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Autore: scarlett666    05/06/2017    2 recensioni
Pensieri, schegge di vita (forse nemmeno) vissuta. Diario inconsapevole di una suicida mancata.
Ma sì, gettiamo la maschera... basta fingere che la malattia tocchi solo gli altri. Basta con questa pretesa sanità mentale a tutti i costi.
Genere: Dark, Malinconico, Poesia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Ironia della sorte mi porta a pensare che l’unica cosa che una mela matura è in grado di produrre e custodire è…un verme.
 
Questo mito delle due metà della mela che si completano a vicenda mi va decisamente stretto. E se poi penso al maschilismo intrinseco a questa società e al mio essere nata femmina, non posso fare a meno di credere che l’obiettivo sia farmi sentire anche meno di mezza mela. Forse un quarto.
E pure non particolarmente ben reciso.
Quindi ricapitolando: uomo e donna sarebbero stati creati complementari, fatti per completarsi vicendevolmente in un incastro perfetto…proprio come una mela tagliata a metà. E proprio perché solo unendosi arriverebbero a formare un'unica entità perfetta, dalla loro completezza feconda dovrebbe necessariamente generarsi prole.
Frutto d’amore.
L’apice della coppia.
 
Ma se mi sentissi già completa così come sono?
Se il mio compagno non fosse il perfetto incastro di una vita altrimenti incompleta?
Se la nostra relazione fosse l’incontro di due persone indipendenti e autosufficienti?
Se invece fosse una compagna?
Se non volessi avere figli?
Se il fatto di non volerne non mi facesse sentire meno donna o non rendesse la mia vita meno piena?
 
Per carità, non mi si fraintenda, non è che nessuno mi si sia mai presentato ponendo domande insistenti o pretendendo che vivessi la mia vita in modo diverso da come la vivo. Però è innegabile.
Non è possibile ignorare gli sguardi, lo storcersi delle labbra innanzi alle mie risposte, le risatine e gli occhi sgranati.
Sono queste le cose che logorano, che scavano lentamente goccia dopo goccia colpendo sempre nello stesso identico punto.
 
Finchè sei giovane, va beh, magari stai sperimentando, devi trovare la tua dimensione, sei in cerca dell’indipendenza, un briciolo di ribellione ci sta.
Esci di casa… ma come? Vivi con un’amica? Solo voi due? E il fidanzato? Non potevi sposarti e andare a vivere con lui? Le tue amiche lo stanno facendo quasi tutte.
E tu? Studi. Un altro master. Un lavoro scomodo. Troppo impegnativo per una donna.
 
Arrivano i trent’anni, cominci ad essere un po’ meno giovane.
Le amiche, quelle sposate, hanno messo su famiglia. Fanno figli, anche due o tre.
Tu? Ah, ti sei fatta i capelli verdi.
Hai comprato casa però. Da sola. Un compagno ce l’hai, ma invece di pensare alla famiglia hai altri progetti. Vuoi realizzarti.
Egoista!
Quando arriverà il momento capirai.
Guarda che l’orologio biologico corre.
E se poi te ne penti?
 
Ora, sono certa che la maggior parte delle persone sia convinta di agire a fin di bene e creda fermamente in ciò che dice. Ciò però non li rende detentori del verbo assoluto. E nemmeno li autorizza a dispensare consigli non richiesti. Per carità, sono felice che le loro scelte di vita li faccia sentire appagati e completi, ma non sorge mai loro il dubbio che non sia l’unico modo possibile? Che esistano altri scenari, altre possibilità altrettanto degne di rispetto?
 
Perché il desiderio di realizzarmi lavorativamente e personalmente deve farmi sentire egoista?
Perché la mancanza di desiderio di avere figli deve farmi sentire un esemplare di femmina di essere umano difettoso?
Perché più passa il tempo e più si fa spazio in me la terribile sensazione di essere fuori sincrono rispetto ai miei coetanei? Come se negli ingranaggi del mio orologio biologico si fosse rotto qualcosa, qualche dente fosse saltato facendo perdere scatti a tutto il meccanismo.
 
 
Ed eccoci alla fine di questo breve percorso. Che dire… capitolo differente dagli altri, è vero. Ma del resto è giusto che sia così, considerando che fra i primi tre capitoli e questo sono intercorsi almeno cinque anni. E’ diverso perché io sono diversa. Come accennato nell’introduzione, questo è il diario di una suicida mancata…e quindi sono ancora qui. Prendere in mano la mia vita mi ha permesso di risolvere parte di ciò che mi faceva stare così male, anche se non tutto.
Avevo comunque necessità di condividere, in un certo senso “buttare fuori” pensieri ed emozioni di allora. Dunque grazie per aver letto sin qui ed un ringraziamento ancora più  sentito a chi deciderà di fermarsi per lasciarmi un commento, anche solo un pensiero.
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