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Autore: Alvin Miller    04/06/2017    0 recensioni
Questa storia parla di una terra lontana e perduta nel tempo, Uruma, patria di una piccola comunità di pony, ma anche habitat di feroci creature carnivore.
Ed era anche la sede della Congrega dei Cacciatori di Mostri, pony coraggiosi e dal cuore impavido, che mettevano in gioco la loro vita per la sicurezza della popolazione.
Ma da qualche anno le cose sono diverse: la Congrega è sfaldata, le condizioni di vita sempre più difficili, ed ora solo due Cacciatori sono rimasti a difendere la cittadina costiera di Capo Unicorn.
Quella che vi sto per raccontare è la loro storia. Io sono Liberty Spirit, sono un Cacciatore, e questa è la mia storia.
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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3: Contratto a Supervisione

In pratica funzionava così:

Ai tempi, prima di prendere parte a una missione, ogni Cacciatore doveva sottoscrivere un accordo con l’ufficio municipale di Capo Unicorn, nel quale s’impegnava ad esercitare la professione secondo i Vincoli previsti dal caso.

Tale Contratto era completo di clausole che indicavano quali requisiti doveva rispettare per portare a termine l’obbiettivo nella maniera corretta.

Se volete metterlo in termini più semplici, era una paraculata del municipio di Capo Unicorn per tutelarsi “lecitamente” da chiunque avesse deciso di accusare il borgomastro di condotta negligente.

Si trattava pur sempre di mandare a morire dei pony in uno scontro diretto contro creature riconosciute mortali, per poi essere ricompensati con una somma di denaro (non poi così fruttuosa) se fossero stati abbastanza in zampa da riportare a casa la pellaccia.

Si cominciava nominando un Condottiero, che avrebbe adempiuto al compito di leader del gruppo. Egli sarebbe dovuto essere un Cacciatore veterano esperto, che con le sue esperienze avrebbe guidato la squadra accollandosi le responsabilità dell’esito della missione. In seguito, si nominavano dei compagni che lo avrebbero affiancato.

Ora, nulla impediva a un lupo solitario di lanciarsi in battaglia da solo, specie quando una grave minaccia incombeva sugli abitanti e non c’erano partner abbastanza coriacei per assisterlo nell’incarico. Egli sarebbe andato quindi da solo, e in caso di successo, si sarebbe intascato tutta la commissione senza doverla spartire con nessuno.

Ho parlato dell’esperienza, perché infatti il municipio istituiva una sorta di graduatoria a livelli su chi si poteva intascare i Contratti più fruttuosi. In base ai tuoi progressi e al livello di pericolosità dell’entità che dovevi affrontare, potevi avere accesso a missioni più remunerative, ma allo stesso tempo era anche più facile che te ne uscissi letteralmente a pezzi.

Per questo vietavano tassativamente la partecipazione di pony esterni a quelli assegnati dall’ufficio del borgomastro, addirittura imponendo sanzioni legali ai trasgressori. Né lui né lo Sceriffo (quando ancora erano due figure distinte) ne avrebbero risposto in alcun modo, e tutto sarebbe ricaduto sul garrese del Condottiero registrato per quel Contratto.

Detto questo, potete facilmente immaginare perché nessuno sembrava entusiasta di avermi tra gli zoccoli nella battaglia contro i Gor.

Lo statuto di cui vi ho parlato era applicato prevalentemente su missioni in cui era alto il rischio di lasciarci le penne, o comunque nella maggior parte dei Contratti che comprendevano l’abbattimento di una creatura.

C’erano però delle eccezioni, che comprendevano una lista davvero variegata di missioni di livello inferiore, alle quali tu potevi accedere anche se il tuo livello di esperienza era ancora agli inizi. Come lo ero io, sostanzialmente.

Aiutare una famiglia di contadini con la raccolta, andare in giro a raccogliere ingredienti nelle regioni selvagge di Uruma, scacciare piccole creature. Erano missioni che qualunque abitante di Capo poteva completare anche da solo, ma erano anche l’ideale per i neofiti che volevano fare un po’ di esperienza sul campo prima di addentare le armi.

I vincoli erano tutto sommato gestibili, e non c’era bisogno di una squadra per assicurarsi la riuscita (del resto sarebbe stata una follia, poiché i compensi erano davvero ridicoli).

Dato che era lampante che mio Zio voleva fare di me un potente guerriero, il mio primo Contratto ufficiale mi vide ancora alle prese con delle creature da cacciare.

Ero stato ingaggiato per un Contratto a Supervisione, valeva dire che me la sarei vista da solo, mentre Brave si sarebbe limitato a fare da osservatore, elargendomi al più solo qualche consiglio a debita distanza. Lui aveva anche posto la sua firma sotto quel Contratto, come se l’incarico fosse stato assegnato direttamente a lui, ma il mandatario ero io, a tutti gli effetti.

Doveva tenerci molto alla cosa, perché in tal modo lui non avrebbe percepito alcuna parcella, ed io, essendo un supervisionato, non avevo diritto al tipico bunus da Condottiero.

Mi disse che da quel giorno avrei dovuto imparare ad amministrare il mio denaro, mi fece una lunga raccomandazione sull’importanza di avere sempre con sé dei fondi da investire per nuovi equipaggiamenti, e per tenere ben fornite le proprie scorte di viveri e medicinali.

«Medicine?!» Mi ero allarmato sentendo quella parte.

«Medicine, sì.» In pratica m’introdusse ai primi rudimenti delle infezioni e dei veleni, che nei mesi e negli anni seguenti avrei imparato a conoscere e sperimentare sulla mia stessa pelle.

Stavamo percorrendo il molo che costeggiava il paese, quando gli domandai di che tipo di creature mi sarei dovuto occupare stavolta.

«Bubbleloc.» Ottenni come risposta, detti anche “granchio-scimmie” da alcuni abitanti.

Mettiamola in questi termini:

Messi a confronto con il tipico bestiario di Uruma, sono tra le creature più mansuete che potreste sperare d’incontrare nelle vostre scorribande nelle terre selvagge, ma non significa che dobbiate esserne contenti se dovesse succedere.

Hanno un corpo ovale affusolato, rivestito da una corazza segmentata che non arriva a più di un metro di lunghezza, e hanno tre occhi a periscopio che consentono loro di avere una visione quasi globale del paesaggio circostante.

Sono creature principalmente acquatiche, ma talvolta non disdegnano di uscire dall’acqua per andare in cerca di cibo, ed è proprio in questa circostanza che imparai a conoscere la loro indole bisbetica.

Raggiungemmo un vecchio magazzino nell’area meridionale di Capo Unicorn.

Ce n’erano molti in quella zona a quei tempi. I marinai li usavano per scaricare le merci che importavano dall’esterno, tessuti e barili di olio di alghe grezzo principalmente, e allo stesso tempo compravano ed esportavano i prodotti della terra degli acri fuori città.

Quell’anno i raccolti erano stati scarsi a causa della siccità; gli Skinflai erano letteralmente scomparsi dalla circolazione, e senza le loro nubi, solo la Dea poteva dirci quando sarebbe tornato a piovere. Ogni singolo grammo di cibo era una risorsa preziosa, e andava protetto a ogni costo!

Caso voleva che le granchio-scimmie avessero preso di mira proprio uno dei depositi cerealicoli più carichi, rischiando di fare terra bruciata di un intero ciclo produttivo.

Intere famiglie di Capo riponevano la loro sopravvivenza su di me e quanto sarei stato abile a sbarazzarmi di quei crostacei. Quindi potete immaginare la pressione che gravava sulle mie spalle.

Parlammo con due pegasi davanti all’entrata, loro avevano già tentato di fare qualcosa per scacciare le granchio-scimmie, ma ce n’erano ancora quattro all’interno, e sembrava che niente potesse convincerle a sloggiare.

«Da adesso ci pensiamo noi.» Disse mio Zio mandandoli via, prima di farmi cenno di seguirlo dentro.

Se vi state domandando perché le chiamino granchio-scimmie, vi sarebbe bastato vedere come si dondolavano tra una trave e l’altra del soffitto e avreste capito tutto della situazione in cui mi trovavo.

Si servivano dei sette tentacoli che avevano al posto delle zampe e della coda per balzare di qua e di là, rovesciando ovunque sacchi di frumento e granturco. Talvolta si fermavano, e potevi vedere bene le loro mandibole verticali muoversi, mentre sgranocchiavano qualcosa o strappavano pezzi di legno con le grandi chele anteriori.

Le chele, appunto, mi avevano fatto una paura dannata, ma Brave mi assicurò che non venivano usate per la difesa, ma solo per la locomozione sul pianterreno (in effetti, quando si trovavano all’altezza del pavimento, vedevi che deambulavano come delle creature azzoppate degli arti posterioli, mentre i tentacoli venivano trascinati dietro come appendici inermi).

Non avevo proprio idea di come avrei fatto per liberarmene; in seguito scoprii che i pegasi del magazzino ci avevano preparato una grossa cisterna in metallo (credo ricavata da un voluminoso boiler) nella quale avrei dovuto infilarli uno per uno per poi rinchiuderli con un coperchio. In seguito, sarebbe bastata una semplice magia di telecinesi di Brave per portarli lontano dalla costa e rispedirli in alto mare. Ma per quanto un Cacciatore competente avrebbe trovato l’incarico triste e umiliante, io ero tornato a sentirmi come il giorno prima, quando mi trovavo davanti al Razorgor affamato.

Non ero entusiasta del Contratto, e Brave, a parte mormorarmi qualche piccolo consiglio da un angolo del capannone (sedeva sopra una cassa di legno e disegnava qualcosa su carta con il corno, ricordatevi questi dettagli), si era attenuto al suo compito di farsi da parte limitandosi a guardare.

Io nel frattempo tentavo di fare del mio meglio, ma quelle creature di merda, rifiutate dalla loro stessa madre, si prendevano gioco di me zampettandomi intorno, rifiutando di farsi prendere!

Si nascondevano dietro i sacchi e tra le casse, e quando mi distraevo, si arrampicavano sulle pareti fino al soppalco, costringendomi più volte ad andare su e giù per la scala nel vago tentativo di stargli dietro, ma era un’impresa IMPOSSIBILE!

Mentre tentavo di scendere, una di esse stabilì che farmi correre a destra e manca non era abbastanza divertente, e cercò di farmi cadere scuotendo la scala.

Riuscii ad evitare il peggio mollando la presa e rotolando bruscamente a terra.

Mi rialzai lanciandole maledizioni: «Adesso cominciate davvero a stufarmi…! »

«Accecale.» Mi aveva suggerito Brave in tono indifferente, continuando a disegnare.

Allora io, ispirato dalle sue parole, presi un mucchietto di semi vari che c’erano per terra e con un colpo di zoccoli li frantumai tra le zampe. Li lanciai dunque verso la creatura che avevo davanti.

La granchio-scimmia non se l’aspettò, e io non mi aspettai la sua reazione, perché reagì come se le avessi appiccato fuoco con un incantesimo (vi spiego: fuori dall’acqua i loro occhi si seccano molto rapidamente, e anche se sono dotate di una sorta di ghiandole lacrimali per tenerli costantemente umidi, basta davvero un niente per causare in loro reazioni di dolore intenso. Questa cosa l’avrei imparata solo a suo tempo).

Mi buttai con tutto il mio corpo su di essa, e pregai in tutti i modi la Dea che le loro chele fossero davvero inoffensive. La afferrai tra le zampe anteriori e la trascinai fino alla cisterna, spostandomi, per la prima volta in vita mia, solamente sugli zoccoli posteriori.

Brave questa volta mi guardò, contento di come mi stavo comportando.

Così misi nel sacco il mio primo Bubbleloc. Avrei potuto gioire, non fosse che me ne restavano altri tre che scorrazzavano a zampa libera.

Capii ben presto che non erano creature così inoffensive come mio Zio stava cercando di spacciarmele.

Subito dopo aver intrappolato la prima granchio-scimmia, mi sentii rinato e speranzoso che le prossime sarebbero state più facili da catturare, così mi misi subito a galoppare verso la più vicina che trovai.

Adagiati lì accanto c’erano dei sacchi di iuta bucati, con dell’avena che usciva dai fori. Ne raccolsi una manciata pensando di ripetere lo stesso stratagemma di prima, ma avevo sottovalutato la scaltrezza del Bubbleloc.

Lo sapete cos’ha fatto quel piccolo bastardello?! Si era chiuso in se stesso! Cioè… si è schiacciato a terra nascondendosi gli occhi sotto le chele, che a quanto pare un’utilità oltre alla deambulazione ce l’avevano eccome, e si era ancorato alle assi del pavimento senza che io potessi far niente per smuoverlo da lì! Era inutile che gli tirassi addosso della roba o che tentassi di spostarlo, non aveva intenzione di staccarsi!

Quello che Brave si era ancora dimenticato di dirmi era che i Bubbleloc hanno nella parte inferiore del ventre una serie di ventose che utilizzano per aderire alle superfici, o come in questo caso, per difendersi dalla cattura dei predatori. E a questo proposito: mentre tentavo di sradicarlo dal pavimento, il tentacolo caudale – più duro rispetto a quelli che hanno per “zampe”, s’incurvò in aria a mo’ di coda di scorpione e mi frustò sul viso catapultandomi a terra.

Provai a rimettermi in zoccoli, confuso e frastornato, e le altre granchio-scimmie decisero di fare qualcosa che probabilmente neppure Brave si sarebbe mai immaginato.

Gli altri due Bubbleloc saltellarono verso di me e mi presero per le zampe posteriori. Strinsero le loro code prensili su di me e mi trascinarono per tutta la stanza verso il muro più vicino.

So che può sembrare assurdo, ma credo che volessero issarmi per poi farmi precipitare dall’alto. Non so se la iella mi perseguiti o se quel giorno Brave aveva preso un abbaglio colossale, fatto stava che si era sbagliato, e di brutto!

Per lo meno a quel punto aveva capito che avevo davvero bisogno di uno zoccolo.

Voltai la testa e notai che mio Zio si stava stagliando fermo a pochi metri da me. I suoi occhi, spalancati e immobili, gelarono i Bubbleloc obbligandoli a fermarsi.

«Vi ordino di liberarlo, SUBITO!» Disse per intimidirli, e quelli gli obbedirono come se fossero stati degli animaletti addestrati.

«Ora saltate dentro» indicò la cisterna «e smettetela di fare casino!»

Anche adesso obbedirono ai suoi comandi come cani al guinzaglio. Il modo in cui li serrava con il suo Sguardo era veramente incredibile!

Mi porse lo zoccolo e mi fece rialzare.

Io mi sentivo male. Non dolorante per la fustigata che avevo appena ricevuto, ma abbattuto, deluso di me stesso e della mia incapacità di affrontare la situazione.

«Così non è giusto però… io non ho lo Sguardo come te.» Mi lamentai, credendo, perlomeno, di avere dalla mia le argomentazioni giuste.

Come risposta, lo sentì ghignare, e in un angolo della sua bocca si era formato un sorrisetto che non mi piacque per niente.

Il suo corno si accese, e tirò fuori dal cinturino un paio dei suoi coltelli da lancio, che portava con sé dovunque andasse. Li indirizzò verso l’alto, sulla trave dove l’ultima granchio-scimmia stava oscillando.

Il primo si conficcò su un tentacolo, impalandola, il secondo invece trapassò la sua testa, dandole il colpo di grazia.

Guardai quello spettacolo inorridito, e mi domandai se era stato necessario arrivare a tanto. Sapete, mi sarei aspettato di vedere qualche dimostrazione del suo grande talento, qualcosa che differisse dai tipici trucchetti che qualunque unicorno sarebbe capace di fare, ma quella era stata violenza gratuita, una cattiveria che proprio non mi piacque.

«È così che funziona.» Iniziò a spiegare. «Vedi Spirit, non conta ciò che distingue gli altri da te. Ogni buon Cacciatore deve saper fare affidamento esclusivamente sulle proprie risorse. Sfruttare al meglio le capacità che LUI possiede. E tu, come mio futuro compagno, non dovrai pensare a me come a qualcuno con una marcia in più, bensì, a quello che TU potrai dare per essere migliore di ME.»

Mentre parlava, mi sembrava che le sue parole fossero scarne, come se mancasse qualcosa. Oppure completamente sbagliate. Di recente aveva commesso diversi errori, quindi che ragione aveva di farmi la predica?

«Ancora non ti ho convinto? Non hai imparato niente dall’ultima volta?»

Provai a seguirlo, e in effetti, mentre mi lamentavo, non avevo considerato il pony sfregiato e ciò che gli avevo visto fare malgrado fosse un semplice pony di terra. Questa conclusione, invece di aiutarmi, mi mise ancora più giù.

«Forse non sono adatto a fare il Cacciatore allora… » gli dissi, e lui di risposta mi mise uno zoccolo sulla spalla.

«Imparerai a esserlo. Abbi solo fiducia nelle tue potenzialità. “È per questo che non ti ho messo in guardia sui Bubbleloc e ti ho costretto a catturarli senza preparazione”

La seconda parte, lui… non la disse per davvero, me la sono inventata. Ma nella mia testa fu come se lo facesse. Io VOLEVO pensare che lui me lo stesse dicendo, e ho finito per immaginarmela fino a renderla vera.

Questa invece è autentica: «Perché credi che Colton Nyx mandi i Cacciatori a fare il lavoro sporco per lui? Perché ha bisogno di pony come noi, di guerrieri che sappiano valutare da sé le situazioni e adattarsi a ogni contesto. Imparerai che nelle missioni non conta la tecnica, e nemmeno la preparazione. Devi guardare agli scenari come se fossero dei manuali che ti dicono tutto e allo stesso tempo niente. Starà a te imparare come adeguarti a ogni circostanza.»

E quello che avevo vissuto in quel capannone era stata una prova lampante della coerenza delle sue parole. Se anche avessi saputo per tempo tutto quello che avrei appreso negli anni seguenti, non sarei stato comunque capace di catturare le granchio-scimmie da solo, perché “non sapevo leggere il manuale”.

Imparare a estrapolare le informazioni da ogni contesto, osservare il momento e quindi sentirlo dentro di me. Se dovevo diventare un valido supporto per mio Zio, avrei dovuto imparare questi tre mantra a memoria e farli miei. Come quando vidi quel bastone per terra, che mi evitò le zanne del Razorgor. Non sarei qui ora se non fosse stato per quell’istante di acume che mi salvò la vita.

«E comunque, la mossa di prima con i chicchi mi è piaciuta. Hai improvvisato bene.» Si complimentò, e questo mi tirò un su pochino. «Ora andiamo. Dobbiamo dire al nostro caro borgomastro che siamo in grado di cavarcela anche da soli. E poi, abbiamo delle commissioni da sbrigare.»

Questo ci porta inevitabilmente alle due personalità che hanno maggiormente determinato la mia carriera di Cacciatore negli anni a venire.

Cominciamo con Cuttersmith, il fabbro di Capo Unicorn. Se c’è mai stato un unicorno che abbia fatto fortuna dall’attività dei Cacciatori su Uruma, quello è senz’altro lui.

Ci rivolgevamo sempre a lui quando avevamo bisogno di riparare le nostre attrezzature o richiedere nuovo equipaggiamento, in più, ha anche insegnato a mio Zio come scolpirsi da sé la lama della Green Blade (o perlomeno, era quello che mi era parso di capire quando ne aveva parlato con lui).

Quel giorno pensai che saremmo dovuti andare per ritirare gli spallacci e gli schinieri di metallo che Brave aveva danneggiato nell’ultima missione, invece, finii per scoprire che aveva qualcosa in serbo per me.

Ricordate i disegni? Venni a sapere che mentre io giocavo ad acchiapparella nel magazzino dei cereali, lui aveva preparato un progetto per una bardatura da combattimento che presto sarebbe stata destinata a me.

Era una sua abitudine disegnare schizzi per attrezzature da Cacciatore, e la cosa non mi sorprese più di tanto, ma faceva uno strano effetto scoprire che tra non molto avrei indossato una “corazza” tutta mia.

Mentre loro si persero in una discussione che non seguii (stavano parlando con animosità, fatto che oramai avete capito, era la consuetudine nelle discussioni di Brave Lion), avevo dato un’occhiata alle tre pagine di disegni che aveva abbozzato su carta, ma poiché erano tracciati con il carbone e orribilmente pasticciati, capii ben poco della sua idea.

Avrei dovuto attendere diverse settimane prima di scoprire cosa mi aveva preparato.

Nell’ora che seguì, passai il tempo a farmi prendere le misure da Cuttersmith.

Lui sembrava turbato da qualcosa, i dubbi che mal celava si rispecchiavano nel modo in cui si arrovellava per appuntarsi ogni più piccola informazione che poteva trarre dal mio corpicino.

In più di un’occasione tornava a rivolgersi a Brave, ripetendogli frasi del tipo: «Non funzionerà!» E mio Zio rigettava prontamente.

Venne nuovamente cavato fuori il nome dello sfregiato, che Brave usava come esempio per la bardatura che indossa il suo ex-collega, ma Cuttersmith asseriva con convinzione che non era la stessa situazione, che IO non sarei mai stato capace di indossarla. “Non avevo la giusta costituzione”. E non capendoci niente, li guardai bisticciare senza sapere da quale parte schierarmi.

Naturalmente, il tempo avrebbe dato ragione all’ostinazione di mio Zio.

Andammo a riscuotere il mio primo compenso da Cacciatore: Dieci Argenti.

Era inutile negarlo, si trattava di una paga quanto mai simbolica, se penso che un mozzo su una nave ne fa quattro in un’ora e fino a cinquanta in una sola giornata di lavoro.

Eppure io ne fui emozionato, erano soldi miei, che – almeno in parte – mi ero guadagnato con il sudore della mia fronte. Questo mi diede una spinta che prima mi era mancata: potevo fare il Cacciatore anche per me stesso; aiutare Brave era solo la ragione del mio esordio, ma coll’avanzare del tempo avrei anche potuto farne una mia motivazione personale. Ed ero sempre più convinto che quella strada mi avrebbe portato, un giorno, ad ottenere un Simbolo di Virtù.

Colton Nyx accolse la mia vittoria con cauto sorriso. Naturalmente non sapeva dell’intervento di Brave, ma la prossima volta, m’impuntai, avrei fatto il possibile per cavarmela da solo.

Comunque, prima di tornare a casa, c’era ancora una tappa che dovevamo raggiungere.

Il Bazar di Malaika, era chiamato così perché a quei tempi lo gestiva lei. Suo nipote Duka ne avrebbe preso le redini solo in un secondo momento.

Che cosa si può dire di lei? Quella zebra è stata da sempre e per tutti un mistero, che si alimentava da sé anche grazie all’aura di misticismo che le girava intorno.

Qualcuno diceva che era scappata dal suo paese natio imbarcandosi di nascosto in una nave pirata insieme a Duka, per fuggire così da un non meglio precisato conflitto che stava imperversando nella regione. Altri invece sostenevano che era stata cacciata dal suo villaggio perché praticava la negromanzia e altre forme di arti oscure, e che si trovasse su Uruma da più tempo di chiunque altro.

Entrambe le teorie non avevano senso, obbiettivamente, ma era affascinante notare come tutte le mistificazioni che si dicevano sul suo conto non tenevano la clientela lontana dal suo negozio, ma anzi, era quasi una tappa obbligatorio per qualunque Cacciatore che voleva prepararsi per una missione. Come Cuttersmith, anche lei aveva fatto la sua fortuna grazie all’andirivieni dei Cacciatori che abitavano a Capo.

I guerrieri si rivolgevano a lei quando avevano bisogno d’impiastri particolari per le loro missioni, veleni e pozioni di ogni tipo, ma all’occorrenza sapeva anche imprimere su pergamena incantesimi utilizzabili da pegasi e pony di terra. Le sue conoscenze delle rune antiche e dei linguaggi per il dominio degli elementi della natura spesso superavano in competenza persino l’intelletto dei maghi unicorni più arguti.

La sua bottega, poi, era piena delle spezie più variegate e degli ingredienti più fantasiosi: ossa di Ibis, lacrime di Drago, cristalli di Idra, peli di cinocefalo. Alla fine non erano altro che infiorescenze essiccate, semi di frutti e polveri setacciate dal terreno, che potevano produrre effetti specifici se mescolate insieme e cotte alla giusta temperatura.

Entrammo dentro e fummo accolti dal profumo d’incenso, che allora si poteva annusare anche da fuori.

Malaika arrivò ad accoglierci subito nelle sue vesti lunghe e colorate. Particolare che spiccava era il grande ciondolo di ossidiana e corallo che portava al collo, magnetico e probabilmente intriso di qualche forza arcana.

Una personalità che affascinava chiunque la vedesse.

«Miei cari, le stelle che nuotano nel mare splendente vi accolgono, che il ciel sia lodato!» Esordì lei da dietro il banchetto, e malgrado l’età aveva ancora una vitalità che non avrebbe sfigurato neppure in battaglia.

«Sono passato per sapere se le calzature sono pronte, signora.» Rispose Brave, intanto che io ero stato attirato da alcuni tarocchi esposti in una teca.

Da una stanza sul retro, avevo notato che Duka guardava verso noi con un filo di noia. Malgrado sia più grande di me di diversi anni, ho sempre pensato che io e lui abbiamo diverse cose in comune, nonostante nessuno dei due si sia mai impegnato per davvero a stringere dei rapporti con l’altro. Anche lui, come me, si era ritrovato a dover aiutare sua nonna in un’attività che non l’aveva mai coinvolto del tutto, e proprio come me, la sua maschera nascondeva il bisogno di scappare, per rincorrere una libertà che diveniva sempre più confusa via via che trascorrevano gli anni.

Malaika annuì con calore alla richiesta di mio Zio, e domandò a Duka di andare nel retrobottega per recuperare le Calzature per il Galoppo Verticale.

Fu la prima volta che le vedevo, e in quel momento mi sembrarono solamente degli strani stivali con la suola scolpita nella pietra.

Mio Zio le aveva avvicinate a sé e le aveva esaminate da cima a fondo, per poi riconsegnarle alla vecchia zebra.

Malaika le girò all’insù, scoprendo le rune che c’erano state incise sotto con preciso lavoro di scalpello. Fu allora che compresi di essere stato troppo precipitoso a giudicarle.

Prese una strana polvere molto sottile e la soffiò sulle incisioni, cantando una nenia nella sua lingua natia mentre le particelle si depositavano sopra. Ai tempi pensavo che questa polvere era indispensabile perché l’incantamento funzionasse, ma non è così in effetti.

Fatto questo, le calzature sarebbero anche state pronte per l’utilizzo, ma prima di riconsegnarcele, la zebra si cimentò nella recita di un monologo nella lingua dei pony, che finì per restarmi impresso nella memoria: «E che non risenta più l’effetto del suo volere, di Lei. Che le carni non siano più schiave degli elementi, i Suoi. Sollevati Brave Lion, e non temere la Sua ostilità. Malaika te lo concede, oggi e domani, e che il ciel si lodato!»

Trovai strano ciò che disse, perché le zebre basano la propria fede sul culto delle stelle e degli astri, ma quel sermone era stato indirizzato espressamente alla Dea. Non feci domande, anche perché Brave era rimasto completamente impassibile durante la cerimonia.

Raccolse le calzature e pagò l’anziana fattucchiera con gli Argenti del suo compenso, quindi ce ne andammo.

Ah, dimenticavo di dirvelo: prima di uscire anche lei notò le mie cicatrici, il suo commento a riguardo è stato: «Oh stelle, le ferite di questo piccolo cucciolo! Che cosa ti è successo, dimmi? Che il ciel sia lodato!»


   
 
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