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Autore: InsertACasualUsernameHere    02/06/2017    1 recensioni
"Non abbiamo mai avuto il coraggio di chiamarlo in alcun modo ciò che c’è stato tra di noi, un segreto non ha bisogno di un nome, va protetto dagli sguardi degli altri, tenuto nascosto persino a noi stessi; infondo l’unica cosa che ci bastava era sapere che, qualunque cosa fosse, comunque lo volessimo chiamare, ciò che avevamo era reale."
[...]
Un'ultima unica lettera, le parole non bastano in un addio che Hermione sapeva sarebbe arrivato, ma a cui non è mai stata pronta.
Ogni storia giunge ad una fine, era solo questione di tempo prima che, l'inevitabile addio, sarebbe arrivato anche per loro. Perché la loro storia era destinata ad un addio ancor prima di cominciare e ad entrambi resterà la memoria incancellabile di tutto ciò che è stato; nel bene e nel male. Oltre ogni logia, oltre ogni convinzione.
[post II Guerra Magica][mabye Finale Alternativo][Draco x Hermione]
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
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In quei suoi primi giorni da ultima studentessa ha parlato spesso con Ginny, l’ha ascoltata raccontarle di lei e di Harry, si è scambiata lettere con Ron, quasi ogni giorno, ha chiesto di George, della vita coniugale di William, della carriera di Charles e dell’imminente matrimonio di Percy, gli ha scritto quanto fosse impegnativo l’ultimo anno, gli ha detto che gli mancava mentre nascondeva lettere ad un fantasma, in un cassetto senza fondo in cui rinchiudere parole da non dire, parole di cui liberarsi.
Ed ogni volta che le arriva una nuova lettera da Ron, un regalo, auguri di buona fortuna e di buon anniversario, torna a sentirsi come tre anni fa, quando infrangeva il suo codice morale, quando si sentiva una bugiarda, quando si sentiva bene; malgrado tutto.
Ed ogni volta sente il bisogno di confessarlo a piccoli fogli di pergamena da gettare via, da nascondere in quel cassetto, l’ultimo, a destra della scrivania.
A volte il pensiero di inviarle, alcune di quelle lettere, a quel fantasma di cui deve ricordarsi di dimenticarsi, le sfiora la mente ma non cede; mai. La verità è che non sa se verrebbero lette, la verità è che ha paura che, qualcuno, potrebbe risponderle; che lui potrebbe risponderle.
L’unica, razionale, logica, giusta soluzione che è riuscita a trovare è stato giungere al compromesso di scriverle, gettarle poi via, sperando che con esse possano andarsene anche i ricordi che, ognuna di quelle lettere, racchiude.
Da quando i mesi sembrano passare sempre più lentamente ed il Natale si avvicina sempre di più la malinconia è aumentata e, con essa, la necessità di scrivere altre parole, altre inconfessabili confessioni. Si siede alla scrivani, afferra la penna di piuma d'oca e ne intinge la punta tra l'inchiostro nero, affidando ogni emoziona alla carta.
 
Con il passare dei giorni le lettere diventano sempre più lunghe, sempre più intime, ripiega quella appena terminata, la sigilla con cera rossa ed apre il cassetto, gettandovela dentro, chiudendolo poi con un incantesimo che impedisca a chiunque di poterlo aprire; oltre a lei.
Sobbalza colta di sprovvista quando sente la porta aprirsi dietro di lei
 
-disturbo?-
 
il volto solare di Ginny muta rapidamente, si richiude la porta alle spalle
 
-va tutto bene?-
 
chiede, avanzando di qualche passo, istintivamente Hermione si sposta lateralmente, nascondendo i cassetti della scrivania con la sua figura
 
-sì…sì, sono solo un po’ stanca-
 
si massaggia la fronte, socchiudendo gli occhi, cercando di immedesimarsi nella finzione e Ginny sembra crederle, le sorride gentile
 
-è strano, vero?-
 
la minore dei Weasley si siede al bordo del suo letto, fissando il pavimento, inspira
 
-tornare qui, dopo tutto quello che è successo…studiare, cercare di andare avanti, guardare i nuovi studenti fissarti ammirati e quasi persino spaventati…adattarsi alla normalità…-
 
-è difficile-
 
sospira Hermione, terminando la frase al posto dell’amica, poggiando la schiena contro il bordo della scrivania
 
-ma non sarà sempre così, dobbiamo andare avanti-
 
annuisce alle parole di Ginny, ripetendosele mentalmente, quasi a volersi spronare a farlo, subito, andare avanti, superare ogni ricordo
 
-avevi bisogni di qualcosa?-
 
cambia discorso Hermione, bisognosa di parlare di altro, Ginny annuisce serena
 
-hai ancora il libro di pozioni del sesto anno? Non riesco a ritrovare il mio-
 
-certo, te lo posso prestare-
 
sorride amichevolmente Hermione, affrettandosi a cercare tra i libri accatastati su mensole sbilenche sopra alla scrivania, afferrando quello richiesto, Ginny si sporge in avanti prendendolo
 
-grazie-
 
-di nulla, se hai bisogno di altro chiedi pure-
 
-lo farò, grazie…ah mi sono dimenticata di dirtelo, ma ieri è arrivata una lettera per te, non c’è mittente e non credo sia da parte di mio fratello-
 
spiega frettolosamente Ginny, sporgendosi verso il piccolo comodino al fianco del suo letto, aprendone il primo cassetto
 
-scusa mi ero dimenticata, comunque non l’ho aperta-
 
Hermione assottiglia lo sguardo scettica, studiando quella lettera, la busta giallognola, macchiata d’umidità, un sigillo di cera nera, privo di indizi, di simboli
 
-non la apri?-
 
ridacchia bonariamente Ginny, accavallando le gambe, in attesa. L’amica inspira, strappando via la cera, afferrando tra le dita la pallida carta, odora di chiuso, di muffa, è ruvida e le scritte, dall’elegante e raffinata calligrafia, sono sbiadite e tremule
 
-allora? Chi ti scrive?-
 
Hermione deglutisce a vuoto, stringendo la pergamena tra i polpastrelli, imponendo alle sue dita di non farla cadere al suolo.
Non avrebbe neppure bisogno di controllare la firma per averne la certezza, ma vuole esserne sicura, sente gli occhi bruciarle, la vista appannarsi, sbatte le palpebre ripetutamente, impedendo alle lacrime di formarsi
 
-Hermione?-
 
la richiama l’amica, sollevandosi dal letto, la rossa scuote il capo, affrettandosi a ripiegare maldestramente la lettera tra le dita
 
-ricordi Viktor, Viktor Krum?-
 
deve far appello a tutte le sue forze per sforzarsi di sorride ed apparire serena, o quanto meno rilassata, all’annuire incerto di Ginny, sospira, dischiudendo ancora di più le labbra
 
-è da molto che non ci sentiamo ed evidentemente non sa di me e…Ron-
 
-ha ancora un cotta per te?-
 
se ne stupisce Ginny e, col senno di poi, Hermione avrebbe potuto pensare ad una menzogna più credibile, sorride sempre più rigida, annuendo appena
 
-già…dovrò rispondergli prima che…si faccia un’idea sbagliata-
 
la voce ha cominciato a tremarle, fuori dal suo controllo, e le dita non riescono quasi più a stringere quella ruvida carta chiazzata di aloni giallastri
 
-questo sarà meglio non raccontarlo a Ron-
 
le strizza l’occhiolino Ginny, ignara di avere ragione oltre ogni sospetto, sospira sollevata Hermione quando la porta si chiude alle spalle dell’amica; lasciandola nuovamente sola.
Rapida afferra la bacchetta, bloccando l’ingresso a chiunque, rigirandosi poi quel pezzo di carta umido tra le dita tremule. Si muovono lente, sollevando i bordi di carta, spiegando la lettera tra le mani. Le iridi tremule si posano tra quelle righe sbiadite.
 

“ Ciao,
non è così che si dovrebbe iniziare, ma avevo il sospetto o forse la certezza che, in qualsiasi altro modo avessi iniziato, ti avrei solo fatta alterare ancora di più. Perché presumo tu mi stia odiando, vorrei sbagliarmi, ma temo di avere ragione.
Ho passato mesi, giorni, pensando a cosa scriverti o meglio a come farlo. Come vedi non è servito a nulla.
Quanto tempo è passato dall’ultima volta che ci siamo visti, un anno? Forse un anno e qualche mese? Ho perso il conto, l’unica cosa certa è che non riesco più a dormire. E non sono gli incubi, né il senso di colpa a tormentarmi, ma la consapevolezza che non esista più un noi.
Non abbiamo mai avuto il coraggio di chiamarlo in alcun modo ciò che c’è stato tra di noi, un segreto non ha bisogno di un nome, va protetto dagli sguardi degli altri, tenuto nascosto persino a noi stessi; a noi l’unica cosa che ci bastava sapere è che, qualunque cosa fosse, comunque lo volessimo chiamare, ciò che avevamo era reale.
 
Da quando ti ho lasciata lì, dall’altro lato della battaglia, quello giusto, da quando me ne sono andato, non ho mai smesso di pensarci. La mia mente si rifiuta di impedirmelo, continuo a pensare a ciò che avevamo. E credo di averlo capito, cosa eravamo.
Lo conosci meglio di me questo genere di sentimento, non so di cosa ho ancora paura, ma per qualche motivo non riesco a scriverlo, ma so di averlo provato, di averlo vissuto.
Quel genere di sentimento che risveglia l’anima, che la scuote come un fuoco implacabile, che ci spinge a volerne di più, a cercarne ancora, che placa caotici pensieri e ti fa sentire in pace.
Ho impiegato mesi a capirlo, a cercare di spiegarmelo, ed ho compreso che questo è ciò che tu mi hai dato. Mi sono chiesto, a lungo, se sia stato in grado di dartelo anch’io o se, invece, abbia fallito anche in questo; soprattutto in questo.
 
Proprio ora, mentre raccolgo tutto il coraggio che possiedo per scriverti ciò che non sono mai stato in grado di dirti, mentre attendo che qualcuno mi trascini in un tribunale vuoto, che mi condanni per tutti gli errori che ho commesso, mentre perdo tutte le certezze che avevo, mi aggrappo all’unica che mi resta, l’unica che ho scelto di conservare.
Non so dove tu sia, né se tu sia felice o se, invece, continui ancora a pensarmi. Sai bene, mi conosci meglio di quanto credi, che la mia arroganza mi spinge a credere che neanche tu sia riuscita a dimenticarmi, ad ignorare ciò che abbiamo vissuto. E non posso non ammettere che non voglio, non lo vorrò mai, sapere che tu sei riuscita ad andare oltre, a superarlo; a dimenticarmi. Lo so, starai sorridendo perché, dopo tutto ciò che è successo, continuo ad essere un egocentrico narcisista; come mi dicesti anni fa.
 
Non so cosa ne sarà di me, probabilmente mi lasceranno marcire in qualche cella isolata, per il resto dei miei giorni. Dovresti gioirne anche tu, è il trionfo della giustizia. Eppure sono certo che non lo farai e, voglio che tu lo sappia, è l’unico pensiero felice che mi resta.
Vorrei scriverti altro, ma credo di aver oltrepassato il mio stesso limite, di essermi esposto come non avevo mai fatto, sarà la consapevolezza di non avere più nulla da perdere ad avermi dato la forza di scriverti.
Voglio lasciarti con una promessa, confessandoti la mia unica certezza.
 
Se un giorno, in un futuro lontano, in un luogo distante, ci vedremo nelle nostre nuove vite ti sorriderò con gioia, ricordano il tempo che abbiamo vissuto, tutto ciò che inconsapevolmente mi hai insegnato, tutte le volte che ti ho fatta sorridere e tutte le volte in cui ci siamo accorti di esserci innamorati l’uno dell’altro.
 
Grazie, per ogni singolo ricordo felice; che non ho mai meritato di avere, ma che tu hai scelto di donarmi comunque.
Sii tenace e determinata, sii felice, sopratutto ora, Hermione Grenger.
 
Addio,
M.D.
 

Stringe la lettera tra le dita, stille salate le rigano il volto, silenziose, piccoli singulti le scuotono le spalle, stringe le labbra tra i denti, a cercare di arrestarne il tremolio, accartocciando quella pergamena ruvida in un pugno stretto tra le mani; portandosela al petto.
Tutte le lettere che, anche lei, gli ha scritto, tutte quelle parole che avrebbe voluto dirgli; non gli sarebbero mai arrivate. Ora sa Hermione, sarebbe stato inutile, il ministero della magia le avrebbe impedito di contattarlo, il gufo avrebbe vagato tra le tegole di un tetto abbandonato e le sue lettere sarebbero rimaste a marcire al portico di una villa in rovina.
Lo comprende solo dopo, Draco Malfoy aveva usato il suo ultimo minuto di libertà per scriverle, per farle sapere che deve essere felice.
Sbuffa un sorriso amaro tra le labbra che sanno di salsedine, essere felice. Come? In che modo?
 
Si sentiva meglio prima, quando fantasticava ancora sull’assurda ipotesi che un giorno l’avrebbe visto sedersi al tavolo delle serpi o immaginandolo chiuso in qualche camera di quell’immensa villa, a trascorrere le giornate tra i libri di alchimia.
Stava meglio, prima che lui sentisse la necessità di ricordarle, ancora una volta, la realtà.
Essere felice, anche solo provarci, ora è impensabile, assurdo.
Le ha scritto che sa che lei, diversamente da chiunque, non sarà in grado di gioire per il suo incarceramento ed ha ragione, non ci riesce e quando la notizia si espanderà come una macchia d’inchiostro si vedrà costretta a fingere, ancora una volta, a respingere ogni lacrima, ogni grido.
 
La sagoma pallida di Draco si delinea alla mente, lo vede lì, schiacciato contro una fredda parte umida, rinchiuso in una cella isolata, costretto a restarvi per il resto dei suoi giorni, una visone così vivida da costringerla a sbattere le palpebre più volte, deglutendo a vuoto, cercando di concentrare tutta la sua attenzione altrove.
I suoi occhi cadono al piccolo calendario che tiene appeso al muro, poco sotto le mensole sbilenche piene di libri, istintivi contano i giorni che la separano dalla pausa invernale e la sua mente, rapida, formula calcoli ancor prima che possa ordinarglielo. Il processo, anche ipotizzando una perfetta efficacia nello spedire la lettera, deve essersi già tenuto e, in un massimo di quattro o forse cinque giorni, tutti i giornali, persino il meno avvezzo alla cronaca, riporteranno la notizia della caduta della famiglia Malfoy.
Ciò significa, senza alcun dubbio, che Hermione non ha più tempo, ogni minima possibilità di fare visita al condannato è ormai impensabile, eppure malgrado la logica le suggerisca l’opposto quel calendario, la data del ventidue dicembre cerchiata in rosso, sembrano urlarle, contro ogni possibilità ed ogni razionale decisione, di abbandonare la logica, il suo codice morale, mentire ancora una volta a tutti ed essere, invece, sincera con se stessa e rischiare; perché questo non può essere un addio e se lo è non le basta.
Se questa storia necessità di un finale allora che sia memorabile, che sia esplosivo, che sia impulsivo, istintivo, che sia come quegli addii che si leggono solo nei libri di Jane Austin.
 
Inspira, passandosi la manica del maglione al contorno degli occhi, asciugandosi via le lacrime, sedendosi alla scrivania ed afferrando per la seconda volta, quel pomeriggio, la penna d’oca ed il calamaio, immergendo il pennino tra l’inchiostro nero e cominciando a scrivere una nuova lettera; breve e concisa.
 

“ Caro Ron,

ti avevo promesso che, quando Ginny sarebbe tornata a casa per le vacanze natalizie, l’avrei seguita ed avrei trascorso il Natale con voi, ma avevo dimenticato che anche i miei genitori, ora che sono liberi di poter ricordare, vogliono vedermi. Perciò spero potrai perdonarmi, ma sento il bisogno di trascorrere queste festività assieme a loro.
Non preoccuparti, verrò comunque a trovarti prima che finiscano le vacanze.

Mi dispiace, con amore,
Hermione. “

 
Sospira, richiudendo quelle poche parole in un busta bianca, sigillandola con il logo della scuola su cera rosso cremisi, ripromettendosi di spedirla prima di sera.
Socchiuse gli occhi Hermione, raccogliendosi gli ispidi ricci ribelli in una coda disarmonica, sperando che a Ron basteranno quelle parole, che non chiederà altro e che non pretenderà di accompagnarla dai genitori che, ovviamente, non deve andare a trovare.
Solleva appena lo sguardo, contando i giorni che la separano da quel folle, illogico ed irrazionale gesto che, la vecchia Hermione, non avrebbe mai neppure osato immaginare. Pregare il ministero della magia di poter parlare con un detenuto, un mangiamorte, che fosse ex o meno, imprigionato e condannato ad una pena da scontare per l’eternità? No, la vecchia Hermione sarebbe rabbrividita disgustata per molto meno, ma lei non è più quella ragazzina da tempo.
 
È cresciuta, prima del previsto, il tempo non è stato clemente con lei, non le ha concesso di abbandonare l’innocenza dell’infanzia con graduale distacco, l’ha catapultata direttamente tra i problemi degli adulti, è stata costretta a prendere parte in battaglie più grandi di lei.
È cresciuta dimenticandosi cosa significasse trascorrere vacanze in famiglia, passare pomeriggi a non pensare a nulla davanti ad un calice di burrobirra, parlare di pettegolezzi per ore o pensare solo a ripassare rune antiche ad Hermione questo le è stato precluso, gli attimi di spensieratezza a sua disposizione sono stati così pochi, così fugaci, e tra quei ricordi di giornate sere inevitabilmente, per quanto si sforzi di ignorarlo, riemerge con prepotenza un volto pallido, raffinato, e capelli biondo platino perfettamente pettinati.
 
Flash inarrestabili, la torre di astronomia, capelli scompigliati, la biblioteca, camice sgualcite, il lago nero, l’eco di risate, la stanza delle necessità, l’odore di libri e fili d’erba umidi di pioggia, il coprifuoco violato, la serra di erbologia; è lì che tutto ha avuto inizio.
Ricorda ogni minuto trascorso, ogni istante passato, indelebile memoria di ciò che c’è stato.
E non riesce Hermione ad ignorare, non riesce, non vuole; ma deve.
 
Ogni storia giunge ad una fine, è solo questione di tempo, e la loro è durata già sin troppo, oltre quanto entrambi avrebbero mai potuto immaginare ed ora non resta che riporre le memorie tra i ricordi felici di un adolescenza confusa e scrivere un finale degno di loro.
Ed Hermione sa che, questa volta, nessuna pergamena saprà contenere tutte le parole che sente di dover confessare, c’è un solo modo di concludere la loro storia. E, a costo di dover ricorre alla pozione polisucco, lei lo rivedrà per l’ultima volta; prima di dirgli addio e rinchiudere ogni ricordo di lui in una cella segreta della sua mente.
 
Ad eterna memoria di ciò che sarebbero potuti essere se solo non fossero stati così diversi, così divisi, se solo la loro non fosse stata una riproduzione pressoché perfetta di un dramma Shakespeariano.
Sospira un sorriso sghembo, pregno di triste malinconia, Hermione. Quando meno hanno avuto più tempo di Romeo e Giulietta per viversi, un tempo che nessuno mai conoscerà, un tempo che sarà l’unica cosa che ad entrambi resterà, un tempo che non saranno mai in grado, neppure se dovessero vivere in eterno, a dimenticare.
 
Un tempo in cui furono solo ragazzi innamorati, nulla di più, nulla di meno, ed ogni altra cosa restava nel mezzo; priva d'importanza. 


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Dopo anni sono tornata a scrivere in questo fandom. Ammetto che mi era mancato tantissimo, ma la carenza di ispirazione mi hanno allontananta.
Fortunatamente per me e sfortunatamente per voi a qunto pare la mia mente è tornata a lavorare e ipotizzare storie, come questa qui. 
Per prima cosa ringrazio chiunque leggerà e apprezzerà, ma anche chi aprirà soltanto e chiuderà subito; a prescindere ringrazio tutti. 
Poi ci tengo a precisare che è stata ispirata dal film "The Notebook" come si può facilmente edincere dalla lettera che, appunto, contiene citazioni. 
Tutta questa storia, forse un po' troppo lunga, in realtà è nata anche come prologo per un futuro progetto che sto già scrivendo, ma che sono ancora incerta se portare a termine; perciò mi affido a voi. 
Spero che qualcuno potra, saprà e vorrà consigliarmi. 
Grazie, mi auguro vi sia piaciuta. 

Buona vita, 
Euridice. 

ps: l'immagine, ecco...ignoratela, è un esperimento. 

 
  
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