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Autore: Christine Enjolras    04/06/2017    0 recensioni
Marius Pontmercy, sedici anni, ha perso il padre e, nel giro di tre mesi, è andato a vivere con il nonno materno, ora suo tutore, che lo ha iscritto alla scuola privata di Saint-Denis, a nord di Parigi. Ora Marius, oltre a dover superare il lutto, si trova a dover cambiare tutto: casa, scuola, amici... Ma non tutti i mali vengono per nuocere: nella residenza Musain, dove suo nonno ha affittato una stanza per lui dai signori Thénardier, Marius conoscerà un eccentrico gruppo di amici che sarà per lui come una strampalata, ma affettuosa famiglia e non solo loro...
"Les amis de la Saint-Denis" è una storia divisa in cinque libri che ripercorre alcune tappe fondamentali del romanzo e del musical, ma ambientate in epoca contemporanea lungo l'arco di tutto un anno scolastico. Ritroverete tutti i personaggi principali del musical e molti dei personaggi del romanzo, in una lunga successione di eventi divisa in cinque libri, con paragrafi scritti alla G.R.R. Martin, così da poter vivere il racconto dagli occhi di dodici giovanissimi personaggi diversi. questo primo libro è per lo più introduttivo, ma già si ritrovano alcuni fatti importanti per gli altri libri.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Enjolras

“ENJOLRAS!” Il ragazzo guardava ancora verso la balconata quando sentì qualcuno chiamarlo. Si voltò verso il cancello e vide Feuilly uscire in strada e arrivare verso di lui facendosi largo tra gli studenti: fu allora che Enjolras realizzò di aver sentito bene le parole che il preside gli aveva urlato poco prima, ma volle comunque capire come erano andate le cose sulla balconata, quindi lasciò che Feuilly salisse sulla pila di casse e gli chiese cosa fosse successo. Mentre attorno a loro gli studenti ancora si agitavano, forse confusi da quanto accaduto, Combeferre e Courfeyrac si voltarono subito per ascoltare le parole di Feuilly, portandosi rispettivamente a destra e a sinistra di Enjolras per guardare l’apprendista custode in viso, e, dopo un po’ che il biondino non si fece più sentire, anche gli altri membri del loro gruppo si girarono ad ascoltare. Persino Grantaire si avvicinò incuriosito dall’arrivo di Feuilly e salì sul secondo gradino, tra Bahorel e Courfeyrac. Quando Feuilly finì il suo racconto, Enjolras si immobilizzò con gli occhi fissi su un punto imprecisato, sentendo addosso gli sguardi interrogativi di Combeferre e quelli incuriositi e allarmati degli altri ragazzi. Dopo diversi secondi di silenzio, in cui Enjolras rifletteva confuso su cosa potesse volere il vescovo da lui, arrivarono pareri contrastanti sul da farsi da parte dei ragazzi.

“Vacci!” suggerì immediatamente Bossuet.

“Come sarebbe ‘vacci’?!” fu il commento fulmineo di Bahorel. “Non se ne parla!”

“Potresti finire nei guai…” pensò ad alta voce Joly.

“State scherzando, vero?” sembrò quasi sgridarli Courfeyrac. “Stiamo parlando del preside: è il vecchietto più dolce della terra!”

“Se si fosse trattato di Valjean non avrei avuto dubbi,” sostenne la sua tesi Bahorel, “ma del preside come fai ad essere sicuro che puoi fidarti? Lui è pur sempre il centro del potere lì dentro: è lui che ha sempre l’ultima parola sui provvedimenti da prendere! Molte cose per cui abbiamo protestato gli anni scorsi ci sono state anche per colpa sua!”

“Ma Bahorel…” si fece sentire Jehan, “…lui è sempre stato dolce con tutti noi…”

“Anche a me è sembrato molto buono e disponibile a venire incontro agli studenti” esplicò il suo punto di vista Marius. “Non vedo tutto questo bisogno di allarmarsi.”

“Già!” li sostenne Courfeyrac.

“Era per farci sentire che è nato tutto questo casino, no?” chiese Bossuet a Bahorel. “Ce l’abbiamo fatta! ‘Il centro del potere’, come l’hai chiamato tu, è disposto ad ascoltarci!”

“Non lo puoi sapere con certezza!” provò a farlo ragionare Joly. “Non sappiamo cosa vuole…”

“Ah, quindi tu sei d’accordo con lui?” chiese Bossuet al suo ragazzo.

“Io vorrei solo evitare di far finire Enjolras nei guai facendo una mossa falsa dettata dalla fretta e dall’entusiasmo!” si difese Joly. “Il mio è solo un invito a rifletterci con calma! Ha già abbastanza casini con Javert: perché aggiungerne altri?!”

“Non c’è da rifletterci!” disse Courfeyrac. “Il nostro obbiettivo era parlare con i piani alti ed è quello che abbiamo ottenuto! O no, Michel?”

“Io sono d’accordo con voi, ma anche con Joly” constatò con calma Combeferre. “Sta di fatto…”

“Io sono d’accordo con te, Courf!” disse Bahorel ad alta voce. “Non c’è da riflettere: lui non può andarci! Se salirà là da solo e si addosserà la colpa verrà espulso!”

“Bahorel,” lo richiamò Feuilly, “tu non eri lassù: non hai visto la calma con cui ha parlato il preside! Non vuole espellerlo: vuole solo parlare!”

“Come fai ad averne la certezza?!” disse Bahorel.

Ad Enjolras tutti quegli schiamazzi sommati alle voci degli altri studenti iniziavano a confondere e a dar fastidio: per tutto il tempo aveva mantenuto gli occhi azzurri assorti nei suoi pensieri, fissi sullo stesso punto di prima. Riconosceva tutte le voci dei suoi amici: li conosceva da abbastanza tempo per riuscirci senza problemi. Chiuse gli occhi strizzandoli, come se tutto quel casino gli stesse facendo venire mal di testa, e alzò una mano come segno agli altri di calmarsi. “Ragazzi…”

“Beh, ma anche se non va in presidenza cosa cambia?” constatò Marius. “Non credo che restando qui sotto la situazione migliori.”

“Anzi! Potrebbe peggiorare se non si presenta!” gli diede ragione Jehan, agitandosi.

“Allora andremo tutti assieme!” disse Bahorel. “Ci siamo dentro tutti quanti!”

“Ragazzi!” riprovò a richiamare la loro attenzione Enjolras, alzando leggermente la voce.

“Che stai dicendo?!” lo fermò Courfeyrac. “Ha chiesto di parlare solo con lui!”

“Ma lo lasceresti da solo?! Davvero?!”

“Te lo ripeto: non vuole parlare con noi!” disse nuovamente Courfeyrac. “Che facciamo? Ci presentiamo mano nella mano come i bambini delle elementari che vanno al bagno a due a due?”

“Lo sai che vuol dire questo?” disse Bahorel con tono di sfida. “Vuol dire che sei vigliacco e sleale!”

“Che cazzo dici?!”

“Ehi, calma!” cercò di fermarli Combeferre.

“Mi hai sentito bene!” disse ad alta voce Bahorel. Dopo quel commento, Enjolras sentì le voci parlare tutte assieme, alzandosi progressivamente di volume per farsi sentire sopra le altre. Il leader non riusciva più a distinguerle e il rumore caotico che creavano era diventato insopportabile.

“RAGAZZI!” gridò alla fine, aprendo gli occhi. “ADESSO BASTA!” Come sentirono la sua voce, tutti si zittirono e si voltarono a guardarlo. Enjolras riprese fiato e li guardò uno ad uno, fulminandoli con lo sguardo. “Il preside ha chiesto di parlare con me, ok? Apprezzo i vostri consigli, ma non serve che litighiate. La scelta finale spetta a ME, chiaro?!”

Nessuno fiatò: i ragazzi abbassarono lo sguardo e iniziarono a guardarsi tra di loro, dispiaciuti, tutti tranne Combeferre e Grantaire, che guardarono per un po’ i ragazzi prima di tornare a guardare il biondino. Quando notò che tutti sembravano essersi calmati, Enjolras prese un altro respiro, sospirò e mise le mani in vita, tornando a riflettere. A qual punto sentì Grantaire avvicinarsi e si voltò verso di lui. “Che cosa vuoi fare, piccolo?” gli chiese dolcemente il ragazzo dai riccioli scuri. Enjolras restò a fissarlo in silenzio, poi scambiò un’occhiata prima con Combeferre e poi con Courfeyrac, si rizzò sulla schiena e rispose.

 

“Avanti!” rispose il preside da dentro l’ufficio dopo che Enjolras bussò alla porta.

Enjolras prese un profondo respiro, stringendo nervosamente la maniglia, e aprì la porta lentamente, fingendo di essere il ritratto della tranquillità. “Voleva parlarmi, signor preside?”

“Ah, Alexandre!” esclamò monseigneur Myriel alzando lo sguardo dai fogli che stava consultando. Poi li appoggiò alla cattedra, si tolse gli occhiali da lettura, si alzò in piedi per salutare il ragazzo degnamente e, sfoggiando un sorriso rasserenante, aggiunse: “Ti aspettavo! Entra pure, ragazzo!” Quel sorriso avrebbe dovuto rassicurarlo, ma Enjolras nel vederlo si sentì solo più nervoso: chiuse la porta dietro di sé e vi rimase davanti ad attendere, cercando di nascondere la tensione, anche se stare lì di fronte al preside lo metteva veramente a disagio. Non era più entrato nell’ufficio del preside dopo il giorno in cui era arrivato per la prima volta a scuola due anni prima: per ogni problema era sempre andato nell’ufficio di Javert e mai solo per parlare tranquillamente. Non era abituato a trattare amichevolmente con gli esponenti del potere: casomai aveva fatto l’abitudine a ingoiare il rospo e restare ad ascoltare i diversi richiami o a discutere col vicepreside. Cosa poteva volere il vescovo? “Non essere timido, figliolo!” lo ridestò dai suoi pensieri l’anziano ometto. “Accomodati pure: non ti mordo mica, sai?” Ancora una volta, monseigneur Myriel sorrise e lo invitò a sedersi su una delle due sedie poltrone di fronte a lui, spostandola indietro in modo che il ragazzo potesse accomodarsi. Enjolras ebbe un attimo di esitazione, ma non se la sentì di far ripetere all’ex vescovo di sedersi, quindi procedette lentamente verso la sedia poltrona, aspettò che monseigneur Myriel si accomodasse, ma l’anziano ometto dalle lunghe basette bianche gli fece capire che si sarebbe dovuto sedere prima lui, perciò lo fece. Dopodiché, l’ex vescovo si avviò ad un carrellino accanto ad una libreria in legno scuro come le pareti, a sinistra della scrivania.

“Avevo fatto portare su del caffè” disse il preside versando un po’ della bevanda in una tazza. Porgendola ad Enjolras, monseigneur Myriel aggiunse: “Spero che sia ancora abbastanza caldo!”        Il biondo ragazzo prese la tazza dalle sue mani, ringraziando: avrebbe preferito che l’anziano ometto non facesse scomodare le signore giù al bar solo per lui, ma oramai non se la sentì di rifiutare. Enjolras si voltò assorto verso la scrivania, passandosi la tazza da una mano all’altra nervosamente. “Lo sai:” riprese Myriel, probabilmente perché sentiva il ragazzo silenzioso, “credo che il caffè gratuito e portato direttamente qui sia uno dei vantaggi di essere il preside!” Stava finendo di pronunciare queste parole quando si sedette alla sua sedia poltrona, di fronte allo studente, e si lasciò scappare una piccola risatina, che però Enjolras non riuscì a condividere, non seppe dire se per la tensione o perché la cosa un po’ lo infastidisse: restò a fissare il preside impassibile e, nel vedere il suo sguardo tornare serio, si sentì male, quasi in colpa per averlo messo in imbarazzo.

“Mi scusi, signor preside…” si sentì dire con un filo di voce, prima che l’anziano ometto lo interrompesse.

“Immagino che tu ti sentiresti più a tuo agio se io arrivassi al punto, giusto?” gli sorrise Myriel: dal suo volto, Enjolras capì che probabilmente non era stato interrotto per disagio o per prepotenza, ma perché il tono della sua voce era stato troppo basso per essere stato udito dal vescovo.

“Sì… sì, per favore…” disse Enjolras tornando a fissare in basso, sempre mortificato, ma senz’altro più tranquillo.

Myriel restò ad osservare il ragazzo con una tale dolcezza negli occhi che Enjolras non riceveva da parte di un adulto da anni. “Dunque” iniziò monseigneur Myriel. Poi si tirò indietro sulla poltrona e recuperò i fogli che aveva appoggiato prima, mise gli occhiali e disse: “Stavo dando un’occhiata ai richiami che ti ha fatto il professor Javert in questi anni.” Enjolras ebbe un leggero trasalimento: quel discorso non prometteva bene. “Tralasciando quelli per ritardo o per alcuni… dispetti, se così possiamo chiamarli, in cui sei stato richiamato assieme ai tuoi compagni, vedo che la maggior parte dei richiami è dovuta a piccole manifestazioni e proteste che hai scatenato.”

“Sì… sì io…” iniziò Enjolras prima di schiarirsi la voce. Tutta la sua normale sicurezza davanti alla dolcezza del vescovo era come stata demolita all’improvviso. “Io non sono esattamente il tipo di persona che si lascia scivolare addosso ciò che non le va bene.”

“Lo vedo” confermò sorridendo teneramente Myriel. “Qui il vicepreside riporta: protesta per l’inagibilità della seconda palestra, presto risolta, se la memoria non mi inganna; manifestazione contro la cancellazione della giornata di autogestione, su cui il professor Javert, ricordo perfettamente, non accettò compromessi; poi… protesta per la mancanza di uscite didattiche, ci stiamo ancora lavorando… insomma…” Il preside fece una pausa e diede una rapida occhiata al resto dei fogli. “Direi che hai diversi precedenti prima di oggi.”

Enjolras non seppe cosa rispondere: si sentì persino troppo in soggezione per prendere un sorso di caffè. Il preside gli lanciò un’occhiata silenziosa, poi si appoggiò con i gomiti alla scrivania e si protese leggermente verso di lui, dicendo: “Dimmi: che cosa dovrei fare con te?” Eccoci al punto critico: forse Bahorel aveva ragione.

“Sarei un vigliacco a chiederle clemenza” ammise Enjolras con sicurezza guardandolo negli occhi. “Direi che ho tirato la corda a sufficienza, forse persino più di quanto mi aspettassi.”

“Clemenza?” chiese Myriel, sembrando quasi sorpreso dall’affermazione di Enjolras. “Hai ragione: purtroppo quella non posso concedertela. Hai scatenato parecchio putiferio, là fuori.”

Enjolras non si scompose: era pronto ad accettare l’espulsione. “Allora immagino che non serva farle perdere altro tempo” disse alzandosi dalla sedia. “Vado a prendere le mie cose e me ne vado.”

“Ma come?” gli chiese il preside guardandolo dal basso. “Hai già deciso di farti espellere? Che strano: e io che avevo pensato di lasciarti due scelte.”

“Che intende dire?” Stavolta fu Enjolras a sorprendersi: dove voleva arrivare il preside?

Myriel accentuò il suo sorrise e fece segno ad Enjolras di tornare a sedersi: solo quando il ragazzo si fu accomodato, rispose: “Prima soluzione: ti do la possibilità di uscire dal guaio in cui ti sei messo tornando a casa come stavi giusto per fare. Sarai espulso e non saremo più un tuo problema.” Myriel fece una pausa, durante la quale Enjolras abbassò lo sguardo, messo nuovamente a disagio dal silenzio. “Seconda soluzione: puoi mettere la tua energia e le tue idee al servizio della scuola e… ‘legalizzare’ le tue azioni, diciamo” terminò l’anziano ometto attirando di nuovo il suo sguardo.

Enjolras sospirò leggermente e si appoggiò allo schienale. “Come?” Fu dopo quella domanda del biondo studente che l’ex vescovo si mise a cercare qualcosa in un cassetto della sua scrivania. Poi ne tirò fuori un volantino e lo tese ad Enjolras: ‘Elezioni studentesche: pronti ad eleggere il nuovo rappresentante di istituto’, vi era scritto sopra. “Presidente di istituto, signor preside? Io?”

“Sì” rispose subito Myriel senza esitazione. Ci fu un attimo di silenzio, in cui Enjolras continuò a leggere il volantino confuso. “Vedi ragazzo,” cominciò Myriel alzandosi, “con queste manifestazioni hai dimostrato di tenere alla vita degli studenti in questa scuola.”

“Ma il professor Javert…”

“Il professore dica pure quello che vuole!” lo fermò Myriel con un gesto della mano. “Alexandre,” si appoggiò con il fianco alla scrivania, quasi sedendosi sopra essa, e riprese, anche con un certo sdegno “in questi anni ho visto di tutto: studenti che proponevano di inserire più vacanze, che promettevano meno compiti, altri che volevano addirittura inserire il ballo di fine anno in stile Grease, o sull’onda di quei filmetti americani! Ma tu…” L’anziano preside si protese in avanti verso Enjolras e lo guardò fisso negli occhi: il ragazzo ricambiò con uno sguardo sorpreso e confuso assieme. “Tu hai in mente dei grandi progetti per questa scuola! Difendi i diritti degli studenti e loro ti ammirano per questo! Ho visto tantissimi ragazzi là fuori con te e ciò significa che sono lieti di appoggiarti, perché tu li sproni a battersi per ciò che per loro è importante! Avresti la possibilità di parlare direttamente con il professor Javert e con tutti gli altri insegnanti e loro avrebbero il dovere di stare ad ascoltarti e di cercare di venire incontro alle tue richieste!”

Enjolras fu dubbioso: questa poteva essere un’ottima possibilità, eppure l’idea di diventare anche lui parte integrante del potere all’interno della scuola non lo entusiasmava per niente. “Signor preside, io… io non saprei…”

“Non devi rispondermi subito” cercò di tranquillizzarlo il preside. “Ma pensa al bene che potresti fare per tutti gli altri studenti se diventassi loro rappresentante! Non è questo che vuoi?” Enjolras portò di nuovo lo sguardo sul volantino e rimase a fissarlo per qualche istante. “Promettimi che ci rifletterai, ragazzo” gli chiese il preside. Enjolras alzò di nuovo lo sguardo su di lui e poi annuì. Myriel riprese a sorridere, tornò sulla sedia e gli disse: “Adesso mi tocca avvisarti che purtroppo per oggi devo mandarti a casa, figliolo: per quanto mi dispiaccia, non posso lasciare che quest’ennesima tua iniziativa… per così dire ‘illegale’ passi impunita.”

“Quel che è giusto è giusto, signor preside” ammise Enjolras senza troppa sorpresa. “Se non altro Jav… il professor Javert non avrà troppo di cui lamentarsi.”

Enjolras stava per alzarsi per uscire, ma il preside lo fermò con un gesto della mano. “Finisci pure il tuo caffè, ragazzo, dopodiché potrai congedarti.” Come finì di parlare, prese la cornetta del telefono interno che era sulla sua cattedra e, facendo un numero, disse: “Chiedo a Gabriel di portare le tue cose e di accompagnarti a casa, ok?”

 

Quando Feuilly arrivò nell’ufficio, Enjolras si alzò subito dalla sedia e lesse preoccupazione e dispiacere nei suoi occhi nocciola: quello sguardo lo fece intenerire e sorrise all’apprendista custode, se non altro per cercare di rassicurarlo. “Che è successo, Enjolras?”

“Feuilly…”

“Nulla di grave, Gabriel” lo rassicurò subito il preside, portandosi avanti e mettendo una mano sulla spalla di Enjolras. Il biondino si girò verso Myriel, il quale gli sorrise e gli diede una lenta carezza sulla nuca, dicendo: “Per oggi è giusto che vada così, ma non ti preoccupare: il tuo amico non subirà altre punizioni.”

“Ma allora… allora che cosa…” Feuilly sembrava davvero confuso, ma anche titubante a porre davvero delle domande per dei chiarimenti proprio al preside.

“Sono certo che il nostro Alexandre ti racconterà tutto” gli rispose l’ex vescovo cercando di calmarlo. “Ora credo che dovreste proprio andare. E tu pensa a ciò che ti ho detto, figliolo!”

Il preside salutò i due ragazzi e li congedò sorridente.

Salendo in macchina, Enjolras scoprì che Feuilly aveva detto tutto agli altri ragazzi. “Ma che cosa è successo, Enjolras? Perché ti ha tenuto là dentro così tanto se per oggi ti ha sospeso?” Enjolras, anche se innervosito dal vedere dalla tendina di Whatsapp sul suo I-phone che i ragazzi gli avevano già scritto tantissime domande, tirò fuori dalla tasca il volantino che gli aveva consegnato Myriel e lo tese a Feuilly perché lo guardasse.

“Mi ha proposto di candidarmi come presidente di istituto.”

   
 
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