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Autore: Ashura_exarch    01/06/2017    1 recensioni
Questo racconto si rifà allo stile di Doyle, ed è ambientato nell'universo classico di Sherlock Holmes (Londra di fine '800-inizio '900). Qui il buon dottor Watson narra del caso forse più esilarante che abbia mai dovuto affrontare l'Investigatore con la I maiuscola. Divertitevi!
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, John Watson, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I. Trambusto notturno

 

Ho già accennato molte volte a come il mio amico Holmes odiasse i problemi banali, quelli che alla sua mente brillante apparivano solo come frivole facezie. Nel corso degli anni furono innumerevoli le occasioni in cui riuscì ad evitare abilmente di rimanere coinvolto in affari del genere, ma altrettante quelle in cui volente o nolente si ritrovò immischiato a tal punto da non poterne più uscire. Voglio tuttavia riportare in queste pagine il più incredibile di questi casi - e senza dubbio anche il più ilare - al quale ebbi la considerevole fortuna di fare da spettatore.
Accadde circa un anno dopo il nostro primo incontro e le incredibili avventure riportate in Uno studio in rosso e ne Il segno dei Quattro. Mi ero sposato da poco, e nonostante questo avevo ancora la brutta abitudine di frequentare il numero 221B di Baker Street. Nel corso degli anni mia moglie Mary cercò di dissuadermi in svariate occasioni dal continuare il mio rapporto d'amicizia con Sherlock Holmes, ma questa fu una delle poche cose in cui mi rifiutai categoricamente di seguire ogni suo consiglio. Ero troppo legato ad Holmes per smettere di essergli amico.
Quella sera era stata per qualche motivo mortalmente noiosa - almeno per il mio amico - e considerando che in quel momento egli non era impegnato in nessun caso la situazione poteva dirsi ancora peggiore. E' ormai tristemente noto il vizio a cui Holmes si lasciava andare quando il suo cervello non era attivo, e quella sera aveva deciso di sperimentare erbe allucinogene a me sconosciute. Tentai di fermarlo, ma come mi successe molte altre volte sia prima che dopo quella sera fallii miseramente nel mio intento.
L'effetto del mix di droghe sul mio amico fu sorprendente. Di solito quel veleno rendeva Holmes esuberante e iperattivo, ma in quell'occasione ci fu l'effetto esattamente opposto. I sensi e l'intelligenza di Holmes vennero sensibilmente rallentati, e dal genio che era divenne un completo ebete nel giro di due minuti. Reagiva in ritardo e assai stupidamente agli stimoli esterni, farfugliando parole sconnesse e ridendo senza motivo a qualsiasi cosa dicessi. Era davvero penoso vedere una grande persona come lui ridotta in uno stato così umiliante.
Stavo provando a farlo rinsavire un minimo, quando accadde qualcosa che attirò la nostra attenzione. Improvvisamente udimmo un grande strepitio provenire dal fondo di Baker Street: grida e rumore di gente che correva risuonarono nitide nell'aria come fucilate. Il tutto durò poco, appena qualche istante, tempo tuttavia sufficiente a creare una gran confusione sia dentro che fuori l'appartamento di Holmes.
Mi precipitai subito alla finestra per vedere cosa stesse succedendo, ma ero arrivato troppo tardi. Feci appena in tempo a vedere alcune figure sfuggenti sparire in dei vicoli laterali che sentii un gran bussare provenire dal portone del palazzo. Anzi, più che bussare era piuttosto un violento picchiare: pareva che stessero cercando di sfondare la porta.
- Aiuto! - urlava qualcuno - Per l'amor di Dio, aprite! Invoco il diritto d'asilo!
Non potevo vedere chi stesse bussando perché il portone del palazzo era sito in una piccola rientranza del muro esterno, così che l'ingresso non era direttamente visibile dalla finestra. Tuttavia i rumori si sentivano benissimo, ed è per questo che mi arrivò forte e chiara la risposta irata della signora Hudson, la nostra padrona di casa.
- Via di qui, ubriacone! - urlò infatti la donna - Non voglio gente come te in casa mia! Già ho i miei problemi, e non me ne servono di nuovi!
L'uomo parve tuttavia non desistere dal suo proposito di voler entrare, e alla fine parve riuscirci poiché sentimmo il rumore della porta che si apriva. Temendo che fosse riuscito a sfondarla e che volesse fare del male alla signora Hudson, mi precipitai immediatamente di sotto. Qui si potrebbe giustamente far notare che abbandonai a sé stesso Holmes in maniera assai imprudente e negligente, e non posso certo dire di non averlo fatto. Ma come questa cosa influenzò la storia corrente il lettore lo potrà vedere poco più avanti.
Scesi le scale e in un lampo arrivai nell'ingresso, quasi all'unisono con Dawson. Dawson era il portiere dello stabile, e occasionalmente faceva anche da valletto: era lui infatti a portare ad Holmes i biglietti da visita dei clienti illustri quando ne capitavano. Se Holmes non c'era oppure voleva essere lasciato solo ogni tanto io e lui chiacchieravamo oppure giocavano a carte.
Ad entrambi bastò un occhiata per capire ciò che stava succedendo: l'ubriaco stava addosso alla signora Hudson, tenendola per un braccio e urlando parole sconnesse. Si trattava di un ometto di mezza età, stempiato, con folte basette grigie e due grandi gote rosse rese accese dal troppo vino. In quel frangente tuttavia né io né Dawson stemmo ad osservare il nuovo arrivato, ma ci avventammo immediatamente contro di lui per fermarlo, qualsiasi cosa stesse facendo alla signora.
Gli fummo addosso in un attimo, e non gli demmo il tempo di reagire. Essendo poi ubriaco i suoi movimenti erano insicuri e malfermi, e bastò appena qualche spintone da parte di Dawson per mandarlo col fondoschiena per terra. Fortunatamente io e il valletto eravamo arrivati subito, e a parte un grosso spavento la signora Hudson non aveva avuto altre conseguenze da quello spiacevole incontro.
L'intruso, rintronato dalla "batosta" appena presa, se ne restò intontito a sedere per terra e parve non reagire alla nostra presenza. Visto che l'uomo era innocuo io e Dawson, più tranquilli, ci mettemmo a parlare.
- E' stata proprio una fortuna che lei fosse qui, Dawson - dissi io - Da solo non so proprio come avrei fatto.
- Non è stata fortuna, dottor Watson - replicò l'altro - Ho sentito tutto quel frastuono da casa mia e, conoscendo il tipo di affari che tratta il signor Holmes, ho pensato che qui ci fossero dei guai e così sono corso subito in aiuto.
Dawson era un lavoratore solerte, e anche per questo lo apprezzavo. Abitava al 229 di Baker Street, e così poteva andare e venire da casa sua indisturbato. In questo caso la cosa era stata un vantaggio: senza il suo tempestivo intervento chissà cosa sarebbe potuto accadere...
Io e Dawson restammo ad assistere la signora Hudson per qualche minuto, giusto il tempo per farla riprendere. L'ubriacò continuò a rimanere fermo per terra, perso nei propri borbottii senza senso, e almeno per quel momento non costituì più un pericolo.
La cosa che tuttavia ci dette più problemi fu l'imprevisto arrivo del mio amico Holmes. Ancora sotto gli effetti delle droghe assunte poco prima, l'uomo era riuscito in qualche modo a scendere le scale indenne ed era giunto nell'ingresso reggendosi faticosamente alla ringhiera. Appena mi scorse mi rivolse un sorriso ebete. Deciso a non farlo vedere in quelle condizioni dagli altri mi diressi verso di lui con l'intento di riportarlo in camera, ma accadde qualcosa di inaspettato. Improvvisamente l'ubriaco, visto che ebbe il mio amico, si rizzò in piedi e si mise a fare salti di gioia, strillando con una fastidiosa voce acuta e stridula.
- Sherlock Holmes! - urlò quello con tono impastato e confuso - Sherlock Holmes! Lo riconosco! Ecco la persona che mi potrà aiutare!
Tutti rimanemmo attoniti a quelle improvvise esclamazioni, guardandolo stupiti mentre saltellava dalla gioia. Io e Dawson fummo però costretti a saltargli nuovamente addosso quando l'uomo si lanciò contro il mio amico, sempre ripetendo il suo nome. Probabilmente non aveva alcun intento ostile, ma non si sa mai cosa c'è da aspettarsi da un ubriaco.
Io e Dawson prendemmo l'uomo per le braccia, fermandolo quand'era giunto a pochi pollici da Holmes. Egli provò a divincolarsi come una furia, ma contro due uomini robusti e forti come me e il portiere c'erano ben poche speranze di successo per lui.
- Lasciatemi! Lasciatemi! - urlò - Signor Holmes, mi aiuti lei! Mi stanno aggredendo di nuovo! Qualcuno vada a chiamare la polizia!
Se c'era qualcuno in diritto di farlo quelli saremmo stati noi. Comunque non perdemmo tempo con simili inezie e, sollevandolo di peso, portammo l'uomo via dall'ingresso preparandoci a sbatterlo definitivamente fuori.
- Torni presto! - esclamò Holmes rivolgendosi all'ubriaco, accompagnando la sua frase con una serie di sciocche e vacue risate.
Portammo l'uomo fuori di casa e lo buttammo giù dalla cima della breve scalinata che conduceva alla nostra porta. L'ubriaco si fece un gran bel volo prima di atterrate pesantemente col fondoschiena sul lastricato. Con un'esclamazione di soddisfazione io e Dawson ci sfregammo le mani e rientrammo in casa, chiudendoci ben bene dietro la porta a chiave. Lasciai il portiere con la signora Hudson e me ne tornai di sopra con Holmes, chiudendomi con lui nella nostra stanza per evitare che se ne andasse ancora libero al giro in quello stato indecoroso.
Gli effetti della droga ci misero un bel po' a passare, e per tutto il resto di quel giorno il mio amico rimase un completo idiota. Una buona nottata di sonno fu ristoratrice per entrambi e il mattino successivo, mentre io mi ero ripreso dalla prova di forza del giorno prima, il mio amico era finalmente ritornato in possesso delle proprie facoltà mentali. Era molto seccato per quel che gli era accaduto, e quando gli raccontai per filo e per segno che cosa era successo mentre non era capace di intendere e di volere il suo umore non fece altro che peggiorare.
- Questo, mio caro Watson - mi disse - E' stato proprio un increscioso incidente. Non credevo che la miscela che stavo sperimentando mi avrebbe procurato un così sgradevole effetto. Giuro su tutto ciò che ho di più caro, dottore, che mai più oserò anche solo pensare a queste mortifere sostanze!
E, devo dire, questa fu una promessa che mantenne. Quello spiacevole episodio ebbe almeno una buona conseguenza: Holmes da quel giorno smise effettivamente di drogarsi. Per i primi tempi lo sorvegliai discretamente, ma vedendo che teneva fede alla sua promessa alla fine smisi di preoccuparmene. Non potevo essere che contento se il mio amico aveva smesso di usare quella robaccia! In compenso il suo consumo di tabacco compressato in tutte le forme aumentò esponenzialmente. La pipa era il suo piacere preferito, anche se non disdegnava i sigari e le sigarette. Qualche volta lo vidi anche masticare direttamente le foglie del tabacco, ma ciò avveniva molto raramente.
Non siamo comunque qui per parlare dei gusti del signor Sherlock Holmes, che i miei lettori conosceranno già ampiamente. Questo discorso sui suoi vizi mi ha fatto perdere il filo del discorso e finire fuori strada, ed è meglio che torni alla nostra attuale storia prima di divagare ulteriormente.
Se io e Holmes pensammo mai che quell'affare fosse terminato lì allora ci eravamo sbagliati di grosso, poiché quella stessa mattina i guai vennero a cercarci. Avevo da poco concluso il mio racconto riguardo la sera precedente e stavo facendo colazione assieme al mio amico quando improvvisamente sentimmo del trambusto provenire dal piano di sotto. Già allora ebbi un presentimento, ma vinto dalla curiosità mi alzai assieme ad Holmes ed entrambi andammo a vedere cosa stava succedendo.
Ma non facemmo in tempo a scendere di qualche gradino che subito fummo investiti dalle urla della signora Hudson. Temendo che fosse successo qualcosa ci affrettammo allora ad andare al piano di sotto, e la scena che vedemmo a quel punto fu davvero sorprendente. La porta d'ingresso era spalancata, e Dawson sembrava star trattenendo qualcuno dall'entrare; la nostra padrona di casa era seminascosta dietro un mobile e urlava infuriata contro l'intruso. Il mio sguardo si soffermò allora su di esso, e fu con immenso stupore che riconobbi l'ubriaco della sera prima.
- Lasciatemi passare! - stava gridando - Devo urgentemente parlare col signor Sherlock Holmes, e non ho tempo da perdere!
Il mio amico, che senza dubbio possedeva un sangue più freddo del mio, decise allora di porre fine a quella ridicola scena. Mi scansò e scese definitivamente le scale - ci eravamo fermato a metà della rampa - andando incontro al nostro "ospite".
- Eccomi, sono qui! - disse - Posso sapere chi è che mi desidera così tanto?
A quel punto l'attenzione di tutti si rivolse verso Holmes. La signora Hudson e Dawson lo guardarono sollevati, grati per il suo tempestivo arrivo. L'altro uomo invece, constatando la presenza di colui che stava cercando, si fece scappare un'esclamazione di soddisfazione e aggirò Dawson sfoderando una velocità assolutamente insospettata.
- Finalmente! - eruppe, quasi avventandosi sul mio amico - E' da mezzora che cerco di parlare con lei, ma questa donna e questo bestione non mi hanno voluto lasciar passare!
Già la sera prima quell'uomo aveva avuto un aspetto ilare mentre era ubriaco, ma posso giurare che da sobrio faceva divertire ancor di più. Alterato com'era le sue gote purpuree erano diventate di un rosso acceso, che creava uno strano contrasto con le sue basette grigio topo. Sembrava quasi uno di quei pagliacci rintracciabili nei circhi itineranti, e se non fossi riuscito a trattenermi probabilmente mi sarebbe scappato da ridere. Io tuttavia sembravo l'unico a starsi divertendo in quella situazione, poiché tutti parevano terribilmente seri.
- Noi due ci conosciamo già - fece l'uomo ad Holmes - Per cui credo che si possano saltare i convenevoli.
- Veramente - ribatté Holmes - A parte il fatto che lei è un rigattiere, non credo di sapere nient'altro sul suo conto.
- Ecco, vede! - disse l'altro sorridendo compiaciuto - Come può dire che sono un rigattiere se poi afferma di non conoscermi? Questa è la prova che lei già sa chi sono io!
- Mi dispiace signore, ma si sbaglia - rispose Holmes - Basta osservare come lei è vestito per capire che lavoro svolga. E, perdoni la mia franchezza, ma abiti di pregio usati come questi li poteva indossare solamente un rigattiere pieno di sé.
Osservando l'abbigliamento dell'uomo non potei fare a meno di essere d'accordo con Holmes. Vestiva un completo grigio, che tuttavia ad una seconda occhiata si capiva benissimo essere stato un tempo nero e soprattutto non mezzo mangiato dalle tarme. Un buco era ben visibile in cima alla tuba del visitatore, così come le scuciture sugli orli delle maniche della giacca e dei pantaloni. Come aveva detto Holmes, solamente un rigattiere orgoglioso avrebbe potuto indossare abiti così eleganti ma allo stesso tempo così scadenti; del resto era un modo come un altro per ostentare il fatto che egli conducesse affari "importanti".
L'uomo parve accigliarsi per l'osservazione di Holmes e gli avrebbe sicuramente ribattuto se il mio amico, che aveva assunto un'aria quanto mai seccata, non lo avesse interrotto prima.
- Signore - gli disse - Ha intenzione di stare qui a recriminare cosa devo o non devo sapere per tutto il giorno oppure vuole spiegarmi perché è tornato? La sua intrusione di ieri sera è stata piuttosto insolente e sgarbata, e da come vi state comportando dubito che siate qui per porgere le vostre scuse alla signora Hudson qui presente.
- Non voglio niente da quel demonio! - urlò allora la nostra padrona di casa, ancora nascosta dietro il mobile - Mi basta che se ne vada!
I discorsi di Holmes e della signora Hudson fecero vistosamente imporporare le gote già rosse dell'uomo, il quale inizialmente fu sul punto di rispondere qualcosa di assai poco educato. Egli parve però controllarsi e, dopo essersi schiarito la voce, cominciò a narrarci una storia quanto mai bizzarra.
- Signor Holmes, anche se a malincuore, devo ammettere che lei ha ragione. Il comportamento da me tenuto la scorsa notte è stato increscioso, e me ne vergogno. Mi lasci però illustrare gli eventi che mi hanno condotto ad irrompere qui come una furia.
- Mi chiamo Nicholas Neareby e, come lei ha giustamente intuito, faccio il rigattiere. Ho il mio negozio in mezzo a Marylebone, e ci sto praticamente tutto il giorno. Ieri è stata una giornata particolarmente proficua, anzi, potrei dire la più remunerativa che mi sia mai capitata. Alla sera, quando ho chiuso il negozio, ero molto contento. Forse anche troppo. Diciamo che ero in vena di festeggiare, e così ho fatto un salto all'Old Champions Club, che sta proprio a due passi dal mio negozio. Credo di aver alzato un po' troppo il gomito, e non essendo molto abituato all'alcol devo essermi perso nei suoi fumi.
- Dopo qualche ora di bagordi decisi di tornarmene verso casa. Abito in Boston Street, proprio qui dietro, quindi si può intuire come fossi obbligato a passare per Baker Street per poter tornare a casa mia. Lo feci, e fu allora che venni aggredito.
- Erano in due, questo lo ricordo bene. Mi assalirono all'improvviso, senza darmi un attimo di tregua: uno mi colpì subito da dietro sulla nuca e mi urlò qualcosa, mentre l'altro mi venne incontro e si abbassò, probabilmente per vedere se portavo con me qualcosa di valore. Era così, perché in una tasca interna della giacca avevo tutto l'incasso di quel giorno. Per fortuna quel balordo non lo sapeva, e si limitò a controllare la parte bassa del vestito e il sopra dei pantaloni.
- E qui, signor Holmes, successe una cosa strana. Nonostante fossi ubriaco e fuori di me, l'alcol aveva rimosso i miei freni inibitori e così, dopo alcuni attimi di smarrimento, reagii. Con un urlo e uno strattone mi liberai dalla stretta del bandito di dietro e tirai un pugno a quello che mi stava davanti. Ma, con mia immensa sorpresa, il mio braccio trapassò il brutto ceffo e non gli fece niente. Mi voltai e provai allora a colpire l'uomo dietro di me, ma anche quello venne trapassato dal mio pugno senza che gli accadesse niente.
- Voi tutti potete benissimo capire il turbamento da me provato allora. Spaventato, credetti di star combattendo dei fantasmi o chissà quali altre diavolerie, e così fuggii e mi rifugiai al portone più vicino, che per accidente era proprio il vostro. Il resto penso lo sappiate. Signor Holmes, mi rivolgo a lei per venire a capo di questo mistero, e anche di un altro.
- E sarebbe? - chiese il mio amico.
- Svegliatomi sul tardi, questa mattina mi sono accorto di aver perso il portafoglio. Mi aiuti a ritrovarlo, la prego!
- Quello con l'incasso del giorno?
- No, il mio personale! Dentro c'erano ben sette sterline, e per di più era di pelle di scoiattolo nero americano, una vera rarità! Uno di quei delinquenti deve avermelo sfilato dai pantaloni, e io lo voglio riavere a tutti i costi!

  
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