Film > Il Cigno Nero
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Autore: osprey_archer    30/05/2017    0 recensioni
Nina dice ai dottori che il suo attacco è solo dovuto a droghe. «Uno dei ragazzi aveva delle pasticche con sé» racconta a sua madre, perché altrimenti lei non permetterà a Lily di tornare, e Lily viene ogni giorno con un bouquet. Gigli bianchi, gigli tigrati, mughetti.
{ Lily/Nina | One shot | 3664 parole | What if? | Traduzione di Hiraeth }
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Note della traduttrice (Hiraeth): Il cigno nero è uno di quei film indimenticabili da rivedere più di una volta, per cui dovevo per forza tradurre qualcosa al riguardo. Per la storia originale, il link è questo, e ovviamente vi consiglio di optare per tale versione se non ve la cavate male con l’inglese. Comunque sia, buona lettura!










Lily of the Valley
di osprey_archer




Nina dice ai dottori che il suo attacco è solo dovuto a droghe. «Uno dei ragazzi aveva delle pasticche con sé» racconta a sua madre, perché altrimenti lei non permetterà a Lily di tornare, e Lily viene ogni giorno con un bouquet. Gigli bianchi, gigli tigrati, mughetti¹.

 Sua madre taglia ai mughetti i gambi. Li intreccia tra i capelli di Nina e prova a sorridere. Nina fissa il soffitto. Quando tenta di contare i puntini delle piastrelle sopra di sé, le luci fluorescenti si offuscano.

 Assomiglia proprio all’ospedale in cui è ricoverata Beth: il ronzio del neon tremolante, i corridoi vuoti e troppo stretti. Nina lo chiede ripetutamente ai dottori, alle infermiere e a sua madre, e tutti le rassicurano che non si tratta dello stesso posto, e quindi Beth non può soffocarla con un rigido cuscino antisettico.

 No, comunque è stata Lily ad averla soffocata con un cuscino. No, non è mai successo.

 Lily è l’unica che le fa visita all’ospedale. Thomas le ha mandato un mazzo di rose, rose bianche. Senza biglietto.

 Nella piastrella del soffitto sopra il suo letto ci sono novantatré puntini.

 Attorniato dall’odore delle rose, il profumo al neroli di sua madre è astringente. Nina avverte gli occhi di sua madre su di sé, le mani che le tirano i capelli mentre le intreccia i mughetti tra i capelli. Le mani di sua madre stanno bene: sono senza lividi. Che razza di mostro immaginerebbe mai di far del male alla propria madre?

 La sua treccia riceve un ultimo strattone. «Non ti perderò più di vista».

 «Non riuscirai a fermare Beth» risponde Nina. Le sue gambe sembrano due bastoncini sotto la coperta ruvida e bluastra che le ha fornito l’ospedale. «Non ci riuscirai, prenderà anche te…»

 Sua madre l’abbraccia. «Sssh» sussurra, cullando Nina. «Ssh». L’odore di neroli la ingloba.

 Un bussare alla porta. Sua madre si ritrae, occhieggiando in maniera circospetta l’intrusa. «Lily» proferisce.

 «Ehi» replica lei, la voce roca e calorosa come sempre. Un mazzolino di mughetti le pende sbadatamente dal fianco. «Nina! Sei sveglia!»

 Sua madre allunga la mano perché le siano consegnati i fiori. Lily glieli allontana. «Acchiappa» esclama, e li lancia a Nina. Nina è affascinata dalle movenze di Lily: lei è così disinvolta, persino incontenibile, ma aggraziata.

 «Torni presto?» le domanda Lily, sedendole accanto sul letto. I suoi capelli sciolti sfiorano il braccio di Nina.

 «No» bisbiglia pianissimo² Nina. Sente le sue parole come se le stesse pronunciando qualcun altro. «Non farò più balletto».

 «Nina!» urla sua madre.

 Il sorriso di Lily scompare. «Ma tu sei fantastica, Nina» ribatte.

 «Ero perfetta» conviene lei.

 «Devi danzare» la rimprovera sua madre. C’è una nota di panico nel suo tono. «Nina? Nina, guardami. Devi…»

 Nina chiude le palpebre, le ciglia che si scontrano con le lacrime. Le lacrime le rovineranno il trucco. Ma lei non è truccata. Forse le rovineranno il viso.

 «Il lago dei cigni fa schifo senza di te» sospira Lily. Nina non capisce cosa intende, per cui alza le palpebre. Lily pare… triste? Agita una mano, come se… come se il fatto che lei è Odette non sia di alcuna importanza. Come fa a non importare?

 «Non tornerò mai a essere brava come prima, per cui che senso ha continuare?» spiega Nina.

 «Non…» inizia Lily.

 «Tu devi danzare!» grida sua madre, e la sua bocca sembra ingigantirsi così come si è ingigantito il suo vocione, finché la sua faccia è interamente bocca bocca bocca.

 Nina seppellisce il volto nei mughetti. Va’ via pensa. Va’ via, va’ via, va’ via.

 Quando solleva lo sguardo, Lily se n’è andata. Sua madre ha di nuovo una bocca normale. Le canta una ninnananna.




Sua madre la riconduce a casa. La porta della camera di Nina non c’è più. Nina fissa lo stipite.

 «Dopo quello che è accaduto» chiarisce sua madre, e abbassa gli occhi, le parole che si affievoliscono. «Ti preparo del tè».

 Nina si osserva allo specchio. Ha gli occhi spenti e ammaccati. Esperimenta digrignando i denti. Anche Nina-nello-specchio li digrigna. Nina sorride, si acciglia, si morde il labbro. Nina-nello-specchio segue ubbidientemente il suo esempio, e alla fine Nina sorride ancora, incerta. Forse il suo riflesso si comporterà bene.

 Nina si raggomitola sul piumino. Vorrebbe addormentarsi sul cuscinone rosa e non svegliarsi per cent’anni, ma ha l’impressione che la camera sia fredda e vuota senza i suoi animaletti di pezza. Coppelia³ siede sul letto, però; Coppelia, la scimmia con il tutù che sua madre le ha regalato quando Nina si è aggiudicata la parte di Clara⁴. Stringe al petto Coppelia: un’amica.

 In passato organizzava tè pomeridiani con i suoi animaletti di pezza. Tutti i suoi peluche, e Nina, lo strano mostro alto e ossuto.

 Un piattino tintinna sul comodino. «Tra un’ora avrai le prove» annuncia sua madre in modo casuale.

 Nina si siede, docile. Le sue mani tremano nel raggiungere le scarpette. Un movimento nello specchio cattura la sua attenzione e Nina, ipnotizzata, contempla il sorrisone canzonatorio di Nina-nello-specchio. Lei ha le zanne, come un serpente.

 Nina si tocca la bocca. È aggrovigliata come un bocciolo. Lei vorrebbe infilare a forza le dita attraverso le labbra per controllarsi i denti, ma non sopporta l’idea di tagliarsi la pelle.

 «Non posso» mormora Nina.

 «Devi» la sprona sua madre. Le lacrime cadono dagli occhi di Nina. Lei li chiude, nasconde il viso nel cuscino. Il tono di sua madre si fa imperioso. «Il dottore ha detto che stai bene. Fisicamente non c’è niente che non va, stai bene».

 La trascina giù dal letto. Nina si aggrappa alla testiera. Scalcia, e sua madre molla la presa, e Nina si precipita per ripararsi sotto il letto e piange fino a quando le guance non le diventano grigie per le lacrime e la polvere.

 Alla fine sua madre va a lavoro. Il tempo scorre lentamente. Nina esce da sotto il letto. Le traballano le gambe.

 Sua madre ha lasciato un bicchiere di latte sul comodino. Nina lo beve. Non si è resa conto di quanto le facesse male la gola fino ad adesso.

 Si sente le gambe strane. Si incammina verso lo specchio. Lei libra in aria, i piedi non sono a contatto con il pavimento rasserenante in legno massello. Ha paura di guardare in basso, nel caso li abbia persi.

 L’ultima volta che ha trascorso tanto tempo senza la danza è stato a quattro anni.

 I piedi sono ritratti nello specchio. Il suo riflesso è pallido e nervoso quanto lei. Nina si morde il labbro, forte abbastanza da avvertirne il dolore. Anche Nina-nello-specchio se lo morde. Il sangue le cola fino al mento. Nina porta le dita alla faccia. Senza sangue.

 Un semplice plié. Le tremano le gambe. Lei si raddrizza, poi si flette di nuovo, più a fondo.

 Nina-nello-specchio le rivolge un sorrisetto. Le sue zanne da serpente le perforano il mento.

 Le gambe di Nina cedono.

 Lei giace a terra, immobile, ascoltando il suo respiro. La stanza rosa diventa blu con l’arrivo del tramonto. Nina piega le gambe contro il petto e fissa se stessa nello specchio. Nina-nello-specchio le restituisce lo sguardo.

 Nina scopre i denti, molto attentamente. Nina-nello-specchio ha perso le zanne.




«Ehi, Nina» canticchia Lily, facendo oscillare la porta di Nina come una scimmia, con un sorrisone. «Come stai?»

 «Bene» risponde Nina. Sua madre si staglia dietro Lily all’entrata, ansiosa, guardinga.

 Lily si guarda intorno nella stanza. Nina le studia l’espressione. Lily ha un’aria incuriosita e amichevole, come sempre. Nina ne è innervosita.

 Lily prende tra le mani Coppelia. Il cuore di Nina palpita. Che Lily sia venuta per strapparle il suo ultimo peluche?

 Ma non è stata Lily a portarglieli via. È stata Nina a sbarazzarsene; è stata Nina a buttarli via. È Nina che li ha traditi.

 Vorrebbe che quei animaletti di pezza non fossero esistiti realmente.

 «Lily» l’approccia sua madre.

 Lily rivolge un sorriso a Nina. «Come si chiama questo piccoletto?» chiede, sollevando la scimmia.

 «Coppelia» bisbiglia Nina, e si schiarisce la gola. «Lei è Coppelia».

 Le sopracciglia di Lily si aggrottano, passando da curiose a interrogative. «Allora tutto quello che c’è in questa casa riguarda il balletto?» domanda, e improvvisamente le ritorna il sorriso. «Troviamoti un nuovo hobby».

 «Lily» interviene sua madre. «Nina ha bisogno di riposo».

 Una settimana dopo arriva un pacco indirizzato a Nina. Dentro c’è un orsacchiotto di peluche abbigliato con il vestito tradizionale da ballo irlandese⁵, rosso e verde e brioso. Un bigliettino pende dal suo orecchio: XOXOXO LILY.

 Il volto di sua madre si contrae. «Ce ne dobbiamo sbarazzare» commenta.

 «No» sussurra Nina. Stringe l’orsacchiotto a sé.

 «Dammelo» ordina sua madre.

 «No» ripete Nina.

 Sua madre agguanta la testa dell’orsacchiotto. Tira. La stretta di Nina si fa più forte. «No!» urla lei, e indietreggia.

 L’orsacchiotto si strappa in due. Nina grida. Si raggomitola su se stessa, le braccia che si aggrappano allo stomaco. Lei chiude gli occhi. Gli orsacchiotti non sanguinano.

 «Nina!» geme sua madre.

 «Non toccarmi!» strilla Nina.

 Sua madre non la tocca. Ha cominciato a starla a sentire da quando Nina è finita in ospedale. Le sue dita vibranti sono a mezz’aria, incerte. Nina si raggomitola ulteriormente, la faccia volta al tappeto. Ha la sensazione che le viscere le stiano uscendo dal corpo.

 Sua madre siede accanto al suo letto quella notte, ricucendo l’orsacchiotto. Nina nasconde la testa sotto il cuscino.




«Nina?»

 Nina siede con la schiena contro la porta e le ginocchia al petto. Alza il mento dalle ginocchia e guarda in su, su, su verso Lily che la guarda dall’alto. Lily ha una sciarpa lunga le cui estremità penzolanti sono alla portata di Nina. Nina le colpisce, come un gatto.

 «Lily» dice, o meglio, prova a dire, ma non è certa di esserci riuscita.

 Lily le si accovaccia accanto, come la rana più aggraziata al mondo. Quasi cade, e ride – Nina avverte l’odore di alcool nel suo alito – e domanda: «Come hai fatto a trovare il mio appartamento?»

 «Ho chiesto a Susie dell’ufficio».

 «Da quanto mi aspetti?» esclama Lily. «Cristo, sono uscita giusto dopo le prove, ora sono tipo le…» Controlla il cellulare. «Due del mattino. Cristo, sei fortunata che io sia tornata prima».

 «Posso entrare?» mormora Nina. Lily non le risponde subito. Nina va in panico. «Adesso me ne vado» borbotta, e tenta di mettersi in piedi, ma le gambe smettono di nuovo di funzionare.

 «No, no, entra pure» le assicura Lily.

 «Devo andare» ripete Nina. Questa volta ce la fa a metà, ma cade. Lily l’acchiappa. Nina si aggrappa alla porta. «Mamma si preoccuperà» spiega, e i suoi occhi si riempiono di lacrime.

 «Tua madre? Probabilmente è già in pensiero» replica Lily con gentilezza. Incurva un braccio attorno a Nina per insinuare la chiave nel buco della serratura. La porta si apre. Nina cade di schiena.

 Lily la esorta a entrare con il resto del corpo, poi entra anche lei. Butta le chiavi in una ciotola di vetro rosso sul tavolo. «Tre punti!» ironizza, sollevando i pugni in segno di finta vittoria, poi si precipita da Nina e l’aiuta ad alzarsi.

 «Vuoi che chiami un taxi?» offre, le mani sul gomito di Nina.

 Nina scuote la testa. Avanza esitante di un passo. Lily la blocca posando un palmo sulla sua spalla.

 «Sto bene» insiste Nina. Lily scuote il capo. Nina batte le palpebre per sopprimere le lacrime. «Devo andare» dice ancora. Ha la voce acuta e ansante. Raramente ha l’impressione di respirare abbastanza aria.

 «Resta e guardiamo un film insieme» suggerisce Lily.

 Nina è titubante.

 «Se lasci che tua madre si preoccupi giusto appena un po’, passerà da furiosa a confortata del fatto che sei ancora viva» consiglia Lily. Appoggia la borsa in un cesto vicino la porta e cammina nell’appartamento, accendendo le lampade.

 Nina la segue, come in uno stato di trance. L’appartamento è minimalistico. Pareti di mattoni, pavimento di legno. Un divano rosso e malconcio posizionato di fronte a un televisore piccolo e uno stereo enorme. «Non è come mi aspettavo».

 «Che ti aspettavi?» ribatte Lily dal cucinotto. Il microonde fa bip mentre lei pigia i tasti. Troppo forte. Nina si raggomitola sul divano, schiacciandosi un cuscino di broccato sfilacciato contro l’orecchio per zittire i rumori.

 «Nero» asserisce Nina.

 Lily ride. Il suono echeggia contro i tubi scoperti sul soffitto. «Dio, l’intero appartamento? Sarebbe deprimente».

 «Bianco e nero?» propone Nina. Un filo di imbottitura fuoriesce dal bracciolo. Nina l’occhieggia a disagio, e cerca di rinfilarlo dentro. Non ha successo. Ha le farfalle nello stomaco. «Come l’appartamento di Thomas».

 «Ti pareva che fosse così l’appartamento di Thomas» sbuffa Lily. Le farfalle muoiono nello stomaco di Nina. Lily non è mai stata nell’appartamento di Thomas.

 Sullo stereo c’è una lampada a forma di idra, ciascuna testa di un colore diverso, costellando di puntini allungati e variopinti il muro dietro la televisione. Nina la fissa, le braccia intorno alla pancia.

 «La cena è servita» annuncia Lily. Nina scioglie la sua posizione. Lily esce dal cucinotto brandendo un sacchetto di popcorn. Il popcorn profuma di buono. Sono settimane che Nina non ha fame quanto ora. Si siede, e congela, le vertigini che le attorcigliano lo stomaco mentre nota l’area all’ombra del pavimento di legno dietro il divano, gli specchi sulla parete destra. Riflettono una lampada a forma di idra, ma le teste si sono orribilmente moltiplicate, tratteggiate come punte di spillo sulla superficie…

 No. Non specchi. Finestre blu come la notte, che mostrano il panorama della città.

 Lily fa una veloce piroetta, il sacchetto di popcorn in mano, i capelli che le svolazzano dietro. Anche la sua sagoma appannata alla finestra piroetta. «Basta» la supplica Nina.

 Lily si ferma. Scavalca con facilità lo schienale del divano. Ma non si siede accanto a Nina: la supera, prende posto di fronte alla tv con le gambe incrociate sul pavimento. «Cosa ti va di guardare?» chiede.

 «Non so».

 Lily scuote i capelli con impazienza. Nina si accorge del bagliore della parte superiore del suo tatuaggio tra le ciocche agitate. «Ti piace Johnny Depp?» domanda.

 Nina non risponde. Lily sorride. «Non hai idea di chi sia, vero?» dice. Ridendo. Di Nina.

 Nina le lancia un cuscino. Lily ride. «Allora hai un po’ di spirito combattivo in te!» osserva, e serra una mano e dà un pugno all’aria. Nina sobbalza. Lily smette di sorridere. Un taxi suona un clacson giù in strada.

 «Ho scelto uno dei miei preferiti» dichiara Lily. Mette su un film e si precipita sul divano.

 È La bella e la bestia, uno dei pochi film che Nina ha mai visto in vita sua. Ricorda di aver amato quel film. Sua madre le ha fatto una torta con il tema de La bella e la bestia.

 La curva del ginocchio di Lily riposa contro la testa di Nina. Cautamente, Nina muove la testa per appoggiarla sul ginocchio di Lily. Lily le tira i capelli, con gentilezza.

 «Che schifo che non sia così la vita vera» sospira Lily. Sgranocchia un Oreo. Divide i due biscotti e ne mangia il centro, leccando la crema bianca con la lingua.

 «Come fai a saperlo?» la interroga Nina. Non riesce a immaginarsi Lily innamorata. Amare significa deperire e morire, come ne Il lago dei cigni o Giselle⁶ o La Silfide⁷. Lily non lo farebbe mai.

 Lily fa spallucce, stiracchiando le braccia e distendendole verso l’alto. Il movimento le fa increspare i muscoli tesi, e per un momento Nina scorge delle piume rizzarsi lungo la sua pelle. «La bestia rimane sempre una bestia».

 Non ci sono piume sulla pelle di Lily. Le dita di Nina stringono i cuscini sul divano. «Non può essere vero» protesta lei. Lo strappo nei cuscini si ingigantisce con le sue unghie; non unghie. Artigli. La pelliccia cresce sui dorsi delle sue mani.

 «Sì che è vero» ribatte Lily, buttandosi in bocca dei chicchi non scoppiati di popcorn pescati dal fondo della ciotola. «Ascolta, Nina, Thomas è solo un imbecille, okay? Trovati qualcuno che ama te e non la tua danza, perché se la tua vita è tutto un balletto, balletto, balletto allora diventerai…»

 Una folle. Una mentecatta. Lily forse userebbe le parole “pazza da legare”.

 Nina fissa se stessa nelle finestre nere. Il suo viso è composto dai puntini dei semafori. «No» replica lei, perché d’un tratto si rende conto, scrutandosi alla finestra, esaminando la pelliccia che le cresce in faccia: non è Thomas la bestia, o Lily, e nemmeno Nina-nello-specchio.

 È Nina, Nina è la bestia.

 «Nina?» È Lily che le parla. «Nina, mi dispiace, sono stata un po’… Non ci ho riflettuto due volte».

 Nina la squadra. Lily ha un’aria preoccupata, le sopracciglia arcuate accigliate, le labbra piene contratte. I suoi occhi scuri rispecchiano due minuscole versioni del volto di Nina, uno pallido, l’altro ricoperto di pelliccia.

 «Va tutto bene» la tranquillizza Nina.

 La bocca di Lily si dischiude, come se stesse pensando a cosa dire. Nina la bacia.

 Il tempo si scompone in due.

 A destra, Lily respinge Nina. «Nina, ci starei anche, ma… adesso non credo che sia una buona idea».

 A sinistra, Lily ricambia il bacio. Accarezza le guance di Nina, lisciandole la pelliccia, e ride quando la zanna di Nina le taglia il labbro.

 A destra. Nina fugge via dal divano. Percorre l’appartamento di corsa, i piedi che le sembra non tocchino terra, e sbatte la porta del bagno dietro di sé. La porta è solida sebbene lei non lo sia.

 A sinistra. Lily le ordina aspramente: «Apri la bocca». Nina la apre. Lily sa di lucidalabbra e acquavite, no, whisky, Lily beve l’acquavite? Il mondo vacilla. Jack Daniels. Le labbra di Lily bruciano contro quelle di Nina.

 Lily infila le mani sotto il maglione oversize di Nina, sotto la canottiera, scorre le dita sul seno di Nina. Nina sussulta.

 Nina apre l’acqua della doccia. Il suo maglione si bagna, la lana pesante si bagna e le si appiccica alla pelle. La tinta viola per i capelli fluisce tra le sue gambe, i vortici color malva sul pavimento di piastrelle bianche che somigliano a sangue alieno. Oddio, oddio, se il suo sangue è viola allora lei dopotutto è una bestia. «Nina?» la chiama Lily dall’altro lato della porta.

 Lily getta il maglione e la canottiera di Nina oltre lo schienale del divano. Succhia il capezzolo di Nina, la preme contro il bracciolo. A Nina l’imbottitura fa solletico al collo. Lily le toglie i leggings. L’accarezza attraverso le mutandine, insinua le dita sotto il tessuto. Nina geme.

 Lily bussa alla porta del bagno. Con urgenza. «Nina?» la chiama. «Stai bene?» Nina apre ulteriormente l’acqua. Tira a sé la tenda della doccia. «Nina!» urla Lily.

 Lily la lecca, come la prima volta (che non è mai successa), come quando è venuta all’appartamento di Nina (Lily questa volta non può andarsene, sono a casa sua), Lily le accarezza l’interno delle cosce e la lecca, dentro (non è successo, non sta succedendo)…

 L’acqua calda si esaurisce. L’acqua fredda si versa nella tenda della doccia, zampilla, e lo shock del gelo annega entrambe le linee temporali. Al mondo non c’è niente eccetto l’acqua fredda, l’acqua fredda ruggente che le gocciola dai capelli, l’acqua fredda che si raccoglie in una pozzanghera tra le sue gambe. Entrambe le linee temporali collassano e svaniscono nel buio.




«Nina? Nina!»

 Nina si toglie di dosso la tenda della doccia. Quell’unico gesto la fa rabbrividire e, quando prova ad alzarsi, scivola e urta il ginocchio contro le piastrelle scheggiate.

 «Nina? Stai bene?»

 «Sì» mente Nina per abitudine. Il suo ginocchio sanguina. E se questo le impedisse di ballare?

 È lo stesso, lei non balla più.

 «Potresti chiudere l’acqua?» chiede Lily.

 Nina la chiude.

 «E aprire la porta?» prosegue Lily.

 Aprire la porta significherebbe alzarsi e attraversare il bagno. Nina crolla contro il muro. Ha freddo.

 «O anche no» commenta Lily, e poi c’è un rumore sordo, come un panno posato sul legno. Nina si raffigura Lily seduta dall’altro lato della porta, la schiena contro di essa, il più vicina possibile e allo stesso tempo concedendole il suo spazio. «Cristo, Nina».

 «Mi odi?» domanda Nina sommessamente.

 «Perché mai ti odierei?» Lily suona sinceramente confusa. Nina ama la sua voce, con quella nota roca.

 «Credevo di averti uccisa» confessa Nina.

 Una lunga pausa. «Uh… proprio ora? Come nella scena della doccia di Psyco

 «No. Alla prima. Tu hai tentato di rubarmi il cigno nero, e io ti ho pugnalata, solo che in realtà ho pugnalato me stessa, allo specchio…» Nina non continua. Le lacrime sono sorprendentemente fredde sul suo volto caldo. Inizia a battere i denti. «Sono un mostro».

 «No» ribatte Lily, e Nina è stupita dalla fermezza della sua voce.

 «Cristo, Nina…» C’è un suono, come se Lily si stesse muovendo dietro la porta. «Non ti avrei mai dato quella pasticca di ecstasy se… Oh, cazzo. Apriresti la porta, per favore?»

 Nina non si rialza. Si punzecchia il ginocchio. Ha smesso di sanguinare. Si ricorda che i morti non sanguinano.

 «Potremmo andare a un ristorante, ce n’è uno fantastico di quelli economici qui di fronte, fanno pancake giganteschi, e chiamerò la mia terapista, e…»

 «Tu hai una terapista?» Nina è sorpresa: non dal fatto che Lily ne abbia una, ma che l’abbia ammesso, che l’abbia rivelato come se si trattasse di nonnulla.

 «Sì. Ovvio. E le puoi parlare, okay?»

 Nina è stata visitata da un terapista quando ha iniziato a grattarsi. Lui aveva concluso che lei dovesse smettere di ballare. «Ma io non so far altro che ballare» aveva protestato lei; e lo aveva raccontato a sua madre, e sua madre aveva decretato che lei non lo avrebbe più rivisto.

 Ma adesso Nina ha smesso di ballare. Una terapista non può far male.

 «Esci, Nina» la invita Lily. «Ti preparo del caffè. È tra le mie speciali abilità culinarie. E tu intanto ti infili addosso qualcosa di asciutto».

 Nina riflette. Poi si alza. Il suo ginocchio comincia di nuovo a sanguinare; le sue gambe tremano. Il pavimento è freddo contro i suoi piedi mentre lei attraversa il bagno, e finalmente apre la porta.










¹ In inglese sono rispettivamente “white lilies, tiger lilies, lily-of-the-valley”, come il nome di Lily.
 ² “Pianissimo” nel senso musicale del termine: è per indicare un tempo lento.
 ³ Coppélia è un balletto di Charles Nutter e Arthur Saint-Léon, rappresentato per la prima volta nel 1870, che parla la storia dei giovani Swanilda e Franz. I due stanno insieme, ma Franz si innamora di Coppélia vedendola seduta sul balcone a leggere. Quando Franz dichiara il suo amore per Coppélia al dottor Coppélius, questi lo rapisce con l’intenzione di trasferire la sua anima all’interno di Coppélia, la quale in realtà è una bambola. Swanilda incanta il dottor Coppélius e soccorre Franz, poi i due fuggono e infine si sposano.
 ⁴ La protagonista de Lo Schiaccianoci.
 ⁵ Bellissimo, ne potete trovare degli esempi a questo indirizzo.
 ⁶ Giselle è un balletto di Jules-Henri Vernoy de Saint-Georges e Théophile Gautier, rappresentato per la prima volta nel 1841, che parla la storia di una giovane contadina, Giselle. Lei si innamora ricambiata del principe Albrecht sotto mentite spoglie di popolano; quando alla fine del primo atto l’inganno viene smascherato davanti agli occhi di tutta la corte e del villaggio, Giselle impazzisce e muore di dolore.
 ⁷ La Silfide è un balletto di Adolphe Nourrit, rappresentato per la prima volta nel 1832, che parla la storia del giovane James, promesso sposo di Effie, a cui appare in sogno una silfide, di cui si innamora ricambiato. La silfide gli ruba l’anello nuziale prima della cerimonia e James la rincorre; quando James usa la sciarpa magica donatagli da una strega per catturarla, la silfide muore e, successivamente, muore anche James.

   
 
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