miele dorato, uccidendola lentamente come coltelli affilati penetrano nella tenera carne di donna abbandonata e tradita.
Le pallide braccia forti che l'avevano stretta nelle notti buie nelle aule vuote riempite da sospiri e gemiti sicuramente stavano circondando un'altra donna, i rari sorrisi timidi rivoltale nel nido sicuro della sua stanza probabilmente si stavano aprendo in quel momento per la gioia degli occhi di Astoria, le morbide labbra che l'avevano sfiorata mille e più volte certamente carezzavano la pelle della sua futura moglie, le risatine strozzate, intervallate da baci casti, emesse sotto coperte rosse e oro di sicuro stavano riempiendo le orecchie dell'altra ragazza. E a Hermione mancava tutto terribilmente. Le mancavano i leggeri capelli biondissimi sotto le dita, gli occhi di metallo fuso che le infiammavano le vene, i battibecchi abituali che in quei sette anni erano passati da velenosi a scherzosi, le occhiate proibite scambiate nei corridoi, in Sala Grande, nelle lezioni condivise, l'odore rassicurante che emanava la sua pelle, ma soprattutto le mancava terribilmente la sua voce. La voce profonda che aveva imparato ad amare, che accompagnava i suoi sogni - sia passati, sia presenti -, la voce che non sentiva da molto, troppo, tempo.
Doveva rassegnarsi, lo sapeva, amare e farsi amare da Ron, rinchiudere i ricordi in un angolino sicuro e innocuo della sua mente. In quei tre anni ci era quasi riuscita, ma l'arrivo di quel brandello di carta pregiata mandava all'aria tutti i suoi buoni propositi. Non sapeva neanche perché l'avesse invitata al suo matrimonio, scherzo crudele degno della Casa a cui era appartenuto; a quanto ne sapeva, tutti i maghi e le streghe di Londra avevano ricevuto la lettera di partecipazione, nessuno escluso, e persino alla famiglia Waesley e al Bambino Sopravvissuto era stato recapitato il famigerato biglietto. Hermione sospettava che fosse stata una trovata della famiglia dello sposo, bramosi di visibilità e invidia da parte di tutti gli invitati, com'era in puro stile Malfoy. Inizialmente la ragazza si era opposta fermamente ai tentativi degli amici di trascinarla alla cerimonia, ma dopo le suppliche di Ronald - «Montagne di cibo gratis, 'Mione. Gratis, capisci?» - e l'insistenza di Ginny - «E' la scusa perfetta per indossare qualcosa di indimenticabile, Herm. E chi lo sa, potrebbe scapparci un nipotino per me» - aveva ceduto, sapendo che una parte di lei smaniava alla sola possibilità di rivederlo.
Non appena il biglietto era stato recapitato, Ginevra l'aveva trascinata a Diagon Alley, perquisendo tutti i negozi possibili - da quelli per intimo a quelli di scarpe - e facendo incetta di capi continuava a blaterare di sfumature perfette di blu e pelle di drago ecologica applicata sulla punta della nuova collezione di scarpe di Magnolia Dark, la stilista più in voga in quel momento; Hermione era felice della fortuita distrazione che le stava offrendo l'ultima testa rossa di casa Weasley, uscendo e entrando da vestiti improbabili e alternando tacchi vertiginosi a pantofole pelose solo per il gusto di provare più indumenti possibili.
Ora il vestito color pesca che la giovane strega infine aveva scelto giaceva nell'armadio, nascosto dietro T-shirt e jeans consunti per non far affiorare quel dolore martellante più spesso del dovuto, così come le scarpe crema impossibilmente alte erano sigillate ancora nella scatola di cartone del negozio.
Hermione sapeva per certo che quella cerimonia sarebbe stata una tortura, ma almeno sarebbe stata abbastanza carina da risultare attraente. Era da giorni che tentava di
convincersi che voleva esserlo per Ron Weasley.
 

 
Il matrimonio Malfoy-Grengrass era stato organizzato nei minimi particolari. L'area erbosa scelta per accogliere i tremila e più invitati - due miseri ettari e mezzo di erba falciata con cura e fiori dagli improbabili colori sgargianti, abbracciati da una foresta fiabesca - era protetta da incantesimi anti-babbano provenienti dalla bacchetta dell'illustre Severus Piton, una moltitudine di tavoli rotondi ricoperti di fine merletto bianco erano sistemati ai lati del tavolo rettangolare adibito per gli sposi, mentre una bionda donna altezzosa impartiva ordini ai piccoli elfi domestici trotterellanti, che schizzavano da un lato all'altro del prato verdeggiante. Una creaturina rugosa sgambettava ricoperta quasi interamente da rose rosse e bianche, tentando di non far cadere neanche un delicato bocciolo, e un suo collega le andava dietro facendo fluttuare al seguito almeno dieci dozzine di vasi di porcellana cinese finissima; un altro paio di elfi stava inchiodando assi di lucido legno chiaro al suolo, creando una pista da ballo grande quanto due saloni del più maestoso castello signorile, e intanto un gruppetto di giovani maghi - probabilmente appena promossi da Hogwarts - accordavano i loro strumenti musicali su un palco degno dei concerti delle Sorelle Stravagarie.
Draco Malfoy avanzò verso la flessuosa donna nel fulcro delle attività, affondando nel soffice prato con le scarpe di produzione italiana e accarezzando con gli occhi le chiome verdi del bosco che lo circondava, pensando oziosamente al caos che lo avrebbe invaso il giorno dopo. A dirla tutta, al giovane rampollo di casa Malfoy non importava poi molto di tutti quei preparativi assurdi, né tantomeno della ragazza che di lì a ventiquattr'ore sarebbe diventata sua moglie; certo, Astoria Greengrass era una ragazza oltremodo bella, con grandi occhi verdi contornati da merletto nero, fluenti capelli color del grano, un fisico leggiadro e curve ammalianti, ma a Draco proprio non interessava.
Lucius gli aveva imposto di sposare la giovane Greengrass in tempi ragionevoli così da onorare il contratto stipulato dalle due famiglie quando i ragazzi erano ancora neonati in fasce, di conseguenza il giovane aveva messo uno sfarzoso anello al dito di Astoria non appena lei aveva completato i suoi studi a Hogwarts, ovvero l'anno prima. Normale amministrazione tra famiglie di Purosangue. Astoria e Draco avevano passato i precedenti dodici mesi convivendo a Malfoy Manor in camere rigorosamente separate, cominciando ad assaporare la vita che avrebbero avuto per sempre: mattinate noiose, pomeriggi al limite della sopportazione e serate passate in attesa di ritirarsi in camera. Il giovane mago aveva esternato i suoi dubbi e la sua esasperazione alla madre, sperando che l'infelicità del figlio la convincesse a revocare quel contratto maledetto, ma non era successo; il consiglio di Narcissa Black in Malfoy era quello di stringere i denti e tenere duro fino a che la situazione non si fosse trasformata in sopportabile, facendogli capire che l'avversione di quel momento si sarebbe presto tramutata in complicità. Draco era davvero molto scettico riguardo a quel punto, ma aveva rassicurato la madre con un cenno affermativo del capo e un sorriso tirato.
In quel momento il giovane futuro sposo raggiunse la signora Malfoy e le toccò la spalla, ottenendo un'occhiata da parte della donna. Questa impartì le ultime indicazioni e rivolse tutta l'attenzione al suo prezioso figlio.
«Madre, posso parlarti un attimo?» chiese nervoso il ragazzo, guardando quegli occhi freddi così simili ai suoi incastonati in un viso così diverso.
 «Certo» rispose condiscendente Narcissa, dirigendosi con passo leggero verso uno dei numerosi tavoli rotondi e accomodandosi elegantemente su una sedia.
Draco prese posto accanto a lei, torcendosi le mani in grembo e concentrando lo sguardo sulla tovaglia immacolata che ricopriva il piano di legno.
«Che cosa c'è, Draco?» domandò in tono apprensivo la donna, posando una piccola mano bianca su quelle contratte del ragazzo in uno di quei rari gesti materni che si concedeva di tanto in tanto.
«Ecco madre, io…» un sospiro segnalò il disagio che stava provando in quel momento «non voglio sposarmi con Astoria» Narcissa aprì la bocca per replicare che sì, lo sapeva e ne avevano già parlato, ma il figlio alzò una mano per frenare le proteste della madre «So che ne abbiamo già discusso, ma non penso che tu abbia presente il vero motivo per il quale non voglio farlo»
La signora Malfoy aggrottò le sopracciglia e guardò intensamente il giovane uomo che aveva davanti. Era una persona completamente diversa dal Draco Malfoy di qualche anno prima, più deciso, più indipendente… più forte. Cinque anni prima avrebbe accettato a capo chino le decisioni prese dalla famiglia, mentre ora si opponeva fermamente a quell'unione forzata un giorno sì e l'altro pure. E Narcissa non poteva che esserne orgogliosa, in fondo. Ma aveva capito cosa lo tormentava, lo aveva intuito dallo sguardo che il ragazzo rivolgeva alla sua futura moglie. Malinconia e rimpianto in una colata fredda d'argento.
«C'è un'altra fanciulla che occupa il tuo cuore e i tuoi pensieri, vero Draco? Di chi si tratta? La signorina Parkinson? Daphne?»
Draco sobbalzò visibilmente e scosse la testa: «Sì, madre, è così. Ma non è nessuna delle due»
«Draco» sospirò Narcissa, contraendo il bel viso in una smorfia di dolore «sai bene come stanno le cose in questo momento. I Greengrass ci servono. L'amore per questa fantomatica ragazza svanirà con il tempo, ma il beneficio che trarremo dall'unione con la famiglia di Astoria sarà pressoché infinito. Lo facciamo per il tuo bene, Draco»
Il mago sottrasse le mani alla stretta della madre e scosse di nuovo la testa, guardando intensamente la donna: «No, non lo fate per il mio bene, lo fate per il vostro. Tu e mio padre vi siete sposati perché vi amavate, o no?» la signora Malfoy annuì mestamente, così da far proseguire Draco «E allora cosa vi costa concedere questa fortuna anche a me?» terminò il ragazzo con le iridi imploranti e il dolore inciso nelle pieghe intorno alla bocca.
«Oh Draco» mormorò la donna addolorata quanto lui «Sai quanto mi dispiace, lo sai, ma sai anche quanto ci serve il vostro matrimonio. Ti prometto che Astoria sarà una sposa meravigliosa e imparerai quantomeno ad apprezzarla, ma per favore, per favore Draco, fallo. Fallo per i tuoi futuri figli, per i tuoi genitori e per quella poveretta di Astoria»
Draco guardò ancora gli occhi di sua madre, resi fragili da quella richiesta disperata, richiesta che poteva essere esaudita solo dalla generosità del suo amato unigenito.
«D'accordo, madre, ma ricordatevi una cosa: pagherete quest'unione con la mia infelicità ogni singolo giorno, da domani in poi»
Con uno scatto repentino il giovane si alzò dalla delicata sedia su cui si era accomodato qualche minuto prima e ripercorse i suoi passi, rientrando nella grande villa dei Malfoy con le spalle piegate dal dolore e dall'amarezza.
Quello che Draco non vide, fu la lacrima solitaria che solcò la guancia di perfetta porcellana di Narcissa Malfoy, prima di essere asciugata frettolosamente.
“Che cosa abbiamo fatto, Lucius?” si domandò tra sé e sé la donna, rialzandosi maestosa come prima e riprendendo il controllo sugli elfi domestici.
 

 
La brezza calda solleticava le spalle nude di Hermione, il vestito color pesca svolazzava intorno alle sue ginocchia, avvolgendola in una delicata nuvola rosata, e le castane onde morbide che le circondavano il viso - tenute a bada da un'abbondante dose di Tricopozione Lisciariccio - le accarezzavano le guance arrossate con tocco impalpabile; i ballerini volteggiavano in pista come leggere falene attorno a una lanterna accesa, il cantante della band sul palco cantava con voce profonda un vecchio brano di Celestina Warbeck, mentre la strega rimaneva sul bordo di legno lucido con un calice di Acquaviola tra le dita sottili e gli occhi fissi sugli invitati piroettanti.
Harry e Ginny ballavano abbracciati, una dolcezza così intima negli occhi da indurre tutti i presenti a distogliere lo sguardo - Hermione compresa - mentre Ron ballava con la sorella di Fleur, Gabrielle, tenendosi a cortese distanza dal flessuoso corpo della ragazza.
Al centro della pista troneggiavano i due sposi, catalizzando tutta l'attenzione sulla loro splendida presenza.
Astoria era bellissima: i boccoli color grano erano raccolti in un'elaborata acconciatura arricchita con piccoli boccioli rosa, la lucente stoffa bianca fasciava il seno florido e i fianchi, gonfiandosi successivamente in una voluminosa nube candida e al collo portava una preziosa collana - probabilmente prodotta dai Goblin - corredata agli splendidi orecchini con grandi diamanti incastonati al centro.
Draco, però, era davvero mozzafiato. La giacca nera di sartoria si adagiava perfettamente sulle ampie spalle e sulle braccia forti, i pantaloni scuri aderivano alle gambe lunghe del ragazzo, i fini capelli biondi catturavano la luce dorata del sole, la fede di oro bianco all'anulare sinistro rifletteva il bagliore aureo in una moltitudine di raggi che affondavano dolorosamente nel petto di Hermione, lasciandola in piedi sanguinante di fronte ai ballerini ignari del suo dolore. Molte volte le iridi di cioccolato e di argento ossidato si erano incontrate sopra le teste degli invitati, i metri che li separavano sparivano ogni volta e la ragazza poteva quasi sentire il calore di quegli occhi percorrerla, accenderla e spegnerla subito dopo con una cascata gelida di consapevolezza; la tristezza della ragazza si rifletteva nelle iridi del mago come sole su un lago grigio. Quando per l'ennesima volta i loro sguardi si incrociarono, la ragazza non riuscì a sopportare la vista delle scuse incastrate tra i ghiacci argentei e il rimorso stampato a caratteri cubitali al loro interno; con un unico sorso ingollò il liquido glicine rimanente nel bicchiere, posò il calice vuoto sul primo tavolo che si trovò accanto e si diresse a grandi passi verso il bosco che fungeva da recinzione naturale allo spazio adibito per la cerimonia, mentre le scarpe dai tacchi vertiginosi incespicavano nella terra morbida.
Non appena la cupola di foglie si chiuse su di lei, si permise di respirare. Rallentò l'andatura, si guardò intorno, scrutando le scure cortecce coperte di muschio morbido e il tappeto di foglie ai suoi piedi, e estrasse la bacchetta dalla piccola pochette che portava alla mano sinistra; squittii e fruscii accompagnavano la sua marcia, i tacchi infilzavano spietati le foglie verdi, i raggi del sole filtravano rari e il buio avvolgeva la radura come un leggero velo verde scuro, nascondendo agli occhi umani ciò che conteneva quel piccolo cuore di solitudine. Hermione avvistò un imponente tronco caduto coperto di lichene umido e azzurri funghi brillanti, così decise di sedervisi per riprendere fiato e le redini della sua testa; con un pesante sospiro si adagiò sopra al legno duro, si tolse le scarpe torturatrici e posò la bacchetta e borsa accanto a sé, mentre rassegnata ripercorreva la giornata con il pensiero.
La cerimonia era stata straziante e noiosa, pomposamente formale, Astoria e Draco avevano pronunciato i voti come attori di una tragedia dal copione disgustoso, ma, al contrario, i Malfoy e i Greengrass avevano ostentato la loro compiacenza a chiunque osasse rivolgere loro lo sguardo; Hermione malinconicamente aveva riflettuto sul fatto che la giovane Greengrass era forzata a ricevere una cosa che Hermione voleva con tutte le sue forze ma non avrebbe mai potuto avere.
Uno scricchiolio la fece rinvenire e con una mossa repentina - che rischiò di romperle il polso - alzò la bacchetta verso i folti cespugli verdi dinnanzi a sé, il cuore le batteva forte, il sangue scorreva più velocemente del normale nelle vene e le gambe l'avevano fatta scattare in piedi senza il suo ordine.
«Abbassa la bacchetta, Hermione. Sono io»
Quella voce conosciuta e profonda le causò un tremore alle mani così intenso che il sottile bastoncino di vite sfuggì dalla sua stretta, cadendo sull'umida terra scura; fini capelli biondi fecero capolino dalle lucide foglie del cespuglio di fronte a lei, seguiti dal viso e dal corpo ben vestito. Hermione non si accorse di aver trattenuto il respiro finchè lo rilasciò.
«C-Che ci fai qui?» balbettò la ragazza, fissando i suoi occhi in quelli del giovane.
Per tutta risposta lui si chinò e prese l'oggetto che le era caduto precedentemente, rigirandoselo tra le lunghe dita pallide: «Ho visto che te ne sei andata»
Il tono mesto e spento che aveva usato la penetrò come una stilettata dritta al cuore, facendola accasciare contro un albero robusto e artigliare la corteccia dura dietro di lei.
«Sei bellissima, non ho avuto occasione di dirtelo» sussurrò poi, avvicinandosi di un passo alla ragazza e guardandola con un desiderio così profondo che il cuore di Hermione batté veloce e potente contro il suo petto, rischiando di spezzarle le ossa e lacerarle la carne.
«Dovresti dirlo a tua moglie, non a me» ribattè la giovane con un tono più acido di ciò che si aspettava.
Draco si avvicinò di qualche passo ancora, si sedette sul tronco precedentemente occupato dalla ragazza e posò la bacchetta accanto alla borsetta dimenticata nella foga di alzarsi; le ultime ore erano state strazianti per lui: mani di parenti sconosciuti e conoscenti irritanti non smettevano di stringere tutto ciò che riuscivano a raggiungere, tutti i convenevoli che aveva affrontato con la neo-sposa si erano rivelati più stancanti e noiosi del previsto e la presenza di Potter l'aveva irritato non poco, ma non appena il suo sguardo si era posato sull'incantevole strega bruna si era dimenticato tutto. La spossatezza e il malumore si erano disintegrati davanti a quegli occhi castani, il sollievo si era mescolato al rimpianto di non avere lei tra le braccia e una rabbia cieca si era abbattuta su di lui non appena Weasel le aveva posato un sudicio braccio attorno alla vita - anche se sapeva quanto incoerente fosse visto il fatto di essersi appena sposato con una donna che non era lei.
Scrutò la ragazza aggrappata alla corteccia scura dell'albero di fronte a lui, scivolando sulla compatta pelle chiara delle spalle lasciata scoperta dal vestito e sulle labbra rosse come ciliegie - e sapeva per esperienza altrettanto dolci.
Nei tre anni precedenti non aveva fatto altro che pensarla, ricordando ogni attimo prezioso come un mendicante geloso dei pochi spiccioli posseduti; non gli importava nulla se in quel momento doveva essere con Astoria anziché con la meravigliosa ragazza che aveva davanti. Dio solo sapeva quanto la trovasse irresistibile in quel momento, esattamente la stessa ragazza che aveva imparato a conoscere ad Hogwarts e che, soprattutto, aveva imparato ad amare. Si ricordava perfettamente quando lei gli aveva scagliato in testa il proprio libro di Pozioni dopo aver sentito dei pettegolezzi - credibili quanto il fatto che Potter fosse un asso della seduzione - riguardanti un fantomatico tradimento con Pansy Parkinson, rammentava ancora del loro primo bacio di fronte all'arazzo di Barnaba il Babbeo durante una ronda notturna e lo schiaffo sonoro che ne era conseguito lo faceva ancora sorridere nelle notti solitarie.
Draco con un repentino gesto fluido si alzò dalla corteccia muschiata e si avvicinò alla ragazza davanti a lui, accostandosi così tanto che a ogni respiro il seno di lei gli sfiorava la camicia di seta pregiata, mandandolo in estasi. Possibile che un tocco così effimero lo facesse sospirare di piacere?
«L'unica persona di cui mi importa davvero sei tu, Hermione» sussurrò a pochi centimetri dalle sue labbra, percependo il respiro caldo della strega sulla bocca e assorbendo il fiato dolce come nettare.
«Peccato che in questi tre anni non me l'abbia minimamente dimostrato» rispose piccata Hermione, schiacciandosi ancora di più contro l'albero e alzando una mano per zittire Draco quando aprì la bocca per ribattere «Non mi interessa se è tutta una montatura o se ti dispiace, potevi dirmi prima che ti saresti sposato con Astoria. Ti sembra giusto che dopo tre anni di silenzio venga a sapere con un dannato biglietto del tuo matrimonio? E non fare quella faccia, Draco, perché io, a differenza tua, ho provato a contattarti in tutti i modi in questi anni, e indovina? Il nulla, nessuna risposta. Ma stai pure tranquillo, ormai l'ho superata» terminò la ragazza con un sorriso amaro sulle labbra e lo sguardo malinconico.
«L'hai superata, Hermione? Sei sincera?» sussurrò Draco, alzando una mano e sfiorando le labbra socchiuse della strega; non sapeva se gioire di più per il contatto di quei petali peccaminosi o per il sospiro languido che proferì la ragazza. «Io non l'ho superata per nulla, sai. Ti ho pensato ogni singolo minuti di questi tre dannatissimi anni» riprese flebilmente mentre solleticava quella bocca morbida, così rossa da sembrare disegnata col sangue.
«Perché, Draco? Perché non mi hai cercata?» chiese con voce tremante Hermione, afflosciandosi contro l'albero e arrendendosi alle dita del ragazzo.
«Pensavo che ti avrei dimenticata, che saresti rimasta la cotta di Hogwarts da ricordare una volta ogni tanto, ma non ha funzionato…» il mago emise un sospiro e appoggiò la fronte a quella della ragazza. «Ogni anno mi ripetevo che forse ci sarebbe voluto più tempo, che dovevo aspettare ancora un po' e mi sarebbe passata, ma non è successo. Ti vedo in ogni cosa che mi circonda, sul serio.»
Hermione si sentì gli occhi bruciare; non voleva credergli, non voleva stargli così vicino, ma lui la sovrastava e finalmente – dopo troppo tempo – ricominciò a respirare.
Nel frattempo Draco la guardava con insistenza, godendosi il profumo di quella pelle liscia che lo avviluppava in un morbido abbraccio e lo inondava di ricordi.
 
Non sapeva esattamente quando il desiderio e curiosità avessero preso il posto del disprezzo e del disgusto. Era stata una metamorfosi talmente lenta e impercettibile che Draco si spaventò non appena si accorse che forse la voce della Granger non era così insopportabile e il suo viso non era poi così abominevole.
Forse tutto era cominciato quando quel matto di Silente aveva incrociato i gruppi per le ronde notturne, innalzando valori di solidarietà e uguaglianza. La Patil Numero Due era finita con McMillan, Pansy con Goldenstein, Weasley con la Abbott e lui con la Granger. I primi mesi erano stati insopportabili, continuavano a volare Fatture Orcovolanti e Tarantallegre, frecciatine cattive e insulti volgari da parte di entrambi; ma dopo del tempo si erano stufati, non era più soddisfacente come prima prendersela con Lenticchia davanti alla strega perché ormai si era abituata e non rispondeva neanche più alle provocazioni, e di conseguenza le ronde erano diventate silenziose passeggiate nei corridoi, accompagnate solo dai sospiri di frustrazione da parte di entrambi.
«Quindi siete in finale con i Corvonero, giusto?» esordì una sera la ragazza, evidentemente annoiata dalla piega che stavano prendendo le ronde da qualche settimana a quella parte.
«Già» ribattè laconico il Serpeverde, gonfiando il petto come un tacchino tronfio.
«E’ prevista una tempesta per sabato, lo sai vero?»
«Non siamo bambinette fragili, siamo uomini» rispose gonfiandosi ancora di più, se possibile. «Qualche goccia non ci fa nulla»
Hermione scosse la testa e per quella sera non spiccicarono più parola.
La ronda della domenica la fece da sola, visto che l’uomo perfettamente padrone di qualsiasi situazione era caduto dalla scopa a causa di una folata di vento e si era slogato una caviglia. Le veniva da ridere ogni volta che ci pensava.
Qualche giorno dopo Draco si era ripresentato al suo turno come se stesse tornando da una guerra particolarmente cruenta, e Hermione appena lo aveva visto era scoppiata a ridere a causa della teatralità della camminata sofferta che sembrava prosciugargli tutte le forze. Lui l’aveva fulminata con lo sguardo, ma non se l’era presa più di tanto e si erano incamminati insieme. Da quel giorno il loro rapporto si era ammorbidito, non era più rigido come un tempo e le battute di scherno erano diventate prese in giro scherzose.
Una notte di fine febbraio Draco aspettava la Granger all’arazzo di Barnaba il Babbeo, appoggiato al muro e con le braccia incrociate al petto. Appena vide la chioma disordinata della strega ondeggiare verso di lui, si staccò dalla parete fredda e si sistemò la divisa, mentre lei procedeva con il solito passo marziale, la gonna che le sfiorava le ginocchia fasciate dalle calze scure, la camicetta abbottonata con solerzia e il maglione intonso e perfettamente stirato, con la spilla da Prefetto lucida e brillante nel buio corridoio.
«E’ successo qualcosa?» chiese preoccupata, le gote rosse per l’agitazione e il fiato corto.
«No» il ragazzo fece spallucce e le andò incontro, fermandosi a meno di un metro dalla strega.
«Allora perché mi hai chiamato?» replicò stizzita la ragazza. «Stiamo perdendo tempo. Potrebbe esserci una vera emergenza e tu mi chiami per niente. Ti avviso, se mi inviassi un Patronus per nulla un’altra volta, non ti assicuro la mia reperibilità o la mia–
La voce della ragazza fu soffocata dalle labbra del mago, che si era chinato velocemente verso il viso della strega e l’aveva baciata inaspettatamente, per poi avvicinarsi e avvolgerle il braccio sinistro attorno alla vita stretta mentre la mano destra si era immersa nei suoi capelli ribelli.
Hermione trattenne il fiato e spalancò gli occhi, stupita dal movimento audace delle labbra di Draco e dal sospiro che si era lasciato sfuggire dalle labbra mentre chiudeva gli occhi e se la premeva addosso con foga. La strega lo spinse via e gli piazzò un sonoro schiaffo sulla guancia pallida, guardandolo con gli occhi pieni di confusione e – era impossibile – paura, dopodiché corse via con il cuore in gola.
Draco non se la prese più di tanto, e tornò al suo dormitorio con un sorrisino stupido sulle labbra: sapeva che sarebbe tornata da lui. Difatti, la notte seguente, la trovò al punto di ritrovo per l’inizio della ronda con le guance rosse e il labbro inferiore tra i denti.
«Non sono un gioco» disse con voce tremante, torcendosi le mani.
«Lo so»
«Le cose le prendo sul serio»
«Non l’avrei mai detto»
«Non so perché tu l’abbia fatto»
«Prova a indovinare»
Hermione lo guardò negli occhi, cercando qualche traccia dell’infido Malfoy che aveva conosciuto in quegli anni, ma vi trovò solo sincerità – assurdo – e curiosità. Si avvicinò al ragazzo, si mise in punta di piedi e gli sfiorò le labbra con le sue, tremando di paura e di un altro sentimento che non riuscì a decifrare.
 
Hermione sgusciò dalla deliziosa prigione che le braccia di Draco costituivano, tenendosi a distanza per evitare che il calore del suo corpo le obnubilasse i pensieri.
«No» disse decisa, la voce più ferma e dura di qualche secondo prima.
«No?» ripetè il giovane, aggrottando le sopracciglia in un’espressione confusa e ferita.
«No, Draco. No. E’ troppo tardi, ti sei appena sposato e non ho intenzione di lasciarmi distruggere da te. Ancora» la ragazza lo guardò negli occhi con fierezza, il mento alto e le labbra strette, mentre raggiungeva il tronco per prendere la borsetta e la bacchetta.
Draco abbassò lo sguardo e intrecciò le mani, torturandosele freneticamente.
Non riusciva a riconoscersi. Si sentiva dilaniato, insicuro e annullato. L’aveva ferita, lo sapeva, e non c’erano scuse. Ma non riusciva a pensare a una vita senza di lei, e anche se per molto tempo aveva cercato di rinchiudere il suo ricordo in un cantuccio della mente, era consapevole di non esserci riuscito per niente.
La guardò mentre lei rimetteva la bacchetta nella pochette e si rimetteva le scarpe alte, pronta a sparire di nuovo dalla sua vita. Osservò le onde scure dei capelli che scivolavano sinuose sulle esili spalle nude, sfiorando lascive il seno coperto dal tessuto color pesca che seguiva le timide curve del suo corpo, gonfiandosi seguendo la danza silenziosa della brezza estiva.
E Draco sentì il desiderio infiammargli i sensi come se il tempo non fosse mai passato, travolgendolo di cruda passione e sincero affetto. La voleva ancora, e sapeva che questo non sarebbe mai cambiato.
 
 Il Bagno dei Prefetti, come tutti i venerdì sera, era pieno di vapore e chiacchiericcio allegro, profumato di fiori di pesca e vaniglia, con una nota agrumata e terrosa che denotava la presenza di due profumi fusi insieme per creare una fragranza unica.
«Ti dico che mi ha detto proprio così!» esclamò Draco, immerso nell'acqua fino al mento mentre si insaponava i capelli. «Non me lo sarei mai aspettato dalla McGranitt. Sono veramente turbato»
Hermione si sbottonò la camicetta della divisa e la lasciò scivolare per terra, accanto al cumulo di vestiti del mago, ridacchiando alle stramberie del suo ragazzo. «E magari ti ha anche mostrato la giarrettiera» disse togliendosi la gonna e le calze. «Poi ti ha sedotto e condotto in un aula vuota o dietro qualche arazzo, dopodichè il resto lo lascio all'immaginazione»
«Per caso mi pedini? Perché se non fosse arrivato Gazza probabilmente a quest'ora ti ritroveresti in lacrime nella Torre di Grifondoro, anziché vestita solo di questa deliziosa biancheria intima» Draco ammiccò verso le gambe di Hermione, alzando le sopracciglia in modo piuttosto allusivo e facendo ridere la strega, che lanciò una saponetta nella sua direzione, mancandolo. «Devo ricordarmi di ringraziarlo. Vieni qui, Hermione.»
La ragazza si avvicinò alla vasca enorme e si sedette sul marmo freddo, intingendo i piedi nell'acqua piena di schiuma; Draco la raggiunse subito e si posizionò di fronte a lei, separandole le gambe con delicatezza e insinuandosi al loro interno. Hermione lo guardò incuriosita, senza l'esagerato pudore che contrassegnava i loro incontri all'inizio, mentre il giovane le cingeva la vita e appoggiava la fronte alla sua - dato che ormai si trovavano alla stessa altezza, lui in piedi nella vasca e lei seduta sul bordo -.
«Sei così bella» sussurrò lui, dandole un bacio a fior di labbra, così leggero che Hermione quasi non se ne accorse; le mani aperte del ragazzo salirono lungo la sua spina dorsale, vezzeggiandola teneramente, mentre continuava a baciarla delicatamente per poi diventare sempre più passionale. La giovane avvolse le gambe attorno alla vita di Draco e lo abbracciò forte, rispondendo con eguale ardore.
«Ti amo» sussurrò la ragazza, con le labbra rosse, i capelli scarmigliati e il respiro pesante; il mago rimase immobile e la fissò, l'argento bollente che affondava nel caramello caldo. Con una mossa repentina la spinse sul marmo e uscì in fretta dall'acqua, coprendola col suo corpo e riprendendo a baciarla con più calore di prima, mentre con le mani sembrava ripeterle ciò che lei aveva appena detto.
 
Una lacrima solitaria solcò la guancia di Hermione, percorrendola con velenosa dolcezza. Si affrettò subito ad asciugarla con il palmo della mano e fece per andarsene da quella radura maledetta, complice di ricordi fin troppo vividi e crudeli, ma una mano le avvolse delicatamente il polso trattenendola dolcemente.
Non voleva girarsi. Non voleva più vedere quegli occhi. Non voleva più morire annegata nel suo profumo.
«Guardami, ti prego» la implorò Draco. Ne aveva abbastanza di quello stupido orgoglio che aveva rovinato ogni cosa e non aveva portato a niente, solo a sensi di colpa e rabbia. «Hermione, per favore»
 La ragazza si girò, persuasa dall’emozione che lui aveva instillato in ogni sillaba del suo nome.
Bisogno.
Tristezza.
Amore?
No, se fosse stato veramente innamorato non l’avrebbe mai lasciata in modo così meschino.
 
«Non possiamo più vederci» le disse Draco, freddo come il ghiaccio.
Mancavano tre giorni all’inizio delle vacanze estive e lei sperava di passare qualche settimana con lui, sarebbero andati in Italia per visitare tutte quelle città pregne di storia e arte. Ne avevano parlato qualche volta, lui sembrava entusiasta ma sotto sotto una fiammella di tristezza ardeva sempre in quegli occhi plumbei. Hermione aveva preferito non chiedergli spiegazioni, sicura che – come molte altre volte – lui si sarebbe aperto spontaneamente con lei. Avrebbe rispettato i suoi tempi, conoscendolo e sapendo che più gli si faceva pressioni più lui si sarebbe chiuso in se stesso.
Perciò avevano passato il tempo come erano soliti, tra gli ultimi compiti di Pozioni e ronde notturne terminanti in nottate trascorse nella Stanza delle Necessità. Fino a quel pomeriggio, in cui lui l’aveva richiamata in un’aula vuota per parlare.
«Cosa? Perché?» chiese confusa la ragazza, avvicinandosi a lui e guardandolo con apprensione.
«Siamo troppo diversi, agli antipodi direi. Non c’è futuro per noi, lo sai» rispose gelidamente il mago, distogliendo lo sguardo da lei e fissando un punto oltre le sue spalle.
Quella mattina era arrivata una lettera da Malfoy Manor che gli ricordava il patto stipulato dalla sua famiglia coi Greengrass e i conseguenti preparativi in previdenza dell’eventuale trasferimento di Astoria e Draco nell’ala di villa Malfoy adibita a appartamento coniugale. Il ragazzo era caduto dalle nuvole: si era completamente dimenticato di quel dannato contratto matrimoniale, ma era un accordo preso sedici anni prima e forse interrompendo in tronco la storia con Hermione, nessuno dei due ne avrebbe sofferto troppo. Quanto si sbagliava.
«Quindi ci stiamo lasciando» asserì Hermione, raddrizzando le spalle e cercando di controllare il tremolio nella sua voce. Non sarebbe crollata di fronte a quella Serpe, poco ma sicuro. Nonostante tutti i momenti passati insieme e tutti i progetti fatti, se la stava lasciando così – senza neanche guardarla in faccia, dannazione! – non si meritava le sue lacrime. O meglio, non meritava vederle. Si sarebbe lasciata andare ai sentimenti in camera sua, ma non in quella classe squallida.
Draco annuì e si voltò verso la finestra che dava sulla Foresta Proibita, sentì solo il tonfo della porta quando si chiuse violentemente alle spalle della ragazza.
Quando tornò alla Sala Comune di Serpeverde nessuno ebbe il coraggio di chiedegli delle nocche sanguinanti e degli occhi rossi.
 
«Vattene»
Il tono duro come l’acciaio e altrettanto freddo fecero quasi sobbalzare Draco. Poche volte l’aveva sentita parlare con tanta asprezza, ancor meno rivolta verso di lui. Cercò di accostarsi a lei, di ricordarle com’era bello e quanto ancora poteva esserlo, ma quelle iridi cariche di rabbia lo congelarono sul posto. La scrutò meglio, soffermandosi sulla linea severa delle labbra strette in una smorfia furiosa, sulle spalle rigide e sulle guance rosse d’ira. Quando l’aveva seguita nella radura si era aspettato di tutto, ma non quello. Non quell’espressione adirata, che lo riportava indietro di anni – ai primi tre anni ad Hogwarts forse?.
«Sei diventato sordo, oltre che stupido?» Hermione strinse i pugni e lo fulminò con un’occhiata che avrebbe potuto gelare l’Inferno.
«Lo vuoi davvero?» sussurrò Draco, distogliendo lo sguardo da quegli occhi che da cioccolato fuso erano diventati spire d’odio.
«C’è davvero bisogno di chiederlo?» la strega alzò un sopracciglio, non vista dal ragazzo che stava guardando un basso cespuglio di felci selvatiche.
La determinazione nella sua voce confermò quello che poco prima Draco aveva visto.
Rabbia.
Odio.
Rimorso.
Ribrezzo.
Con un sospiro, scrollò le spalle e si ricompose. Si sistemò i capelli platino con la mano destra – perfettamente ferma – e le lanciò un ultimo sguardo, prima di voltarle la schiena e andarsene, facendosi largo tra la natura verdeggiante.
Hermione sospirò pesantemente e si lisciò il vestito. Come se non fosse mai successo, ecco di cosa si doveva convincere. Fece un mezzo giro su se stessa e si Smaterializzò nel nulla, l’unica traccia di quell’incontro rimaneva nella corteccia leggermente scalfita di quell’albero.
 

 Because maybe 
You're gonna be the one that saves me 
And after all 
You're my wonderwall 
[Wonderwall – Oasis]
 
Ottobre 1999
 
La brezza pungente soffiava su tutta Londra, segno inequivocabile che l’autunno aveva ormai avvolto le sue dita gelide sulla città, strappando le foglie aranciate dai rami e spazzando le strade grigie. Sul marciapiede gli ultimi impiegati ritardatari camminavano velocemente, forse per evitare la pioggia o per correre da chi li stava aspettando a casa.
Hermione si sedette sulla poltrona soffice di fronte alla finestra che affacciava sulla trafficata Maple Street con una tazza di cioccolata calda tra le dita infreddolite. Il Mondo Babbano le riservava sempre qualche sorpresa, e lo preferiva di gran lunga al televisore o alla radio. Si era dimenticata l’odore di asfalto bagnato, il fetore pungente dei gas di scarico, il viavai rumoroso di tutti i mezzi di trasporto immaginabili e la musica spacca timpani dei locali nei finesettimana.
Dopo quel rovinoso matrimonio, Hermione aveva avviato le pratiche di trasferimento nel Mondo Babbano, lasciando sconcertata la maggior parte dei suoi amici. Ginny e Harry si aspettavano una mossa drastica – visto il comportamento a dir poco strambo dell’amica negli ultimi mesi – ma non una pazzia simile. Di punto in bianco aveva lasciato Ron, e dopo innumerevoli tentativi di riappacificazione, anche lui aveva gettato la spugna. Le valige erano state preparate in fretta e un appartamento in affitto a poco prezzo era stato facile da trovare.
Hermione aveva passato il proprio compleanno con un piatto pronto comprato al minimarket a pochi passi da casa e una bottiglia di vino bianco scadente, facendo zapping tra canali Babbani che neanche ricordava esistessero. Ventuno anni e sentirli tutti, ventuno macigni sulle spalle e ventuno anni di gioie e dispiaceri, coronati da traguardi importanti e fallimenti colossali. Nonostante tutto, Hermione si sentiva serena.
Conduceva una vita tranquilla; nessuno si aspettava nulla da lei, non era l’Hermione Granger del Mondo Magico, la stella del Trio dei Miracoli, ma una semplice studentessa di Lettere Moderne alla Goldmiths University, aveva pochi amici – che perlopiù considerava conoscenti o compagni di corso – e un lavoro in una libreria a poche fermate di metro dal suo appartamento. Viveva nella semplicità e le piaceva.
Il trillo del campanello la riscosse dai suoi pensieri e aggrottò le sopracciglia. Non conosceva nessuno che potesse aver suonato a quell’ora, soprattutto visto che le uniche persone che sapevano dove abitasse erano i suoi vicini e Harry – che le faceva visita solo il sabato.
Con lentezza magistrale si alzò dalla poltrona e posò la tazza ormai tiepida sul tavolino ai suoi piedi, sistemandosi il maglione bordeaux sui fianchi.
Un altro trillo e un bussare insistente la fecero sbuffare e borbottare contro la maleducazione umana.
Aprì la porta aspettandosi un venditore porta a porta o l’amministratore del condominio che la avvisava della data della prossima assemblea. Quello che vide, però, era quanto di più inaspettato si potesse trovare davanti.
I capelli biondi erano più corti dell’ultima volta che l’aveva visto, e ovviamente vestito in modo molto più informale – dopotutto, non era il suo matrimonio.
Hermione fece per chiudergli la porta in faccia, ma una mano chiara glielo impedì posandosi sullo stipite e bloccando il passaggio.
«Che ci fai qui?» chiese aspramente lei, incrociando le braccia sul petto.
Lui ghignò e si grattò il mento. «Dio, Granger, diventi sempre più maleducata. Prima lasci la mia indimenticabile festa di matrimonio senza avvisare, seminando il panico e mandando quasi una squadra di recupero a cercarti, e adesso questo. L’ho sempre detto che il Mondo Babbano è pericoloso»
Se Hermione avesse ancora avuto una bacchetta, probabilmente l’avrebbe Schiantato da un pezzo.
«Come hai fatto a trovarmi?» sibilò lei, rimanendo immobile.
«Ho i miei metodi, dovresti saperlo» rispose lui appoggiandosi all’uscio. «Che diavolo ti è saltato in mente?»
Lei non rispose e si limitò a scoccargli un’occhiata fredda. «Tua moglie non è preoccupata della tua gita nella Londra Babbana?»
«No» Draco fece spallucce. «Visto che non è più mia moglie, non c’è nulla che la turbi»
Hermione si costrinse a non spalancare la bocca per la sorpresa e spalancò gli occhi nocciola.
«Credo che il nostro matrimonio si sia conquistato il titolo di più breve della storia magica» non ne sembrava particolarmente dispiaciuto, anzi. Stava sorridendo sotto i baffi o era diventata cieca?
«Mi dispiace, ma credo che tu adesso debba andartene» le faceva male, ma doveva farlo. Si era appena ripresa la propria vita, non voleva perderla di nuovo per colpa di una pazzia dettata dall’emozione. Ma il divorzio non è una pazzia, soprattutto nel Mondo Magico.
«Ti amo»
La voce chiara di Draco la colpì come uno schiaffo proprio mentre stava per rientrare in casa, ferma come se fosse una certezza salda. Tirò fuori dalla tasca interna della giacca un fascicolo ripiegato accuratamente. Ad Hermione bastò un’occhiata per riconoscerlo.
«Che cosa…»
«Sono disposto a scambiare una seconda possibilità con la magia» asserì serio, guardandola negli occhi. «Passerò sopra ai marchingegni infernali babbani e alle loro stramberie, se mi dirai di sì»
Hermione non riusciva a parlare, l’unica reazione che ebbe il suo corpo fu un tremolio diffuso in tutto il corpo e gli occhi che si annebbiavano per le lacrime.
«Non piangere, Hermione» sussurrò Draco. «Sono terribilmente serio. E poi sono io quello autorizzato a piangere, se permetti»
La ragazza sorrise divertita mentre si asciugava gli occhi umidi con il dorso delle mani.
«Entra» gli disse scostandosi un poco dall’uscio. «Ordino cinese»
«So che me ne pentirò molto presto» disse Draco entrando in casa.
Una mano gli afferrò il polso e lo tirò nell’appartamento, e mentre la porta si chiudeva due risate rimbombarono nel pianerottolo vuoto, seppellendo – almeno per il momento – fantasmi passati. 
****

Wow, sono già passati tre anni dall'ultima volta che pubblicavo qualcosa su EFP! 
Una storiella senza pretese, scritta in un momento di relax due anni fa e ritrovata tra documenti stravecchi e foto imbarazzanti, quindi mi sono detta ' perchè non metterla a posto e pubblicarla? Tanto per battere un colpo e comunicare al mondo che sono ancora viva' 
Non so se il mio progetto iniziale sia riuscito al 100%, ma mi mancava questo sito e non potevo resistere all'idea di pubblicare qualcosina. 
Spero vi sia piaciuta e che vi siate persi tra le parole come ho fatto io. 
Un bacione,

Clarysage
   
 
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