Storie originali > Giallo
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Autore: RoryJackson    04/06/2017    1 recensioni
“Mary Ann Nichols, donna di 43 anni. Uccisa a Buck's Row il 31 Agosto. I medici dicono che il decesso possa essere avvenuto intorno alle 3:45 del mattino...”
“Annie Chapman, donna di 46 anni, è la seconda vittima ufficiale del tanto ricercato assassino. Uccisa proprio stamani, 8 Settembre 1888. Il suo corpo giaceva steso tra la porta e la palizzata, in uno spazio di circa ottanta centimetri. La gola era squarciata e la testa era quasi del tutto recisa dal busto. Il ventre era ap-”
“Il Killer colpisce ancora: Elizabeth Stride, trovata uccisa da un cocchiere!”
***
La storia narra le vicende di Jack lo squartatore, quasi come un documentario, anche se in parte sono state modificate da me per mancanza di tempo e "idee". Questa storia che vi propongo la scrissi circa quattro anni fa, quando ancora non avevo compiuto 17 anni. Provai a scrivere un Giallo, perché a me l'horror e i casi irrisolti piacciono un casino. Spero possiate trovarla godibile!
Genere: Mistero, Storico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Londra, 16 Ottobre, 1888



L'ispettore George Lusk era nella sua camera da letto, sdraiato accanto alla moglie. Avevano fatto l'amore la sera prima e quindi erano nudi sotto i pesanti piumini. Lei dormiva beatamente, distesa su di un fianco, i lunghi capelli che andavano ad estendersi per tutto il cuscino. Lui, invece, era disteso come una corda di violino, il cuscino rialzato, in modo da permettergli di leggere qualcosa. Sentiva una strana sensazione, come se da lì a momenti sarebbe successo qualcosa, anche se non avesse saputo dire cosa. Ormai si aspettava di tutto.
Da tempo non riusciva a dormire bene. I corpi squarciati di quelle donne continuavano a balzargli nella testa, e pensare che quel pazzoide sadico fosse ancora a piede libero era una fonte di grande disperazione. Si chiedeva quando avrebbe colpito ancora, e se sarebbe stato più brutale dell'ultimo assassinio.
La città era tutta in subbuglio per le recenti uccisioni. Non vi era più pace nelle strade; il terrore era semitato tra la gente.
Quel giorno si sarebbe dovuto recare alla Scotland Yard di pomeriggio, quindi decise di stare a casa a riposare un po' il cevello, come non faceva da tempo.
Il caso volle, però, che una delle sue cameriere bussasse alla porta con una certa insistenza, e Lusk dovette trattenersi per non imprecare ordinandole di stare zitta. Si limitò ad esclamare un secco ma sonoro: «Un momento, e esco!»
Si vestì in fretta e furia, mettendosi un pigiama qualsiasi e una vestaglia qualsiasi, dopodiché uscì.
Vide la cameriera ad aspettarlo fuori la porta con un'espressione a dir poco sconvolta, e si chiese cosa mai fosse successo. La donna aveva le mani sporche e i capelli, fuori dalla cuffietta, erano così scompigliati da sembrare un groviglio di paglia scura.
«Cosa succede Bettie?» Chiese lui adirato. La cameriera s'affrettò a porgergli una lettera, tutta tremante, il viso sbiancato quasi come se avesse visto un fantasma. Lui la vide, poi posò gli occhi sulla lettera e l'esaminò. Dietro vi erano scritti semplicemente delle lettere e un numero: "M, Sp, 26".
Strappò l'involucro di carta che la copriva e ne lesse il contenuto.
Oh, mio dio... Pensò l'ispettore.
Quando lesse il tutto sbiancò di colpo anche lui, e ringraziò il cielo per essersi svegliato da solo. Se l'avesse visto sua moglie sarebbe svenuta di colpo. Guardò la giovane Bettie con muto orrore, e lei recepì subito il messaggio.
«Sta giù, in salotto, signore.»
Solo questo. Lui corse per la lunga rampa di scale ed arrivò a pian terreno, dove vi era tutta la servitù accerchiata ad un tavolino del salotto. Una di loro era persino svenuta.
George Lusk sentì una puzza terribile di alcol e carne putrida e si avvicinò al barattolo di vetro, coprendosi il naso e la bocca con un fazzoletto pofumato di acqua di colonia, prestatogli dal suo maggiordomo, e con uno sforzo enorme trattenne i conati di vomito che incominciarono ad assalirlo.
«Devo portarlo subito alla Scotland Yard.» Disse lui, con il fazzoletto premuto sul naso. «Devo farlo analizzare da qualche medico.»

***

«Signor Lusk.» Il dottore si avvicinò al baffuto ispettore con sguardo mesto e torvo. «Abbiamo analizzato e constatato che il rene, o almeno... quello che ne rimane, propabilmente apparteneva a Elisabeth Stride, vittima dell'assassino...»
George Lusk fece un lungo sospiro, pullulante di emozioni. Rabbia, paura, sconcerto, orrore. Aveva proprio voglia di fumarsi un bel sigaro.
La stazione di polizia era un guazzabuglio di persone, parole e discorsi di sconcerto e tormento. Il terrore era come se echeggiasse all'interno delle mura della Scotland Yard, e gli agenti erano rimasti pressoché allibiti e disgustati alla vista del rene.

“Dall'inferno.
Mr Lusk,
Signore, vi mando metà del rene che ho preso da una donna. L'ho conservato per voi. L'altro pezzo l'ho fritto e l'ho mangiato, era molto buono. Potrei mandarvi il coltello insanguinato, con cui l'ho tolto, firmato, se solo aspettate ancora un po'.
Prendetemi se ci riuscite, Signor Lusk.”


Così diceva la lettera.
Si era preso persino gioco di lui, quel maledetto bastardo
«Grazie, dottor Smith.» Disse, mentre il suo viso si contorceva in una strana smorfia di disgusto. Si sentiva sconfitto come non mai. Mai gli era capitato di fallire un caso.
Mai.
Doveva trovarlo. Se l'era promesso.

***
Londra, 21 Ottobre, 1888


Erano ormai passati cinque giorni dalla lettera, e l'assassino ancora non si era fatto né vedere, né sentire e né la polizia aveva avuto notizie riguardanti altri assassinii. Che il killer seriale se ne fosse andato indisturbato? Aveva ormai finito le sue opere di persecuzione riguardanti le prostitute? Oppure stava soltanto aspettando buono buono in silenzio, finché le acque non si fossero quietate, per poi colpire più selvaggio che mai?
L'ispettore Lusk se ne stava nel suo ufficio di polizia a fumare uno dei suoi amati sigari, spaparanzato sulla poltrona di pelle, l'espressione neutra. Anzi, più che neutra, si potrebbe dire vuota, senza il benché minimo alito di vita.
La Scotland Yard stava seguendo diverse piste.
C'erano diversi sospettati, che sarebbero potuti risalire all'identità del killer. L'altro giorno, avevano portato alla stazione di polizia un certo Jacob Levy, con la dichiarazione di aver acciuffato il famoso terrorista. Jacob Levy era un omaccione di quarant'anni che aveva contratto la sifilide a causa di un rapporto con una prostituta. Quindi si poteva anche pensare che potesse avere qualche risentimento contro questo genere di donne. Lavorava come macellaio, e il tipo di modus operandi dell'assassino faceva proprio per questo genere di mestiere.
L'avevano messo in prigione sotto l'accusa di tutta la corte, rinchiuso in una cella in isolamento. Molto probabilmente sarebbe morto di lì a pochi giorni, siccome la sifilide progrediva come la peste del trecento sul suo corpo.
In realtà, per quanto le cose potessero combaciare, George Lusk non si sentiva affatto convito di tutto ciò. C'erano tantissimi indiziati, eppure nessuno lo convinceva del tutto.
Sulle pagine del giornale, in prima pagina, vi era scritto: “Catturato il pericoloso assassino. Jacob Levy, quarant'anni...” 
Ma in realtà, l'ispettore, sapeva benissimo che quella era solo una manovra per far scemare la paura e il terrore di uscire di casa.
L'assassino poteva essere un uomo tra i suoi sospettati, questo sì. Ma potrebbe essere stata anche una donna, sebbene fosse difficile pensarlo. Non dopo aver letto quella lettera... Oppure era possibile?
Altro che diavolo per capello, George Lusk stava realmente impazzendo!
Troppi enigmi, troppi sospetti...
Fece un lungo tiro dal sigaro e, con un colpo secco, tolse la cenere andata formatosi.
Il macellaio, davanti alla corte, aveva difeso se stesso, urlando contro tutti e in modo pressoché mostruoso, dicendo di non essere lui l'assassino di quelle donne, sebbene fosse risaputo l'odio che provava per loro. La corte non aveva voluto sentire ragioni. L'avevano condannato all'impiccagione, così come decretava la legge dello stato. Ma, probabilmente, sarebbe morto prima che la sentenza fosse iniziata.
“Allora signor Levy.” Esclamò Lusk, in quella cella umida e desolata, quasi come se avesse voluto annunciarsi. “Lei è stato accusato di aver ucciso quattro donne, i cui nomi sono: Mary Ann Nichols, Annie Chapman, Elizabeth Stride, Catherine Eddowes. Ed è accusato di essersi preso gioco di me e di tutta la Scotland Yard avendo mandato queste.”
Disse mostrando, poi, le lettere.
Jacob Levy quasi pareva non l'avesse ascoltato. Se ne stava seduto su quella brandina sudicia, attaccata al muro da due sostegni in ferro, a fissare il vuoto. La sifilide lo stava proprio riducendo male. Le mani erano brulicanti di bollicine, segno che la malattia stava progredendo a vista d'occhio, e il viso era un cumulo di ulcere. L'ispettore Lusk non osava immaginare cosa vi fosse sotto i vestiti di Jacob Levy. Era uno spettacolo a dir poco orribile.
“Vuole rispondermi, di grazia?” Il suo tono dal parzialmente cordiale e fermo, era passato ad adirato e teso.
Dopo qualche minuto di silenzio decise di parlare.
“Non capisco di cosa state parlando, signore. Io non ho mai mandato né quelle lettere e né ho mai ucciso quelle donne.”
Cos'ha in mente, quest'uomo? Pensò Lusk, mentre il suo sigaro finiva da solo d'incenerirsi. L'ispettore spense la cicca nel posacenere e si avviò alla scrivania dove vi erano poste centinaia di carte, appunti e ritagli.
Le lettere stavano ancora ad esaminare alla stazione di polizia.
"M, Sp, 26", ogni volta che vedeva quei caratteri, Lusk vedeva la soluzione del dilemma.
Avrebbe dovuto scoprire solo "come" interpretare ciò...
   
 
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