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Autore: Bruck_5    08/06/2017    0 recensioni
Un breve racconto sullo sbarco in Normandia; quello che fu una strage ma anche l'inizio della vittoria.
Genere: Drammatico, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Il mio nome è Luke Turner ed appartengo al diciottesimo Reggimento della Prima Divisione di Fanteria; sono americano precisamente di Seattle ed amo la mia città come la mia patria, più di qualunque altra cosa e per questo motivo ho deciso di combattere e soprattutto di vincere.
 
Oggi è il 6 giugno 1944 e sono esattamente le cinque del mattino; fra non molto sbarcheremo sulla spiaggia di Omaha Beach o almeno, questo è il nome in codice che le è stata affibbiata.
 
Sto indossando il mio elmetto verde militare e la mia tuta la quale non riesco davvero a distinguere se mi sta tenendo caldo o freddo, perché siamo a giugno ma viaggiare in mare aperto non aiuta molto e poi c'è la paura. Quella più di tutte non mi ha mai abbandonato sin dal momento in cui sono partito, mi carica di adrenalina nell'istante in cui dobbiamo attaccare ma mi paralizza per tutta l'attesa. Spesso in preda al panico, mi capita di perdere il controllo e tutti i miei compagni sanno che devono starmi il più lontano possibile se vogliono tornare a casa con tutta la pelle.
 
Sono sporco, non mi lavo da giorni ormai ed alcuni ci scherzano sopra dicendo che "puzziamo così tanto che i tedeschi appena ci vedranno si spareranno da soli", vorrei davvero che fosse così.
 
Ne ho abbastanza di sparare alla gente, so che è il mio lavoro ma avere la consapevolezza di uccidere padri di famiglia, figli tanto attesi dalle proprie madri o famiglie intere mi demoralizza abbastanza.
 
Adesso sono le cinque e un quarto, il tempo sembra passare ma non finire mai, ho così tanta paura che sto tremando visibilmente ed esageratamente; affianco a me c'è il mio Comandante Clarence R. Huebner e sta guardando fisso il mio compagno di squadra Angus Evans.
 
"Evans maledizione, vuoi smetterla di fumare?" Gli scappa una leggera risata.
 
"Signore, dovrò morire in quel campo schifoso, una sigaretta non può nuocere a nessuno; né a me che fumo né a lei che mi sta di fronte. Anzi, vuole fare un tiro?" dice Angus in tono mellifluo.
 
Il Comandante sorride amaramente.
 
"Ragazzi, sapete che odio i discorsi ma questo mi sembra un buon momento per azzardarne uno. A mio parere questa guerra non durerà molto ancora, noi Alleati ci stiamo facendo strada abbastanza velocemente e di questo passo faremo fuori i tedeschi in meno di un anno; ma non posso negarvi una cosa: molti di noi devono ancora morire. Non lo dico per scoraggiarvi, assolutamente no; ma stiamo giocando fuori casa ed anche se siamo attrezzati, chi combatte nella propria terra è purtroppo avvantaggiato. Oramai siamo una famiglia, sarebbe stupido negarlo e per tanto dobbiamo essere fedeli l'uno con l'altro, però dobbiamo prima pensare a noi stessi. Può sembrare egoista ma è l'unico modo che ognuno di noi ha per non lasciarci le penne.
Se uno di noi cade, si cerca di andare avanti; avremo tempo alla fine per piangergli addosso" C'è un momento di pausa, Johnson il migliore amico di Evans sta piangendo; al contrario di molti si è arruolato solo per non perdere la fiducia del padre ed anche se ha dato grande prova di sé rimane comunque il più terrorizzato "Ragazzi... Vi voglio bene e grazie per essere qui, nel futuro ve ne saranno sempre grati".
 
"Baggianate" Sento bisbigliare ciò da un ragazzo affianco a me, Miller se non sbaglio. Lui è il pessimista della squadra, odia tutti e non va d'accordo con nessuno; in ogni maniera possibile ha trovato il modo di battibeccare con qualunque elemento del gruppo. L'unico a cui non ha mai rivolto la parola sono io e sinceramente credo sia per il semplice motivo che mi crede stupido nel vero senso della parola.
 
Sono un ragazzo abbastanza riservato e non faccio mai la prima mossa, resto spesso da solo e ho timore di molte cose.
 
Mi faccio coraggio e gli rispondo "Cosa hai detto, scusa?".
 
Alza lo sguardo e per la prima volta lo sto guardando dritto in faccia. Non ha lineamenti americani, sembrerebbe di origini inglesi.
 
"Ho detto che sono tutte idiozie, Turner" pronuncia il mio cognome con una nota di disprezzo e non riesco a capirne il motivo.
 
"Ma come sai il mio nom-" Mi interrompre bruscamente.
 
"Sei famoso per il tuo insuccesso nel controllo delle tue paure" dice continuando a guardarmi con disappunto. Faccio finta di non pensarci e continuo il discorso.
 
"Ma... Perché per te sono cavolate?" Guardo l'ora: dieci alle sei. Il tempo passa in fretta ora.
 
"Avanti, davvero credi che nel futuro ce ne saranno grati? Ovviamente nessuno si dimenticherà mai della Seconda Guerra Mondiale, ma noi soldati siamo così tanti che passiamo in secondo piano; non siamo nemmeno una briciola in confronto ad Hitler e noi verremo dimenticati da tutti ed anche dalle nostre famiglie. Andando avanti di generazioni noi diventeremo il nulla, spariremo come la fiamma che arde sul momento ma che se non viene curata diventa solo un lontano ricordo. Siamo come le scritte sulla sabbia in riva al mare, appena arriva un'onda le stravolge e le nasconde agli occhi di tutti.
Saremo ricordati come "quelli che hanno sconfitto i tedeschi", se ci riusciremo. Hai capito?" Non so come ribattere, in un certo senso ha ragione ma non voglio dargliela vinta.
 
"Sarà, ma a me basta la consapevolezza di aver combattuto e vinto..." Miller mi guarda e sorride.
 
"Se non sai come ribattere, taci. Stai sviando il discorso" Così mi limito ad un sorriso imbarazzato e mi giro dall'altra parte.
 
Evans sta fumando l'ennesima sigaretta, c'è poi Johnson che ha ancora gli occhi rossi ma è decisamente più tranquillo per modo di dire. Guardo gli altri miei compagni e riconosco Stymest con cui ho scambiato due parole prima della partenza ed è stato molto disponibile con me nel spiegarmi come muovermi all'interno della squadra.
Provo ad accennargli un saluto con la testa perché pare mi stia guardando, ma credo sia perso nei suoi pensieri siccome non risponde. Non sono solo io ad aver paura, posso leggere il terrore negli occhi di molti di noi e chi non lo dimostra sta solo provando a nasconderlo.
 
"Turner, giusto?" Mi giro alla mia destra da dove pare arrivi quella voce ed incrocio il mezzo sorriso del mio Comandante.
 
"Si, Signore" gli rispondo con voce tremante.
 
"Tranquillo, è giusto aver paura. Se non la provassi mi preoccuperei molto" Ora punta lo sguardo verso il fondo della nostra nave.
 
Io annuisco muto.
 
"Hai la ragazza che ti aspetta a casa?"
 
"No, Signore"
 
"E' strano ragazzo... Vedi Brown, laggiù? Ecco, lui ha la foto della sua ragazza sotto l'elmetto; conosciamo tutti il viso della sua bella Angelina..." Accenna una risata leggera ed anche io non la posso evitare.
 
"Ho la mia cagnolina, Signore" dico come se fosse la cosa più normale del mondo.
 
"Ma davvero...? Che razza è?" mi chiede il comandante e sembra realmente interessato.
 
"Un pastore tedesco, si chiama Shai" rispondo convinto e fiero.
 
"Be', vedi di tornare a casa per Shai e per la tua famiglia"
 
"Certo, Signore" concludo il discorso.
 
Sono le sei e dieci e si comincia ad intravedere la terra su cui sbarcheremo. Ora l'ansia sale sul serio; il Capitano si alza in piedi e si dirige verso il centro della nave.
 
"Soldati, statemi bene a sentire: tra poco più di venti minuti saremo su quella spiaggia, tra poco più di venti minuti comincerà una nuova battaglia. Preparate le armi e cercate di non farvi cogliere di sorpresa, forza!"
 
Prendo in mano il mio M1 Carbine e guardo che sia ben caricato, prendo in mano anche la Colt e controllo che abbia tutte le munizioni ed infine mi assicuro di avere almeno tre granate. Sono pronto, fisicamente ma non mentalmente.
 
"Turner, allaciati bene il para-cervello!" la voce di Evans mi riprende scherzosamente ma lo ringrazio per avermelo fatto notare.
 
"Vieni, sei con me giusto?" Mi limito ad annuire e ad alzarmi in piedi.
 
"Chi è nella mia squadra mi raggiunga da questa parte!" Una volta che ognuno è al proprio posto "Bene, ora accovacciatevi perché quei bastardi spareranno a vista e dovete almeno cercare di toccare terra così avrete contribuito anche se per un secondo" Evans prende l'ultimo tiro di sigaretta e poi la getta in mare. Mi abbasso come mi è stato ordinato e trattengo il respiro per calmarmi.
 
"Turner, sono dietro di te; vedi di mantenere la calma e di non uccidermi" Questo è Miller che puntualmente mi ricorda l'unico mio punto debole.
 
"Cercherò di fare del mio meglio, uomo del té delle cinque. A proposito, quante zollette?" sorrido sfacciatamente scherzando sulla sua presunta provenienza e non rivolgendogli il minimo sguardo.
 
Miller non riesce a rispondermi nemmeno volendo, una granata colpisce il lato sinistro della nostra nave e tutti riceviamo un forte scossone, per un pelo noto che sfioriamo una mina sull'acqua e due minuti dopo esattamente alle sei e trenta, siamo quasi tutti in mare che tentiamo di arrivare a riva con i fucili sopra le teste.
 
Un soldato di fianco a me viene colpito direttamente in testa e non mi giro a guardare perché so che non avrei il coraggio di continuare; più avanti noto Brown con le budella di fuori, prende la pistola e si spara alla testa. L'orrore pervade la mia vista e penso che questo è il momento perfetto per impazzire. Giungo sulla spiaggia e mi butto a capofitto dietro la prima barriera costruita dai tedeschi.
 
Cerco con lo sguardo questi ultimi ma non riesco ad individuarli; i miei occhi ricadono su Johnson nascosto dietro uno scoglio a qualche metro da me che con l'indice, punta verso l'alto e poi mi fissa negli occhi come per dire "sono lassù".
 
Mi sporgo leggermente ed è un attimo: una pallottola mi sfiora la testa. Penso che qualche tedesco mi abbia individuato; un sasso mi colpisce la gamba e guardo da quale direzione proviene. Ancora Johnson mi indica di correre dalla sua parte il più veloce possibile mentre lui proverà a coprirmi; annuisco.
 
Giro la testa verso il mare, è già una distesa infinita di cadaveri così chiudo gli occhi e provo a liberare la mente. Quando li riapro non ci penso due volte e corro come un razzo con le gambe che mi fanno male, raggiungendo Johnson.
 
Sono salvo e ricevo una pacca sulle spalle.
 
"Ascoltami bene da questo lato siamo io, te, Evans ed altri tredici laggiù; non sono sicuro che ce la faremo ma noi due siamo incaricati di salire il più possibile per creare spazio sufficiente per farci seguire dagli altri. Dobbiamo coprirci a vicenda, siamo io e te Biondo. Capito?"
 
"Sì"
 
"Ah, due cose. Quante munizioni hai?" mi chiede con tono teso "Tutte" rispondo sincero.
 
"Bene. L'altra è: vedi di non impazzire" Sorride mi da un'altra pacca sulla spalla e poi mi dice "Pronto?"
 
"Pronto!"
 
Un accenno con la testa e già stiamo correndo verso la parte alta della collinetta; sparo a vista per non sprecare colpi e so benissimo che è la cosa più saggia da fare, ma la mia testa dice tutt'altro: vuole che io spari al vuoto.
 
Inciampo una volta su una roccia e Johnson mi salva per un pelo, colpendo il tedesco che aveva già puntato il suo fucile dalla mia parte, così riprendo a correre e colpisco almeno sette soldati. Mi volto indietro un secondo per notare la situazione e vedo che Evans con la piccola squadra è dietro di noi.
 
Mentre torno a guardare avanti noto un altro tedesco nascosto dietro ad una pila di sacchi e sta puntando Johnson; prendo in mano il fucile e miro verso la testa, l'adrenalina sale e mi fa tremare leggermente ma appena il proiettile parte, viaggia come un bolide: colpisco nel segno il nemico.
 
"Siamo pari Turner!" mi urla Johnson senza voltarsi dalla mia parte io annuisco e riprendo a salire. Questa collinetta sembra infinita ma ormai siamo al limite, così io ed il mio compagno ci fermiamo dietro una roccia a pochi metri dallo spiazzo tedesco per riprendere fiato qualche istante e ricaricare le armi.
 
"Siamo quasi in cima... Prova a contare quanti siamo" mi indica Johnson.
 
Spingo il collo ovunque e conto velocemente.
 
"In questa zona saremo una sessantina, per quanto riesco a vedere" confermo un po' abbattuto.
 
"Buona dài... Ricarica il fucile e prepara una granata. Per essere uno che ha esperienza mi fai quasi ridere, insomma... sembri più un novellino, però hai una buona mira. Bene, preparati che ripartiamo" Non voglio ripartire, voglio morire.
 
Johnson mi spinge la spalla con il manico del fucile, così esco dal nascondiglio e riprendo a correre. Giunto allo spiazzo, tiro fuori la granata, stacco l'anello e la lancio il più lontano possibile; appena esplode sento grida di panico. Ora corro a passo ristretto e mi guardo continuamente intorno ad un certo punto sento una voce leggera e tremante
 
"Hilfe..." Non conosco molte parole tedesche ma so che questa è una richiesta d'aiuto. Abbasso lo sguardo e vedo un soldato tedesco che m'implora protendendo una mano verso di me e tenendo premuta l'altra sul fianco; sto provando pietà e so che non dovrei ma non conosco nemmeno il motivo per il quale potrei aiutarlo. Non riesco a pensarci di più, dopo un colpo di pistola l'uomo giace a terra morto; per mano di Evans.
 
"Non devi provare alcun rimorso nei loro confronti. Loro hanno delle famiglie? Bene, anche tu. Loro sono innocenti? Lo sono come lo sei tu. Ormai sono macchiati dall'errore della Nazione e se si trovano qui, allora sono solo un bersaglio per noi, come noi lo siamo per loro"
 
Annuisco e riprendo a correre, continuando incessantemente a sparare a vista.
 
Oramai è notte e nascosti, alcuni di noi stanno cercando di dormire; siamo avanzati in molti ma altrettanti sono morti ed ora la guerra non mi fa molta paura.
 
 
L'otto giugno siamo riusciti ad unirci alle forza britanniche avanzando verso la cittadina di Isigny-sur-Mer e a liberarla, successivamente occupiamo Cherbourg e da quel momento tutto è storia. Io nel complesso non ho nemmeno visto il comune di Avranches poiché sono stato colpito alle gambe e sono dovuto tornare a casa, ma abbiamo vinto, no? Ed io posso dire di aver contribuito a scrivere un capitolo di storia, anche se non sarò ricordato mi basta sapere di aver partecipato.
 
Molti anni dopo...
 
Oggi sono passati ben quarant'anni e mi trovo qui, al cimitero di
Colleville-sur-Mer insieme a mio figlio, sua moglie e la mia nipotina di undici anni. Adora quando le racconto le mie avventure, mi considera un eroe ed è una sensazione bellissima. Sono davanti alla tomba di Evans e proprio accanto c'è quella di Johnson; sono morti come due fratelli, l'uno per salvare l'altro e lo so per certo. Infondo devo a loro la mia vita per avermi salvato un paio di volte.
Non molto lontano scorgo la tomba del mio Comandante, anche lui mi ha aiutato.
 
"Nonno, c'è un signore che continua a guardarti..." Vago con lo sguardo ed incrocio due occhi azzurri, sempre il viso severo ma scorgo un lieve sorriso così ricambio e mi vado a sedere sulla panchina non molto distante. Da quell'incidente ho ripreso a camminare ma mai più come prima ed ora ogni tanto soffro.
 
Mio figlio e sua moglie si allontanano e la mia nipotina la vedo giocare con un altro bambino.
 
"Quello è mio nipote, tutto suo nonno..." E' Miller che prende posto al mio fianco.
 
"Bell'avventura eh?" domando retorico.
 
"Sai, mi ha fatto piacere conoscerti, eri l'unico che mi stava simpatico anche se poi ti sei tradito" dice abbassando la testa e sghignazzando.
 
"Come scusa?"
 
"Mi hai dato dell'inglese, stupido americano... Impara, mai dare dell'inglese ad un fiero purosangue scozzese!" Ci guardiamo negli occhi, entrambi stiamo piangendo ed infine ci sorridiamo complici.
  
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