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Autore: Ginevra Gwen White    09/06/2017    1 recensioni
— Stiamo perdendo qualcosa, Agnese.
— Che cosa?
Lo scrittore fermò il passo e la guardò negli occhi. La donna si accorse che l'iride nera come il tabacco inghiottiva quasi completamente la sua pupilla.
— La felicità. I sentimenti. Le cose vere.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Stelle che non dimenticano


L'incontro con lo scrittore era fissato per le dieci di quella sera. Si sarebbero visti vicino a un pub di Cefalù. Agnese immaginò che gli avrebbe offerto da bere, per ringraziarlo di avere accettato l'intervista.
Sterzò verso destra e dopo una dozzina di metri si fermò per parcheggiare. Infilò una mano dentro la borsa e ne estrasse del burrocacao. Mentre si ungeva le labbra, Agnese pensava all'incontro imminente. Ferdinando Spiaggia era uno scrittore emergente siciliano; il suo romanzo d'esordio, 'Pelle d'ambra', occupava la vetta dei libri più venduti da un paio di settimane. Agnese lo aveva letto con foga, divorandolo fino all'ultimo carattere sulla carta stampata. 
Era una bella storia. Si trattava di un genere un po' differente da quelli che Agnese amava leggere, ma l'aveva subito coinvolta, tanto da chiedere al capo il permesso di intervistarlo per la rivista.
La giornalista scese dalla berlina blu, sbattendosi la portiera alle spalle. Erano le 22:08. Lo scrittore ancora non c'era. 
La luce suffusa dei lampioni illuminava fiocamente il viale lastricato, tingendolo di bagliori dorati. Sebbene non fosse ancora la stagione estiva, diversi turisti passeggiavano a coppie o a gruppi, reggendo in mano la cartina del luogo. Agnese li guardava dritti negli occhi, tentando di indovinare la loro nazionalità. Germania? America? Norvegia? Ogni volta era un gioco.
Dalla porta del pub, uscì un giovane ridacchiante, che abbracciò con foga un suo amico e gli urlò qualcosa all'orecchio. Agnese li guardò e d'improvviso si sentì estremamente vecchia. 
— Scusi, è lei Agnese Riccardi? — Una voce esitante la appellò, facendola voltare. Un uomo basso, appena trentenne a giudicare dal viso dai tratti dolci e con una barbetta nera e ispida, le stava di fronte, tenendo in mano nient'altro che un biglietto. Agnese sbirciò e vide scritto il suo nome.
— Sono io. Ferdinando Spiaggia? 
L'uomo sorrise con franchezza. — Sono io.
Si strinsero la mano. Agnese notò che la presa dello scrittore era salda e asciutta, mentre le sue mani erano sudaticce. 
— Entriamo nel pub? — chiese con la donna con cortesia, mentre si passava le mani sui pantaloni scuri per renderle meno umide.
Lo scrittore scosse inspiegabilmente la testa. — Che ne dice di camminare un po'?
Agnese annuì, malgrado pensasse a quanto sarebbe stato difficile prendere appunti dell'intervista camminando. 
— Mi dia del tu. — lo invitò — È meno complicato.
— Vabene. Avviamoci. 
Lo scrittore cominciò a camminare a passi lenti e Agnese lo affiancò, stringendo il block notes fra le mani.
— Non mi piacciono i pub. — disse lo scrittore — E nemmeno le discoteche o gli spazi chiusi in generale. Quando scrivo, amo farlo sulle panchine nei parchi. E se il tempo non lo consente, esco fuori in veranda. Non immagini quanto siano d'ispirazione le mie piantine! — ridacchiò sull'ultima affermazione.
Agnese sorrise e prese velocemente nota. Schiuse la bocca per fare una domanda, ma lo scrittore la anticipò.
— A lei piacciono i pub? — domandò.
La donna ci riflettè un po', lievemente in difficoltà. Non ci andava spesso, ma neanche li disprezzava. Osò proferire una mezza verità per compiacerlo. — Onestamente, non tanto.
Ferdinando Spiaggia annuì, guardando davanti a sé con un sorriso enigmatico. — Pura.
— Come, prego?
— Pura. Agnese deriva dal greco. Significa pura.
Imbarazzata, la giornalista si mise i capelli dietro un orecchio. Non aveva idea di cosa significasse il suo nome, mentre uno sconosciuto sì. Decise che avrebbe approfondito su Internet.
La passeggiata proseguì. Dai tavoli di un ristorante all'aperto provenivano forti schiamazzi. Agnese sbirciò, incuriosita. Una donna di una famiglia piuttosto numerosa parlava a voce molto alta con i figli piccoli, scherzando con loro e facendo smorfie buffe al marito. Nel tavolo adiacente, era riunita una famiglia di quattro persone; il padre navigava con il tablet, la madre parlava al cellulare e i figli avevano lo sguardo fisso su uno smartphone di dimensioni spaziali.
Agnese non potè fare a meno di notare un forte contrasto. Anche lo scrittore se ne accorse e sospirò.
— Ai giorni d'oggi, la gente è strettamente collegata agli oggetti materiali, dal momento che la produzione di questi eccede. Qualche decennio fa, lo saprai meglio di me, non era così. — Prese una pausa. — Mio nonno mi raccontava che, solo per comprare un paio di scarpe nuove, si dovevano mettere i soldi da parte per settimane. Oggi con un solo un click è possibile ordinare un paio di scarpe su Internet a prezzi da urlo. — Si fermò di nuovo. — Non so quanto di positivo o negativo ci sia in questo.
— È il progresso... non si può fare nulla per fermarlo.
— Il progresso... il progresso... — sussurrò lo sguardo dello scrittore era perso nel vuoto — Ma siamo davvero così progrediti? Andiamo avanti o indietro?
Agnese si morse le labbra, interdetta. 
— Stiamo perdendo qualcosa, Agnese. 
— Che cosa?
Lo scrittore fermò il passo e la guardò negli occhi. La donna si accorse che l'iride nera come il tabacco inghiottiva quasi completamente la sua pupilla.
— La felicità. I sentimenti. Le cose vere. — scandì — Pensa attentamente... anni fa comprare un paio di scarpe era un'aspirazione a lungo termine. E quando finalmente lo ottenevi... brillavi di gioia. Avevi lavorato a lungo per permetterti una cosa del genere e il tuo obiettivo era stato raggiunto con fatica e sacrificio. Quello era molto più di un semplice paio di scarpe. Era un traguardo.
— Adesso, invece... tutto si ottiene con facilità. Basta avere il portafoglio pieno e il cervello sgonfio. È così che controllano le masse. La felicità nei giorni nostri è effimera e si ricerca nei luoghi sbagliati.
— Cosa intende? — domandò la giornalista, interessata. L'intervista non aveva più importanza, ormai.
— Alcol, fumo, sostanze stupefacenti, relazioni senza significato... nei momenti in cui fumi o bevi ti senti invincibile. Credi di essere felice. Ma dura solo un secondo. La felicità è molto più di questo. La felicità non è 'sballarsi'. Felicità e, chiamamolo così, divertimento sono due concetti differenti.
— Capisco cosa vuole dire.
L'uomo chiuse gli occhi, come stesse cercando le parole adatte. — Quella non è la salvezza. — dichiarò, vacillante.
Avevano terminato Corso Emanuele e si trovavano dinnanzi a un convento. Voltarono a sinistra, verso la spiaggia e Agnese restò senza fiato.
Lo scrittore ispirò. — Questa... questa è la salvezza. — mormorò, indicando il mare con lo sguardo.
Sulla spiaggia, un gruppo di religiosi era seduto in cerchio a cantare. Piccole fiamme ardevano su piattini di cera disposti attorno a loro. Le loro voci erano leggere come il volo di un uccello e ad Agnese parve di riconoscere una sfumatura di luce diversa in ognuna di esse.
Una bambina con le trecce portava in mano una lanterna di carta. Agnese notò la conformazione del suo viso. Aveva la sindrome di Down.
Sorrideva, mentre la sua voce melodiosa si univa alle altre, come un disegno che si portava a termine da solo, tratto dopo tratto. Poggiò la lanterna sull'acqua con leggerezza, salutandola con la mano. Ben presto fu imitata dal resto del suo gruppo e il mare si riempì di decine di lanterne galleggianti.
Il cielo viola scuro era punteggiato di stelle palpitanti e così il mare. L'uno si specchiava nell'altro in una sinergica fusione di luce.
Lo sciabordio delle onde, le luci brillanti e colorate della città e il fascio di un faro completavano quello che era uno spettacolo divino, di cui non ci si saziava mai.
Agnese non era mai stata così partecipe a tanta intensità. Gli occhi le si fecero lucidi e, inconsapevolmente, iniziò a pregare. Non era mai stata molto religiosa, ma, lì, su quella spiaggia, con le stelle meravigliose in cielo e in mare e immersa nella vastità della salvezza, ne sentì la sincera esigenza.
Le lanterne galleggiarono placidamente fino all'orizzonte fino a diventare puntini gialli in lontananza. Agnese li seguì con lo sguardo fino a che l'ultimo puntino scomparve. Si voltò verso lo scrittore. Lui aveva le lacrime agli occhi e annuiva.
I religiosi intonarono un nuovo canto. Ferdinando invitò Agnese a sedersi con lui sulla spiaggia ad ascoltare.
— Ogni sabato vengo qui ad ammirare il profilo della città di notte. È questo che mi dà... speranza. Finché ci sarà qualcuno a lodare le cose più vere e profonde, in armonia con la natura, niente sarà perduto e il mondo potrà ancora essere un mondo migliore.
— La felicità può essere trovata, anche nei momenti più oscuri, se solo uno si ricorda di accendere la luce.*
Lo scrittore si voltò verso di lei, ammirato e, dal profondo dei suoi occhi neri, Agnese giurò di scorgere un puntino di luce bianca.
— È proprio così, Agnese.
Entrambi tornarono a riempirsi gli occhi della bellezza più pura, due cuori luminosi e cristallini nella notte opaca.




*citazione di Albus Silente


Note dell'autrice
Un vecchio racconto trovato in un "cassetto virtuale", tratto da una storia vera. Ero desiderosa di condividerlo, dopo anni di stasi.
Gwen
   
 
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