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Autore: Elphie94    01/06/2017    0 recensioni
[Modern!AU] Considerato il più grandioso genio del nuovo secolo, Erik Danton vive recluso, nascondendo al mondo la ragione della sua volontaria segregazione. La sua vita cambia quando vi entra a far parte Meg Giry, una ragazza spavalda e apparentemente senza regole, che diverrà la sua nuova (quanto involuta) allieva. Tra i due non scorre buon sangue, ma nessuno, neanche Erik, può prevedere il futuro...
[Edit 2020: lievi correzioni e modifiche al testo.]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Erik/Il fantasma
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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viii.


L'estate si avvicina, ma Erik non avverte la calura insopportabile delle giornate nella polverosa città. Ha installato in casa un sistema di condizionatori che fa circolare aria fresca in ogni stanza, così che possa indossare le sue camicie senza scoprire le braccia livide e ossute, i tendini nervosi sotto la pelle, le cicatrici. Tuttavia, Meg gli svela i polsi con gentilezza inusitata da parte sua, un giorno che sono stravaccati sul divano a divorare la prima stagione de Il trono di spade.
«Queste cosa sono?» chiede lei in un sussurro, quasi si aspetti che l'altro non le risponda. Erik emette un sospiro. L'ora delle mascherate è finita.
«Quando vidi per la prima volta il mio volto allo specchio… lo ruppi in mille pezzi. I cocci infranti si conficcarono nella pelle tenera di un bambino di sei anni che era dissimile da chiunque altro.» Distorce le labbra bianche in un sorriso sghembo, per dissimulare il dolore che quel ricordo ancora gli provoca. Fu sua madre a portarlo davanti allo specchio, infuriata perché lui faceva i capricci come un normale bambino di sei anni al quale viene imposto di indossare una maschera giorno e notte. Eccolo, il vero motivo per cui devi indossare la maschera!, aveva urlato sua madre tra le lacrime. Il grido straziante che riecheggiò nella stanza — l'unica in casa ad avere uno specchio, e il cui accesso pertanto gli era stato proibito fino a quel momento — proveniva però dalla gola di Erik. Quest'ultimo impiegò un po' a capire che era lui ad emettere quel suono angosciante, animalesco. Tanta vita e tanta morte in una sola voce, in un solo viso…
«Tua madre ti ha fatto questo?» chiede Meg con incredulità e un cipiglio poderoso. Erik incrocia le braccia al petto, scostandole dalla presa delicata di lei.
«Mia madre aveva paura. Voleva amarmi, ma non sapeva come… Non riusciva neanche a guardarmi in volto.» Sospira e si massaggia le tempie. «Una volta mi disse che mi odiava. Che le avevo rovinato la vita. Non so se mio padre sarebbe stato diverso, se mi avesse allevato lui. Non l'ho mai conosciuto. È morto prima della mia nascita… Non ha mai visto quel che ha… generato.»
«Che ne è stato di lei? Di tua madre?»
«Dopo la mia sfuriata alla notizia della morte di Sasha, il mio cane e unica amica, il sacerdote del paese le disse che probabilmente ero indemoniato e che mi serviva un esorcismo. La rabbia che contenevo nel mio petto era disumana, a quanto pareva. Il dottore disse che dovevo essere portato in un istituto di igiene mentale il più presto possibile, prima di avere altri scatti feroci e fare del male a qualcuno, o anche a me stesso. Avevo otto anni e un intelletto di gran lunga superiore alla norma. Questo spaventava e sbalordiva mia madre, che diede retta ad entrambi i consiglieri.»
«Fammi capire: ti hanno fatto un esorcismo?» Meg è più che perplessa, ora: è sgomenta, arrabbiata. Era il 1977, non il Medioevo. Ma Erik viveva in un paese di campagna abitato da poche anime, e il pregiudizio lì era assai più radicato che nella moderna Parigi.
«Non fu nulla di speciale, comunque, e ovviamente non funzionò. Ero seduto su una sedia mentre il prete borbottava frasi in latino che io riuscivo a intendere benissimo, dal momento che avevo appreso quella lingua morta, così come il greco antico, da solo.»
«Da solo? A quanti anni, hai detto?»
«Incominciai a studiare a cinque anni.»
Meg sbatte le palpebre. «Cazzo. Voglio dire… Non perdi mai l'occasione, vero?»
«Per cosa?»
«Per provarmi il tuo genio. Guarda che non mi seduci tanto facilmente.»
«Non è mia intenzione.» Erik arrossisce mentre Meg se la ride maliziosamente, la dannata. Ma se la diverte…
«Scusami. Continua, comunque.»
«Così fui mandato in manicomio per una deliziosa vacanza. Da quel giorno non vidi più mia madre. Dopo che mi ebbero “curato”, per così dire, divenni una sorta di morto vivente. Solo la musica e l'arte mi risvegliavano, e pian piano ritornai alla vita… Se di vita si poteva parlare. Non ebbi più notizie di mia madre. Liberarsi di me deve essere stata una gioia, per lei.»
Meg ha uno sguardo vitreo negli occhi, quasi non fosse proprio lì, ma altrove, in un luogo a cui non appartiene. Erik la osserva e ha il coraggio di sfiorarle una spalla  nuda (anche con il condizionatore, Meg percepisce gli effetti disturbanti della calura estiva e indossa un top — nero — minuscolo che mette Erik molto a disagio. Ha troppa pelle scoperta per non farlo arrossire).
«Cosa pensi, mia cara?»
«Già con i nomignoli? Non abbiamo neanche superato la prima frase della nostra relazione.»
«La smetti?»
Lui scuote il capo mentre lei ride con la sua voce roca e bassa che gli fa venire i brividi. E non perché assomiglia a quella di una cornacchia.
«Come vuoi che ti chiami? Tesoro?»
«Finiscila. Non hai risposto alla mia domanda. A cosa pensavi?»
Meg si fa immediatamente più seria, le pupille dilatate da… è paura, quella? Erik si rabbuia: non vuole vederla sul viso di quella ragazza, mai. Fa troppo male.
«Penso che… se Dany fosse nata… insomma…»
«Deforme?» suggerisce lui.
Meg annuisce. «Mi chiedo se avrei avuto il coraggio di amarla lo stesso.»
Bella domanda. Erik medita bene prima di parlare. «Sei una buona madre, Meg.»
«E questo da cosa lo deduci?»
«Dal modo in cui parli di tua figlia. La ami incondizionatamente. Perciò non torturarti con domande che non hanno fondamenta nella realtà.»
Meg annuisce, rasserenata. «Vero.» Si rannicchia sul divano, vicinissima a lui, guardando la Dany sullo schermo mormorare l'iconica frase: “Non era un drago. Il fuoco non può uccidere un drago.” Erik decide che alla fine della prima stagione comprerà l'intera saga di libri, e gli piacerebbe leggerli con Meg — in quella posizione, magari: la testa di lei appoggiata alla spalla ossuta di lui, pelle contro pelle. Sì, crede che potrebbe piacergli. E questo non va affatto bene. Non va bene per niente.


Scena V.
[ Solito studio medico. Due donne si fronteggiano. ]

MEG: (a gambe divaricate, il desiderio di fumarsi una sigaretta che le prude sulla lingua) Non credo si perdonerà mai per ciò che è stato, ma… non è un mostro spaventoso. È solo un uomo profondamente ferito, ed io… Dopo aver visto la sua faccia, ho capito.
DOTTORESSA LAURENT: Cosa?
MEG: Il perché… del suo comportamento passato. Il perché di tutto. E non lo odio, non riesco a odiarlo. L'uomo che è stato un sicario, un mercenario, quello… non è più lui. Ho tanta rabbia dentro di me, ma verso l'altro.
DOTTORESSA LAURENT: Non potresti comunque odiarlo più di quanto lui odia se stesso.              
MEG: Quello che gli hanno fatto è mostruoso, e ha generato un mostro. Ma si può amare un mostro?
DOTTORESSA LAURENT: Solo se sei un po' mostro anche tu.
(Meg, esitante, respira piano.)
DOTTORESSA LAURENT: Ancora non lo sa, vero?
MEG: No, non gliel'ho ancora detto.
DOTTORESSA LAURENT: Non voglio costringerti. La decisione spetta a te.
MEG: Ne sono consapevole. (La voglia di sigarette si fa più prepotente.)



Note dell'Autrice: Ecco il nuovo capitoletto! È più di passaggio che altro, ma ugualmente importante: da qui in avanti ci saranno alcune scene più o meno “carine” che consolideranno il rapporto tra i due idioti protagonisti, senza (spero) togliere nulla ai progressi della narrazione.
Allora, che ne dite – si capisce ora la ragione per cui Meg ha perdonato Erik per il suo passato “discutibile”, vero? Spero di averla resa chiaramente. Il motivo per cui voleva vedere il suo volto smascherato era a causa del bisogno che sentiva di comprendere quanto grave fosse la situazione, e quanto gravemente lo avesse influenzato. (Non la sua faccia di per sé, ma come il mondo esterno reagiva ad essa.) Non credo che Meg lo giustifichi, ma lo comprende sicuramente, e il perdono da parte sua è qualcosa che nessuno dei due si aspetta. Intanto passa un po' di tempo, torna la familiarità tra loro, la confidenza, l'amicizia (e qualcosa di più?). Nell'ultimo dialogo con la Laurent, si capisce che c'è un segreto che Meg nasconde ad Erik, qualcosa del suo passato che le pesa. Non è niente alla Carramba che sorpresa, nel senso che i lettori della mia precedente fic, Mon couer, avranno qualche idea al riguardo. In fondo, è una AU della mia… AU. Sì, sono una nerd senza speranza.

Jessica24: Il finale di questa fic non sarà neanche lontanamente tragico quanto quella della precedente, rassicurati. Non sarà una passeggiata, ma da qui in poi la storia assume una piega meno drammatica (gli ultimi capitoli sono stati una svolta. E ti confesso che credo di averla scritta proprio per riprendermi dalla tragedia che era Mon couer. Volevo che i miei bambini fossero felici, per una volta. Fatemi sognare).
Sì, in effetti quella scena assomiglia un po' a quella che porta al climax del finale nel musical. Christine fa capire ad Erik che il problema non è davvero la sua deformità e gli mostra compassione – la prima volta che chicchessia si sia disturbato a rivolgergli una simile cortesia. (Christine è un angelo, dopo tutto quello che le ha fatto passare, soprattutto nel libro, in cui – a mio dire – Erik è ancora più terribile che nel musical…) Anche Meg gli mostra compassione, in modo diverso, ma lo fa. Di questo gesto, entrambi sono alquanto stupiti, te lo posso assicurare.
Un bacio, alla prossima! <3
   
 
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