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Autore: Lux Nox    08/06/2017    0 recensioni
"Ora che hai versato le tue lacrime di sangue, rincorrerai la morte."
Kamiko Kuran è stata un ninja, una figlia e un'amica. Kamiko aveva amato il sorriso di Shisui, stare con lui, divertirsi assieme a lui. Kamiko aveva amato anche Itachi, ma in modo più sincero, più come un buon amico, finché non era scoccata la scintilla. Ma quella stessa scintilla si era tramutata in odio, quando aveva perso tutto in una sola notte.
Itachi Uchiha prima di sparire, si è lasciato dietro una scia di vittime e un fratello orfano. Itachi era il genio, colui da superare, ma adesso il suo obbiettivo da uccidere.
E da guarire.
Tra passato, presente e futuro. Due amici, nemici e amanti, orgogliosi, scriveranno la loro storia, ferendosi a vicenda, squarciandosi la propria pelle e salvandosi dall'inferno.
Chissà, magari c'è per tutti una seconda possibilità per redimersi.
Genere: Avventura, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Itachi, Kisame Hoshigaki, Nuovo Personaggio, Shisui Uchiha, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Prima dell'inizio, Naruto Shippuuden
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E lui ti raggiungerà negli angoli sperduti della terra
 
 
-Abbiamo fatto tanta strada per nulla.- gli disse scocciato il suo compagno di viaggio. –Il viaggio per raggiungere questo posto dimenticato da tutti è durato due settimane, e solo per trovare una guaritrice, che, a quanto pare, è una tua vecchia conoscenza e sembra l’unica che possa alleviare il tuo dolore… E adesso vuoi andartene? Senza neppure continuare a mangiare il meraviglioso ramen della vecchietta.-
Kisame era sconcertato, irritato anche, non riusciva a comprendere il motivo per il quale famoso Itachi Uchiha stesse scappando con la coda tra le gambe. Semplicemente potevano rapire la ragazza, per poi ucciderla senza il minimo problema, ma l’Uchiha scosse la testa dicendo: - Non ci serve una zavorra fino al covo, specialmente una Doshi.-
Appena sentì il cognome dei Doshi, le orecchie di Kisame si rizzarono come quelle di un cane e una luce pericolosa illuminò gli occhi.
-Una vera Doshi nella stessa locanda, è un incontro voluto dal destino! L’ultima che ho incontrato, non aveva le rotelle così a posto per poter riuscire ad assaggiare il suo potere.-
Itachi, disinteressato, lo fissò con quegli occhi scuri, tetri e macabri. Non disse nulla, ma i suoi silenzi sostituivano migliaia di discorsi. Raccontavano tutto.
Era uno di poche parole Itachi Uchiha, ecco perché andavano d’accordo, non c’erano fraintendimenti,  discussioni stupide come con Deidara.
Era la pace assoluta. Un’oasi.
-Tranquillo, mica la voglio mangiare.- e gli mostrò una lunga fila di denti aguzzi e taglienti.- Samehada è quella più interessata.-
Indicò, in fondo alla stanza, la sua lunga spada avvolta tra le bende, che si era agitata la sera prima, quando la cacciatrice di taglie era entrata nel suo radar. Il Kochou era simile alla spada, assorbiva e assorbiva chakra fino a riempirsi ed esplodere. Una bomba ad orologeria, che veniva ricaricata con altro chakra. Mentre Samehada cedeva in parte l’energia al suo proprietario, il Kochou era simile ad una sanguisuga, succhiava da ogni fibra muscolare l’energia, tanto da essere un’arma abbastanza pericolosa per il proprietario stesso dell'abilità.
Sorrise.
Chiunque fosse questa Doshi dalla lingua lunga, Itachi le aveva ceduto parte della sua forza per salvarla, ma il perché l’avesse fatto gli era ancora ignoto. Chi non conosceva bene Itachi, vedeva solo uno spietato assassino dall’aria minacciosa, però, per lui, che di tempo ne aveva trascorso con il genio degli Uchiha, capiva che ad Itachi gli importava di quella donna.
In passato era stata qualcuno di speciale, in effetti, non era la solita estranea con cui si intratteneva, ma una persona a lui cara... se no, perché disturbarsi tanto a ricaricarla come se fosse una batteria?
 “Erano amici?”
Osservò attentamente il suo compagno di viaggi mentre, con lo sguardo vuoto, fissava dalla finestra i palazzi circostanti. I suoi occhi erano tristi… pieni di nostalgia.
Come se avesse appena ritrovato un pezzetto di sé.
Un’amante.
La Doshi era stata una sua vecchia fiamma, ci metteva la mano sul fuoco.
“Ma guarda un po’, anche il solitario Itachi Uchiha si preoccupa di qualcuno.”
Kisame prese una mela dalla borsa da viaggio e la morse con i suoi denti affilati, senza perdere mai il ghigno dalla faccia. Sotto le bende, Samehada si agitò, e capì perfettamente che non era l’unico affamato nella stanza.
“La situazione diventa sempre più intrigante.”
 
“-Itachi!.- pronunciò con quella bellissima e dolcissima voce Sasuke.
Itachi si voltò di scatto ed i suoi occhi scuri brillarono intensamente. Era stato via settimane per una missione e rivederlo lo metteva sempre di buon umore.

Si sentì scoppiare dalla felicità, ma la trattene quando il suo fratellino comparve con Kamiko Kuran, la figlia di Kaede Doshi, mano nella mano. Suo fratello saltellava con un lecca-lecca in mano ma, poi,  lasciò la mano di Kamiko e prese la rincorsa verso di lui. Itachi allargò le braccia e lo prese al volo, facendolo roteare per aria.
Le risate spensierate di Sasuke cancellarono qualsiasi traccia di stanchezza dal suo corpo, era come se non si fosse mai allontanato da casa.
Kamiko li raggiunse poco dopo, con il sorriso sulle labbra e un altro lecca-lecca sigillato. Glielo porse, come offerta di pace.
-Congratulazioni, ho sentito che hai avuto successo!- gli disse sorridendo a trentadue denti, ma c’era qualcosa di molto forzato nella sua postura, come se gli costasse parlagli.
-Come sempre.- gli rispose freddamente il maggiore degli Uchiha, non certo per vantarsi, ma per vedere la sua reazione, che fu immediata: i muscoli della sua faccia si irrigidirono.
Kamiko strinse il lecca-lecca. -Per te.-
Itachi voleva rifiutare per davvero il suo regalo, ma Sasuke lo incitò a prenderlo. –L’ho scelta io fratellone, è il tuo preferito, gliel’ho detto anche a Kami-chan, ma non mi ha creduto...-
Era così
ingenuo il suo fratellino , che gli faceva male il cuore a dirgli di non frequentarla più, perché Kamiko non era una brava persona: lei aveva una bocca larga e velenosa. Tenma gli aveva consigliato l’altro giorno di non averci nulla a che fare, perché aveva sparso in giro che gli Uchiha erano davvero mangiatori di bambini.
Itachi non gli aveva creduto, per quanto Kamiko gli stesse poco simpatica, non avrebbe mai detto nulla per danneggiare Sasuke. Era vero che con Itachi era fredda e scostante, ma con Sasuke aveva tutt’altro rapporto, Kamiko impazziva per il suo fratellino.
Ma… l’aveva vista. Lei con la sua aria da petulante, rideva delle battute delle sue amichette senza il minimo problema.
“E’ lui il mangiatore dei bambini.
Ha lo uno sguardo cattivo.”
Fece scendere su fratello e gli disse di entrare in casa. Sasuke si lamentò, voleva allenarsi con lui e Itachi glielo promise per il giorno successivo. Con l’indice e il medio picchiettò sulla testa del fratellino.
-Me lo prometti?- gli chiese diffidente Sasuke.
-Sì.- rispose solennemente.
Appena Sasuke rientrò, Itachi si voltò tranquillamente verso Kamiko. Era da un anno che la conosceva, ma si erano scambiati al massimo due o tre saluti. Non sapeva che tipo fosse per davvero, ma dopo oggi avrebbe perso la sua maschera da brava ragazza.
-Non voglio che tu continui a vedere Sasuke.-
-Cosa? Perché?- domandò sorpresa la ragazzina. Era poco più bassa di lui, avevano stessa età, ma lei non era molto intelligente, anzi, apriva la bocca inutilmente.
- E’ lui il mangiatore dei bambini. Ha uno sguardo cattivo.- ripeté gelido Itachi le stesse frasi usate per schernirlo. Kamiko sbiancò in volto e il lecca-lecca, che aveva in mano, le cadde per terra.
Il sole stava tramontando, era un bel pomeriggio estivo, ma davanti all’entrata degli Uchiha era sceso il gelo.
Itachi stava aspettando delle giustificazioni che non tardarono ad arrivare, infatti Kamiko abbassò gli occhi per terra, colpevole, e si mise torturare la gonna nera.

-Io… cioè… hai sentito a Mikan.- sospirò pesantemente la ragazza. –Mi spiace.-
-Hai riso.- gli fece notare semplicemente lui, come se non gli importasse nulla, ma non era così...
Se Sasuke le avesse sentite? O suo padre? Non erano abbastanza gli sguardi diffidenti degli abitanti di Konoha? Perché tutti si accanivano contro la sua famiglia?

-Mi tratti come se fossi il tuo peggiore nemico.- continuò il ragazzo, pensando a tutte le ingiustizie che dovevano subire. Erano la polizia segreta, proteggevano il confine ma tutti a Konoha sapevano il loro vero ruolo: cani da guardia.
-Ti ho mi fatto del male?-
Kamiko sbarrò gli occhi, come se fosse stata colpita da un fulmine e si morse il labbro inferiore.
Scosse la testa. –Mi dispiace, non avrei dovuto ridere… io… volevo solo parlare con loro. Non è facile per me essere l’ultima ruota del carro.-
-Non è buona motivazione per ridere alle nostre spalle! La verità, Kamiko Kuran, lo sai meglio di tutti, non mi sei mai piaciuta, ma ho sempre avuto rispetto e la tua famiglia.-
Kamiko annuì lentamente. -Lo so e mi dispiace tanto… ma ti prego, non vietarmi di vedere Sasuke, è come un fratellino per me.-
-Perché hai riso allora?-
-Perché sono una persona stupida che vuole semplicemente farsi degli amici!- gridò Kamiko frustrata.
Era così che si sentiva? Sola? Abbandonata?
Era una sensazione molto familiare... sentirsi solo con tante persone che lo circondavano, soffocare mentre respirava e voler urlare in mezzo alla folla .
Il mondo era sordo. Gli esseri umani ciechi.  Itachi era solo proprio come lei.
Il giovane ninja sviò gli occhi da Kamiko, che si erano riempiti di lacrimoni, e guardò in alto, verso la montagna dov’erano scolpiti i volti degli Hogake. Potenti, misericordiosi ed eterni.
Itachi era invidiato. Odiato. Amato. Idolatrato dalle ragazze.
Era un onore per la casata.
Un promettente ninja per il futuro.
Un probabile Hogake.

-Che facciamo Itachi... vuoi essere tu il mio primo amico?-  scherzò tristemente Kamiko, tirando su con il naso.
Il genio degli Uchiha, riportò gli occhi scuri sulla ragazzina e la squadrò con molta circospezione. Si memorizzò ogni dettaglio del suo viso, delle sue iridi chiare, del suo corpo piatto e non sviluppato, e si decise.
-Sì, voglio essere tuo amico.-
Kamiko sgranò gli occhi incredula e dopo un paio di secondi scoppiò a ridere dal sollievo.
Di sicuro, era stata la peggiore scelta della sua vita, ma andava bene così, era pronto ad assumersi tutte le responsabilità.”
 
Quando si risvegliò, Kamiko urlò, era come uscire da un brutto incubo.
Era nella sua stanza, la riconosceva: con le sue pareti giallastre, il mobilio vecchio e consunto, due letti singoli cigolanti, un armadio in legno e il bagno di un metro per un metro.
Aoi-san doveva davvero fare una bella risistemata alla locanda, sembrava più una baracca decadente e fatiscente con i suoi colori cupi e tetri, per non parlare che cadeva a pezzi e se non fosse per la loro ottima cucina, la locanda avrebbe chiuso i battenti da un po’. Cho le saltò addosso come se niente fosse, non tenendo conto del suo peso non troppo leggero, e l’abbracciò.
-Non respiro.- si lamentò Kamiko, ma ricambiando l’abbraccio.
-Da quanto dormo?- le chiese per capire che giorno fosse.
L’allieva scrollò le spalle. – Un’intera  giornata, ma ti giuro, mi hai fatto prendere un colpo. Credevo che fossi morta quando quel tizio strano ti ha portata qui.- piagnucolò la sua allieva. L’unica che avesse mai avuto e si era promessa anche l’ultima, non voleva problemi da risolvere, non fin a quando la sua missione suicida non sarebbe stata portata a termine.
-Quale tizio strano?- chiese stordita Kamiko.
Aveva un vuoto di memoria, l’ultimo ricordo risaliva a... va bene, aveva guarito il nukenin, pagato Aoi-san e poi… cosa? Perché tutto si fermava lì?
Cho si allontanò per farla respirare e si sedette comodamente sul letto, che protestò con un brutto cigolio. Kamiko evitò di dirle che stava cadendo a pezzi ma
non era proprio in vena di bisticciare con la sua allieva.
-Alto, moro, di bell’aspetto e con due profonde occhiaie, sembrava che non dormisse da una vita. Non te lo ricordi? Era più esausto di te quando ti ha trasportata in camera.-
Lei scosse la testa.
-Era il nukenin che hai guarito l’altra sera.- le rivelò Cho impaziente. La sua allieva era sempre diretta, alcune volte anche troppo, ma non era cattiva, soltanto un po’ istintiva, agiva senza mai pensare come contro Xorra. Sarebbe potuta morire se Kamiko non avesse perso il controllo.
Ripensare a Xorra la mise di pessimo umore. 
“Avrei potuto ucciderlo, kami celesti!”
-Perché sarei dovuta essere in sua compagnia?- chiese più a se stessa che a Cho.
Non avrebbe mai trascorso la serata con un traditore, non quando il solo pensiero le faceva venire i conati di vomito e le ricordava ciò che doveva compiere.
Uccidere il suo ex migliore amico. Lo sterminatore degli Uchiha.
Colui che aveva costretto Shisui ad andarsene per sempre.
-Ci sarai andata a letto?- ipotizzò la ragazzina, ma si beccò come risposta un pugno di testa.
-Hai un po’ troppa immaginazione!-
Cho la fulminò con gli occhi. – Non è colpa mia se tu eri svenuto e lui a pezzi, che tipo di conclusioni potrei trarre se non mi dai qualche indizio?-
-Nessuno, se ci tieni alla tua pellaccia.- la sgridò Kamiko, ma i suoi occhi non erano seri, anzi, si sentiva bene. Rigenerata.
Ricaricata.
Riposata.
Arrivò un flash improvviso.
Il Kochou.
Il dolore.
Il sangue.
Miele.
Il suo olfatto poteva ancora percepire una leggera traccia di odore sulla sua pelle.
Si annusò i polsi, i palmi e infine la maglia... C’era ancora il sentore di miele.
“I suoi modi… erano simili a quelli di lui.
Inorridita si strofinò le mani, le braccia, si graffiò il viso e si strappò la maglia con rabbia.
Cho si alzò spaventata, come se Kamiko fosse posseduta dal demonio, ma la realtà era un’altra: il male l’aveva toccata. Le mani che avevano strangolato vittime innocenti avevano sfiorato i suoi occhi, le sue labbra... la sua pelle era contaminata.
Lei era contaminata dalla spazzatura.
-Kami-chan, fermati!-
Il mostro che si fingeva normale, che con tanta naturalezza le aveva chiesto di essere amici, di vedere oltre la superficie o le aveva insegnato ad amare il mondo, si era finalmente mostrato di fronte a lei.
L’aberrazione era stato nella sua stessa stanza.
“Gli ho offerto il mio aiuto e ho condiviso con lui la stessa energia.”
Si tolse i pantaloni e rimase soltanto con la biancheria intima, mentre tremava tutta.
“Avrei potuto ucciderlo se lo avessi saputo. Era lui? Devo accertarmene.”
-Sensei, cosa fai?- chiese preoccupata Cho.
Kamiko si sfilò i guanti lunghi e lasciò che la sua pelle respirasse l’aria. Il suo odio che cresceva a dismisura.
Il Kochou non si agitava nelle sue vene, nei suoi muscoli, era sazio di chakra.
Del chakra della bestia.
La stessa bestia che aveva strappato la felicità del suo scoiattolo. Il piccolo Sasuke che adesso come obiettivo aveva quello di vendicarsi.
Non ci aveva creduto con quando si era alleato con Orochimaru e aveva tradito Konoha. Non lo aveva mai immaginato capace di tanto, ma un po' se lo aspettava, l’odio bruciava le viscere ad entrambi.
“Avrei potuto salvare Sasuke se fossi rimasta?”
Era tutta colpa di  Itachi.
Dell’innominabile.
Lui aveva rovinato la loro felicità. E meritava di morire.
“Aspetto questo giorno da troppi anni, non mi scapperà più.”
Cercò determinata nell’armadio dei vestiti comodi di ricambio  ma tutto ciò che prese furono: un paio di pantaloni neri lunghi, una canotta blu e gli stivali con il tacco.  Si vestì in pochi secondi e, successivamente, si accorse che la sua katana mancava tra le armi.
Si diede della stupida, se lo era scordata nella stanza del nukenin, ma dalla rabbia uscì dalla stanza.
-Vattene da qui, nasconditi il più lontano che puoi. Capito?- le disse Kamiko a Cho. Alla ragazza ci volle qualche attimo per capire la situazione, ma poi non fece domande, perciò ne fu sollevata.
-Se non ti contatto entro domani, torna a Konoha… intesi?-
Cho annuì vigorosamente, con il cuore a pezzi.
Niente lacrime, l’aveva avvertita quando si erano presentate, una situazione del genere sarebbe successa prima o poi.
Solo un cenno, nessun convenevole, come se fosse tutto questo fosse normale. Ma non c’era niente di normale nella morte che toglieva ogni membro della famiglia, ogni amico o conoscente. La morte era naturale in sé, ma malata per i vivi.
La sua morte aveva il nome di Itachi Uchiha.
Se era lì, dall’altra parte della porta rossa, esisteva un unico modo per scoprirlo, cioé affidarsi alla tecnica che la massacrava ogni giorno: il Kochou.
E l'unico modo per poter sfuggire allo Sharingan serviva il dolore. Per contrastarlo si doveva ferire.
Il Kochou era inutile di fronte alle tecniche illusorie, era banale in confronto allo Sharingan. Era come un topo davanti ad un leone.
Kamiko Kuran bussò e attivò il Kochou.
Lui era suo.
 
-Se usassi lo Sharingan nei nostri allenamenti, saresti spacciata.- le disse Shisui serio.
Kamiko batté i piedi frustrata. – Come pensate migliorerò se non date il vostro massimo? E se un giorno dovessi essere il vostro nemico? Come farei ad affrontarvi?-
-Kamiko, non utilizzerò lo Sharingan solo per un tuo capriccio.- continuò Shisui, irremovibile nella sua decisione.
Kamiko alzò gli occhi al cielo. – Smettila di pensarci troppo, non sono così debole.-
Aveva provato a convincere Itachi, ma il grande genio non le aveva nemmeno risposto, e così l’aveva torturato parlando all’infinito senza fare pause ma si era sbagliata, Itachi era si era inetestardito.
Shisui però era peggio di lui.
-La mia risposta è ancora no, perché lo Sharingan non ha effetti collaterali solo su di te, ma si ripercuote anche su me.-
-Mi stai dicendo che potresti morire se lo usi troppo?- chiese angosciata la ragazza.
Shisui non confermò nulla, ma dal suo sguardo Kamiko capì tutto.”
 
La malattia aveva un nome. La rabbia anche.
La vendetta, chi lo sa.
Itachi Uchiha stava morendo, lentamente, grazie all’abilità innata della sua casata. La maledizione degli Uchiha si era finalmente avverta.
Non poteva essere più che contenta, ma perché le si era formato un groppo in gola?
 
“Non c’è spazio per il perdono in questo mondo spietato,
dal momento in cui nasci al mondo, la tua vita è intrisa di sangue e menzogne...
e la tua anima si sta corrodendo lentamente, esattamente come la mia.
Rincorrimi, Kamiko, fallo finché non avrai più fiato in gola
e la tua carne diverrà mangime per i vermi.”


 
Eccomi tornataa, spero che vi piaccia.
   
 
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