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Autore: Caroline94    05/06/2017    3 recensioni
Ci volle un po' ma quando finalmente la porta si aprì, Diana apparve in pigiama, arruffata e insonnolita oltre ogni dire.
“Che c’è? Chi è?” biascicò, faticando a metterlo a fuoco con gli occhi gonfi e il buio che li circondava “Martin, spero per te che siamo in pericolo di vita, oppure…” cominciò, sbadigliando, ma il ragazzo si fiondò dentro chiudendosi la porta alle spalle.
“Una cosa del genere” rispose “Tu stai bene?” domandò.
“Stavo bene finché non sei arrivato tu” lo rimbeccò lei.
“Non crederai mai a cosa mi è successo!” esclamò, ancora poggiato con le mani alla porta “Hai appena tentato di uccidermi” informò, riprendendo fiato dopo la corsa.
La ragazza, dapprima troppo stordita dal sonno, sgranò gli occhi “Cosa!?” esclamò.
Genere: Avventura, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Billy, Diana Lombard, Martin Mystère
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Ti dico che era lei” insistette Martin “Solo che non sembrava lei” aggiunse “Cioè, per essere lei era lei… solo che non era lei.”
Billy lo fissò, sconcertato: “Sei sicuro di non aver sognato, Martin?” domandò, chiudendo il proprio armadietto “Tralasciando che Diana non farebbe mai una cosa simile… cioè, non dubito che lo farebbe, solo non lo farebbe con te” aggiunse, facendogli inarcare un sopracciglio “Comunque, hai detto che poi si è dileguata nel nulla quando sei caduto, e le persone non spariscono nel nulla.”
“È questa la cosa strana” ribatté lui, appoggiandosi agli armadietti con la spalla “Sempre ammesso che abbia sognato… insomma, io non faccio questi sogni! Cioè, a farli li faccio, solo che non hanno Diana come protagonista” aggiunse.
“Si, questo era ovvio” rispose Billy.
“E poi era fin troppo realistico per essere un sogno” commentò.
“Perché non glielo chiedi?” domandò il ragazzo, incamminandosi verso il corridoio.
“Nah, non lo ammetterà mai” replicò lui.
“Quindi sei sicuro di non aver sognato” notò lui.
“Ovvio che non ho sognato” confermò, sicuro.
“Allora vai lì e rinfacciaglielo” incalzò lui, indicando la ragazza che stava rimettendo a posto i libri nel proprio armadietto. Martin lo guardò crucciato, facendolo sorridere ampiamente, poi si sgranchì il collo e la raggiunse. Quando Diana chiuse l’armadietto si ritrovò il ragazzo pigramente poggiato a quello accanto, che si studiava le unghie.
“Allora, fatto qualcosa di interessante, stanotte?” chiese, vago.
Diana alzò un sopracciglio, nervosa: “Se non sbaglio eravamo d’accordo nel non doverci vedere più” ringhiò.
“Non ti sto vedendo, infatti” rispose lui, tenendo lo sguardo fisso sulla propria manicure. Diana s’infiammò di rabbia e, resistendo all’impulso di picchiarlo, lo superò a grandi passi.
“Non sono io quello che ha cominciato, comunque” continuò, affiancandola, sempre rivoltò alla propria mano con nonchalance “Ma visto che ti sei scusata potrei anche pensare di perdonarti… ma solo se mi dici come hai fatto ad uscire dalla camera senza passare dalla porta” concluse.
“Ma che cosa stai farneticando?” sbottò: non sembrava né a disagio né in imbarazzo, soltanto molto incazzata.
“Oh, è inutile che neghi” rispose lui “Ieri notte ti sei infilata nel mio letto e mi hai chiesto scusa per essertela presa con me… è stato piuttosto inquietante, lo ammetto, ma se era il tuo modo di vendicarti allora sappi che è riuscito alla grande: sei stata abbastanza strana” informò.
Diana si fermò di botto: “Io cosa?!” sbottò, indignata “Non entrerei nel tuo letto neanche se fosse l’ultimo rimasto al mondo e mai, MAI, mi scuserei con te specialmente se il torto è il tuo!” gli urlò, sfondandogli un timpano. Il ragazzo dovette sturarselo per bene prima di riprendersi, e si voltò verso di lei con sdegno.
“Oh, quindi io mi sarei immaginato che tu…” in pochi sussurri riassunse la serata precedente ad una Diana che dal sorpreso passò all’imbarazzato, per sfociare infine nell’Incazzatura Suprema. Con un sonoro ceffone mandò al tappeto il ragazzo.
“Non rivolgermi più la parola, pervertito!” esclamò, girando i tacchi e allontanandosi.
Billy si avvicinò, guardando la ragazza allontanarsi fumante di rabbia, per poi inginocchiarsi accanto all’amico: “La teoria del sogno non è poi così impossibile, dopotutto” disse.
Martin non ebbe neanche la forza di rispondere.
 
 
“Ok, ammetto che forse posso averlo sognato” ammise Martin, tenendosi del ghiaccio sulla guancia “Ma ciò non toglie che resta comunque il sogno più realistico che abbia mai fatto” aggiunse.
“Capita a tutti di confondere un sogno con la realtà” disse Billy, bevendo il suo frullato.
“Beh, avrei dovuto capirlo fin da subito: Diana non farebbe mai una cosa simile” sospirò lui, stiracchiandosi sulla sedia e gettando il capo all’indietro così da avere una visuale distorta della mensa.
“Però, dopo questo, mi sa che ne passerà di acqua sotto i ponti prima che voglia anche solo rivederti” commentò l’alieno.
“Bah” rispose lui, osservando Jenny e Diana passargli davanti per raggiungere un tavolo in fondo alla mensa: sembravano immerse in una conversazione importante perché Jenny era preoccupata.
“E non sei riuscita a trovarla?” chiese Diana.
“No. Peccato, era la mia camicia da notte preferita: ricordi quella che ho messo al pigiama party di Chloe? Quella corta e trasparente, viola…”
Martin sembrò indifferente a tale conversazione, finché un lampo non lo colse di sorpresa facendolo drizzare impietrito.
“Che ti prende?” domandò Billy.
“La camicia da notte che ha perso Jenny!” rispose, guardando le due ragazze allontanarsi “Era la stessa che indossava Diana ieri sera!”
I due ragazzi si scambiarono un’occhiata.
 
 
“Tutto questo non ha senso” borbottò Billy, guardando sotto il letto.
“Ovvio che non ce l’ha” acconsentì Martin, frugando nell’armadio “Una Diana impazzita mi fa visita nel bel mezzo della notte con indosso la veste perduta di Jenny. Veste che io, oltretutto, non ho mai visto in vita mia” spiegò, frugando nei cassetti “Non può essere stato solo un sogno.”
“Ammesso e non concesso che sia così” acconsentì lui, alzandosi “Cosa speri di ottenere, trovandolo?”
“Che quello che è successo ieri sera era reale” rispose lui “E che quindi le soluzioni sono tre: o Diana è sonnambula o ha voluto farmi uno scherzo di pessimo gusto o…”
“O?” incalzò Billy.
“O quella non era la vera Diana” concluse, chiudendo l’armadio.
“La terza ipotesi sembra la meno improbabile” annuì l’altro “Però non abbiamo trovato nulla lo stesso” constatò “E non voglio essere qui quando Diana tornerà” aggiunse.
Martin frugò nei cassetti della specchiera, vuoti anche quelli, e stava per rassegnarsi quando qualcos’altro attirò la sua attenzione.
“Ehi, Billy, vieni a vedere!” esclamò, piegandosi sotto il mobile.
“Cos’hai trovato, Martin?” domandò lui, avvicinandosi: una macchia di quello che sembrava una densa melma violacea se ne stava pigramente adagiata nell’angolo. Con pochi click attivò l’U-Watch e selezionò il Drive Scan, analizzandola.
“Materiale sconosciuto” constatò Martin “Questa storia mi puzza sempre più.”
“E per una volta non sei tu” aggiunse Billy, facendogli assumere un’espressione seccata.
“Puoi analizzarlo meglio al Centro?” domandò, porgendogli il Drive Scan “Voglio vederci chiaro in questa faccenda.”
“Certo” rispose lui, ma l’aveva appena preso quando un rumore dall’esterno li annunciò del ritorno della proprietaria. Svelti si infilarono nell’armadio, chiudendovisi dentro.
Diana entrò pochi secondi dopo, tutta trafelata, e si fiondò alla scrivania dove iniziò a trafficare con i cassetti. D’un tratto, si fermò di colpo e si voltò verso l’armadio dove Martin e Billy si tappavano la bocca a vicenda. Esitò, poi scosse il capo ed estrasse qualcosa dal cassetto della scrivania per poi uscire di nuovo.
I due ragazzi aspettarono qualche istante, per essere sicuri che se ne fosse andata sul serio, infine uscirono.
“Hai visto? Per un attimo è sembrato che sapesse che eravamo qui” disse Billy, preoccupato.
“Si, c’è decisamente qualcosa che non va” rispose Martin.
 
 
Martin si agitò nel sonno, mormorando qualcosa che riguardava le focaccine dolci della mamma, rigirandosi tra le lenzuola. Con un sorriso beato passò il braccio oltre la figura stesa accanto a sé e la strinse; quella si rigirò fra le sue braccia e si strinse a lui, facendosi coccolare dal suo caldo abbraccio.
Il ragazzo ci mise un po' a capire che quello che stringeva tra le braccia non era una gigantesca focaccina ma un essere umano. Fatte queste considerazioni, palpò abbastanza generosamente le curve di quella che senza dubbio era una ragazza; sbarrò gli occhi e si ritrovò a fissare negli occhi una Diana sorridente. Il primo impulso fu quello di urlare, il secondo di fiondarsi giù dal letto… ma poi si costrinse a calmarsi e prendere un respiro profondo: Non è reale, è solo un sogno. Non è reale, è solo un sogno. Non è reale, è solo un so…
Si ripeté quella litania nella mente come un mantra, gli occhi chiusi e una calma apparente. Ma quando li riaprì la ragazza era ancora lì, che lo fissava sempre sorridendo ma con un misto di curiosità e perplessità dipinta sul viso.
“Cosa ci fai qui?” chiese, temendo di star impazzendo sul serio.
“Che domanda, volevo stare un po' con te” rispose lei, accoccolandosi contro il suo petto.
“Sei reale?” si azzardò a chiedere.
“Ovvio che si, sciocchino” confermò.
“Tutto questo è molto strano” ammise lui.
“Perché?”
“Perché tu non dovresti essere qui.”
Diana rise sommessamente e alzò il viso su di lui, gli occhi verdi che brillavano alla luce della luna che filtrava dalla finestra. C’era qualcosa di strano nei suoi occhi, un dettaglio fievole e sfuggente, difficile da notare: bisognava cercarlo per accorgersene, ma Martin non riusciva a capire cos’era. Era così concentrato che non reagì nemmeno quando lei lo baciò, perso in quel dettaglio che rendeva tutto più irreale ma al contempo vero.
No, questo non è decisamente sogno, si disse quando la ragazza lo scavalcò per stendersi su di lui senza smettere di baciarlo.
Conosceva ogni singola sfaccettatura dell’aspetto e il carattere di Diana, erano praticamente cresciuti insieme, quindi il cambiamento era saltato subito ai suoi occhi. Quando la ragazza si staccò, sorridendo maliziosa, il ragazzo capì cosa c’era che non andava: un lampo viola aveva attraversato le iridi della ragazza facendole apparire minacciose.
Fu solo un secondo e Martin reagì d’istinto, scrollandosela di dosso e gettandola giù dal letto, per poi balzare in piedi e afferrare la lampada.
“Tu non sei la vera Diana!” esclamò, brandendo l’arnese come se fosse pronto a lanciarlo attraverso la stanza. Lei, che era seduta carponi sul pavimento della stanza, alzò gli occhi su di lui stupita per poi rabbuiarsi e alzarsi. Rimase immobile ma un denso fumo viola iniziò a raccogliersi alle sue spalle mentre i suoi occhi si illuminavano di un violetto fosforescente; il fumo alle sue spalle prese forma in un volto macabro e sinistro e la ragazza allargò le braccia, alzandosi di qualche centimetro da terra. Poi, con ferocia, si scagliò verso di lui.
Fu un scontro corpo a corpo che lasciò Martin senza fiato, quando andò a sbattere contro la parete della camera inclinando pericolosamente la libreria a muro, ma si riprese in fretta gettandosi sul letto e rotolando sul pavimento. Diana puntò una mano verso di lui e il fumo si raccolse ai suoi piedi, sollevandolo da terra: fu allora che Martin scorse l’anello di ametiste infilato all’anulare della sua mano sinistra; un anello che, era sicuro, Diana non aveva mai avuto.
Si divincolò con poco successo e, una volta all’altezza della ragazza, le afferrò la mano e la scaraventò dall’altra parte della stanza, ruotando su sé stesso. Diana andò a sbattere contro il televisore posto davanti la finestra, cadendo oltre il mobiletto insieme a lui: Martin pregò che non si fosse rotto. La presa del fumo sparì e lui cadde agilmente sul tappeto della camera, ma quando alzò lo sguardo Diana era già sparita.
Guardandosi attentamente intorno per constatare che se ne fosse davvero andata, uscì velocemente dalla camera e si fiondò nel corridoio. Pochi minuti dopo si ritrovò a bussare insistentemente alla camera di Diana, chiamandola a gran voce. Ci volle un po' ma quando finalmente la porta si aprì, Diana apparve in pigiama, arruffata e insonnolita oltre ogni dire.
“Che c’è? Chi è?” biascicò, faticando a metterlo a fuoco con gli occhi gonfi e il buio che li circondava “Martin, spero per te che siamo in pericolo di vita, oppure…” cominciò, sbadigliando, ma il ragazzo si fiondò dentro chiudendosi la porta alle spalle.
“Una cosa del genere” rispose “Tu stai bene?” domandò.
“Stavo bene finché non sei arrivato tu” lo rimbeccò lei.
“Non crederai mai a cosa mi è successo!” esclamò, ancora poggiato con le mani alla porta “Hai appena tentato di uccidermi” informò, riprendendo fiato dopo la corsa. 
La ragazza, dapprima troppo stordita dal sonno, sgranò gli occhi “Cosa!?” esclamò.
“Si, una specie di fumo viola che aveva preso le tue sembianze” spiegò “Dev’essere successa la stessa cosa anche ieri sera: avevo ragione, non avevo sognato!” aggiunse, trionfante.
“Aspetta, cosa significa che un fumo viola ha preso le mie sembianze?” chiese, confusa.
“Esattamente quello che ho detto” rispose Martin, raggiungendo la scrivania e prendendo il cellulare di Diana “Sarà meglio chiamare il Centro.”
“Buona idea, io mi metto qualcosa addosso!” rispose la ragazza, afferrando dei vestiti a caso per sostituire la T-Shirt e i pantaloncini del pigiama; fu quando fece scivolare una giacchetta dalla sedia che Martin notò un particolare che gli fece dimenticare il telefono che aveva tra le mani: sull’anulare della mano sinistra, Diana aveva un anello d’oro bianco tempestato di ametiste.
“Diana… dove hai preso quell’anello?” chiese, sospettoso. La ragazza si voltò a guardarlo, perplessa.
“Ma che dici, Martin, l’ho sempre avuto!” rispose, guardandolo come se stesse impazzendo.
“Anche il tuo clone aveva un anello simile” aggiunse, cauto “Sempre ammesso che tu sia davvero, Diana!” esclamò. La ragazza gettò i vestiti sul pavimento, ma nessun fumo viola invase la stanza stavolta: con un gesto della mano la scrivania si alzò dal pavimento di qualche metro puntando verso il ragazzo. Martin si gettò a terra appena in tempo e rotolò sul tappeto.
“Che ne hai fatto di Diana?” esclamò. Lei non si scompose: alzò il braccio e il ragazzo si alzò da terra, levitando a mezz’aria. Con uno scatto del braccio afferrò il portapenne e glielo gettò contro, ma quello esplose prima ancora di sfiorarla. Diana aveva appena mosso un dito che la porta si spalancò alle loro spalle e Billy apparve, tutto trafelato.
“Ragazzi, non saprete mai cosa ho scoperto…!” ma s’interruppe alla scena che gli apparve dinanzi; tutti e due i ragazzi lo guardavano. “Ehm… se interrompo qualcosa me ne vado” disse.
“Billy, scappa!” urlò Martin. Diana fu più veloce e lo scaraventò contro il povero ragazzo, gettandoli entrambi fuori la porta. Poi corse fuori dalla stanza, superandoli di gran carriera, e sparì nel corridoio.
Ci volle qualche secondo prima che Martin si riprendesse dalla botta, mentre tentava di mettersi seduto.
“Che cosa è successo?” chiese Billy, tenendosi la testa.
“Qualcosa ha rapito Diana ed ha preso le sue sembianze” mugolò il ragazzo “Non avevo sognato, ieri sera: Diana è davvero venuta in camera mia solo che non era la vera Diana” spiegò.
“Questo spiegherebbe i risultati delle analisi della sostanza che abbiamo trovato in camera sua” rispose l’alieno “Non sono riuscito ad identificare cosa fosse di preciso ma ho riscontrato somiglianze con i resti del demone che avete sconfitto due giorni fa.”
Nonostante il mal di testa, Martin ci mise poco a mettere insieme tutto.
“Aspetta, stai dicendo che Diana è stata presa di mira dal marito psicopatico?” chiese. Billy annuì. “Allora questo significa che c’è solo un posto in cui può essere in questo momento” aggiunse, alzandosi “Torniamo alla Chiesa di Beckerville!”
   
 
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