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Autore: BebaTaylor    02/06/2017    1 recensioni
2015. Erikson, Presidente degli Stati Uniti d'America, rivela al mondo l'esistenza di alcune persone dotate di poteri particolari: possono creare il fuoco dal nulla, possono trasformarsi in animali, creano elettricità con le mani, hanno premonizioni... Erikson le vuole catturare e rinchiudere perché sono pericolosi. Mostri assassini, li definisce. Soldier, si definiscono loro.
Crystal fugge dopo la morte della nonna, unica parente. Non si fida più di nessuno, nemmeno dei vicini. Marie-Anne scappa, spaventata da quello che è. Benjamin se ne va dopo la misteriosa scomparsa del padre. Kathy e Samuel fuggono dopo la festa per il loro fidanzamento, Erik segue l'istinto e scappa, Kyle e Jenna scappano perché è l'unica cosa da fare. William, Emily e Sarah scappano dopo che gli uomini di Erikson hanno ucciso la madre davanti a loro. Dawn, della sede Newyorchese della Projeus, momentaneamente trasferita in Canada, cerca di salvarli, perché Erikson è venuto in possesso di una lista con i nomi di tutti i Soldier della parte orientale degli USA. C'è una talpa, alla sede. E ce ne è una anche nei fuggitivi diretti in Canada.
E questa è la loro storia.
*eventuali scene splatter|Azione|Introspezione*
Genere: Drammatico, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Projeus:
The Big War

5.
Quinto Giorno

Mercoledì 9 Settembre.

Kyle, Samuel, Erik e Benjamin osservarono con curiosità Jenna, Kathy e Crystal che si muovevano per il camper con una certa sincronia, evitando di intralciarsi a vicenda. Stavano preparando la colazione per tutti, tranne che per Emily e William che dormivano ancora. Marie-Anne era seduta, le braccia strette al corpo, lo sguardo fisso sulle tre; Sarah era nel seggiolino, che agitava un pupazzetto, emettendo di tanto in tanto qualche strillo.

«Ma il caffè?» sbadigliò Kyle, «Ne ho bisogno.» borbottò passandosi le mani fra i capelli corti.

«L'acqua deve scaldarsi.» sospirò Jenna, «E non stare lì come se aspettassi la venuta della Regina Elisabetta.» sbuffò, «Siediti.» ordinò.

Dieci minuti dopo la colazione fu pronta. Anche i bambini si erano svegliati, così poterono mangiare.

«Che strada prendiamo?» domandò Benjamin.

«Hanno eretto un muro lungo le sponde dei laghi.» sospirò Kyle.

Kathy sgranò gli occhi, «Dalla nostra parte o dal lato canadese?» domandò.

«Dalla nostra.» rispose Kyle.

«Merda.» sbottò Samuel, «E ora?» chiese, «Se lo hanno fatto lì non vedo perché non dovrebbero averlo fatto anche lungo i normali confini.»

«Che palle.» sbuffò Erik e si massaggiò le tempie, «Direi che prima dobbiamo attraversare la Pennsylvania.» disse, «Una volta arrivati a New York vedremo.» sospirò. «Se non ci fermiamo potremmo arrivare per questo pomeriggio.»

Gli altri annuirono.

«Chi guida?» esclamò Samuel.

«Per me non ci sono problemi.» Kyle alzò le spalle.

Erik sospirò, «Bene.» disse, «Direi che possiamo partire.» esclamò e si alzò in piedi.

Anche Kyle lo fece e andò al posto di guida, Erik si sedette sul sedile del passeggero e partirono.

❖.❖.❖

Nick alzò le braccia sopra la testa e sbadigliò, erano giorni che dormiva un paio di ore per notte e iniziava a risentirne. Passò le mani sul viso e guardò lo schermo davanti a lui, la sera prima avevano trovato una famiglia composta da madre, padre e un bambino di tre anni, nascosti in cantina, dietro ad alcuni scaffali. In quel momento si trovavano nell'ala nord dell'edificio, in una delle stanze del dormitorio, insieme al gatto di famiglia.

Si alzò in piedi ed uscì dal suo ufficio, accanto a quello di Dawn. Anche se la porta era chiusa riusciva a sentirla sbraitare. Sorrise nel ricordare la prima volta che l'aveva vista sedici anni prima, quando lui aveva appena diciannove anni e lei quattordici; Dawn era uno scricciolo di un metro e sessanta scarso, con grandi occhi azzurri e un passato non troppo facile.

Scosse la testa e tornò dentro, si sedette alla scrivania e guardò lo schermo davanti a sé, fissando il lungo elenco di nomi di persone come lui: nome, cognome, data e luogo di nascita, residenza, indirizzo di lavoro o scuola, potere, gruppo sanguigno.

Era grazie a quell'ultima casella della tabella se riuscivano a riempire la loro lista con i nomi di tutti i Projeus: ogni due anni spedivano degli avvisi a tutta la popolazione americana in cui li si invitava a fare degli esami del sangue gratuiti, eseguiti in dei camper attrezzati che viaggiavano in lungo e largo per tutta la nazione. Grazie a quelle analisi — facevano una mappatura completa del DNA, ricercando i cromosomi che determinavano se una persona fosse un Soldier o meno — riuscivano a scoprire chi era uno di loro e che potere aveva. Però c'erano sempre delle incognite: alcuni non si presentavano, c'erano gli immigrati clandestini che non partecipavano, persone che avevano paura degli aghi... così la lista non era mai completa, ma se lo facevano bastare.

E qualcuno aveva sottratto quella lista, a cui avevano accesso una manciata di persone e che era protetta da una password di quindici caratteri alfanumerici e dal proprio codice personale.

Inspirò e afferrò la tazza di caffè nero senza zucchero, lo sorseggiò piano e sospirò.  Posò la tazza e uscì di nuovo dall'ufficio ed entrò in quello di Dawn.

«Che c'è?» sbottò lei.

«Che problema c'è?» domandò Nick.

Dawn sbuffò e fece girare la sedia, incrociò le braccia e sbuffò ancora, «Il superiore di Jackson ha qualche remora nel mandarlo qua.» disse e alzò gli occhi al cielo, «'Sto stronzo ha paura di quel figlio di puttana di Erikson.» sputò, sentendo ancora la rabbia scorrerle nelle vene.

Nick le si avvicinò, «Hai detto di sua moglie?» domandò.

«Ho detto che sta molto male.» rispose lei, «E che i bambini sono con i servizi sociali.» continuò e afferrò la sua tazza di caffè e bevve. «Non vuole sentire ragioni, neppure sotto minaccia. O non ha paura del fisco o ha le tasse in regola.»

Nick si appoggiò alla scrivania, «E chiamare Andrews?» propose, «I federali ci daranno una mano.» disse, «È quello che devono fare.»

Dawn sospirò rumorosamente, «Era la mia ultima spiaggia.» disse e fece vagare lo sguardo per la stanza, fissando i vari diplomi e gli attestati, elegantemente esposti in cornici a giorno, appesi alle pareti. Il diploma del liceo, la laurea, le pergamene che attestavano i suoi superamenti di livello alla Projeus. Inspirò, «È difficile.» commentò.

Nick le sorrise e sfiorò il tappetino del mouse, «Bhe, tu prova.» esclamò. «Al limite ti dice di no.» scrollò le spalle, «Oppure potresti uscire con lui a bere una birra.»

Dawn alzò gli occhi al cielo, «E Steven?» disse, «Siamo fidanzati.» gli ricordò e alzò la mano sinistra su cui brillava l'anello.

«È una birra!» ribatté Nick, «Mica devi andarci a letto.» disse. «Magari si è trovato una donna e non serve neppure.» esclamò.

Dawn annuì, afferrò il cellulare, scorse la rubrica e avviò la chiamata.

«Agente Ryan Andrews.»

«Sono Dawn Green.» disse lei. «Ho un favore da chiederti.» esordì e spiegò che voleva che chiamasse il superiore di Jackson e che lo costringesse a mandare l'uomo in Canada; spiegò che la moglie era stata uccisa e che i bambini erano dispersi.

L'agente dell'F.B.I sospirò, «Che situazione terribile.» disse, «Mandami una mail con tutti i dettagli, farò il possibile.»

Dawn sorrise, «Subito.» disse, «Grazie, a presto.» lo salutò e riattaccò. «Farà il possibile.» disse a Nick.

«Vedi? Non era difficile.» replicò lui. «Bhe, torno a lavorare.» scrollò le spalle, «Fammi sapere.» disse e se ne andò.

Dawn rigirò la sedia e iniziò a scrivere la mail, sperando che il federale riuscisse a fare qualcosa per Jackson.

❖.❖.❖

Kyle fermò il camper nel primo spiazzo disponibile. William continuava a ripetere di avere un po' di nausea e l'uomo aveva deciso di fermarsi qualche minuto, anche perché il bambino era in effetti un po' pallido. Kathy aveva trovato, in uno dei tanti scompartimenti del motorhome, dei braccialetti nati-nausea per bambini.

Scesero tutti quanti dal mezzo, ignorando Marie-Anne che borbottava sottovoce, dicendo che avrebbero dovuto proseguire.

Crystal fece sedere William sull'asfalto mentre Jenna teneva in braccio Sarah, che si guardava attorno curiosa.

Dove si erano fermati erano presenti anche tre distributori automatici: uno di acqua e bibite, uno di spuntini vari e uno di sigarette, che era quello che attrasse l'attenzione di Erik.

«Qualcuno può cambiarmi un venti?» domandò lui, «Non dà resto.»

«Io.» esclamò Crystal alzandosi in piedi — Kathy l'aveva raggiunta, sedendosi accanto al bambino.

«Nah, non serve.» la bloccò Kyle, si guardò attorno, fissando l'unica telecamera che riprendeva la bassa costruzione, che comprendeva anche il bagno, che penzolava mezza distrutta, fischiettò e diede un pugno sulla plastica dura che ricopriva metà della parte anteriore del distributore.

La copertura si frantumò, Erik sorrise e iniziò a riempire le tasche di pacchetti di sigarette e accendini, con accanto Kyle che lo aiutava. Benjamin ruppe il vetro degli altri due distributori, riempendo un sacchetto di plastica che aveva trovato lì di viveri.

«Io vado al cesso.» annunciò Samuel.

«Ruba la carta igienica.» esclamò Kathy, «E anche il sapone per le mani!» alzò la voce per farsi sentire dal ragazzo appena entrato nella struttura a un piano.

«Stai meglio?» domandò Crystal a William.

«Sì.» rispose lui e Crystal sorrise, sollevata. L'ultima cosa che ci voleva era che qualcuno stesse male mentre viaggiavano.

Samuel tornò dal bagno, «Questo va bene?» domandò stringendo l'enorme rotolo di carta igienica. «Il sapone è ancorato al muro.» disse. «Ho anche questi.» mostrò un paio di pacchi ancora incartati di salviette di carta.

«Vanno benissimo.» esclamò Kyle e gli allungò una sigaretta, Samuel la infilò in bocca e  mise le tre cose che aveva rubato, accanto al sacchetto che aveva riempito Benjamin.

Marie-Anne li fissò sentendosi gelosa: da una parte i ragazzi, dall'altra le ragazze e i bambini. Lei se ne stava in mezzo, ignorata da tutti. Si sedette, le braccia incrociate, lo sguardo che saettava da un gruppo all'altro, invidiosa del loro affiatamento, del modo in cui avevano legato immediatamente.

“È colpa di Crystal.” pensò guardandola. Spostò lo sguardo su Benjamin, molto più interessante di tutto il resto. Quando lui incrociò per un breve istante lo sguardo di lei, Marie-Anne arrossì e sentì lo stomaco stringersi in una piacevole morsa. Era così... bello, alto, muscoloso, il sorriso sulle labbra... Marie-Anne sospirò abbracciandosi le ginocchia.

«Ho voglia di una sigaretta.» sospirò Crystal e si alzò e raggiunse i ragazzi, distanti una trentina di passi, «Chi me ne dà una?» domandò.

«Da quando la piccola Crissy fuma?» domandò Erik allungandole il pacchetto aperto.

Lei fece una smorfia, accese la sigaretta e inspirò la prima boccata. «Ogni tanto capita.» rispose, «E lo sai che odio essere chiamata così.» disse fissandolo con gli occhi socchiusi.

«Eddai, Crissy.» rise lui.

«L'ultima volta ti ho preso a calci.» ricordò, Samuel scoppiò a ridere e Benjamin sorrise.

«Sul serio?» gracchiò Samuel, «Oh, quanto avrei voluto vederlo!» rise ancora.

Marie-Anne li osservò, gelosa e invidiosa. Crystal era troppo, troppo vicina a Benjamin. Sospirando spostò lo sguardo, fissando Kathy, Jenna e i bambini — stavano bevendo del succo di frutta — e sospirò ancora.

Crystal finì di fumare e spense la sigaretta e tornò dalle altre, Sarah si sporse verso di lei, emettendo urletti di gioia. La sollevò dalle braccia di Jenna e la strinse a sé e le solleticò la pancia mentre la bambina emetteva piccoli strilli.

«Andiamo?» domandò Jenna.

«Sì.» rispose Kyle.

I bambini gettarono i brick dei succhi di frutta per terra — e Marie-Anne ebbe voglia di sgridarli ma si trattene —  e si alzarono, seguendo le altre. «No.» soffiò Crystal e chiuse gli occhi, piegando in avanti la testa, come se avesse ricevuto un colpo sulla nuca.

«No cosa?» chiese Kathy, «Crystal?» chiamò, «Che hai?»

Jenna si voltò e sgranò gli occhi, le si avvicinò e la guardò in viso, «Merda.» disse, «Kyle!» urlò, «Kyle.»

Il marito si voltò ridendo e le fissò, guardò Jenna e poi fissò Crystal, il sorriso sparì dal suo volto, «Forza, tutti sul camper!» sbraitò, «Ora!»

Crystal alzò piano la testa, stringendo le labbra per impedirsi di gridare, deglutì e si guardò attorno. «Arrivano.» soffiò fissando Jenna.

L'attimo dopo, tre grossi puma spuntarono dai cespugli che circondavano su due lati la piccola piazzola di servizio. Kyle diede uno spintone a Samuel, facendolo indietreggiare, la pantera si spogliò velocemente, infilò gli occhiali nella fagotto di vestiti e spinse il tutto sotto al camper, saltò e, quando toccò terra, era diventato una maestosa pantera, dal pelo nero lucido, gli occhi color ambra. Ruggì e si avventò sul puma che stava girando attorno a Kyle.

Anche Benjamin si era trasformato e corse ad attaccare gli altri due puma che giravano attorno a Jenna, Kathy e le altre. Erik entrò nel camper — era il più vicino alla porta — arraffò una pistola e un fucile, prese anche delle cartucce e tornò di fuori e quasi gridò quando vide che si erano aggiunti altri quattro puma, grandi, grossi, dal pelo ispido, i grandi artigli che sollevano brani della gettata di cemento di cui era ricoperto lo spiazzo. Sparò contro uno di essi che si girò e ruggì.

Crystal inspirò a fondo, sentendo i bambini stringerle le gambe, fissò uno dei puma che si preparava a saltare contro Kathy — ma la ragazza scivolò di lato, si spogliò velocemente, e si trasformò in pantera —, la lupa vide una piccola apertura sul muro della casupola, troppo piccola perché una di quelle bestie mutanti potesse entrare. «Lì dentro.» gridò ai bambini, «Presto!» disse, poi fissò Marie-Anne, che se ne stava immobile, la strattonò e la spinse, «Anche tu, lì dentro.» disse ed entrò anche lei, scoprendo che quel buco era fatto a “T”, i bambini erano in uno dei bracci corti, Marie-Anne nell'altro. Il soffitto era basso e Crystal dovette scivolare in avanti con il sedere per stare comoda, anche se doveva tenere le ginocchia piegate e i piedi contro il muro.

I bambini si aggrapparono a lei, piangendo e invocando la mamma, «Marie-Anne.» chiamò lei, «Marie-Anne.» ripeté ma non ottenne risposta: l'altra era rannicchiata, la testa fra le braccia e singhiozzava rumorosamente.

Crystal si mosse e sentì qualcosa premere contro il sedere, lo tastò con un mano e capì che era un tubo di metallo. Lo prese e lo lo sollevò, tenendolo nella mano sinistra — l'altra era impegnata a stringere Sarah.

E un puma cercò di insinuarsi nel loro piccolo e angusto rifugio. Crystal reagì d'istinto e calò il tubo sulla testa della bestia che guaì e si ritirò. La giovane inspirò a fondo e trattene un urlo quando sentì il muro dietro di lei vibrare, come se...

«Si butta contro.» pigolò William.

Crystal lasciò cadere il tubo e tastò attorno a lei: il pavimento, le pareti e il soffitto erano di cemento, ma il braccio lungo della “T” e il relativo soffitto erano fatti di lamiera. «Merda.» imprecò, capendo che il puma l'avrebbe distrutta in poco tempo. Passò Sarah a William, «Ecco, tienila.» disse, «Così.» la sistemò meglio fra le braccia del bambino.

«Perché?» pigolò lui.

«Devo mandare via i mostri.» disse lei e rabbrividì nel sentire il ruggito, seguito da un guaito: Benjamin. Inspirò a fondo e si girò verso Marie-Anne, «Bada ai bambini.» esclamò senza ricevere risposta, afferrò il tubo e allungò il braccio, pronta a scattare in caso di pericolo, e toccò la ragazza, «Riprenditi, per la miseria.» ringhiò e Marie-Anne la guardò, «Bada ai bambini.» ripeté e si udì un altro guaito. Levò scarpe e calze, tolse la felpa e la maglia a maniche lunghe contorcendosi nel piccolo spazio, abbassò le spalline della canottiera elasticizzata e la face scivolare via dalle gambe, sganciò il reggiseno, tolse pantaloni e mutande in una sola mossa. Si accucciò a terra, il torace premuto sulle cosce, le mani accanto alle ginocchia e la fronte posata a terra.

Marie-Anne ebbe voglia di fuggire quando la vide diventare lupo ma la paura la inchiodò sul posto. La lupa sgusciò fuori dal piccolo rifugio e ringhiò al puma che le si parò davanti e gli girò attorno prima di balzare su di lui, graffiandogli il fianco e salendo sulla schiena.

L'essere ruggì e ringhiò, cercando di divincolarsi, però Crystal l'azzannò alla gola, strappando un brano di pelle e carne, sentendo i peli ispidi e il sangue dal sapore acido invaderle la gola. La lupa saltò a terra un attimo prima che il puma si tramutasse in un uomo ossuto.

Benjamin azzannò alla gola una delle tre volpi mutanti spuntate da chissà dove e si concentrò su quella che stava per colpire Erik alle spalle, la fece ruzzolare e balzò via prima che Erik le sparasse in fronte.

Jenna si gettò sul fucile e puntò l'arma contro uno dei due puma che circondavano Kathy — e Samuel sentiva il suo richiamo ma era circondato da una volpe e due puma e non riusciva a liberarsi — e gli sparò, uccidendolo.

Crystal si buttò contro un puma grande il doppio di lei e lottarono, in un groviglio di zampe, artigli e zanne. Riuscì a morsicarlo su una zampa, scrollandoselo di dosso. Ringhiò contro di lui, le orecchie appiattite contro la testa, il corpo teso fino allo spasmo. Il puma le girò attorno soffiando e si preparò ad attaccare, ma Jenna fu più veloce e gli sparò alla testa.

Samuel emise un miagolio e graffiò la volpe che lo stava morsicando, la fece cadere e l'azzannò alla gola, per poi buttarsi contro uno dei puma, atterrandolo, gli ringhiò contro, pronto ad azzannarlo alla gola, ma quello si divincolò, ribaltando la situazione. Gli occhi d'ambra della pantera si spalancarono nel vedere i grandi canini dell'altro. Kyle si buttò su di esso, passò il braccio destro sotto la gola del puma in una presa d'acciaio, facendo miagolare il mutante, poi con la mano sinistra spinse sulla testa dell'animale, rompendole il collo e lo scostò dal corpo di Samuel, che si rimise in piedi e partì di nuovo all'attacco.

Crystal soffiò forte e scosse la testa, chiedendosi da dove fossero spuntate quelle cose, udiva i pianti dei bambini e i singhiozzi di Marie-Anne, voltò il capo per guardare il buco e fu in quel momento che una delle volpi mutanti, rimasta nascosta fino a quel momento, attaccò. La lupa guaì dal dolore quando fu morsa alla coda e sentì la fitta correre lungo la colonna vertebrale e invaderle il cervello. Si rigirò, pronta per difendersi, ma la volpe serrò le mascelle con ancora più forza, strappandole un guaito più forte e facendola crollare a terra.

Benjamin udì i suoi richiami come se fosse accanto a lei, diede una zampata al puma che aveva davanti, mandandolo a sbattere contro uno dei distributori e facendolo svenire — ed Erik ne approfittò per sparargli in testa — poi corse, non badando al puma che stava per attaccare Jenna, impegnata ricaricare il fucile, e lo atterrò, balzò davanti alla volpe e le ringhiò in faccia, poi la morsicò al collo. Smise subito quando si accorse che quella aveva stretto ancora di più le fauci, mollò la presa e ringhiò di nuovo, pronto ad uccidere.

La volpe spostò di poco la presa, arrivando all'attaccatura della coda, mosse le zampe graffiandole i fianchi e si dimenò. Benjamin soffiò e attaccò di nuovo, con forza. La volpe perse la presa e lui l'atterrò, ululò e abbassò il muso, azzannandola ancora e ancora, fino a quando i denti non sbatterono contro le vertebre cervicali. Solo allora la lasciò perdere, scrollò il muso e represse un conato nel sentire la lingua impastata dal sapore acido del sangue delle volpe mutante. Si avvicinò a Crystal, ancora accucciata a terra, il respiro pesante, e fissò le ferite: non erano gravi. La toccò con il muso e lei lo fissò, poi si alzò in piedi e scrollò la testa.

«Benjamin!» chiamò Erik, «Torna qui.»

Il lupo guardò Crystal che annuì, così tornò indietro, saltando sulla schiena di un puma e spingendolo a terra e Erik le sparò prima che potesse rialzarsi.

Crystal si guardò attorno: erano tutti morti. A terra c'erano almeno una decina di corpi nudi, di uomini, donne, dai venti ai cinquant'anni.

Morse per un braccio quello che l'aveva morsa alla coda e lo trascinò oltre l'angolo, per impedire ai bambini di vederlo, trotterellò fino all'altro cadavere e spostò anche quello. Fece per sporgersi nel buco quando un puma, rimasto nascosto fino a quel momento,  sbucò dai cespugli e si gettò sulla parete di lamiera, facendola cedere e crollare sopra la lupa, che guaì.

Il puma mutante si insinuò nel buco e ruggì, tornò indietro e ruggì di nuovo mentre Crystal si liberava e partiva all'attacco. Morse il posteriore dell'animale, usando tutta la forza che aveva, i peli ispidi che graffiavano la lingua.

Marie-Anne urlò, fissò i bambini che scappavano e gattonò dietro di loro per uscire, udì Crystal ringhiare, il puma rispondere al ruggito e si spaventò ancora di più: diede uno spintone a William e Sarah, facendoli cadere — e William strinse forte Sarah e cadde di fianco per non fare del male alla sorellina — e si alzò in piedi, scappando verso i distributori, dove si accucciò e pianse di nuovo.

William si rialzò, fissò Crystal che combatteva con il grosso puma e si spaventò, udì un fruscio e vide una piccola volpe — mutante anche lei — avvicinarsi di corsa e reagì: posò Sarah per terra, allungò le braccia davanti a sé, i palmi rivolti davanti a lui e si concentrò, facendo partire dei raggi blu che si schiantarono contro la volpe, avvolgendola e facendola tremare e guaire. La bestia crollò a terra in preda agli spasmi, con la bava che colava dagli angoli della bocca. 

«Chiudete gli occhi.» esclamò Jenna avvicinandosi a loro, il fucile puntato. «Prendi Sarah.» continuò, «Allontanatevi e chiudete gli occhi.» disse e piegò le labbra in un sorriso tirato.

William prese la sorellina, afferrò la mano di Emily e corse da Crystal e l'abbracciarono, affondando le mani nel pelo folto, Jenna li fissò e sparò, ponendo fine all'agonia della bestia. Crystal tornò umana, rimase accucciata e abbracciò i bambini. Benjamin — tornato umano anche lui, così come Kathy e Samuel — corse da lei, le scarpe slacciate. «Stai bene?» le chiese mentre le posava la felpa sulle spalle.

«Sì.» fece lei e attese che Kyle spostasse gli ultimi due cadaveri. «Mi andate a prendere i vestiti, per favore?» domandò ai bambini stringendo Sarah a sé. Benjamin le prese la bambina delle mani e Crystal infilò le braccia nelle maniche della felpa.

«Da dove cazzo sono spuntati?» sbottò Samuel sistemando gli occhiali sul naso, «Cazzo c'è, un fottuto raduno di mutaforma mutanti?»

«Tutti sul camper.» disse Kyle e abbracciò Jenna, stringendola così forte che lei dovette dirgli di allentare la presa. «Andiamo via.»

Crystal finì di rivestirsi e ridiede la felpa a Benjamin.

«Crissy, la prossima volta cerca di farti venire una visione un paio di minuti prima, non due secondi prima.» cercò di scherzare Erik, la pistola ancora in mano. Inserì la sicura e sospirò, sentendosi stanco, dicendosi che se fosse stato solo sarebbe morto di sicuro.

«Come veggente fai pena.» esclamò Marie-Anne asciugandosi le lacrime, «Sei inutile.» le disse e un attimo dopo si ritrovò scaraventata contro la parete laterale del distributore, il braccio sinistro di Crystal che le premeva sullo sterno, il destro che schiacciava la gola.

«Almeno io non sono rimasta nascosta a piangere.» ringhiò Crystal, gli occhi di un verde chiarissimo, «Io non ho spintonato dei bambini per salvarmi le chiappe.» continuò spingendo ancora mentre l'altra si dibatteva cercando di liberarsi — ma Crystal era più forte — e annaspava alla ricerca d'aria.

«Basta, Crystal.» esclamò Benjamin prendendola — aveva dato Sarah a Kathy — e allontanandola da Marie-Anne. «È spaventata.» disse. Crystal grugnì e si allontanò, mentre Marie-Anne si buttò fra le braccia di lui, singhiozzando un grazie. Il ragazzo la strinse brevemente e le batté un paio di volte la mano sulla schiena, imbarazzato dal gesto di lei.

Salirono sul camper e i bambini vollero andare a dormire, così Crystal li aiutò a togliere le scarpe. «Dovrebbero stare sui seggiolini.» protestò Marie-Anne sedendosi di fronte a Benjamin, anche se avrebbe voluto sedersi accanto a lui, ma c'era Erik, Crystal si limitò a lanciarle un'occhiataccia.

«Resti qui?» domandò Emily, il pollice in bocca.

«Sì.» rispose Crystal.

«Vengo io.» esclamò Marie-Anne alzandosi in piedi.

«Vaffanculo stronza! Io voglio Crystal!»

Nel camper calò il silenzio dopo lo strillo della bambina. Crystal lo ignorò e si sdraiò accanto a lei dopo aver socchiuso la porta.

«Dovrei darle due schiaffi.» sibilò Marie-Anne.

«Lasciala stare.» esclamò Benjamin prendendole una mano e Marie-Anne la fissò e si aggrappò a quella, mentre lui la fissava a disagio — ma lei non se ne accorse, troppo presa ad osservarlo — e  Benjamin tolse la mano da quella di lei e le posò in grembo.

Dieci minuti dopo i bambini dormivano profondamente, così Crystal si alzò, rimboccò loro le coperte e tornò dagli altri. Erik si alzò e le cedette il posto, con disappunto di Marie-Anne, che sperava di poter sedere lei vicino a Benjamin.

Il Cercatore frugò nei mobiletti mentre il caffè incominciava a scendere nella brocca di vetro trasparente. «Bingo.» esclamò, gli occhi azzurri sulla bottiglia di grappa.

«Grappa?» fece Samuel, «Avevano della grappa? L'hanno nascosta?»

Erik scrollò le spalle e tolse l'etichetta dal tappo, «C'è.» disse, «E ne ho proprio bisogno.»

«Ne abbiamo tutti bisogno.» esclamò Kyle, seduto al posto di guida. Il caffè fu pronto ed Erik lo versò nei bicchieri di plastica, aggiunse la grappa e ne portò due a Kyle e Samuel, poi si sedette accanto a Marie-Anne — lei non aveva voluto correggere il caffè —, la tazza fra le mani.

«Dobbiamo trovare una soluzione.» sospirò il Cercatore, «Perché la prossima volta non saremo così fortunati.» disse. Rimasero in silenzio per qualche minuto.

«E quindi?» domandò Benjamin, «Cosa facciamo?»

«Bhe, la Miss Veggente qui dovrebbe imparare a farsi venire le visioni un po' prima, altrimenti è inutile.» esclamò Marie-Anne.

Crystal posò il bicchiere, «Io non mi nascondo.» replicò fissando l'altra. «Io sono utile, tu no.» disse, «Sei come Sarah.» continuò, «Anzi, lei non rompe le palle.» disse. «Pensaci, prima di dare dell'inutile a qualcuno.»

Marie-Anne si ritirò sul sedile, spaventata. «Tu...»

«Smettetela, tutte e due.» disse Erik. «Le premonizioni non si controllano.» esclamò, «Anche chi è esperto non riesce a farsele venire, quindi non rompere.» disse guardando la ragazza al suo fianco.

Marie-Anne lo fissò, grugnì un insulto e incrociò le braccia al petto, domandandosi perché nessuno la capisse, perché ce l'avessero tutti con lei e preferissero una ragazzina insolente, maleducata e violenta. Si disse che quella notte avrebbe dormito lei con i  bambini perché se fossero rimasti con Crystal sarebbero diventati come lei.

❖.❖.❖

Erikson entrò nella stanza con una tuta sterile sopra l'abito di alta sartoria. «Come sta andando?» domandò fissando l'uomo dal fisico massiccio che se ne stava sdraiato sul letto.

«Procede bene.» rispose il dottor Sutton.

Erikson annuì e fissò i cavi e i tubicini che uscivano da corpo dell'uomo. «A che punto siete del trattamento?» domandò ancora.

«Abbiamo appena inserito un catetere venoso centrale e quello peridurale per la terza dose del trattamento, questa volta durerà quattro ore, poi ci sarà una pausa di novanta minuti e poi l'ultima parte da cinque ore.» rispose il medico, «Stiamo continuando a somministrare i farmici per endovena, oltre alla fisiologica e alla glucosata.» continuò muovendo la cartella clinica, «L'ossimetria è perfetta, così come la pressione e il battito cardiaco.» disse, ripetendo le stesse cose che diceva ogni volta, ma sapeva che al Presidente piaceva sentire ogni minimo dettaglio.

Erikson sorrise, «Perfetto.» disse. «E... quanto manca?» domandò, «Fra quanto sarà operativo?» si spiegò.

Il medico controllò la cartella, «Domani sera il trattamento finirà e il mattino seguente sarà operativo.» disse.

Erikson annuì soddisfatto, «Bene.» commentò e proseguì nel suo giro, gli piaceva controllare come andavano le cose, come stessero i pazienti. Adorava quel momento in cui si trasformavano in mostri pronti ad uccidere per una manciata di banconote da cento. 

Arrivò nella sala “Pazienti Speciali”, una di quelle che gli piacevano di più. Manipolare il DNA di chi già non aveva un normale DNA era meraviglioso ma trasformare semplici esseri umani in macchine di morte e distruzione era qualcosa di appagante, che esaltava il suo ego. Fissò i quattro puma che giravano in tondo nelle loro gabbie, gli artigli che graffiavano il pavimento, ogni passo, ogni movimento dimostrava tutta la loro irrequietezza e la voglia di uccidere. Erikson sorrise, uscì da quell'ala dell'edificio, gettò la tuta e tornò nel suo ufficio.

«Domani pomeriggio liberate Maurice.» disse al segretario che annuì, «La talpa si è attivata?» domandò.

«Non ancora.» rispose il segretario.

Erikson annuì e guardò lo schermo alla sua destra, fissando la cartina degli U.S.A, «Grazie.» disse, «Fammi portare del vino.» ordinò. L'altro annuì e uscì dalla stanza, lasciando il Presidente da solo con i pensieri proiettati sulla futura vittoria.

❖.❖.❖

George pensò che fosse il caso di parlarne. Non è che gli desse fastidio ma non sopportava che le cose fossero fatte dietro le sue spalle. Afferrò il vassoio con la sua cena e andò a sedersi al tavolo con gli altri, sistemandosi a capotavola, alla sua sinistra c'era sua sorella Katelynn — e accanto a lei si trovava James — alla sua destra era seduto Nick, vicino a lui Dawn, mentre all'altro capotavola si trovava Steven.

«Allora, Kat.» disse, «Pensi di andare da James anche questa notte?» chiese, “E addio alla prendila da lontano.” pensò mentre osservava il viso della sorella diventato improvvisamente rosso. Guardò James che aveva gli occhi fissi sul piatto di purè.

«Io... io...» balbettò Katelynn.

«L'avevo detto che l'avrebbe scoperto.» cinguettò Dawn agitando il grissino.

«Lo sapevi?» le domandò George vagamente offeso.

«Veramente l'unico che lo ha appena scoperto sei tu.» rise Nick ma smise quando si accorse dell'occhiataccia dell'altro.

«Allora, sorellina?» chiese, «Non mi hai risposto.» disse tagliando il petto di pollo.

«Ecco è che io... io...» sospirò Katelynn, «Io... io...» continuò incassando il collo nelle spalle, i capelli che scendevano sul viso sempre più rosso.

George ebbe voglia di ridere ma si contenne, «James?»

Il ragazzo lo fissò imbarazzato, guardò Dawn che lo fissava con un sorriso vittorioso stampato sul volto. Sospirò, «È maggiorenne.» disse e sperò che ciò bastasse per calmare l'altro, «Non è reato.» disse.

«Giusto.» esclamò Dawn, il grissino mezzo mangiato ancora in mano, «Sono maggiorenni.» annuì. James la fissò e si chiese se avesse sbattuto la testa.

George la fulminò con un'occhiataccia a cui Dawn rispose con un risolino.

«Ha ragione.» esclamò Steven, «È maggiorenne.»

«Esatto.» disse Nick, divertito da quella situazione.

«Ma la piantate?» sbottò George, «So quanti anni ha mia sorella, non sono mica scemo!» borbottò, «Mi  dà fastidio essere trattato come uno scemo.» esclamò affondando il coltello nella carne e facendolo stridere contro la ceramica del piatto e James sussultò, immaginando che George volesse conficcarglielo direttamente nel cuore.

«Io... io... mi dispiace George.» pigolò Katelynn alzando gli occhi dal piatto. «Scusa.» gli toccò la mano.

Lui la fissò. «Okay.» disse, «Solo vedi di fare meno casino o di mettere l'olio ai cardini, perché la tua porta cigola e la sento quando la apri.» sorrise divertito nel vedere il viso della sorella farsi rosso.

«Bhe, mi sembra tutto a posto.» esclamò Dawn versandosi un po' d'acqua. George non replicò e cambiarono argomento, anche se Katelynn e James rimasero praticamente in silenzio.

Quando finirono di cenare, George si alzò, andò dietro James e chinò la testa vicino all'orecchio dell'altro, «Se la fai soffrire ti infilo in una scatoletta di sardine.» soffiò, «Chiaro?» mormorò e l'altro annuì, rimanendo inchiodato sulla sedia. George gli posò le mani sulle spalle e le strinse brevemente, «Io vado.» disse, «Ci si vede dopo.» esclamò, afferrò il vassoio e si allontanò.

«È andata bene.» cinguettò Dawn.

«Ma stai zitta.» replicò James e l'altra rise.

Dawn alzò gli occhi, «Era solo una costatazione.» sbuffò.

«Perché non scopi un po', almeno mi lasci in pace?» sbottò James, «Da quand'è che non glielo dai?» domandò a Steven.

Lui alzò le spalle e finì di ripulire il contenitore di plastica dove fino a poco prima c'era il budino al cioccolato, «Stamattina.» rispose e infilò il cucchiaino in bocca.

James sbuffò e tirò indietro la sedia, facendola stridere. «Ci vediamo.» ringhiò offeso, prese il vassoio e se ne andò.

«Quanta acidità.» commentò Dawn osservandolo andarsene e ricordando quando l'aveva conosciuto, quando litigavano per qualsiasi sciocchezza.

Era convinta che le cose fossero cambiate fra loro due, con un sospiro si disse che forse non era del tutto vero.

❖.❖.❖

Era ormai quasi buio quando Kyle fermò il motorhome accanto a un macchia di alberi.

William ed Emily avevano dormito fino a un'ora prima, poi erano rimasti seduti sul letto a giocare a ruba mazzetto — ignorando le proteste di Marie-Anne, che aveva continuato a ripetere che non dovevano stare lì.

Uscirono dal camper per sgranchirsi le gambe, dopo ore di immobilità quasi completa. Appena Emily balzò giù dal motorhome, Marie-Anne le afferrò il polso sinistro, la fece voltare e la sculacciò due volte, con forza. «Così impari l'educazione.» disse.

Emily la fissò con odio, spinse in fuori le labbra e le diede un calcio su uno stinco prima di scoppiare a piangere. Con gli occhi velati dalla lacrime, si aggrappò alla prima persona che trovò: Benjamin. Lui la sollevò e la prese in braccio, massaggiandole la schiena e fissando Marie-Anne, domandandosi perché l'avesse fatto.

«Tu sei fuori.» commentò Crystal stringendo i pugni con forza, sentendo le unghie graffiarle la palle ma pensò che fosse meglio così, altrimenti avrebbe graffiato il collo di Marie-Anne fino a squarciarle la gola. Non aveva dimenticato quello che aveva fatto ai bambini, al loro sguardo terrorizzato, e avrebbe voluto farle del male perché era stata codarda: anche lei si era spaventata ma non si era nascosta, aveva agito.

Mentre gli altri guardavano Marie-Anne ed Emily, Kathy si riscosse: le afferrò il polso e la trascinò davanti al muso del camper, per poi spintonarla con forza contro di esso.

«Ahi.» si lamentò Marie-Anne, «Ma sei scema?» sbottò, «Mi hai fatto male!» pigolò.

Kathy strinse le labbra, gli occhi inchiodati sull'altra e desiderò di poterla incenerire all'istante. «Hai picchiato una bambina.» sibilò, la voce gelida, il blu degli occhi che si schiariva sempre di più.

«Lei mi ha offeso!» squittì l'altra mettendo le mani avanti, sperando che Kathy non la colpisse.

«Tu sei scappata.» replicò l'altra avanzando di un passo, «Hai spintonato due bambini per metterti in salvo.» soffiò e per un momento distolse lo sguardo. «Potevano farsi male.» disse riportando l'attenzione su Marie-Anne e la vide tremare appena. «Potevano morire, razza d'idiota!» sbraitò e la spintonò ancora, «Non t'azzardare mai più, hai capito?» ringhiò avvicinando ancora di più il viso all'altra, «Altrimenti la prossima volta ti spintono io davanti a uno di quei cosi.» disse, la fissò un'ultima volta e tornò dagli altri, il mento alto e il portamento fiero.

«Tu sei pazza!» squittì Marie-Anne seguendola, «È pazza! Mi ha spinto!» disse agli altri.

Kathy si voltò di scatto, «Oh, ma smettila di fare la santarellina che non ha colpe.» sbottò.

Marie-Anne sussultò, deglutì la saliva e si avvicinò a Benjamin, pronta a farsi consolare di nuovo, ma si accorse che teneva in braccio Emily e un fitta di gelosia la percorse. «Mi ha insultato!» disse indicando la bambina. «Non può farlo.»

«Ma smettila.» borbottò Kyle, recuperò un pacchetto di sigarette dalla tasca della giacca e ne accese una, «Cosa si mangia?» domandò.

«Pasta.» rispose Jenna, «Con panna e tonno.» continuò. Aveva trovato due piccoli brick di panna da cucina in un mobile che sarebbero scaduti dopo due giorni, «Carne in scatola con mais e fagiolini in scatola.»

Kyle regalò un sorriso alla moglie, «Bene.» disse e passò il pacchetto a Samuel ed Erik.

Marie-Anne sbuffò infastidita e arrabbiata perché nessuno le prestava attenzione, ritornò sul camper e si sedette, decisa a non aiutare a preparare la cena, incrociò le braccia e fissò Jenna, Kathy e Crystal iniziare a cucinare.

«Sposti le braccia, per favore?» domandò Crystal fissando la ragazza seduta, «Devo apparecchiare.» spiegò.

Marie-Anne sbuffò ancora e tolse i gomiti dal tavolo, la fissò con odio e la detestò perché Crystal sembrava ignorarla.

Mentre le due pentole piene d'acqua — non ne avevano una abbastanza grande per tutti —  erano sul fornello acceso, uscirono dal motorhome. Crystal scroccò una sigaretta a Kyle e si appoggiò a un albero mentre la fumava, e puntò lo sguardo sulla porta aperta del camper, fissando Marie-Anne, ancora seduta con le braccia incrociate. Pensò che fosse una bambina capricciosa e che se fosse stata sola, si sarebbe fatta ammazzare in meno di due secondi.

«A cosa pensi, Crissy?»

Crystal soffiò il fumo, «Non chiamarmi così.» disse fissando Erik. «Penso che Miss Acidità si farà ammazzare presto se non reagisce.» sospirò.

Erik annuì, «Già.» disse, «È quello che penso anche io.» esclamò, «Credo che lo pensino un po' tutti.» scrollò le spalle, «Mentre ti cercavo continuava a ripetere che dovevamo prendere le interstatali o le statali, che dovevamo ascoltarla, che doveva decidere lei perché era la più grande.»

«Adesso non lo è.» ridacchiò lei e scostò i capelli dalla fronte. «Spero che si dia presto una svegliata.»

«Ma io non lo sapevo.» esclamò in falsetto Erik, le mani sul cuore e gli occhi rivolti al cielo, «Io non mi trasformo, ho paura!» squittì tremando e Crystal scoppiò a ridere, «Io non so niente di queste cose,» continuò Erik sempre in falsetto agitando le braccia e spostando il peso del corpo da un piede all'altro «però dovete ascoltarmi perché sono più grande!»

Crystal continuò a ridere, alzò il viso e fissò Samuel a due passi da loro, guardò il viso del ragazzo, le guance gonfie dalle risate trattenute e rise ancora di più, pensando che il ragazzo assomigliasse a uno scoiattolo con la bocca piena di ghiande. Anche Samuel rise.

«Che c'è di divertente?» domandò Kyle.

«Avrei dovuto fare l'imitatore.» sospirò Erik mentre Crystal gettava il mozzicone della sigaretta per terra, lontano da foglie cadute ed erba.

«Ah.» commentò Kyle, guardò dietro, verso il camper e sorrise anche lui.

Crystal fissò Benjamin posare a terra Emily — William l'aveva chiamata per giocare un'altra partita a ruba mazzetto — e gli si avvicinò. Voleva ringraziarlo ancora per averla salvata quando quel mutante le aveva morso la coda ma non sapeva cosa dire oltre a “Grazie” — cosa che aveva già fatto — così si limitò a guardarlo, le mani affondate nelle tasche della felpa.

«Stavate prendendo in giro Marie-Anne?» domandò il lupo a bassa voce e lei si limitò ad annuire per poi scrollare le spalle. «Poverina, è sola e spaventata.» continuò il ragazzo.

«Si farà ammazzare se continua così.» replicò lei.

Benjamin sospirò e si morsicò il labbro inferiore. «Nessuno le ha detto nulla.» disse, «È normale essere spaventati.» esclamò.

«Ma non puoi spintonare dei bambini.» replicò ancora lei, «Ci farà ammazzare.» sospirò sentendosi improvvisamente stanca.

Lui la guardò, il labbro ancora fra i denti. Inspirò a fondo e buttò fuori l'aria, «Lo so.» ammise, lo sguardo fisso su quello di lei, «È che...» scrollò le spalle. «Mi dispiace per lei, è da sola.» disse.

«Siamo tutti da soli.» gli fece notare Crystal. «Nessuno di noi ha la famiglia al seguito.» disse.

«Lo so, però...» 

Crystal non lo fece finire: si voltò e se ne andò. Rientrò nel camper e domandò se dovesse fare qualcosa, ma non c'era nulla da fare, così andò a sedersi sul letto, osservando i bambini giocare. Le dava fastidio che Benjamin prendesse le difese di Marie-Anne, che non capisse quanto il comportamento di lei fosse pericoloso. Gettò una rapida occhiata alla ragazza, trovandola nella stessa posizione di prima. Sospirò e Emily le chiese di mischiare le carte e lei lo fece.

❖.❖.❖

Avevano cenato, lavato e sistemato le posate e le pentole. Erik spiegò una cartina sul tavolo. «Noi siamo qui.» indicò un punto con l'indice destro. «Se hanno veramente tirato su dei muri lungo le rive dei laghi dovremo proseguire.» disse tracciando una linea che seguiva le coste dei grandi laghi, «Possiamo provare a vedere, ma credo che siano pattugliate.» fissò gli altri.

«Lo credo anche io.» disse Kyle. «L'unica sarebbe proseguire e tentare di attraversare il confine dallo stato di New York o nel Vermont.»continuò. «Arrivare vicini al confine, mollare il camper e proseguire a piedi.»

«A piedi?!» squittì Marie-Anne, «Ma se non sapete neppure dov'è quel posto!» disse.

«Una volta in Canada possiamo affittare un camper.» replicò Jenna, «O due, dipende da quali hanno.» disse.

«Ma non sappiamo dov'è!» ripeté Marie-Anne.

«Erik può trovarlo.» sospirò Crystal. «Altrimenti che Cercatore è?»

Erik le sorrise e ridacchiò. «Il problema non è trovare la sede, il problema, attualmente, è riuscire a portare le chiappe intere oltreconfine.» esclamò puntando un dito sul Canada.

«Che nessuno faccia l'eroe che non ci daranno medaglie,» esclamò Kyle «e la sicurezza dei bambini viene prima di tutto.» lanciò una breve occhiata a Marie-Anne, «Niente isterismi, non siamo all'asilo.»

Marie-Anne sbuffò, offesa: aveva capito che ce l'aveva con lei. Solo Benjamin era gentile con lei — aveva sentito il discorso fra lui e Crystal ed era contenta che ora si parlassero appena, anche se erano ancora seduti vicini.

Immaginò e sperò che Benjamin urlasse a Crystal di levarsi, di far sedere lei al suo posto, sognò ad occhi aperti che lei e Benjamin facevano scendere tutti dal camper, tenendo solo i bambini, che sarebbero stati felici, insieme. Immaginò che lui la proteggesse e la salvasse come un prode principe azzurro sul cavallo bianco, sognò di formare una famiglia con lui, pensò che avrebbe educato meglio i bambini, perché, secondo lei, erano troppo maleducati e insolenti.

«Dormi? Marie-Anne?»

La ragazza fissò Kathy che le schioccava le dita davanti alla faccia e la guardò. «No.» rispose, «Stavo pensando.» disse.

«Dobbiamo aprire il letto.» disse Kathy domandandosi a cosa stesse pensando. La osservò spostarsi e uscire dal camper, avvicinandosi a Benjamin, Erik e Kyle che fumavano. Fissò lo sguardo perso di Marie-Anne nei confronti del lupo e ridacchiò, pensando che fosse proprio cotta. Poi l'altra si accorse di Crystal e le lanciò un'occhiataccia che la lupa si limitò ad ignorare.

«A che pensi?»

Kathy fissò Samuel, «A Marie-Anne.» rispose, «E al fatto che quando guarda Benjamin ha la faccia da pesce lesso.» ridacchio prendendo le lenzuola.

Samuel sorrise, trattenendo una risata. «Credo che l'unico che non si sia accorto della cotta di Marie-Anne sia proprio il diretto interessato.»

«Io credo che la stia ignorando.» replicò Jenna uscendo dal bagno. 

«Dici?» chiese Kathy.

Jenna annuì e guardò fuori, «Sì.» rispose, «Non è un idiota.»

Kathy annuì, «Speriamo che lei si dia una svegliata, altrimenti saranno guai.» disse, guardò Samuel montare il letto e iniziò a farlo, sperando che Marie-Anne non si nascondesse più dietro le sue paure e che combattesse anche lei se ce ne fosse stato bisogno. O che non mettesse in pericolo i bambini per salvarsi.

❖.❖.❖

Crystal si rigirò piano nel letto e fissò, attraverso la porta socchiusa, Erik alzarsi e prendere il pacchetto di sigarette dal mobile accanto ai fornelli. Anche Samuel si alzò, gli bisbigliò che gli avrebbe fatto compagnia e i due uscirono dal motorhome.

La giovane sospirò. Quel pomeriggio aveva avuto paura: per se stessa, per gli altri, per i bambini... per Benjamin.

Si sporse con il busto oltre il letto, fissando il ragazzo nel buio della stanza, ne osservò il profilo, si piegò un po' di più, «Ben.» soffiò, «Benjamin.» bisbigliò.

Lui aprì gli occhi che brillarono nel buio, «Tutto bene?» domandò a bassissima voce.

Lei annuì, «Sì.» rispose, «È che io...» inspirò a fondo e si chinò ancora di più, posò la mano sinistra per terra, vicino alla testa di lui, la mano destra stringeva il cuscino. «Io...» soffiò senza smettere di guardarlo.

Benjamin capì fissando gli occhi verdi di lei, si sollevò sulle braccia e la baciò, la mano destra affondata nei capelli di lei. La spinse e si mise seduto senza smettere di baciarla, fece scendere la mano dalla testa di lei al seno.

«Non qui.» soffiò lei sulle sue labbra.

Lui la fissò e annuì, si tolse la maglia, rimanendo a torso nudo, infilò le scarpe e lo fece anche lei, usando le sneakers di tela come se fossero ciabatte, spingendo il tallone sulla parte posteriore, mentre Benjamin frugava nel suo zaino, posato ai piedi del letto, alla ricerca della scatola dei preservativi.

Lui le prese il polso destro e la condusse fuori, fissarono appena Samuel ed Erik che fumavano e si appartarono contro un albero. Benjamin aprì la maglia del pigiama di lei — si chiudeva con dei bottoncini automatici, che partivano dal basso e arrivavano fino all collo, e le sfiorò i seni coperti dalla canottiera rosa elasticizzata e la baciò ancora per zittire il gemito di lei.

Lei si aggrappò a lui, sentendo le labbra di Benjamin che le solleticavano il collo, e le mani che scivolavano nei pantaloni e nelle mutandine; reclinò la testa e gra0ffiò la schiena del ragazzo, fece scendere le mani verso il basso, afferrò l'elastico dei pantaloni e dei boxer e lo abbassò quel tanto che le permise di poterlo toccare.

Crystal pensò che ne avesse bisogno, che era una cosa giusta da fare — e si dimenticò di Erik e Samuel, che li avevano guardati appena, per poi scambiarsi un'occhiata e un sorriso.

Benjamin baciò ancora Crystal, premendo con forza le labbra sulle sue, accarezzandole la lingua con la propria, sentendo il bisogno di averla, di possederla immediatamente. Recuperò il preservativo dalla tasca, lo aprì e lo indossò, per poi spingere a terra gli abiti di lei che lo intralciavano. Crystal liberò la gamba destra e si avvinghiò a lui, circondandogli la vita con le gambe mentre lo sentiva entrare dentro di sé.

Lui le morsicò la spalla, facendola gemere contro il suo collo. Crystal strinse la presa su di lui, sentendo l'eccitazione crescere sempre di più, fino ad arrivare al limite. Cercò le labbra del lupo e le trovò, lo baciò continuando a muoversi e a stringersi contro di lui, non pensando più a nulla, se non al piacere che stava provando. Abbassò il viso, posando le labbra sulla spalla di lui, trattenendo l'urlo dell'orgasmo.

Benjamin emise un verso basso e gutturale contro il suo collo e strinse la presa sui fianchi di lei. Inspirò a fondo, cercando di calmarsi; scivolò fuori da lei e continuò a sostenerla con le braccia finché Crystal non rimise i piedi per terra. «Ci sei?» soffiò gettando il preservativo usato dietro l'albero. Lei rispose di sì e si rivestì, lo fece anche lui. Tornarono dentro senza dirsi una parola.

«Bhe, almeno qualcuno che si diverte c'è.» commentò Erik guardando la porta del camper chiudersi.

«Già.» confermò Samuel.

Erik si girò e lo fissò, guardando gli occhi che brillavano nella notte, rischiarata solo dalle luci delle stelle, «Tu hai Kathy.» disse, «Puoi fare sesso con lei.» esclamò.

L'altro si strinse nelle spalle, «È timida.» disse. «Chissà se si sono accorti di noi.» sospirò lasciando uscire una nuvola di fumo.

«O di Marie-Anne .» ridacchiò Erik.

Samuel alzò gli occhi al cielo. «Almeno noi non abbiamo fatto i guardoni.» disse.

Erik non replicò, spense la sigaretta e rientrò nel camper, seguito dall'altro.

Marie-Anne si rannicchiò sotto le coperte, le guance bagnate dalle lacrime. Aveva visto ogni cosa: aveva sentito Samuel ed Erik uscire, poi aveva udito un rumore, si era seduta sul letto e aveva udito un suono soffocato, così si era alzata in piedi ed era andata verso la camera, pensando che uno dei bambini stesse male e che quella stupida di Crystal non se ne fosse accorta. Ma, dopo appena due passi, il suo cuore si era spezzato alla vista di Benjamin e Crystal che si baciavano. Poi loro due erano usciti e lei li aveva seguiti, rimanendo a qualche passo da loro. Aveva visto che si baciavano, lui che la spogliava, che la toccava,  che facevano sesso contro un albero...

Per un momento aveva sperato che Benjamin avesse trascinato fuori Crystal solo per dirle che non doveva baciarlo, che a lui piaceva un'altra ragazza... ma tutti i suoi sogni si erano infranti una manciata di secondi dopo, quando li aveva visti avvinghiati contro quell'albero. Nella fioca luce bluastra della piccola lampada notturna a batterie che si era portata con sé aveva visto quello che non avrebbe mai voluto vedere. Era rimasta bloccata, i piedi come se fossero inchiodati al terreno, e non si era accorta che Erik e Samuel la stavano fissando con curiosità.

Poi era rientrata e si era raggomitolata sotto le coperte, il cuore a pezzi. Odiava Crystal, odiava tutti quanti. Desiderò essere normale, non essere quello che era. Se fosse stata una ragazza comune, senza nessun strano potere o capacità, tutto ciò non sarebbe accaduto. Non sarebbe fuggita, non avrebbe visto quei mostri... avrebbe continuato la sua vita come sempre.

Poi il pensiero che così non avrebbe mai conosciuto Benjamin le attraversò il cervello, premette i pugni sulla bocca e pianse ancora.

❖.❖.❖

«Dawn?» chiamò Steven entrando nell'alloggio che divideva con la fidanzata, «Washington?» chiamò ancora, usando quel soprannome con cui la chiamava quando si erano conosciuti. Entrò nel bagno e la vide accucciata a terra, sul piatto della doccia, l'acqua che le scorreva sulla pelle, i capelli appiccicati al viso e alla schiena. «Ma è ghiacciata!» esclamò girando il rubinetto e spegnendo lo flusso d'acqua.

«Lo so.» replicò lei, il mento posato sulle ginocchia, le braccia strette attorno alle gambe.

«Perché?» domandò lui e afferrò un accappatoio. «Ti prenderai un polmonite.» esclamò e la coprì.

«Non mi importa. replicò lei mentre Steven la prendeva in braccio. Aveva appena scoperto che due persone, un Pirocinetico e una ragazza comune, senza nessun potere, erano stati uccisi nel Vermont, a meno di due miglia dal confine con il Canada. I loro corpi erano stati dilaniati in modo orribile. Erano riusciti — Jim e John, i due gemelli con il potere della telecinesi — a mettere K.O una mostruosa lince che, una volta addormentata dal potente sonnifero, si era tramutata in un ragazzo. E quello era uno dei problemi, pensò Dawn mentre Steven le sfregava la morbida stoffa dell'accappatoio sulla pelle gelida, quel tizio non era uno di loro. Non era un Soldier. Era un ragazzo normale, che studiava alla Chelsea a New York, il portafoglio pieno di banconote da cento dollari.

Erikson, mentre giocava ad essere Dio con i suoi esperimenti, si stava spingendo sempre più in là. Si domandò cosa avrebbe fatto la prossima volta. E sperò di fermarlo prima che facesse altro.

«Stai pensando alla coppia?» domandò Steven mentre l'aiutava a vestirsi.

«Sì.» disse lei sospirando, «Erano così vicini, Steve.» soffiò fissandolo, «E quel ragazzo...» scosse la testa e sistemò la maglia del pigiama, gettò una rapida occhiata all'orologio, scoprendo che era la una e mezza di notte. «Erikson lo ha pagato per giocare con il suo DNA e lo ha rovinato per sempre.»

Lui abbassò lo sguardo e inspirò a fondo. «È un bastardo.» sibilò, sollevò le coperte e fissò Dawn sgusciare sotto di esse. «Lo prenderemo.» soffiò coprendo la ragazza. «Ti amo.» mormorò dopo averle baciato la fronte. Sistemò l'accappatoio nel cesto della biancheria da lavare, spense tutte le luci e andò a letto anche lui.

Dawn si addormentò stretta fra le braccia di lui e cullata dal suo respiro.


Scusate l'enorme ritardo, ma ho avuto qualche difficoltà nel scrivere questo capitolo.
Ho riscritto la parte del combattimento quattro volte perchè non ero mai soddisfatta, non mi piaceva come veniva. Tutto era chiaro e linearenella mia mente, ma non riuscivo a scriverlo. E in più un giorno lo schermo del portatile ha deciso di non funzionare e ho impiegato una settimana per recuperare un cavo hdmi per collegarlo alla tv(speravo in un miracolo!).
Grazie a chi legge :)
A presto!

   
 
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