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Autore: Blue Owl    04/06/2017    2 recensioni
AU. Viaggi nel tempo. Piton torna indietro nel tempo, con la consapevolezza di ciò che accadrà nel caso in cui fallisse. Senza più serbare rancore, cerca di modellare Harry per renderlo il più grande mago di tutti i tempi, a partire dal giorno in cui Hagrid condusse Harry a Diagon Alley.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Potter, Severus Piton, Un po' tutti
Note: AU, Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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To Shape and Change - Modellare e cambiare
di Blueowl

tradotto da Mezzo_E_Mezzo


Rinuncia: né io né l’autrice possediamo Harry Potter.

Capitolo 15: [White Magic] Magia Bianca

Muffola apparve silenziosamente nelle stanze private del Preside, Era comprensibilmente nervosa. Normalmente, solo gli elfi domestici personali del Preside entravano lì, ma il suo padrone le aveva assegnato una missione, e lei doveva portarla a termine!
Entrando senza far rumore in una stanza di servizio, usata come salotto, aspettò, sapendo che Calzetto*, l’elfo domestico preferito di Silente, avrebbe presto percepito la sua presenza, e sarebbe venuto da lei per chiederle il motivo della sua visita.
Non dovette aspettare a lungo.
-Pop-
«Muffola? Perché sei venuta qui? Il padrone di Muffola ha un messaggio da consegnare a padron Silente?»
«No, Padron Piton ha dato a Muffola una missione importante da delegare a Calzetto, perché Muffola non ha alcuna speranza di farcela.»
«Oh?»
«Il tuo grande padrone è malato, il mio padrone ne è sicuro. Ha chiesto a Muffola di assicurarsi che Calzetto e gli altri elfi domestici lo sapessero. Vuole anche che tu gli procuri qualcosa.»
Calzetto spalancò gli occhi, annuendo ferventemente. «Calzetto e gli altri si prenderanno cura del grande padrone Silente. Grazie, Muffola, per averci avvertito. Il padrone era sembrato stanco. Noi ci assicureremo che il padrone stia di nuovo bene. Che cosa desidera il padrone di Muffola?»
«Una ciocca di capelli del padrone di Calzetto e una fiala di sangue. Padron Piton vuole trovare che cosa sta causando la malattia del Preside prima che possa peggiorare.»
Calzetto fece una smorfia.
Quello che lei gli stava chiedendo era roba grossa. Sangue e capelli potevano essere usati in un’ampia serie di incantesimi e pozioni, la maggior parte di essi molto potenti e potenzialmente pericolosi e anche dannosi per il donatore. Molta della magia del sangue era proibita, e per una buona ragione. Comunque, a Calzetto il padrone aveva ordinato -ordinato, che era qualcosa che raramente lui faceva- di fare qualunque cosa l’Insegnante di Pozioni credeva fosse meglio fare per la salute e il benessere degli abitanti di Hogwarts, incluso lui stesso.
Calzetto prese la fiala vuota che Muffola gli porgeva. «Calzetto ora capisce perché Muffola non avrebbe potuto farcela da sola. Calzetto vedrà quello che può fare. Aspetta qui.»
«Oh, e per favore, Calzetto, non dire a nessuno di tutto questo. Il mio padrone vuole che rimanga segretissimo.»
«Rimarrà segretissimo, Calzetto lo giura.»
-Pop-

O o O o O

Calzetto osservò la stanza intorno a sé, in cui aveva prestato servizio per quasi mezzo secolo. Con la fiala in mano, fece un passo avanti con determinazione.
Avvicinandosi al letto del suo padrone, sbirciò dal bordo per vedere il suo vecchio padrone che dormiva.
Il suo sonno non era tranquillo, notò rapidamente Calzetto. Faceva delle smorfie e aveva delle gocce di sudore sulla fronte. La sua cuffia da notte a strisce era storta, e le coperte erano per metà rivoltate fuori dal letto. Non si agitava né tossiva, ma era, se possibile, troppo immobile.
Annuendo tra sé, Calzetto prese una decisione e si arrampicò abilmente sul letto.
L’insegnante di pozioni era nel giusto. Il suo padrone era malato, ma malato di cosa, Calzetto non lo sapeva. Non aveva mai visto né percepito una cosa così. Sembrava… viva, ed era molto molto potente, il che aveva senso, ammise Calzetto. Doveva essere una cosa potente per far ammalare il suo padrone.
L’ultima volta che il suo padrone si era ammalato era stato quando era diventato per la prima volta Preside. Il passaggio di potere degli scudi lo aveva esaurito, poiché aveva dovuto rinforzarli a causa della mancanza di cura del Preside Dippit.
Calzetto scosse la testa. Il Preside Dippit era stato davvero un mago debole, e non in senso magico, poiché magicamente era stato leggermente al di sopra della media. No, Dippit era stato debole nel carattere. A Calzetto non piaceva pensare cose del genere a proposito di nessuno, ma era vero. Hogwarts aveva sofferto sotto la guida di Dippit, e al suo padrone ci erano voluti anni per correggere e curare il danno che Dippit aveva causato ad Hogwarts. Per alcuni ambiti, Silente stava aggiustando le cose, ma, sfortunatamente, Calzetto dubitava che il suo padrone sarebbe stato in grado di riportare Hogwarts allo stato in cui sarebbe dovuta essere, in particolare nel modo in cui veniva governata. Era a causa di Dippit che Hogwarts ora aveva un Consiglio di Amministrazione.
Prima, il Preside decideva tutto – rette scolastiche, richieste di ammissione, borse di studio, programmi estivi… tutto. E l’unico modo in cui poteva essere rimosso dalla sua posizione era tramite voto unanime dei Capo-Casa.
Rifocalizzandosi sul suo compito, Calzetto ricompose magicamente il letto, avvolgendo affettuosamente nelle coperte il suo padrone. Calzetto si era preso cura di Silente sin da quando era piccolo, e non avrebbe mai smesso di tenere a lui così tanto.
Facendosi determinato, Calzetto agitò la mano al di sopra del proprio padrone, ponendo su di lui una magia che non era stata più necessaria da quando era un bambinetto. Magia soporifera. Se l’Insegnante di Pozioni diceva che aveva bisogno di capelli e sangue per aiutare il suo padrone, Calzetto li avrebbe presi. La spia del suo padrone lo avrebbe aiutato a sistemare le cose.
Calzetto tirò con fare esperto un lungo capello argentato, prima di guardare la mano di Silente.
Con la piccola fiala, si chinò in avanti, prima di fare un piccolo taglietto sull’indice del suo padrone e di farlo sanguinare nel piccolo contenitore lungo 9 centimetri fino a riempirlo.
Con ciò, Calzetto curò rapidamente il taglietto, sperando di non aver causato alcun disagio al suo padrone, anche nel sonno.
Calzetto sigillò la fiala e scese dal letto, mettendo fiala e capello nella federa di cuscino blu che indossava, prima di dirigersi verso la porta.
«Hmm.» Silente si mosse, aprendo appena gli occhi per vedere che cosa lo aveva svegliato. «Calzetto?»
«Calzetto è qui, padrone,» fece lui dolcemente, non così sorpreso che il suo padrone fosse riuscito a interrompere il sonno indotto magicamente. Doveva tenerlo addormentato solo mentre si procurava ciò di cui aveva bisogno.
«Che ore sono?» Chiese con voce impastata.
«Sono le due del mattino, signore. Calzetto ha pensato che il padrone aveva bisogno delle sue coperte. Il padrone ha caldo?»
«No, ma penso di volere qualcosa da bere. Andrò alle cucine e mi farò fare una cioccolata calda.»
Calzetto accorse rapidamente al suo capezzale, mentre lui si stava tirando su – più o meno.
«Calzetto può portare da bere al padrone, signore. Il padrone vuole doppio o triplo cioccolato?»
«Va tutto bene, Calzetto. Ce la faccio,» disse Silente, mettendosi una mano sul lato della testa, cercando di raddrizzarsi la cuffia da notte mentre si sforzava di scacciare l’improvviso stordimento che lo annebbiava e che stava aumentando rapidamente in un capogiro malsano. Ricadde di nuovo sui cuscini. «Urgh.»
«Padrone? Il Padrone sta bene?» Chiese Calzetto, facendosi subito molto preoccupato. «Calzetto deve chiamare Madama Pomfrey?»
Silente fece diversi respiri per calmarsi, prima di rispondere. «Sembra che restare sdraiato sia d’aiuto. No, non chiamare Madama Pomfrey. Probabilmente mi sentirò meglio in mattinata. Non voglio svegliarla a quest’ora della notte. Come direbbero i babbani, questo è solo un malessere di ventiquattr’ore, comunque.»
Chiuse gli occhi, mentre lo stordimento passava.
«Calzetto allora deve portare al padrone da bere?»
«Sì, ma dell’acqua, per favore. Sfortunatamente, non credo che sia saggio assumere zuccheri al momento.»
«Sì, padrone. Calzetto la porterà subito al padrone.»
-Pop-

O o O o O

-Pop-
«Padrone, Muffola ce l’ha!» Disse Muffola, affrettandosi verso Severus che aveva già preparato il necessario nel proprio laboratorio.
Severus sorrise. «Grazie, Muffola. Puoi mettere tutto qui.»
Muffola obbedì allegramente, prima di fermarsi e di guardare gravemente il suo padrone. «Calzetto ha detto a Muffola che il Preside non è riuscito ad alzarsi dal letto per prendersi della cioccolata calda. Era troppo stordito.»
L’insegnante di pozioni fece una smorfia. Allora aveva ragione. Stava succedendo qualcosa di serio.
«Allora devo mettermi subito al lavoro. Se vuoi, Muffola, puoi iniziare a scaldare questo per me mentre preparo una parte del suo sangue che ci ha procurato Calzetto.»
«Sì, padrone.»
E così, il padrone e l’elfo si misero al lavoro, provando a venire a capo di qualunque cosa stesse affliggendo il Preside.
Diverse ore dopo, il sole si levava all’orizzonte, e Severus fissò i suoi risultati.
«Muffola, andresti a vedere se Lupin è già in piedi? Penso che potremo aver bisogno di qualcosa da lui, se vorrà. Forse ho capito che cosa sta succedendo. Spero solo di aver ragione.»
«Sì, padrone.»
-Pop-

O o O o O

ore 08.00 – Hogwarts

Remus non sapeva che cosa stesse accadendo, ma il fatto che l’elfo personale di Severus fosse venuto da lui gli fece capire al volo che la faccenda era importante. E così, si trovò presto a bussare alla porta del laboratorio personale di Severus nei sotterranei.
«Avanti,» la voce fonda di Severus giunse dall’altra parte.
Esitando, Remus entrò.
«Chiudi la porta dietro di te,» affermò l’insegnante di pozioni, senza alzare gli occhi, ma guardando attraverso una qualche sorta di strumento che aveva sul proprio tavolo.
Un microscopio?
«Severus, c’è qualche problema?» Chiese Remus, chiudendo l’uscio prima di farsi avanti.
«No, non c’è niente che non va, almeno non credo. Comunque, ti ho chiesto di venire per aiutarmi a provarlo. Ho bisogno di un campione del tuo sangue.»
«Un campione del mio che? Di che cosa si tratta?» Chiese Remus, diventando rapidamente sospettoso.
Chiedere il sangue di qualcuno era una richiesta molto personale, dopotutto. Poteva essere usato per fare un sacco di cose, buone e malvagie.
«Lupin, è importante. Non te lo chiederei altrimenti. Non preoccuparti, non sarà usato in nessuna pozione.»
Remus rilasciò il fiato. «Molto bene. Quanto te ne serve?»
«Solo una goccia. Mettila su questo vetrino, per favore,» disse Severus, porgendogli una piccola lastrina di vetro rettangolare.
«Che cosa sta succedendo?» Chiese Remus mentre si puntava la bacchetta contro un dito, facendosi un taglietto sottile da cui poi poté far stillare una goccia di sangue sulla lastrina.
«Te lo dirò mentre guardiamo,» fece lui, prendendo la lastrina da Remus. Quindi mise una goccia di liquido rosso, da una fiala di 9 cm, proprio accanto al campione di sangue di Remus, e li mescolò.
Remus prese la fiala di sangue dal tavolo, mentre Severus metteva la lastrina sotto il microscopio magico per esaminarla.
«Oh, e adesso di chi è questo sangue? E perché lo hai mescolato al mio?» Chiese Remus, ora volendo davvero arrivare in fondo alla faccenda.
Severus non gli rispose, così Remus annusò il sangue.
«Che cosa stai facendo, in nome di Merlino, con una fiala del sangue del Preside?!»
Severus alzò lo sguardo dal microscopio, senza rivelare nulla con l’espressione del viso. «Che cosa ti fa pensare che sia del Preside?»
«Ho i miei metodi,» affermò Remus, aggrottando gli occhi.
«Beh, se proprio devi saperlo, sì, è del Preside.»
«Come diavolo lo hai avuto?»
Severus tornò a guardare nel microscopio. «Ho i miei metodi.»
«Severus, ti giuro che se non mi dici subito che sta succedendo, dovrò-»
«Il Preside si è sentito male ieri sera, sul tardi.»
Questo modificò rapidamente i sentimenti di Remus sulla situazione. «Oh no, sta bene?»
«Sono convinto che starà bene, ma il suo organismo si è dovuto abituare a qualcosa, che è il motivo per cui ho avuto bisogno di chiamarti qui.»
«D’accordo...» iniziò Remus, provando a seguire il discorso. «Ma questo ancora non spiega cosa speri di ottenere con quello che hai appena fatto.»
«In qualche modo il Preside ha assimilato la magia bianca di Potter nel suo organismo. Credo che ne sia stato esposto abbastanza all’ICM per far sì che la magia bianca fosse concentrata a tal punto da entrare in lui. E ora sembra che questa stia tentando di incorporarsi nel suo nucleo magico, proprio come ha fatto con quelli che Potter ha guarito.»
«Questo ha a che fare con la licantropia?»
«Guarda qui. Ti sarà tutto chiaro,» affermò Severus, sospingendolo verso il microscopio.
«Questo è uno strumento babbano,» affermò Remus, confuso.
«Sì, che ho alterato leggermente perché mi aiutasse nel creare pozioni. Questo microscopio più vedere la magia a livello microscopico, proprio come tutte le cose che i babbani possono vedere con esso. C’è più nelle pozioni che un semplice mescolamento degli ingredienti, sai. C’è proprio una scienza di esse, e guardando al cuore degli ingredienti- oh, lascia perdere. Guarda e basta.»
Remus sbatté le palpebre, prima di fare come gli era stato detto.
«Um, che cos’è che sto guardando?»
Poteva vedere dozzine di piccole cosine a forma di ciambella che galleggiavano in mezzo ad altre forme. C’erano alcune ciambelline con una strana nebbia nera intorno, mentre altre sembravano solo delle semplici ciambelline rosse.
«La maggior parte di ciò che vedi sono i globuli rossi del Preside e i tuoi - quelli a forma di ciambella. I tuoi sono quelli con il residuo oscuro,» spiegò Severus mentre Remus continuava a guardare.
«Che cosa sono queste cose bianche di forma sferica?»
«Questi sono i globuli bianchi del Preside. Continua a guardare.»
«Oh,mio Dio!»
Un globulo bianco, che sembrava pulsare di luce bianca, improvvisamente puntò alcuni dei suoi globuli rossi e succhiò via la nebbia nera, assorbendola e diventando ancora più lucente prima di continuare verso il successivo gruppo di globuli rossi infetti, lasciandoli poi guariti nella sua scia.
«È quello che penso che sia?»
«Se pensi che sia una cura alla Licantropia, hai probabilmente ragione. Ma credo che sia più di questo. Credo che sia anche un vaccino. Credo che se il Preside dovesse essere morso da un licantropo, non dovrebbe preoccuparsi e temere di diventare uno di loro. Lui è immune.»

O o O o O

ore 10.00 - Ministero

«Signora, questo potrebbe essere l’inizio di un’epidemia!» Esclamò il Ministro.
«Non giungiamo a conclusioni affrettate, Ministro. Facciamo solo un passo indietro e guardiamo i fatti,» affermò Madama Bones, prima di voltarsi verso un guaritore. «Quanti si sono ammalati?»
«Beh, è solo che, quando glielo chiedono, dicono che non si sentono proprio male, solo un po’ sottotono. La maggior parte di loro non ha nemmeno la febbre, hanno solo un aspetto orribile e non hanno energie,» rispose lui.
«Chi si sta ammalando? C’è qualcosa in comune tra loro a parte l’essere stati presenti alla riunione ICM di ieri?»
«Sono tutti al di sopra dei sessant’anni, sebbene alcuni individui più giovani abbiano ammesso di sentirsi un po’ giù, ma non hanno altri sintomi considerevoli.»
«Quanti sono?»
«Solo quindici, senza contare quelli che si sentono un po’ “giù”. Non sembra diffondersi per niente, ed è già qualcosa.»
«Siete stati in grado di rilevare qualcosa? Una maledizione, una pozione, una malattia?» Disse velocemente la Bones.
«No, nulla. Non sappiamo che cosa lo stia causando, ma alcuni dei pazienti sembrano già stare meglio. Al momento, non pensiamo che sia una minaccia letale, ma il fatto che sia comparso così in fretta è preoccupante, ipotizzando che sia stato causato da qualcosa alla riunione dell’ICM.
Un’altra cosa strana è che sembra essere più grave con coloro che sono più anziani o con coloro con una magia particolarmente potente.»
La Bones fece una smorfia. «Abbiamo la mappa dei posti a sedere della riunione? Potremmo vedere se queste persone erano sedute vicine. Magari c’è una connessione.»
Riuscirono rapidamente a rimediare una mappa dei posti assegnati e iniziarono a evidenziare coloro che si erano ‘ammalati’. Di certo, c’erano indizi notevoli.
Le prime file, più vicine al tavolo principale, avevano la maggior parte delle persone evidenziate. Ma, più lontano sulla sinistra, vicino alla tirocinante Francese, ce ne era un altro gruppo, un po’ più piccolo dell’ultimo gruppo, che era posizionato a destra in fondo, intorno alla sedia del Signor Lee.
Madama Bones alzò gli occhi dalla mappa. «Penso che abbiamo capito tutti che cosa vuol dire questo. Il Signor Potter è in qualche modo la causa.»
«La magia bianca?» Chiese il guaritore.
«Deve essere quella.»

O o O o O

ore 10.00 - Hogwarts

Il Preside aveva saltato la colazione. Aveva saltato la colazione e non aveva inviato una nota né nient’altro. Anche Severus e Remus avevano mandato una nota, dicendo che stavano lavorando a qualcosa giù nei sotterranei e che non sarebbero venuti a colazione.
Era molto poco da Silente il non inviare una nota, anche se non erano coinvolte lezioni, così Minerva decise di andare nell’ufficio del Preside per vedere se per caso aveva perso il senso del tempo ed era rimasto alzato tutta la notte o qualcosa di simile. Era già successo in precedenza, il Preside era stato sommerso dalle scartoffie e aveva del tutto dimenticato la colazione.
Salite le scale, superato il gargoyle che scivolò rapidamente di lato, bussò alla porta del suo ufficio prima di entrare, come faceva spesso, entrando dopo aver annunciato la propria presenza. Il posto era silenzioso e non vide il mago alla propria scrivania o da nessun’altra parte nell’ufficio. Guardò sulla scrivania, sperando in una nota indirizzata a lei, che le dicesse dove era andato o altro.
Niente.
«Hmm.» Guardò i ritratti lì intorno, la maggior parte dei quali la guardava con aspettativa. «Avete visto il Preside oggi?» Domandò.
«No, non lo abbiamo visto. Speravamo che lei sapesse che sta succedendo. Pensiamo che sia ancora nei suoi alloggi privati, comunque.» Disse Quentin Trimble, un ex Preside.
Minerva fece una smorfia, camminando verso le stanze di Silente. Ricomponendosi, aprì la porta ed entrò, richiudendo quella che dava verso l’ufficio.
«Albus?» Chiamò, la voce che echeggiò sulle pareti. «Sei qui?»
-Pop-
«Oh! Calzetto, mi hai spaventata.»
«Calzetto è spiacente, Professoressa, ma Calzetto pensava che la Professoressa McGranitt avrebbe voluto sapere che il Padrone sta dormendo e non dovrebbe essere disturbato.»
«Dormendo? Sono le dieci passate.»
«Il Padrone… non si sente bene, così Calzetto ha insistito che rimanesse a letto per farlo stare meglio. La sua febbre si è abbassata ora.»
«Quell’uomo. Non lo sa che abbiamo Madama Pomfrey per una ragione?» Domandò la McGranitt, guardando oltre Calzetto verso la camera di Silente. «Quando ha iniziato a sentirsi male, quali sono i sintomi?»
«Ieri sera, pensa Calzetto. Il Padrone ha detto a Calzetto che il Professor Piton lo ha accompagnato fino alla sua camera.»
«E i sintomi?»
«Per lo più debolezza e vertigini, ma il Padrone dice che stare sdraiato aiuta e che non c’è niente di cui preoccuparsi.»
«”Per lo più debolezza e vertigini”, “niente di cui preoccuparsi”? Se non fosse malato, lo trascinerei in Infermeria per la barba.»
«Oh, per favore, Professoressa McGranitt, lasciatelo dormire. Calzetto è sicuro che starà meglio molto presto.»
La McGranitt sospirò, incapace di continuare la sua tirata vedendo quanto disperatamente Calzetto volesse permettere al suo padrone di continuare a dormire.
«Molto bene, ma dovrò avvisare Madama Pomfrey. Sarebbe molto in disappunto con tutti noi se lo scoprisse più tardi.»
«D’accordo, Professoressa, Calzetto capisce.»
«Fammi sapere quando si sveglia.»
«Sì, Professoressa McGranitt.»

O o O o O

Silente si svegliò al suono di… qualcosa fuori dai suoi alloggi. Nel suo ufficio, forse? Sembravano delle voci. Guardò l’orologio sul suo comodino.
Le 11.14 del mattino. Wow, aveva davvero dormito per mezza giornata in più?
Tirandosi su a sedere e compiacendosi di non sentirsi ancora frastornato, si alzò e iniziò a prepararsi; comunque, scoprì che gli dolevano i muscoli, come se fosse nel bel mezzo di una brutta influenza. Mettendosi il cappello da mago in testa, sentì che aveva bisogno di sedersi per un momento prima di andare nel suo ufficio.
«Padrone?»
Si voltò e trovò Calzetto che lo guardava dall’altra parte della stanza.
«Sì, Calzetto?»
«Come si sente il Padrone?»
«Non sono ancora del tutto a posto, ma mi sento meglio di prima,» rispose.
«Calzetto è molto grato. Calzetto era molto preoccupato.»
Silente gli dedicò un sorriso dolce prima di richiamarlo a sé con un gesto. Calzetto abbracciò le ginocchia di Silente, le sue larghe orecchie a sventola abbassate.
«Sto piuttosto bene, amico mio. Ogni tanto, ci ammaliamo tutti, anche io.»
Calzetto annuì, ricomponendosi. «La Professoressa McGranitt e alcuni altri sono nel suo ufficio, Padrone. Devo andare lì e dirgli di andare via? Calzetto sa che hanno svegliato il Padrone.»
«No, devo andare a vedere come mai stanno discutendo. Prima mi è sembrato che discutessero. Spero che Cornelius non abbia di nuovo fatto qualcosa di sciocco.»
«Il Padrone è sicuro che non dovrebbe tornare a letto? Il Padrone è ancora pallido,» insistette Calzetto, andando verso il letto e scostando le coperte, provando a incoraggiare il Preside a tornare a stendersi.
«Calzetto, prometto che non mi affaticherò. Basta preoccuparsi.»
«Va bene, Padrone,» sospirò Calzetto.
Con questo, Silente arrancò attraverso i propri alloggi e entrò silenziosamente nel proprio ufficio attraverso la porta laterale che spesso non era notata dai suoi visitatori. Nel tempo che impiegò a raggiungere l’ufficio, parte di lui si domandava se avrebbe dovuto seguire il consiglio di Calzetto e tornare a letto, ma tali pensieri svanirono rapidamente quando vide che nel suo ufficio si stava tenendo una discussione. Rimase dov’era, in grado di vederli ma senza essere notato.
«Sta ancora riposando, Madama Bones,» stava dicendo Minerva, in piedi al centro del suo ufficio.
«Vuol dire che anche lui si è ammalato?» Domandò Madama Bones, in piedi accanto al camino. «Quanto sta male? Noi abbiamo verificato più di una dozzina di casi, e abbiamo scoperto che i sintomi sono più gravi proporzionalmente a quanto il mago è più anziano e più potente, magicamente. Madama Pomfrey lo ha visitato?»
«Non ancora. Abbiamo dato per buone le affermazioni del suo elfo domestico, e siamo fiduciosi che lui stia bene, solo stanco. Non vogliamo svegliarlo innecessariamente, e Severus ha confermato le parole dell’elfo,» spiegò Minerva.
«Il Professor Piton? Senza offesa, ma perché la sua parola dovrebbe avere tanto peso?» Chiese la Bones, voltandosi verso l’insegnante di Pozioni.
«Sono stato in grado di studiare determinati aspetti riguardanti la magia bianca del Signor Potter, che è chiaramente la causa degli eventi attuali. Credo che non venga causato alcun danno permanente a coloro che vengono a contatto con essa, e le sue affermazioni sul fatto che coloro che si sono ammalati si stanno ora riprendendo supportano le mie ipotesi.»
La Bones scoccò una penetrante occhiata a Severus, come valutandolo. «Molto bene. La sua teoria sembra avere dei meriti. Ha altre considerazioni insieme a questa?»
«Se vuole la mia umile opinione, credo che coloro che assorbono in sé questa magia bianca divengano immuni alla licantropia. Sono anche certo che questo potrebbe essere trasformato in una cura e in un vaccino distribuibile, se dovesse essere trasfuso direttamente nel flusso sanguigno da un individuo che ha già ottenuto l’immunità.»
«Una trasfusione di sangue? Non credo che il Mondo Magico considererebbe sicura questa scelta,» affermò la Bones.
«Ovviamente bisogna considerare i gruppi sanguigni, come fanno i Babbani, e partire da lì, ma non è difficile. Anche alcuni dei miei alunni del primo anno potrebbero capire un concetto del genere e metterlo in pratica, avendo gli strumenti.»
«Comunicherò quest’idea ai Guaritori e vedrò che cosa ne pensano.»
«Beh, se è d’aiuto, abbiamo un volontario per un esperimento di prova.»
«Quest’individuo è un licantropo?» Chiese la Bones, incredula.
«Sì. Comprende i pericoli e vorrebbe che l’esperimento si tenesse qui, se questo fosse in accordo con le pratiche dei guaritori e potesse essere organizzato,» continuò Severus, ignorando l’espressione stralunata di Minerva e voltandosi verso l’angolo più lontano della stanza.
«Che cosa ne pensa, Preside?»
«Penso che sia una splendida idea, Severus,» rispose Silente, affatto sorpreso dall’essere stato improvvisamente incluso nella conversazione.
La Bones e la McGranitt si voltarono rapidamente, trovando il Preside sulla soglia della porta che era nell’angolo nascosto da una delle molte librerie di Silente.
«Albus, che cosa fa alzato?» Chiese Minerva, sinceramente un po’ preoccupata per l’aspetto del Preside.
«Beh, l’ultima volta che ho controllato, questo era il mio ufficio,» replicò lui con un sorriso, facendosi strada verso la propria scrivania.
Gli altri lo osservarono, notando come avanzava i passi con cautela prima di sprofondare, sollevato, sulla propria poltrona.
«Come si sente, Preside?» Chiese Madama Bones, cogliendo con lo sguardo il pallore delle sue guance.
«Oh, sono stato meglio, lo ammetto, ma sono sicuro che sopravviverò. Ma a parte la mia salute, non vedo alcun problema in fare ciò che ha suggerito Severus, sebbene non ho ben capito come sarà portato avanti esattamente questo esperimento.»
«Sinceramente dubito che potrà essere organizzato prima dell’inizio delle lezioni, ma vedrò che cosa posso fare. Per il modo in cui sarà condotto l’esperimento, lascio questo aspetto a Severus, questo se i Guaritori acconsentiranno a una tale operazione, in primo luogo.» Disse la Bones.
«Allora dovremmo semplicemente aspettare e vedere,» replicò Silente.
«Beh, spero che si senta meglio presto, Preside. Ora devo andare. Il Ministro sta senza dubbio diventando impaziente,» fece lei, prima di andar via subito.
Severus e Minerva si concentrarono su Silente.
«Allora, come si sente davvero, Albus?» Chiese Minerva, e il suo tono da solo diceva a entrambi gli uomini nella stanza che una risposta parziale o una balla non sarebbe stata ben accolta.
Le spalle di Silente si abbassarono lentamente. Ora che la Bones se ne era andata, non pensava di dover più mantenere le apparenze. «Come una caramella al limone ciucciata,» disse alla fine.
Minerva ebbe una contrazione all’occhio, e Severus trovò difficoltoso mantenere un’espressione seria.
«Un… interessante descrizione, Preside. Ha ancora le vertigini?» Chiese Severus.
«Non proprio, un po’ di capogiri, ma niente di più.»
«Quanti sono “un po’”?» Interrogò Minerva, assottigliando gli occhi.
Silente la guardò sollevando le sopracciglia. Chiaramente non si aspettava di essere sottoposto a un tale scrutinio. «Abbastanza da essere considerati, ma non soverchianti. Davvero, Minerva, sto bene, starò bene.»
Lei incrociò le braccia, e Severus dovette trattenere un ghigno divertito.
«Beh, sembra proprio che lei abbia bisogno di qualche altra ora di sonno prima di poter anche solo avvicinarsi allo stare “bene”. Penso che dovremmo chiamare Poppy. Lo sa che il suo piccolo elfo domestico non ha lasciato entrare nessuno nella sua stanza, anche dopo che gli abbiamo spiegato che volevamo solo assicurarci che lei stesse bene?»
Silente sbatté le palpebre, decidendo che doveva al suo piccolo amico qualche caramella al limone. «Davvero? Beh, mi scuso da parte sua. Sono sicuro che stava soltanto facendo quello pensava fosse meglio, e non intendeva fare alcun male.»
«Allora, devo chiamare Poppy?»
Albus annuì, scostando la sedia dalla scrivania con una smorfia a stento celata.
«Ha bisogno di aiuto, Preside?» Chiese Severus, gli occhi allenati che guardavano con attenzione i movimenti cauti del suo mentore.
Severus ignorò il curioso sguardo che gli rivolse Minerva e si sforzò di non reagire o di non accorgersi dell’improvvisa espressione commossa di Albus.
«Sì, grazie, Severus,» disse Silente dopo un momento, alzandosi lentamente dalla sedia.
Severus si mosse elegantemente attorno alla scrivania e si mise al suo fianco.
Fortunatamente, Severus non ebbe bisogno di dargli molto aiuto, sebbene il Preside ebbe qualche altra vertigine sulla strada che li portò fuori dall’ufficio.
«Sono curioso, Severus,» fece Silente mentre si avvicinavano alla sua camera. «Da chi Remus riceverà il sangue della trasfusione? C’è qualcun'altro oltre a me ed Harry che è stato esposto a questa magia bianca tanto da aver ottenuto quello che hai detto che ho io - l’immunità?»
Severus allontanò lo sguardo, pensando velocemente. «Veramente, Preside… io avevo… sperato che lei sarebbe stato il donatore...»
Silente si fermò, poggiando una mano alla parete per tenersi dritto mentre fissava l’insegnante di pozioni.
«Io? Ma da quanto ho capito, ci sono da considerare i gruppi sanguigni. Non ne so molto dei tipi di sangue umano, ma questo lo so. Che cosa ti fa pensare che l’organismo di Remus accetterà il mio sangue?»
Severus abbracciò la propria abilità nella recitazione e riuscì ad arrossire. «Preside...» Si fermò, facendo sembrare di proposito che si stesse realmente vergognando di se stesso.
«Severus, c’è qualcosa… qualcosa che vuoi dirmi?» Chiese Albus con cautela.
«Ho creato un incantesimo qualche tempo fa. In quel momento era solo una cosa personale, per vedere se ero in grado di farlo.»
Non era una bugia. Per Severus era stato qualche tempo prima… nel futuro. L’incantesimo era diventato una necessità. Con la guerra, talvolta dovevano affidarsi a metodi babbani di cura, e quando qualcuno veniva ferito, e le Pozioni di Rinsanguamento erano scarse, beh… dovevano aiutarsi l’un l’altro reciprocamente.
«Un incantesimo?»
«Mi dice il gruppo sanguigno delle persone.»
Silente sollevò un sopracciglio. «E?»
«Beh, l’ho provato su me stesso prima, e ho verificato che funziona. Sono A negativo.»
«E suppongo che tu lo abbia poi provato su di me senza che lo sapessi?» Continuò Silente. La sua voce non era arrabbiata né accusatoria. In realtà era divertita.
«Mi spiace, Preside.»
Albus lo scusò con un gesto. «Non è stato fatto del male a nessuno, Severus. Allora? Che gruppo sanguigno ho?» Chiese, riprendendo a camminare.
«O negativo.»
«E Remus?»
«B positivo.»
«E posso dargli il mio sangue?»
«In realtà, Preside, lei è un donatore universale. Può donare sangue a chiunque. Nel mondo babbano, le pagherebbero un bel po’ per farle donare sangue ogni mese.»
Silente sbatté le palpebre. «Interessante.»

O o O o O

11:30

Harry si stava godendo la prima giornata ad Hogwarts, inconsapevole del caos che al momento c’era a Vaduz, nel Liechtenstein, e al Ministero.
L’unica cosa che Harry notò fu il fatto che il Preside aveva saltato la colazione quella mattina, ma se lo spiegò pensando che l’uomo avesse molto da fare.
Dopotutto era Stregone Capo del Wizengamot, Preside, Supremo Pezzo Grosso dell’ICM, e tutto il resto.
Dobby era elettrizzato dall’essere con Harry a Hogwarts e brillava d’orgoglio nella propria nuova uniforme. Harry era felice di vedere Dobby contento e continuò a trattarlo come un amico più che come un servo, sebbene si ricordasse dell’avvertimento del Professor Severus e gli desse cose da fare ogni tanto.
Aveva già trascorso la maggior parte della mattinata in biblioteca, leggendo a proposito della magia curativa e della medicina conosciuta dal mondo magico.
Comunque, finora, come per gli altri libri che aveva già letto prima insieme a Neville, era deluso. Non c’era quasi nulla che mostrasse come funzionavano le cose nel corpo umano. Era piuttosto frustrante, a essere onesti, ma avrebbe continuato a cercare. Dopotutto aveva solo appena iniziato a guardare tra i libri della scuola, ma anche se non avesse trovato nulla, giurò a se stesso che avrebbe fatto una seria ricerca quell’estate per ottenere qualche informazione utile, anche se doveva ottenerla da un libro di medicina babbana o da un dottore babbano in persona.
Harry sospirò, chiudendo il libro che stava leggendo.
Era strano. Non gli era mai davvero importato molto di leggere su qualche argomento e di fare ricerche, poiché non aveva mai avuto uno scopo. Ma questo…
Il desiderio di aiutare il suo migliore amico a ottenere qualcosa che lui stesso non avrebbe mai potuto avere era come un carburante inesauribile, una guida, uno stimolo che non aveva mai avuto prima. Certo, c’era il desiderio che aveva di raggiungere il proprio pieno potenziale e liberarsi del sigillo che il Professor Piton aveva detto che aveva, ma questo era diverso.
Aveva perso i propri genitori, e Neville, in un certo modo, aveva perso i suoi. Ma non permanentemente, o almeno questo era quello che Harry si era detto. Era fiducioso che sarebbe riuscito a fare qualcosa che avrebbe non solo cambiato la vita del suo amico, ma che avrebbe ripristinato quella dei due individui che erano proprio simili ai suoi genitori.
Nella mente di Harry, se fosse riuscito a guarire i Paciock, avrebbe fatto onore al sacrificio dei suoi genitori. Ma era più di questo. Sarebbe stata una prova.
Una conferma a se stesso.
Scopo.
Dopo la conversazione che aveva avuto con Severus, i suoi pensieri erano tornati di nuovo allo scopo, e al fatto che apparentemente Voldemort non aveva mai scelto o trovato il suo. Harry aveva paura che nemmeno lui ci sarebbe riuscito, e di condannare se stesso a una vita di errori o senza utilità.
Una parte di lui sapeva che stava esagerando. Sapeva che era ancora giovane e che aveva anni di vita prima di avere il minimo bisogno di preoccuparsi con simili pensieri, ma non poteva negare la paura che provava quando si domandava se Voldemort era mai stato come lui, simile a lui più che nel solo fatto di essere un Rettilofono.
Il Professor Piton aveva detto che Voldemort era andato a Hogwarts, quindi voleva dire che era stato Sorteggiato e che aveva frequentato le lezioni, proprio come lui.
Voleva dire che aveva dormito nei dormitori, visitato la biblioteca, girovagato intorno al castello, e fatto tutte le altre cose che faceva uno studente.
Harry si chiedeva se Voldemort si era mai seduto al tavolo al quale era seduto lui ora.
Era una strana sensazione, sapere che il mostro che aveva assassinato i tuoi genitori e aveva cercato di ucciderti era andato nella stessa scuola che stavi frequentando tu adesso.
Quand’è che le cose erano andate male? Quando era scattato qualcosa in lui, rendendolo Voldemort? Oppure era sempre stato così corrotto?
Harry non era sicuro di voler sapere la risposta.

O o O o O

Remus guardò l’entrata della biblioteca. Un elfo domestico gli aveva detto che Harry si trovava lì, senza dubbio in cerca di qualcosa da fare nell’attesa che ricominciassero le lezioni. Remus si raddrizzò, richiamando il proprio coraggio Gryffindor, e entrò nella biblioteca.
Remus era nervoso. Sinceramente non aveva idea di che cosa dire al ragazzo. Lui era fantastico, e Remus si sentiva davvero entusiasta di essere uno dei suoi insegnanti.
Remus scorse attentamente gli scaffali, provando a dare l’impressione di essere venuto per un libro, invece che per conoscere il figlio del suo perduto migliore amico.
Gli occhi di Remus scansionarono la biblioteca, trovando subito il ragazzo dai capelli scuri in un angolino in disparte, circondato da spessi volumi.
Scuotendo la testa, divertito e un po’ rattristato mentre ricordava quanto spesso Lily era stata in una posizione simile, si avvicinò con calma.
Non appena Remus si avvicinò, tenendo per lo più gli occhi sulle copertine sopra gli scaffali, notò il modo in cui la testa di Harry si sollevò dalle pagine e si voltò nella sua direzione.
Deve aver percepito la mia presenza, ragionò Remus. Avrei dovuto prevederlo.
Remus si voltò e lo guardò, decidendo di lasciar perdere il suo approccio furtivo.
«Ciao, Signor Potter,» disse lui, decidendo che un professore che salutava uno studente non era una cosa anormale.
«Salve, Professore,» replicò Harry, muovendosi sulla sedia per mettersi più dritto.
Remus approfittò di quel momento per guardare i libri sparsi intorno ad Harry. Sbatté le palpebre per ciò che trovò. Questi erano testi medici molto avanzati. Che stava facendo Harry?
«Madama Pomfrey ti fa fare delle ricerche?» Chiese, provando a capire come mai Harry poteva star guardando tali volumi.
Harry scosse la testa. «No, sto soltanto cercando alcune cose per conto mio, professore.»
Remus prese l’iniziativa e si sedette al tavolo, sebbene decise di tenere una sedia vuota tra lui e il ragazzo, mentre permetteva al suo sguardo di scivolare sui titoli dei libri che erano stampati in cima alle pagine.
«Questi sono parecchio avanzati, Harry. Hai bisogno di aiuto?»
Remus sentì alcuni brevi sibili provenire dalla manica di Harry, e gli fu chiaro che Harry stava riflettendo su quello che il suo famiglio gli aveva appena detto.
«Non ne sono sicuro. Sto cercando un libro che mi dica come il corpo funziona davvero, e sto avendo dei problemi nel trovare una qualsiasi cosa che vada un po’ più nel dettaglio,» disse Harry dopo un momento. «La maggior parte di quello che trovo è troppo generica e intacca solo la superficie.»
«Hmm, beh, non so molto di medicina magica, ma ho avuto qualche esperienza con la medicina nel mondo babbano. Ma non penso però che ti sarebbe molto d’aiuto.» Remus si schiarì la voce quando vide che Harry non si era scoraggiato nell’ascoltarlo. «Ho trascorso qualche tempo nella Londra babbana e ho avuto bisogno di farmi vedere da dei dottori.»
«Davvero?» Chiese Harry, tirandosi su all’istante.
Remus fu un po’ sorpreso dalla reazione di Harry, poiché aveva supposto che il ragazzo volesse restare più nell’ambito magico del curare gli altri.
«Sì, ho avuto un incidente con un’automobile una volta, e… beh, i babbani mi hanno recuperato per primi. Chi immaginava che i loro servizi di soccorso potessero reagire così in fretta? Suppongo che abbia a che fare con la loro tecnologia.»
«Wow. Si era ferito gravemente?» Chiese lui.
«Una gamba rotta e una commozione cerebrale. Mi hanno portato di corsa in uno dei loro ospedali, mi hanno passato ai raggi X e hanno fatto una dozzina di altri test per assicurarsi che stessi bene. Suppongo che tu sappia che cos’è una macchina per radiografie, vero?»
Harry annuì.
«Molto bene. Beh, una volta che mi sono svegliato, mi hanno mostrato alcune delle ‘scansioni’ che avevano ottenuto da me. I dettagli erano piuttosto impressionanti, devo ammetterlo. Qui nel mondo magico non abbiamo niente del genere, di sicuro, ma credo che forse non ne abbiamo realmente bisogno.»
«Quindi queste scansioni… erano della sua testa?»
Remus notò il modo in cui lo sguardo di Harry scintillava di serio interesse alla domanda. Strano.
«Volevano tenersi sul sicuro, quindi mi hanno fatto una scansione di tutto il corpo. Erano preoccupati che potessi avere delle gravi ferite interne, per i racconti che avevano ottenuto dai testimoni dell’incidente. Fortunatamente, la mia magia interiore era già intervenuta e mi aveva salvato dai danni peggiori, ma loro non lo sapevano.»
Harry annuì, riuscendo facilmente a immaginare una tale situazione. La magia di un mago adulto poteva salvarlo da molte cose, incluso un impatto violento. Un altro vantaggio di avere un nucleo magico completamente sviluppato.
«Quindi, Harry, ho sentito che sei un vero guaritore,» disse con un sorriso, felice che la loro conversazione stesse andando così bene.
Harry fece un piccolo sorriso timido, ma Remus poteva dire che c’era un salutare ammontare di orgoglio dietro di esso, come doveva essere.
«Mi piace aiutare,» rispose il ragazzo alzando le spalle, mentre la sua umiltà veniva fuori.
Remus non poté evitare di ricordarsi di Lily.
Rimasero seduti in silenzio per un po’, e Remus stava trovando difficile decidere che cosa dire dopo. Guardò Harry dopo aver dato un’altra occhiata ai libri, e gli era chiaro che anche Harry non sapeva che cosa dire, sebbene il ragazzo riuscì per primo a ritrovare la voce.
«Non è venuto qui per prendere un libro, vero?» Chiese Harry.
«Beh,» fece Remus, esitando per un attimo. «Sarò sincero con te, Harry. No, non sono venuto in biblioteca oggi per prendere un libro.»
Harry non poté fare a meno di sollevare Piton-escamente un sopracciglio verso di lui, mentre Remus rilasciava il fiato, come se quello che aveva appena detto fosse stato molto da dire.
«Se vuole che la curi, ne sarò felice, lo sa,» fece all’improvviso Harry, mentre Remus doveva ancora elaborare come mai era venuto in biblioteca.
Remus sobbalzò al sentirlo, prima di dedicare a Harry un sorriso dolce e scuotere la testa.
«Per quanto mi piacerebbe che tu mi curassi, ironicamente, devo rispondere “no, grazie.” Ho già provveduto perché qualcun altro si occupi del mio… uh, piccolo problema peloso. Comunque, devo ringraziare te per la cura che riceverò dal Professor Piton.»
Harry spalancò gli occhi, non sapendo nulla sulla possibilità che ci fosse una cura alternativa, sebbene immaginava che avrebbero indagato la magia bianca per sintetizzare un antidoto.
«Il Professor Piton? Ha trovato un modo per estrarre la magia bianca e usarla su altri?» Domandò Harry, stupito.
Era passato solo un giorno dalla riunione dell’ICM. L’insegnante di Pozioni era stato davvero straordinario a trovare una cura così in fretta. Di certo era una spiegazione del perché lui e il Professor Lupin non c’erano stati a colazione. Forse questo era il motivo per cui anche il Preside non c’era stato?
«Forse, che è il motivo per cui non posso accettare la tua offerta. Ho acconsentito a essere l’individuo di prova per questo metodo alternativo. Se funziona, saremo in grado di cominciare a debellare la Licantropia… forse per sempre.»
Harry sbatté le palpebre, confuso, cercando di capire che cosa ciò significava esattamente, fin quando spalancò gli occhi. «Un vaccino?»
«Il tuo Professore di Pozioni pensa di sì,» disse dolcemente Remus.
«Ma è fantastico! Quando lo faranno?» Chiese Harry.
«Beh, Madama Pomfrey vuole aspettare la fine di questa settimana a causa del,» Remus si schiarì la gola prima di continuare. Harry notò che lo faceva spesso. «A causa del donatore.»
Remus non voleva dire a Harry che Silente e altri si erano ammalati. Sentiva che ciò avrebbe preoccupato il ragazzo innecessariamente, visto che la maggior parte di coloro che si erano sentiti male stavano già iniziando a riprendersi.
«Il donatore?»
«Il Professor Piton pensa che la cura possa essere somministrata tramite una trasfusione di sangue, poiché la magia bianca si è depositata nelle cellule sanguigne degli individui proprio come nel loro nucleo magico.»
Harry annuì, comprendendo. «Questo ha senso, perché anche la maledizione si deposita in questo modo.»
Cadde fra loro un altro momento di silenzio, prima che Remus lo spezzasse.
«Sono venuto qui oggi perché volevo parlare con te da un po’ di tempo,» disse Remus, tornando all’argomento precedente.
«Oh, e di che cosa, Professore?»
«Anche se mi imbarazza ammetterlo, sono stato insicuro su come parlarti, e non per il motivo che potresti pensare. Vedi, sono… ero un amico intimo dei tuoi genitori.»
Non era per niente quello che Harry si era aspettato, e non sapeva cosa dire.
Remus sorrise tristemente. «Frequentavo lo stesso anno dei tuoi genitori ed ero in Gryffindor con loro. I tuoi genitori mi hanno aiutato molto, e sono onorato di averli conosciuti.»
«Quindi, loro sapevano?» Chiese Harry, esitando.
«Del mio problema?»
Harry annuì, un po’ imbarazzata dalla sua schiettezza.
Remus rise. «Oh sì, lo sapevano di sicuro, ma… come sapevi che ho avuto quel problema così a lungo?»
Harry si strinse nelle spalle. «Posso percepirlo. All’ICM, sono stato in grado di comparare la sensazione che mi dà a seconda di quanto tempo è stata in una persona. Per lei, non è come il Signor McCaffrey, ma lo è stato per molto tempo.»
Remus scosse la testa, sorpreso. «Sei davvero speciale, sai?»
Harry non aveva una replica, così non rispose.
Remus sospirò piano e guardò Harry con sguardo contemplativo. «Beh, volevo solo che lo sapessi. Quindi… se hai una qualsiasi domanda su di loro, hai un’altra persona a cui chiedere,» continuò, sperando di non essere stato penosamente goffo.
Apparentemente no, perché Harry sorrise. «Grazie, Professore.»
Il cuore di Remus si gonfiò. «Di niente.»

O o O o O

Harry andò verso il tavolo Hufflepuff, non vedendo l’ora di tornare in biblioteca una volta finito il pranzo, per trovare forse qualcosa che avrebbe aiutato i genitori di Neville, e forse Remus sarebbe stato lì e gli avrebbe parlato ancora. Avrebbe visto poi.
Si sedette, guardando il tavolo principale. Il Professor Piton e il Professor Lupin erano presenti, e c’era la maggior parte degli altri professori, ma Madama Pomfrey non c’era, e nemmeno il Preside.
Sedendosi, prese un sandwich al tacchino dal piatto davanti a lui, prima che un movimento svolazzante attirasse la sua attenzione. Un gufo. Alzò gli occhi e guardò il rapace sconosciuto atterrare davanti al suo piatto e tendergli la zampa a cui era attaccata una lettera. I pochi altri al tavolo guardarono verso di lui, curiosi di vedere che cosa aveva ricevuto Harry Potter, e da chi.
Harry prese la lettera, inconsapevole che il Professor Piton lo guardasse mentre il gufo volava via.
C’era uno stemma dall’aria ufficiale sul davanti con le parole: Confederazione Internazionale dei Maghi.
Curioso, Harry strappò la cima della busta, e la lettera all’interno si sollevò magicamente subito dopo.
Con la lettera tra le mani, Harry sentì un’ondata di magia spargerglisi sulla pelle scoperta.
:Harry!:
Il sibilo allarmato di Coral fu l’unico avvertimento che ricevette prima che una voce profonda e pulsante gli rimbombasse davanti, rilasciando una potente pulsazione che lo spinse giù dalla panca e lo fece cadere sulla schiena.

«CURA QUESTO.»

Un dolore che non aveva mai sentito prima gli filtrò nella pelle e gli sprofondò nelle ossa delle mani, un nero fuoco visibile che gli scintillò attraverso la pelle.
Urlò, la sua magia scattò contro la lettera e la spinse via, ma era troppo tardi, perché la fattura, maledizione, o qualsiasi cosa fosse, era già entrata in lui.
Coral cadde mollemente sul pavimento al suo fianco.
:Coral!:
Lei non rispose.
Ancora sulla schiena, gridando mentre le lacrime gli salivano agli occhi, si divincolò muovendo le mani, cercando, disperatamente, di spegnere le fiamme oscure che sentiva bruciare come se gli stessero bollendo le ossa.


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Note della traduttrice:

* Il nome originale è “Socky”. Dalle riflessioni che fa non si capisce bene, sembra sia stato un elfo di Hogwarts da prima dell'arrivo di Silente, ma contemporaneamente anche l'elfo di famiglia di Albus.


Grazie a chi legge e a chi recensisce!
A presto con il prossimo capitolo, Attacco.




   
 
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