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Autore: Jeyerre    06/06/2017    0 recensioni
✣ A Juvenilia, l'Arcimago di corte non riceve buone nuove dalla Strega dell'Ovest e la sua lettera è il presagio di una guerra da troppo tempo rimandata; nell'ombra, i Bramanti si muovono al fine di sostituire l'autorità dei Maghi e delle Streghe.
Da quel vento che soffia su Lyra non possono che arrivare inverno, neve e male.
Tratto dalla saga di MAGIA, webcomic ad opera di JrPorpora, Malus Ventus è un breve spin-off che narra eventi precedenti alla storia narrata nella graphic novel, quando non tutti i Maghi né le Streghe erano così come li conosciamo nella serie.
Genere: Azione, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Il cacciatore II

Quando il buio si diradò intorno a lui, quello che vide fu una grande sala colma di gente incappucciata. L'ambiente non presentava arredi di nessun genere; le pareti erano spoglie e sobrie, ma alte, con un soffitto a volte.
Non era mai stato lì prima di quel momento. Si chiese se qualcuno della famiglia reale conoscesse quel posto e glielo avesse tenuto nascosto.
Camminava a passo lento tra la folla, facendo attenzione a non urtare nessuno; la donna che lo accompagnava teneva salda la presa sulla sua spalla, spingendolo sempre di più a inoltrarsi tra la gente. Potevano esserci un centinaio di persone raccolte là dentro e non era certo di poterne riconoscere qualcuna.
Per qualche ragione, la donna lo spinse fino alla prima linea, davanti a tutti. Lui la guardò insicuro. Sarebbe stato pronto a sfoderare tutti gli incantesimi d'offesa che conosceva se fosse stato necessario, ma non poteva prevedere da chi potesse arrivare il pericolo. Erano tutti una minaccia per lui in quel frangente.
"Stai qui e osserva," gli ordinò la donna.
Poi finalmente lo lasciò libero dalla presa e avanzò al centro della sala.
Aspettò qualche minuto che diverse figure la seguissero alle sue spalle. A quel punto si scoprì il capo e Denzel poté osservarla meglio.
Non la conosceva, ma doveva essere un insegnante dell'accademia, data la sua mezza età.
"Cari fratelli e sorelle, vedo dei volti nuovi oggi," iniziò con tono solenne, muovendo le braccia in gesti teatrali, vagamente famigliari, "siamo qui questa notte, nella cessante ricerca dell'arma definitiva contro la morte dell'uomo. La natura ci ha proibito di nascere prediletti dalla magia, ma ci ha fatto doni altrettanto preziosi, come l'intelligenza e la capacità di imparare. È vero, la natura è severa con noi uomini. Ma tutto quello che vuole in realtà è metterci alla prova; vedere se ci meritiamo il dono al quale aneliamo. E lei ci offre l'immortalità al prezzo più caro: giacere con la morte stessa. Bisogna fare dei sacrifici, bisogna essere pronti a mettersi in discussione come essere vivente per rinascere. E quello che farò oggi davanti a voi è proprio questo. Giacerò con la morte e rinascerò."
Ci fu un applauso.
Denzel si guardò intorno con estremo terrore e si chiese perché trovassero lodevole quel discorso delirante. Ne concluse che se un tempo erano state persone normali, quelle che vedeva oggi erano solo ombre ipnotizzate dalla sete di potere e di vita.
Non aveva mai riflettuto su quello che doveva significare lo scorrere del tempo per creature come loro: fragili e con una scadenza.
Sotto lo scrociare degli applausi la donna si tolse la cappa, rivelando il suo corpo nudo. Con estrema calma alcune figure dietro di lei raccolsero l'indumento dal pavimento e si fecero indietro.
Giunse di lì a poco una seconda donna: più timida ed insicura, si guardava indietro come a cercare coraggio negli occhi di qualcuno.
Si sentì bisbigliare mentre la donna nuda le si avvicinò, prendendole le mani e incoraggiandola a venire sotto la luce delle torce.
Si dissero qualcosa. La donna senza abiti le carezzava dolcemente il volto e non fece una mossa quando, da sotto la cappa, l'altra scoprì una daga.
Quindi diresse la punta della lama sotto il suo sterno. La donna svestita la incoraggiò a spingere tenendole le mani sul manico della daga e Denzel la vide sparire all'interno del corpo nudo come se fosse di burro.
Scorse un rivolo di sangue scendere lungo il busto e insinuarsi tra le cosce. Poi la donna crollò al suolo, senza fare alcun rumore.
Era morta. E solo in quel momento il mago notò sul pavimento simboli alchemici illuminarsi e cominciare a fumare.
La donna incappucciata fu colta come da un istinto animale che la costrinse a chinarsi sul cadavere nudo per squarciarne il petto con le fauci e le mani. Se c'era stata dell'insicurezza in lei, adesso non ve ne era più alcuna traccia.
Denzel era atterrito: non poteva credere che tutti fossero eccitati e curiosi di assistere a quella scena disgustosa. Se fosse stato umano, probabilmente, i suoi sensi lo avrebbero costretto a vomitare.
La donna scavava nel torace del cadavere con avidità crescente, senza ritegno; sembrava che più ne assaggiasse e più ne volesse. La osservò strapparle il cuore e azzannarlo fra le proprie mani insozzate di sangue e resti umani.
Il suo volto risultava contorto dall'ingordigia e gli occhi guizzavano attenti da una parte all'altra della stanza, come a voler star attenta che nessuno si nutrisse del suo fiero pasto. Attimo dopo attimo, tutti presenti potettero assistere a quello che, Denzel ne era certo, fu la perdita dell'umanità di una persona.
Era completamente diverso da quello che accadeva a loro in quanto maghi e streghe. Fu violento, sporco e spaventoso. Duecento anni della sua vita immortale non avrebbero potuto mai prepararlo in ogni caso a quello che stava guardando.
Con un urlo disumano la donna si contorse su se stessa. Denzel poteva udire i suoi lamenti e persino l'angosciante suono delle ossa; ossa che si stavano frantumando per cambiare la loro conformazione. Sotto la cappa che si strappava la donna stava abbandonando la sua bellezza mortale per trasformarsi in una creatura molto vicina alla forma di un incubo.
Gli abiti si lacerarono, il corpo si ricoprì di una pelliccia spessa; nera e lucida. La bocca si riempì di denti lunghi e animaleschi; dovevano essere un centinaio, tanto da somigliare alla bocca di un drago. Gli urli divennero ruggiti acuti e strazianti, gli occhi palle di luce fumanti su di una testa mostruosa munita di palchi di renna.
Quando la trasformazione ebbe fine, gli spettatori erano attoniti e la bestia era confusa e... ancora più affamata.
Ruggì di nuovo.
Denzel e i presenti furono costretti a portarsi le mani sulle orecchie tanto era acuto il suono.
Annusava l'aria con curiosità, cercava la prossima preda. Il suo sguardo vacuo puntò dritto verso il mago che sostava di fronte a lui e lo caricò in un balzo.
Denzel fu abile: si scoprì della cappa e in un gesto che gli costò il travestimento, sparse un incantesimo che sbalzò la creatura lontano, dall'altra parte della stanza.
Ci fu un gran clamore tra i presenti mentre si dileguavano dietro lui spaventati.
"L'Arcimago di Juvenilia è qui!", urlò qualcuno; e gli altri lo seguirono con non celato panico.
La presenza di un mago tra loro era sinonimo di grande pericolo. I Bramanti, infatti, usavano la magia e l'alchimia per scopi impropri; scopi che esulavano l'ordine naturale delle cose.
C'era la pena capitale se si veniva scoperti.
Ma Denzel si sarebbe occupato di loro successivamente: aveva un Wendigo da cacciare. 
Sembrava che la paura, ora, fosse scivolata via da tutto il suo corpo: quando dominava il suo potere sentiva di possedere tutta la sicurezza del mondo.
La sala si illuminò della sua magia, i sigilli magici apparvero ovunque intorno a lui annullando quelli alchemici. Con velocità concentrò il suo potere in un'arma, plasmandola nella forma di un arco; incoccò delle frecce, simili a lame di luce, che si erano materializzate fra le sue mani.
Era sul punto di centrare la bestia e porre fine alla sua esistenza, quando un urlo, conciso e secco, lo fermò.
"No! Vi prego, non fatelo!"
Una figura esile si fece largo tra la folla, frapponendosi fra lui e la bestia. Si scoprì il capo e non ci volle molto a Denzel per riconoscere il volto di Amelia.
Abbassò la guardia dell'arco.
La giovane sostava con le braccia distese e aperte, come a voler proteggere il Wendigo da ogni probabile attacco del mago.
Egli, però, la fissava sconvolto, senza pronunciare alcuna parola.
"Amelia...", riuscì a malapena ad accennare.
La ragazza, che aveva l'affanno e le lacrime agli occhi, lo fronteggiava con finta sicurezza e, ancora, aveva risolto la sua voce in una preghiera.
"Vi prego, non fatele del male."
"Sei impazzita?"
"No, vi prego, lei... è mia madre."
Denzel avvertì il suo corpo essere vittima di sensazioni più umane che magiche. Ebbe la sensazione che il pavimento si muovesse sotto di lui.
"Che cosa avete fatto, Amelia?"
"Io vi avevo chiesto aiuto! Stava morendo e voi mi avevate detto che non potevate fare nulla per lei!", la ragazza piangeva, ma era difficile dire se le sue fossero lacrime di paura o rabbia, "mi avete costretto voi a farlo!", continuò, "voi!"
"Io non..."
L'emotività umana. Denzel l'aveva sempre sottovalutata e ora questa aveva costretto una dolce fanciulla a far patti con i Bramanti pur di avere la vita di sua madre salva; anche se questo significava trasformarla in un mostro dalla fame smisurata e senza coscienza.
Il mago si sentì in colpa per averla lasciata sola ad affrontare tutto questo.
Ma, prima che potesse tentare di consolarla, ci fu un altro urlo a farlo trasalire: il Wendigo aveva aggredito la ragazza, chiudendo le sue fauci sul suo braccio sinistro.
Il mago sgranò gli occhi, urlò il nome di Amelia e si lanciò a separarla dalla bestia.
Fra le sue mani apparve una spada di energia magica e con essa si costrinse a tagliarle l'arto da sopra il gomito per separarla dal Wendigo e impedire che questo l'avvelenasse.
Amelia gridò di dolore, lasciandosi cadere a terra e stringendosi il braccio compulsivamente, mentre il mago si spinse di nuovo contro la creatura, allontanandola con un altro violento incantesimo.
Il Wendigo si scontrò con una colonna, che, ormai distrutta, crollò sulla bestia.
Questa volta nessuno fermò le sue frecce magiche, e Denzel poté tempestare il Wendigo con i suoi attacchi fino a quando non fu più in grado di alzarsi dalle macerie. Lo finì incastrando una serie di colpi fra i suoi due occhi luminescenti.
Quando fu certo che questi si fossero spenti, si precipitò da Amelia.
La raccolse fra le sue braccia minute e osservò che la carne alla base della ferita presentava già segni di corruzione.
"No," disse in panico, "no, no."
Violando le regole dei maghi, impose la sua mano sulla ferita e prese subito a cercare di contrastare l'effetto del veleno del Wendigo.
"Mi dispiace...", disse improvvisamente la ragazza, con un filo di voce. Era affannata, il dolore, lancinante, la stava divorando dall'interno.
"Mi prenderò io cura di te, adesso."
"Io volevo solo che vivesse..."
"Lo so. Avrei dovuto capirlo."
Guardò la ferita, ma questa non mostrava miglioramenti; solo un breve rallentamento del processo di corruzione. Insistette, aumentando l'intensità dell'incantesimo di guarigione sulla ragazza.
"Non la salverai, allungherai solo la sua agonia così facendo."
Una voce famigliare attirò la sua attenzione.
Quando alzò lo sguardo, il preside dell'accademia era di fronte a lui: aveva un'espressione seccata e delusa; Denzel credette che fosse impossibile che anche lui fosse coinvolto in tutta quella faccenda.
Si guardò intorno con sgomento: poteva riconoscere le persone rimaste come tutti i più alti studiosi di Alchimia dell'accademia. Aveva insegnato alla maggior parte di loro i segreti della magia. Li aveva chiamati fratelli.
Non chiese loro perché stessero facendo tutto quello; poteva immaginarlo. Che fosse stata una trappola per ucciderlo o che lo avessero fatto per farsi scoprire e poi far sì che qualcuno mettesse fine alle loro azioni, a Denzel non importava, perché la sua Amelia stava morendo e non poteva salvarla.
"Cosa posso fare?", disse guardando la fanciulla in agonia fra le sue braccia.
"Non c'è modo di invertire il processo."
"C'è sempre un contro incantesimo!"
"Non nell'alchimia. Noi studiamo le azioni e le reazioni. Causa ed effetto. Se c'è davvero una lontana possibilità di una cura per il morso di un Wendigo, l'unico posto dove può essere costudito è nel vaso di Pandora."
Pandora.
Senza volerlo, aveva dato al mago la risposta che cercava.
Caricò di energia magica la sua pietra del mago con tutto il potere che la sua natura gli permetteva. Non aveva mai avuto bisogno di farlo prima di quel momento, ma aveva deciso che non avrebbe dato loro più l'occasione di ripetere gli eventi di quella notte.
Diede un bacio sulla fronte ad Amelia. Le disse che l'amava.
Poi tutto l'edificio si riempì della potenza distruttiva dell'Arcimago di Juvenilia.

  
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