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Autore: GaiaTon    08/06/2017    1 recensioni
Serie di one shot variegate. La prima si intitola Scherzi da caserma. Cosa succederebbe in una calda giornata d'estate se Porthos e Athos invitassero troppo insistentemente Aramis a farsi un bagno con loro? La seconda ci racconta la piccante avvenura di un giovane moschettiere dal nome di una montagna greca...
Genere: Avventura, Commedia, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aramis, Athos, Porthos
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Profumo d'Oriente

Fu lei ad avvicinarsi. Era bastato l'incontro degli sguardi per incuriosirlo ed esaminarla meglio. Lei se ne accorse e dal leggero sorriso che le increspò le labbra lui comprese che lei lo fissava già da un po' e che era soddisfatta di aver attirato la sua attenzione... lunghe ciglia incorniciavano degli occhi dal colore indefinito: non erano verdi, non erano marroni, ma magnetici e misteriosi. La giovane mosse il collo elegante voltandosi a sussurrare due parole alla donna che le era di fianco. L'anziana maitresse dalla scollatura troppo profonda per il suo décolleté avvizzito si volse verso di lui scrutandolo. Fece un segno di diniego con la testa, allora la giovane le sussurrò qualche altra parola e parlottarono un po' tra loro, in faccia a lui. Il moschettiere, offeso di essere l'oggetto di una conversazione tra puttane, assunse una posizione ancora più fiera e altezzosa, rendendo manifesto a tutti che quel luogo lo digustava, quasi indeciso sul punto di andarsene. Volse lo sguardo intorno a lui. I suoi commilitoni non lo avrebbero seguito, anzi forse lo avrebbero deriso. Erano loro ad averlo trascinato lì. Si doveva festeggiare il loro ingresso nella compagnia: quale festa migliore che una cena con i fiocchi ed un giro dalle ragazze di Madame J? L'intraprendente Bernajeux, dallo sguardo volpino sul viso sempre rubizzo, corso ad avvisare la maitresse che tenesse le ragazze migliori per l'arrivo dei giovani moschettieri, era tornato poco dopo vittorioso in taverna e tutti avevano alzato l'ennesimo calice alla godereccia piega della serata. Athos brindava con gli altri, senza che l'entusiasmo per l'ottenuta casacca lo sovrastasse, sentiva piuttosto un lieve sollievo sopra il senso di colpa che lo attanagliava da quando aveva lasciato casa sua. Ora aveva un nuovo nome ed una nuova vita, forse anche una nuova famiglia tra quegli uomini rumorosi. Il vino che correva a fiumi era come l'acqua che avvolge il battezzando dandogli una nuova esistenza libera dal peccato. Lui bevendo con loro era libero, forse, dal suo passato, almeno finché una spada o una palla non lo avessero trapassato. E andava bene così. I moschettieri ad un certo punto avevano smesso di bere per non compromettere l'esito della serata e avevano ripreso i loro cappelli piumati per recarsi da Madame J. Arrivarono cantando abbracciati canzoni oscene, e anche Athos si lasciò trasportare. Gli piaceva il contatto con quelle persone. Il cameratismo era una prospettiva affascinante. Ma finire la serata in un bordello, no. Quell'idea non gli andava a genio. Era comunque entrato. Alle sue narici sensibili erano subito giunti gli effluvi dei dozzinali profumi di cui l'aria era pregna. Decorazioni pesanti saturavano le pareti fintamente eleganti, tappezzate di un velluto vermiglio troppo sgargiante.

L'aria invece si riempì delle esclamazioni dei suoi commilitoni entusiasti alla vista delle ragazze che si paravano di fronte a loro. L'imbarazzo durò solo un instante poi ognuno scelse colei con cui avrebbe passato tutto il tempo che la propria borsa gli avrebbe concesso.
Athos osservava quello squallido scambio di sguardi, ammiccamenti, profferte oscene. Era palese il desiderio smodato degli uni e la finzione delle altre. Scollature profonde accompagnavano abiti di seta rammendata più e più volte, piume e trucco mascheravano lineamenti sfatti, e profumi stomachevoli provavano a rendere seducenti corpi emaciati. Il giovane moschettiere era nauseato e non provava alcuna attrazione verso quelle donne, che non poteva vedere se non attraverso la lente del suo pregiudizio di presunti inganni femminili. Il gioco della seduzione gli ripugnava. Avrebbe volentieri proseguito la bevuta nella taverna fino a non ricordare più il tempo non troppo lontano in cui aveva ceduto a quelle lusinghe. Avrebbe voluto bere di fino al punto di rigettare il cibo insieme alla sua propria insoddisfazione.

Con le labbra arricciate ad una smorfia di aristocratico disgusto, la mano sul fianco e la gamba protesa in avanti era l'immagine della più altezzosa fierezza e del più schifato disprezzo. E quello sdegno che lo avvolgeva era talmente manifesto che nessuna delle ragazze presenti gli aveva neanche osato rivolgere uno sguardo malizioso o aveva abbassato la scollatura, anche solo per canzonarlo. Peccato per loro, perché il giovane era senz'altro molto più bello degli altri, suoi compagni cui comunque le donne avevano dovuto ripiegare, se volevano guadagnare qualche moneta.

La sala andava vuotandosi, e le coppie si allontanavano nelle camere, allacciate. Alcuni, più focosi o esibizionisti, avevano già cominciato a posare lì davanti a tutti le loro bocche sulle generose scollature che venivano così oscenamente offerte. L'aria si stava riempendo di sospiri e gemiti, quando lei attrasse l'attenzione del moschettiere. Non era come le altre, la sua pelle era ambrata, e vestiva come una turca. Delle braghe ampie fasciavano appena la curva dei fianchi. Indossava una camicia impalpabile, di un colore cangiante, indefinibile tra l'indaco e il violetto che sarebbe stata davvero impudica se un corto farsetto dai ricami elaborati non le avesse coperto il petto. Le lunghe braccia ricadevano nude lungo i fianchi rotondi, lei parlava senza gesticolare alla vecchia maitresse accanto a lei. Il corpo della giovane non era esposto eppure il moschettiere venne attraversato da un lampo di sensualità quando il suo sguardo si posò sulla pelle compatta del collo che elegante sosteneva una testa graziosa incorniciata di capelli colore dell'ebano, raccolti in una crocchia spessa sulla nuca. Il viso della giovane era esotico, allungato, pervaso di mistero. La bocca carnosa dalle labbra scure denotava una sensualità intrigante, il naso sottile le conferiva un ché di statuario e gli occhi.... gli occhi erano brillanti come quelli di un gatto, ipnotici come quelli di un serpente... Athos non aveva mai visto occhi di quel colore, né immaginava che ne potessero esistere. La giovane gli sorrise compiaciuta , e ottenuto l'assenso della vecchia e l'attenzione del moschettiere, fu finalmente libera di avanzare verso di lui. Ammaliante senza ammiccare, i fianchi ondulavano appena nell'avanzare, mentre un'aura di magnetismo si dispiegava intorno a lei. Il vociare attorno del locale sparì, si fece intorno a lui come un silenzio ovattato. Il moschettiere rimase impassibile di fronte mentre lei avanzava, immobile senza compiere alcun gesto che denotasse quanto ne fosse rapito, eppure, non poté reprimere un moto di stupore quando colse da vicino l'oro puro negli occhi di lei. Oro colato scuro e lucente come ambra colorava le iridi di quella esotica creatura. Come una gazzella biblica ella si fermò in attesa a due passi da lui, abbassò appena gli occhi incorniciati da lunghe ciglia e lentamente allungò una mano verso quella del moschettiere ancora, altezzosamente, piegata sul fianco. Percepì che non doveva ancora a toccarlo ma quando lei, con un ultimo sguardo invitante si voltò, egli la seguì.

Misteriosa come un'eroina biblica, sensuale come un'odalisca da romanzo, il giovane Athos non ritrovava in lei l'essenza femminile che conosceva e disprezzava, ma qualcosa che pur essendo simile nella sostanza ne differiva completamente. Non c'era volgarità, non c'era ostentazione e in questo mistero non sentiva l'inganno. Soggiogato dalla curiosità si lasciò condurre nella sua stanza.

Non l'avvolse un profumo volgare come quello delle donne che aveva conosciuto, non c'erano ciprie e ventagli piumati. Ma un grande letto basso coperto di drappi dello stesso colore indaco e violetto della veste di lei e nell'aria una fragranza come issopo o mirra, giunti dalla Persia... chissà o dalla Cina...

Il giovane non voleva ancora cedere e rimasero a fissarsi qualche istante. La bocca socchiusa di lei denotava il desiderio che l'avvolgeva. Mosse un passo verso il moschettiere. Le sue lunga dita scure si poggiarono delicatamente sulle spalle di lui, facendolo fremere, e irrigidire. Allora risalendo piano il collo appoggiò le mani sul viso dell'uomo carezzandone i lineamenti così belli. Volle bearsi un po' di quell'immagine, stupendosi che l'uomo non dimostrasse ancora alcun cenno di desiderio per lei. Era ancora cupo e altezzoso. Come poteva un uomo così bello essere così freddo? Le mani della giovane si posarono sulle sue guance mentre un dito percorreva piano il profilo delle labbra, ma la presa d'acciaio della mano dell'uomo la interruppe. Non insistette. Capì che quell'uomo andava sedotto, conquistato, lentamente. Non era lei a concedere i suoi favori ma il contrario. Sorrise, era una sfida che sapeva condurre e che avrebbe vinto. Gli volse le spalle. Slegò sapientemente, con studiata ed estenuante lentezza i lacci del suo corsetto e proprio quando un raggio di luna la colpì, lo lasciò cadere. E in una notte d'argento si sciolse fluida una passione benefica come balsamo sulle ferite di entrambi.

 

Solo molto più tardi, quando un tuono si udì in lontananza, il giovane moschettiere si risvegliò da un sonno stremato. Prima che potesse rendersi conto di dove fosse, una sensazione di magia lo avvolse come se si trovasse in un luogo lontano, in una terra ai confini del mondo. Ma gli bastò un momento per tornare in sé per ricordare, e posare gli occhi sulla fanciulla dagli occhi d'oro che gli dormiva accanto. Flessuosa, la pelle liscia come marmo esotico, era coperta da lunghi capelli come da un lenzuolo di seta impalpabile. Sentendo il suo sguardo ella aprì gli occhi d'ambra. Si fissarono a lungo in muto saluto. Cosa dire ad una cortigiana dopo averla avuta? Pensava il moschettiere, e non riusciva a trovare parole adeguate. Sentiva però in sé come se quel fascino esotico avesse frapposto fra il presente ed il passato un velo, uno strato su cui appoggiare un'altra vita. Era ancora possibile?

Allora si alzò mormorando un grazie sulla labbra di quella creatura magnetica e sincera, e con discrezione le fece scivolare nella mano un sacchetto di monete, sentendo la vergogna di quel gesto. La lasciò con una carezza ed un bacio. Si rivestì e uscì nella notte che scoloriva. Forse il suo cuore era ancora vulnerabile al fascino femminile? O forse solo una donna aliena poteva ancora suscitargli un sentimento che non fosse la nausea? Non voleva comunque più nulla di tutto questo. Mentre spuntava il giorno il promettente Athos rientrava in via Ferou, dove la sua casacca azzurra di moschettiere l'attendeva, lei sì fedele. La vestì come il manto di un sacerdote perchè era il solo abito che voleva indossare, la sola seta di cui voleva avvolgersi. La corazza di risentimento e delusione attorno al suo era ancora tutta lì, granitica, appena scalfita da un profumo esotico e da due occhi d'ambra che avrebbe cercato in fretta di dimenticare. Ma la luce come anche l'acqua riesce a tracciare percorsi anche laddove non se ne vedono. E Amore, comunque, a far breccia.

   
 
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