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Autore: EuphemiaMorrigan    04/06/2017    5 recensioni
[Questa ff partecipa alla challenge "Tutti pazzi per il crack!" indetta dal gruppo Facebook SASUNARU FanFiction Italia].
Sasuke x Neji.
Morti reclamavano a loro nuovi sacrifici ed il ticchettio di un orologio immaginario risuonava alle sue orecchie come innumerevoli battiti di tamburo.
Gli Uchiha...
La loro rivalsa, il loro orgoglio. Non sarebbero mai giunti a compromessi.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Neji Hyuuga, Sasuke Uchiha
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto prima serie, Naruto Shippuuden
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La messaggera dell'alba.
-I personaggi sono di esclusiva proprietà di Kishimoto-

 

[Alla zampa di ogni uccello che vola è legato il filo dell'infinito]

Fu un breve attimo. Un passo esitante nel vuoto eterno.
La distrazione di un momento, ed un volo in picchiata tranciato a metà.
Il candido bianco degli spiritati occhi madreperla si soffermò vagamente sulla fuliggine vorticante nel cielo plumbeo e addensato di nero, sulle enormi rocce scure ed incrinate, che rendevano sterile l'orrorifico paesaggio, l'immensa distesa sconnessa del campo di battaglia.
L'odore rugginoso del sangue versato gli colpì le narici dilatate, nauseandolo, mentre le intense fitte di dolore allo sterno livido e le gambe divenute pesanti come macigni, a causa dei violenti combattimenti precedenti, rendevano difficoltoso ogni movimento.
Persino i più basilari.
Al fianco degli altri componenti del clan Hyuga, ansimanti e debilitati, Neji non era nemico silenzioso, celato nell'ombra, ma prezioso alleato. Guida esperta degna di fiducia.
La visione tragica e nichilista della vita che lo aveva animato, l'esistenza dapprima votata al disprezzo, erano mutate radicalmente, come lui nel supplizio aveva cambiato il proprio piumaggio; l'ago della bilancia spostato su ben altre priorità, non lasciava più spazio alla vendetta, né al rimpianto.
Dinnanzi a lui una nuova strada da tracciare, l'inizio incerto di un cammino impervio, dove qualsiasi suo passo rassomigliava al gattonare di un infante, il primo battito d'ali di un uccello fuori dal sicuro nido natio, al di là delle tenebre che lo avevano sempre cullato.
Materne e matrigne, in quel disperato sopravvivere.
E lui, seguace di Icaro, s'era spogliato del pesante manto d'oscurità, innalzandosi in direzione del Sole nascente.
Non sapeva chi dovesse ringraziare per la riscoperta di quei sentimenti del tutto atipici, che ormai erano tornati prepotenti ad albergare in lui. Fioriti in quei pochi anni.
Forse non avrebbe mai mostrato riconoscenza a nessuno, nemmeno a Naruto, di cui pacato aveva seguito la dirompente volontà. Trascinato da questa, senza possibilità di opporsi.
C'era voluto del tempo -tanto- per abbracciare gli ideali di Konoha, far germogliare quel senso d'appartenenza verso il villaggio e la famiglia, capire di poter modellare a piacimento il destino. Tessere l'arazzo, modellarlo come cera bollente, senza attendere passivo avvenimenti che, se non avesse lui per primo guidato, mai sarebbero divenuti realtà.
Proprio per questo era dovuto scendere a dolorosi patti con se stesso.
Una volta scoperta la triste verità sulla morte del padre, il sacrificio dell'uomo dettato dall'amore, finalmente s'era sentito libero, fuori da quella opprimente gabbia dorata costruita attorno a sé. Privo di peso.
A fatica aveva perdonato Hiashi, purificando la sua anima sporcata dall'odio, ma quell'improvvisa leggerezza lo aveva comunque svuotato.
Tutto sembrava meno vivo, pieno di domande e con ben pochi scopi. Morto già.
Se non era la vendetta la sua ragion d'essere, allora a cosa poteva aggrapparsi?
Ancora in lotta con le proprie emozioni, Neji non lo aveva compreso pienamente. Mancava un tassello, una rivelazione che avrebbe completato il suo scheggiato mosaico.
Avvertiva quei dubbi premere maggiormente durante la guerra, mentre il futuro si faceva incerto e vite innocenti venivano recise come arbusti secchi. La speranza spezzata, davanti all'enorme Gezo Mazo ed alla terrorizzante minaccia di Obito e Madara Uchiha.
Morti reclamavano a loro nuovi sacrifici ed il ticchettio di un orologio immaginario risuonava alle sue orecchie come innumerevoli battiti di tamburo.
Gli Uchiha...
La loro rivalsa, il loro orgoglio. Non sarebbero mai giunti a compromessi.

Insoddisfatto. Ecco come si sentiva. Furioso e carico d'insoddisfazione.
Da una vita intera.
Percepiva nitidamente strisciare dentro di sé quelle emozioni deleterie, inestricabili gli attorcigliavano le viscere, lo costringevano a serrare i pugni tremanti, lasciando il solco delle unghie sulla pelle dei palmi. Accompagnato soltanto dall'eco dei suoi passi sull'asfalto battuto, lungo un quieto viale dove le uniche facce incontrate erano quelle di completi estranei.
Inutili fantasmi senza volto. Lo erano tutti.
Aveva abbandonato da diverse ore i poco interessanti allenamenti del team nove.
Non s'era spiegato con i compagni di squadra, né aveva detto una singola parola al maestro, avvertendo dietro la nuca, simile ad una lieve fitta, lo sguardo preoccupato e compassionevole di Tenten, assieme a quello dubbioso di Rock Lee, dopo che non s'era neanche sprecato a rispondere alle solite provocazioni del ragazzo iperattivo.
Quelle sfide infantili, lanciate da chi mai poteva auspicare a raggiungere il suo livello. Lo aveva ignorato come sempre, però gelido come non era mai stato.
Per anni aveva creduto fermamente di non essere compreso, che fosse impossibile per loro capirlo, scorgere i suoi veri sentimenti nelle profondità dell'abisso in cui li aveva reclusi. In verità, negli ultimi tempi s'era costretto ad ammettere, entrambi lo conoscevano meglio di chiunque altro. Forse persino meglio di se stesso.
Aveva mostrato troppo. Esattamente per questo motivo doveva allontanarsi.
Lavoravano insieme, nulla di più. Non voleva di più.
Tanto meno desiderava sottostare alle assurde richieste di Gai-sensei; l'unione, il cooperare il rispetto, gli sarebbero andati bene finché potevano rivelarsi utili al raggiungimento dei suoi scopi, senza incorrere in spiacevoli contrattempi.
Neji voleva soltanto... Prepararsi degnamente all'ultima fase delle selezioni chunin, dimostrare a Naruto Uzumaki la sua povertà di spirito ed al proprio clan l'errore compiuto anni prima.
Le scelte sbagliate li avrebbero portati alla disfatta, per mano sua.
Quando con i loro occhi avrebbero visto un membro della casata cadetta brillare, rispetto alla debolezza di quella ragazzina. Hinata. Hinata e la sua inutile gentilezza, il candore, e lui, legato a doppio filo a lei da un destino immodificabile.
Il sangue della cugina era una macchia indelebile sulla coscienza del ragazzo. L'odio sviluppato nei suoi confronti di gran lunga peggiore di quello provato per Hiashi.
Poiché la sola presenza di Hinata nel mondo ledeva la sua inesistente libertà.
Lo ingabbiava.
Scacciò rapido quei pensieri, i tumulti interiori, e li rinchiuse in un angolo della mente, in modo tale da non farsi divorare. Non ancora. Con spalle strette e sguardo duro superò il quartiere commerciale di Konoha, arrestando la propria marcia dinnanzi al grande stabilimento termale.
Non era stato un giorno positivo per il genio degli Hyuga, ma forse un bagno caldo lo avrebbe calmato. Giusto qualche ora di pace.
Il legno liscio ed umido sotto ai piedi nudi scricchiolava sinistro ad ogni suo passo mentre, con molta lentezza, abbandonava le vesti sopra una panca; lasciò che i lunghi capelli castani celassero la fronte marchiata e, d'istinto, aggiustò le ciocche dinnanzi a questa, avvertendo un intenso tremore iracondo alle spalle a quel gesto di codardia.
Alla vergogna provata.
Il corpo dal nobile pallore, segnato in vari punti da frastagliate cicatrici, stava raggiungendo il suo completo sviluppo. Gli anni di lotta ed allenamenti sfiancanti lo avevano modellato, ingrandito le spalle e rese toniche le cosce; s'era spinto al limite del precipizio, ogni singolo giorno, per ottenere il controllo delle tecniche del clan Hyuga. Ma non era abbastanza, non per lui che agognava alla perfezione.
Legò in vita il corto asciugamano bianco, notando di sfuggita la poca affluenza di quel giorno, intanto che entrava nella vasca all'aperto, trattenendo un flebile sospiro appagato quando l'acqua bollente lambì la pelle, sentendo pizzicare le ferite in alcuni punti.
Fin da subito si rese conto della presenza ingombrate di Uchiha, circondato dalla fredda quiete apparente di sempre.
Non era la prima volta che s'incrociavano alle terme, oppure al supermercato, dopo una lunga giornata; aveva intuito avessero una vita ed una routine abbastanza similari.
Entrambi orfani, soli, con un unico obbiettivo. Lui quello di mettere in ginocchio il suo clan, l'altro ricercare vendetta per il proprio, di già distrutto.
Due rette parallele che non potevano incontrarsi.
Rilassò le membra sfibrate nell'acqua avvolgente e poggiò i gomiti sul bordo roccioso, scrutando con malcelata curiosità la figura distante del ragazzo. Non si era mai voltato.
Probabilmente aveva percepito la sua presenza, ma se ne rimaneva di spalle, disinteressato.
Almeno così faceva sembrare, in verità Neji aveva notato nitidamente la mano poggiarsi sul collo, premere con forza sopra il marchio nero, intravisto tempo prima.
Infantile ed idiota. Esternamente pareva gelido, maturo, quando in realtà era ancora un bambino spaventato, che provava disagio a mostrare le maledizioni sulla sua pelle.
Non lo biasimava più di tanto, non poteva farlo davvero.
Non potrai celarlo a lungo, soprattutto ai miei occhi”.
Lo vide rabbrividire, compiacendosi di avergli provocato una reazione umana.
Analizzò ancora il corpo longilineo, i capelli neri appiattiti dall'umidità e la schiena magra, liscia, priva di qualsiasi imperfezione. Pareva più una donna che un ninja.
Seguì attento i movimenti fluidi di Sasuke, osservandolo abbandonare la presa sulla spalla e voltarsi verso di lui, per nulla propenso a risparmiargli l'espressione infastidita, causata dalla sua presenza.
Non lo stavo nascondendo”.
Era una palese bugia, tuttavia Neji decise di non interferire; allungò il collo all'indietro e socchiuse le iridi spettrali, lasciandosi cullare dalle piccole onde e dalla sensazione del vapore incollarsi al derma idratato.
La conversazione, dal suo punto di vista, poteva anche chiudersi lì.
Eppure Uchiha non sembrava essere dello stesso parere “Evita di accomunarmi ad un codardo come te”.
Neji stirò le labbra, amaro “Tu non sai nulla della mia codardia”.
Mai aveva tenuto nascosti i solchi profondi dell'anima.
Di nuovo gli prestò attenzione, scrutando gli occhi d'ossidiana, incorniciati dalle folte ciglia bagnate rendevano il suo sguardo ancor più affilato, ed il viso umido, inespressivo come al solito, celava chissà quale pensiero.
Per cui ammetti di esserlo?”.
Provocami quando ci scontreremo, Sasuke Uchiha, non ora”.
Il ragazzo sorrise, snervante, senza rendersene conto s'erano avvicinati più del previsto, tanto che Uchiha aveva assunto una posizione speculare alla sua, rivolgendogli il busto ed un'occhiata divertita. Lo stava prendendo in giro, soddisfatto d'ogni sua reazione.
Sembri certo accadrà...”.
Neji rimbeccò, allo stesso tono “Non pensavo fossi così timoroso di perdere contro Sabaku”.
Sasuke non rispose subito, stranamente pensieroso, poi specificò “Io parlavo di te, Hyuga. Essere troppo sicuri di se stessi porta alla disfatta”.
Lui aggrottò le sopracciglia, soffermandosi maggiormente sul profilo magro e meditabondo“E cosa ti spinge a crederlo?”.
Lo vide inclinare il collo latteo e affusolato, probabilmente si stava domandando per quanto tempo avrebbero ancora mantenuto quella patina di distacco, entrambi troppo prudenti per lasciarsi andare a qualcosa di più personale. Cresciuti in fretta dopo che i loro legami erano stati recisi, distanti da ogni rapporto umano si muovevano sospesi sul filo dell'incertezza e valutavano attentamente ogni parola, ogni minimo cambiamento nel tono di voce, in modo da non dare alcun spiraglio all'altro.
Essere uno shinobi significava muoversi nell'ombra, ma loro, forse, s'erano fin troppo adagiati fra quelle tenebre confortanti, non ritrovando più la luce del Sole.
Neji, osservandolo meglio, dovette ritirare le constatazioni precedenti: il corpo del giovane era una mappa di tagli e ferite rimarginate, talmente bianche da confondersi con il candore della pelle, in quel momento solcata da goccioline incolore ed avvolto in vita dai vapori termali.
Di nuovo gli apparve terribilmente femmineo, eppure virile, eppure già uomo.
Le mani erano callose, le dita sottili e le unghie corte, bruciate dagli allenamenti sfiancanti per migliorare il katon. Un livido giallognolo sullo zigomo pareva in fase di guarigione, mentre un altro, enorme e violaceo, sul fianco probabilmente era stato causato quello stesso giorno.
Ma, per quel poco che lo conosceva, non lo aveva mai sentito lamentarsene.
Naruto non è stupido come sembra. -Rispose finalmente- Detesto chi dà per scontato un suo avversario, come fai tu” Lo guardò contrito, senza celare l'irritazione.
Hyuga notò un vago tono affettuoso oltre il solito timbro atono ed annoiato, la consapevolezza di questo lo infastidì, lo disgustò. Lui e Uchiha dovevano rimanere simili!
Non sapeva il perché di quel desiderio, forse era soltanto l'infantile voglia di non essere l'unico; ciò non gli impedì di ridere di lui, di quella frase e dei suoi sentimenti “Non farà in tempo nemmeno a strisciare, un avversario come lui non merita considerazione”.
Come non l'aveva meritata Hinata.
Se lo credi...” Disse, tornando disinteressato.
Neji bloccò irruente il polso sottile, prima che potesse allontanarsi. Fu l'istinto a smuoverlo, la rabbia, senza che se ne rendesse conto; non aveva intenzione di concludere il discorso in quella maniera, lasciarlo scivolare come acqua sulla pelle nuda, con quel tono di supponenza, con la superiorità innata di cui s'ammantava l'anima straziata di Sasuke.
Il nero di quegli occhi incontrò nuovamente il bianco perlato, troppo vicini. Una forza misteriosa aveva da sempre attirato il più grande verso quelle iridi piatte, che nascondevano mille segreti, incurante del pericolo.
Bramava si posassero su di lui con la stessa intensità con la quale osservavano Uzumaki da lontano. Bruciandolo. Pregandolo.
Era divenuto un ossessione. Una malattia.
Guardami”.
Lo sto facendo”.
Non in questo modo” Soffiò stanco, sconnesso, trasportato dal calore bollente dell'acqua; le tempie pulsavano di fastidio, incapace di controllare i movimenti del corpo. Innervosito da quell'improvviso scatto inspiegabile alla sua mente logica.
Sasuke posò la mano libera sul collo diafano, gli alzò il mento, perfettamente a suo agio; sfiorò la pelle umida e setosa, mentre un sorriso mellifluo prendeva vita sulla sua bocca “Nessuno ti guarderà, se tu stesso disprezzi il tuo riflesso. Non credevo fossi così patetico, Hyuga”.
Non sai nulla di me” Rispose incolore al canto della sirena.
Di nuovo sorrise, liberandosi facilmente dalla presa salda. Respiravano l'uno contro il torace dell'altro, i densi vapori fasciavano le loro forme spigolose, l'acqua li cullava in un bugiardo abbraccio e le braccia di Neji, prive di forza, erano state abbandonate lungo i fianchi, intanto che quelle di Sasuke lo bloccavano, gli rubavano l'aria.
Le labbra sottili si mossero ancora, gli sfiorarono lo zigomo, lasciando che un brivido freddo trovasse strada dietro la schiena in tensione, paralizzandolo a quel sibilo roco “So quanto basta”.
In quel momento Neji si rese conto di essere finito in trappola, stretto fra le spire di un serpente che si divertiva a giocare con il cibo, sino a portalo alla pazzia. Ciò che odiò era, ormai, essere talmente avvelenato da non desiderare la fuga. Non ancora.
Aveva osservato Sasuke da lontano per lungo tempo, ritenendosi al sicuro da ogni irritante emozione potesse nascere in lui a causa del ragazzo, aveva creduto di poter continuare a provocarlo senza incorrere in alcuna conseguenza, invece, la realtà era ben diversa e mostruosa. Uchiha aveva cominciato a serrare la presa fin da subito, facendogli perdere lucidità.
Attendendo paziente e nel buio l'istante in cui lo avrebbe sopraffatto.
Fu strano percepire la gola inaridirsi e le gambe divenire pesanti, come se l'acqua attorno a queste le stesse schiacciando, impedendo loro di muoversi; in un moto d'orgoglio afferrò il viso di Sasuke, provando all'altro la volontà che bruciava in lui. Divorandolo. Assieme al desiderio di non arrendersi a quella folle brama di possesso.
Se doveva soccombere dinnanzi alle lusinghe del serpente, lo avrebbe fatto a modo suo, senza lasciargli la vittoria.
Tenendo per sé quella gloria fittizia che non aveva sapore, come non lo avevano le loro labbra, acerbe tanto quanto quei sentimenti invertiti. Disgustose. Del sapore dell'assenzio, di cui non poteva fare a meno in quell'istante.
Masochista e sadico.
Continuò a bearsi della scintilla di disprezzo e lussuria lanciata dagli occhi ossidiana della bestia. I suoi morsi. Le sue catene.
Finalmente lo stava guardando.

Il soffio del vento s'era placato, o forse non aveva mai raggiunto quelle lande lontane. Tutti i suoni, ogni flebile respiro, avevano smesso di riempire il sacro silenzio che li avvolgeva, li cullava. Ognuno di loro, con la stessa disperata intensità.
Il rumore dei tamburi scemava lento, assieme al battito del cuore, macabro sottofondo d'un abbraccio mortale.
Neji sorrise alla relativa fine della propria esistenza, quando ormai era impossibile sfuggire all'ultimo rintocco, alle lacrime dei sopravvissuti, al ricordo lasciato di lui...
Il sangue che colorava le labbra di brillante cremisi era simile ad un veleno conosciuto, il ricordo sbiadito di quell'unico contatto fra due anime sole.
Esistenza dimenticata da quando aveva scelto di cambiare percorso.
Non gli importò, non rimpiangeva d'essersi librato troppo in alto, né d'aver imprudentemente sfiorato il Sole, poiché in quell'eterno momento aveva trovato il pezzo mancante.
Lo sguardo che ricercava da una vita lo aveva visto negli occhi piangenti di Hinata.
Allora valeva la pena perdonare, dimenticare il dolore e morire per chi si amava.

Felice chi può con un colpo d'ala vigoroso slanciarsi verso campi luminosi e sereni;
colui i cui pensieri, come allodole, verso i cieli al mattino spiccano un volo.
Che plana sulla vita e comprende senza sforzo il linguaggio dei fiori e delle cose mute.

Angolo autrice: Salve ^^
Ammetto che è stato veramente difficile scrivere di loro due, dato che, man mano che andavo avanti non vedevo alcuno spiraglio di luce per questa coppia, infatti mi sono gettata sul malinconico e sulle metafore. Di me stessa non sono mai pienamente soddisfatta, ma, in fondo, non la trovo così malaccio e credo di aver veicolato abbastanza bene i concetti che volevo passassero.
Il SasuNaru e NejiHina sono impliciti, ma non troppo.
Le frasi finali vengono dalla poesia di Charles Baudelaire, Elevazione.
Ho scelto l'allodola, poiché il suo simbolismo è 'fra cielo e terra', si solleva nel cielo talmente tanto quasi da scomparire, per poi lasciarsi cadere in picchiata come un corpo morto.
E nulla, ho voluto rendere tutto molto metaforico e platonico, il serpente, le spire, i tamburi, li sguardi...
Mi auguro comunque sia stata una lettura piacevole.
A presto, e grazie a chi passerà di qui e lascerà un parere <3

   
 
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