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Autore: ValeDowney    31/05/2017    2 recensioni
"Non fu il destino a guidarmi da te quel giorno, ma le stelle della notte prima. Mi indicarono la via verso la donna che avrei amato" Una vita spezzata fin troppo presto. Un amore quasi impossibile e una nuova vita che cambierà per sempre quella del padre. E forse non tutto il tesoro è quello che luccica.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hector Barbossa
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Note dell'autrice: Eccomi di nuovo qua con una nuova one shot sui nostri Pirati dei Caraibi. Sì sono appena andata a vedere il nuovo capitolo e sì mi è piaciuto tantissimo. Per chi non lo avesse ancora visto attenzione a SPOILER quindi non proseguite. Vi ho avvertiti mozzi....lettori miei. Per chi volesse proseguire, buona lettura



My Treasure

 
 
Era una notte tempestosa. Forse una delle più violente che si fossero mai viste nelle coste del New England. Ma in una casetta, al di fuori di un piccolo paese sulla costa a nord di Londra, una donna stava dando alla luce una nuova vita.
Accanto a lei, un uomo con un cappello piumato andava avanti a indietro, colto dall’ansia. Non era da lui – pirata spietato e temuto da tutti – essere in preda a crisi d’ansia e altro. Non voleva vedere soffrire la donna che aveva amato per quei pochi anni in cui si erano conosciuti su quel promontorio. Ma non aveva il potere di aiutarla.

Osservava, incapace di fare qualsiasi cosa, mentre la balia aiutava a mettere al mondo quella creatura che, da lì a poco, avrebbe cambiato le loro vite.

Fuori, il tempo era sempre più impietoso. Un tuono fece vibrare i vetri della finestra e un lampo squarciò il cielo illuminandolo a giorno. Poi…. un pianto. La piccola creatura piangeva con tutto il fiato che aveva, mentre la balia la teneva tra le mani. Il cordone ombelicale, che ancora la teneva unita alla madre, venne poi tagliato dalla balia. La donna andò in un angolo della stanza per lavare la creatura e occuparsi di lei, mentre l’uomo si avvicinava cautamente alla neo madre.

I suoi capelli, che alla luce del sole splendevano di un biondo dorato, ora erano come spenti, resi così dalla fatica del mettere al mondo quella nuova vita e anche dalla sua che si stava lentamente consumando. L’uomo si abbassò e accarezzò la donna sulla fronte sudata. Lei lo guardò, accennando a un piccolo sorriso. Ansimava ma, al tempo stesso, aveva paura. Le stavano mancando sempre più le forze e sapeva che non sarebbe vissuta troppo a lungo per poter vedere crescere il figlio o poter stare accanto all’uomo che aveva tanto amato.

“Hector, promettimi una cosa” gli disse.

“Qualunque cosa” le disse lui.

“Promettimi che ti occuperai di lei. Che le vorrai bene e che la proteggerai da qualsiasi cosa” spiegò.

“Non parlare così. Vivremo insieme come una famiglia. Rinuncerò al mare per stare per sempre con voi” disse Hector, accarezzandole una guancia con il dorso della mano. Lei sorrise a quel gesto e a quelle parole, ma sapeva benissimo che il suo amato non era tipo da rimanere troppo a lungo sulla terraferma. Troppo attaccato al mare, alla sua nave e alla sua ciurma.

Mise una mano su quella di lui, dicendogli: “Hector, non ti chiederei mai di rimanere qua. Conosco il tuo amore per il mare.”

“Ma il mio amore per te è più potente. Sei il mio tesoro e sempre lo rimarrai” disse Hector. Lei sorrise quando vide la balia andare da loro con in braccio la loro creatura avvolta in un panno. Appena raggiunse i neo genitori, disse loro: “È una bambina” e la mise delicatamente tra le braccia già pronte della madre. Poi li lasciò da soli.

La madre guardò amorevolmente la piccola. Hector ancora si meravigliava di come era riuscito a creare una così bella bambina. Sulla testa comparivano già alcuni ciuffetti di marrone scuro e i suoi occhi, semiaperti e alla ricerca dei genitori, brillavano di un azzurro mare.

“Ha i tuoi occhi” disse la donna.

“Ma è bella come te” aggiunse lui. I due si guardarono per poi scambiarsi un veloce ma passionale bacio.

La tempesta si era attenuata, lasciando piano piano posto alle prime stelle, tra le quali spiccava la più luminosa, la cui luce filtrò dalla finestra illuminando la piccola famiglia. La bambina si addormentò tra le braccia della madre.
 
***
 
Sembrava tutto così perfetto ma, qualche giorno dopo, la donna si ammalò gravemente e Hector non aveva abbastanza soldi per poter pagare un dottore che la curasse. Ma poi chi mai avrebbe voluto curare la compagna di un pirata? Così stette ad aspettare che la donna che amava e che avrebbe sempre amato si spegnesse lentamente davanti a lui.

La piccola, che ancora un nome non aveva, dormiva beata nella sua culla, noncurante che da quella notte non avrebbe mai più rivisto la madre. Hector stava accanto al letto, stringendo forte le mani della donna.

“Margaret, ti prego, non andartene. Ho bisogno di te. Abbiamo bisogno di te” le disse con la voce quasi soffocata dalla tristezza.
“Non ti preoccupare per me. Voglio solo che la nostra bambina sia al sicuro. Ti ricordi della promessa che mi feci qualche giorno fa? Non dimenticarla, come non dimenticarti di me” disse Margaret, guardandolo con dolcezza.

“Come posso dimenticarmi di te? Eri così assillante e volevi a tutti i costi salpare con me” disse Hector, ricordando quando la conobbe. Riuscì a strapparle un lieve sorriso e farle dire: “Ero già innamorata di te, nonostante Jack Sparrow mi stesse sempre appiccicato.” Quindi il dolore si fece più intenso. Hector strinse ancora di più le sue mani cercando di farle forza, ma sapeva che era tutto inutile. Che non avrebbe potuto fare nulla per salvarla.

Lo sguardo di Margaret si posò su un libro sul comodino lì accanto. Hector lo prese con una mano, mentre con l’altra continuava a tenere stretta quella dell’amata. Sulla copertina era incastonata una gemma rossa.

“Ricordo come fosse ieri quando me lo regalasti dopo averlo rubato a quella nave italiana. Dicesti che lo avevi trovato per mare, ma capii subito che mi stavi mentendo” spiegò Margaret mentre teneva il libro.

“Tu capivi sempre quando ti stavo mentendo. Promisi a me stesso che non lo avrei mai fatto, ma sai quanto vale la parola di un pirata. Soprattutto un pirata come me” disse Hector e socchiuse gli occhi. Li riaprì subito non appena sentì un dolce e caldo tocco e vide Margaret che gli stava accarezzando delicatamente la guancia con una mano. Come avrebbe fatto senza di lei? Come avrebbe potuto continuare a vivere ora che il suo amore lo stava abbandonando?

La donna lo guardò con amore, poi posò lo sguardo sul libro che teneva in mano. Quindi disse: “Questo libro è sempre stato la fonte della mia passione per le stelle. C’è chi mi credeva pazza per ciò. C’è chi mi riteneva una strega. Ma tu hai sempre creduto in me.”

“Non fu il destino a guidarmi da te quel giorno, ma le stelle della notte prima. Mi indicarono la via verso la donna che avrei amato. Verso colei che ha saputo amare uno come me e che poi mi avrebbe donato il tesoro più prezioso” disse Hector e guardò la figlia che continuava a dormire nella culla.

“Voglio che tu doni questo libro a nostra figlia e voglio che sia tu a darle un nome” disse Margaret mentre gli porgeva il libro. Ma Hector esitava. Non voleva che quello fosse per sempre un addio.

Margaret notò che stava esitando. Quindi disse: “Se non ti dimenticherai di me, io vivrò per sempre nei tuoi ricordi. Se non mi vedrai più accanto a te, io veglierò comunque sempre su di te e nostra figlia. Ti prego, occupati di lei.”

“Io…. non ce la faccio. Non posso guardarla. È come se vedessi te. Margaret, non voglio dirti addio” disse Hector.

“Non è un vero addio. Ci rincontreremo più avanti. Ti amo, Hector Barbossa” disse Margaret accarezzandogli una guancia.

“Ti amo, Margaret Smyth” disse Hector, mettendo una mano su quella di lei e, con un ultimo respiro e un lieve sorriso sulle labbra, Margaret spirò. Hector la guardò in silenzio. Il suo amore se ne era andato per sempre. Una brutta malattia l’aveva portata via da quel mondo. Da lui. Dalla loro bambina. Proprio la figlia iniziò a piangere, come se sentisse l’improvvisa mancanza della madre.

Hector, dopo aver messo il libro sul letto, andò da lei, prendendola delicatamente in braccio. La guardò, ma non sapeva cosa fare. Di solito era Margaret che riusciva a calmarla.

“Ti prego, smettila di piangere. Non ti chiedo altro. Ti prego, smettila” le disse. I pianti della piccola smisero, diventando singhiozzi. Hector si sedette su una sedia lì vicina e la guardò. Con il pollice, tolse delicatamente le lacrime dal quel tenero viso, così morbido al contatto con le sue dita ruvide. Per lui era così fragile che aveva fin paura di romperla. Quella dolce e piccola creatura che dio sa solo come era riuscito a creare e che ora si trovava senza una madre e ancora senza un nome.

Avrebbero potuto essere una famiglia. Invece la vita della sua amata Margaret si era interrotta troppo presto. Il fato aveva sempre giocato sporco con Hector, ma mai come quella notte. Lui più volte aveva rischiato di morire, ma l’aveva sempre fatta in barba alla morte. Ma Margaret non meritava quel destino. Strappata troppo presto dalla bimba appena avuta e che avrebbe potuto crescere insieme a lui. Invece ora si trovava lì. Fredda su quel letto. Era come se dormisse. Solo che il suo era un sonno eterno dal quale non si sarebbe mai più svegliata. Non riusciva a guardarla. Aveva il cuore troppo spezzato. Come non riusciva a guardare la piccola che teneva tra le braccia davanti a sé. Così uguale alla madre, ma con gli occhi azzurri come i suoi.

La piccola allungò una manina verso di lui, toccandogli la barba. Hector la guardò. Prese la manina tra la sua e guardò la figlia. I loro sguardi si soffermarono l’uno su quello dell’altra. C’era silenzio e Hector rimase incantato dalla figlia. Le voleva bene, ma doveva prendere una decisione. Riguardò la sua amata e il libro che aveva adagiato sul letto. Si ricordò della promessa, ma come un pirata poteva essere padre?
 
***
 
Fuori pioveva a dirotto. Un uomo con un lungo cappotto e un cappello piumato in testa si dirigeva tra le strade semi-illuminate e deserte del piccolo villaggio. Si guardò intorno, sperando di non incontrare nessuno. Era chiaro che non voleva essere visto.

Si diresse verso l’orfanotrofio. In mano teneva una cesta che depositò delicatamente davanti alla porta dell’edificio. Spostò la copertina, rivelando l’adorata figlia che lo guardava. Mise una mano sulla pancia di lei, dicendole: “Il papà ti vorrà sempre bene. Non dimenticarlo mai, come io non mi dimenticherò mai di te… Carina.” Alla fine aveva deciso di darle il nome della stella più luminosa.

Poi, da una piccola bisaccia, estrasse il libro della madre e, posandoglielo accanto, aggiunse: “Che le stelle possano guidarti. Meglio di come avrei potuto fare io. Ricordati il tuo nome: le stelle ti guideranno sempre verso casa. Verso ciò che desideri di più. Carina, tu sei la stella più luminosa del nord e rimani al sicuro dovunque tu sia.” Si abbassò e baciò delicatamente la testa della figlia. La piccola continuava a guardarlo. Hector estrasse anche una lettera. Su essa c’era scritto: “Sua madre è morta. Il suo nome è Carina Smyth” e la mise sul libro.

Sentì delle voci. Volse lo sguardo indietro, ma riguardò la figlia quando quest'ultima avvolse una manina attorto a un dito della sua mano. La guardò sorridendo. Come poteva abbandonarla? Ma non aveva altra scelta. I soldi non bastavano per mantenerla e renderle un futuro migliore e lui non voleva che diventasse un pirata. Che seguisse la sua strada malridotta. Lei doveva essere diversa. Lei doveva essere come la madre.

“Mi dispiace” le sussurrò e allontanò delicatamente la manina di lei dal suo dito. Carina lo guardò, abbassando il labbro inferiore. Non vedendo la figlia piangere, Hector si alzò e, dopo averle dato un’ultima occhiata, se ne andò via, fermandosi dietro a un muro. La piccola scoppiò a piangere. Dapprima non arrivò nessuno, ma poi la porta dell’orfanotrofio si aprì e una donna comparve sulla soglia. Abbassò lo sguardo, prendendo la cesta tra le mani. Lesse il biglietto. Guardò il libro e poi la piccola. Mentre rientrava, le sussurrò dolci parole cercando di farla smettere di piangere, poi chiuse la porta dietro di sé.

Hector era rimasto a guardare la scena. Sua figlia che piangeva e che veniva portata via dalla sua vita, forse per sempre. Ma almeno avrebbe avuto un futuro migliore. Alzò lo sguardo e, mentre la pioggia lo bagnava, disse: “Perdonami, Margaret, se non ho mantenuto alla tua promessa. Ti amerò per sempre come amerò la nostra Carina. Il mio tesoro più prezioso” e se ne andò.



Note dell'autrice: Grazie infinite per tutti coloro che sono arrivati fin qua. Spero di non essere uscita troppo dal personaggio di Barbossa (lo amo troppo fin dal primo film). Dopo ciò che Barbossa ha raccontato a Jack, mi sono immaginata la nascita della piccola fino al suo abbandono da parte del padre. Straziante abbandono.
Grazie a tutti coloro che hanno letto e leggeranno. Grazie come sempre alla mia amica Lucia e dedico questa one shot alla mia dolcissima amica Laura
A presto compari

 
  
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