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Autore: mido_ri    09/06/2017    0 recensioni
Due ragazzi completamente diversi entrano in contatto in un apparente contesto scolastico.
Alessio: il solito ragazzo disordinato e "piantagrane" che reputa la sua vita una noia, così come la scuola e qualsiasi tipo di legame con le altre persone.
Riccardo: un ragazzo, meglio definito "ragazzino", che sembra fin troppo piccolo per poter frequentare il secondo anno di liceo; al contrario del suo fisico, la sua mente è grande.
Così come ci si aspetterebbe da un ragazzo del genere, Riccardo nasconde a tutti, perfino alla sua famiglia, la vera vita che conduce ogni giorno, difficile e sconvolgente.
Un inaspettato incontro spingerà Alessio a porsi sempre più domande su quello strano ragazzo.
Come si svolgerà la storia dei due incompatibili compagni di banco?
Genere: Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Mer, 17 ottobre, pomeriggio

Deglutii rumorosamente.

- Io…devo uscire -

Mi alzai dal divano e raggiunsi di corsa l’appendiabiti.

Fuori faceva freddo, ma non abbastanza da farmi tremare più di quanto non stessi già facendo per via della notizia a dir poco scandalosa.

Per fortuna la casa di Matteo non era troppo distante dal centro della città, quindi non dovetti ricorrere a salire su mezzi pubblici.

Era impossibile poter scorgere qualcosa attraverso le ampie finestre, esse erano oscurate da tende grigie e spesse. Se non fosse stato per il balcone aperto al piano di sopra, la casa sarebbe sembrata del tutto disabitata. Suonai il campanello e attesi, ansioso come sempre.

La porta si aprì cigolando, un viso segnato da profonde rughe mi scrutò con diffidenza.

- Che vuoi?-

- Uhm…io…sto cercando Riccardo, è qui? -

L’anziana signora, probabilmente la nonna di Riccardo, rimase sull’uscio per un po’, poi mi invitò a entrare.

Cominciò ad armeggiare con una teiera e delle tazzine da tè sul piano da cucina, mentre io mi accomodai sul divano nel salotto comunicante.

- Perché lo stai cercando? -

Quella domanda mi spiazzò, in effetti non c’era una ragione precisa, avevo bisogno di parlare con lui e basta.

- Io…volevo solo sapere come sta…ho letto di quello che è successo -

- Successo? -

Le tazzine tintinnarono sotto le mani tremolanti della signora.

- Sì…sul giornale… -

- Oh, caro, non ho idea di cosa tu stia parlando… Abbiamo chiesto di non pubblicare alcuna notizia riguardo a quello che è successo… -

 Aggrottai le sopracciglia.

- Forse stiamo parlando di due cose diverse…lei a cosa si riferisce? -

Mi grattai la nuca, evidentemente a disagio.

- Oh… -

La signora scosse il capo sconsolata, poi si voltò nuovamente verso i fornelli e riprese a parlare molto lentamente.

- Mia figlia…non avrei mai immaginato che quel pazzo… -

Strinse una mano raggrinzita attorno a un lembo del maglione rosa confetto, decisamente fuori luogo.

- Ridurre così anche sua madre… -

- Di chi sta parlando…? -

- Di quell’assassino, mi sembra ovvio! -

La sua voce rauca divenne improvvisamente stridula e insopportabile.

Sussultai.

“Allora anche lei sa…no, aspetta…sua madre?”

- Mi scusi, ma non capisco… -

L’anziana signora scosse nuovamente il capo e parlò senza voltarsi.

- Se vuoi vederlo non devi cercare qui, va’ via -

Mi alzai dal soffice divano con un balzo.

- Dov’è?! -

Ma non ottenni alcuna risposta.

Corsi fuori, ormai ero abituato a non capire mai nulla e ad agire d’impulso.

“Dove diavolo sei?”

Delle gocce d’acqua fredda mi precipitarono sul viso all’improvviso.

“Che voleva dire quella signora?”

Le nuvole grigie oscuravano il sole, i fari delle macchine lampeggiavano in mezzo alla strada trafficata, la pioggia mi colpiva il viso con violenza.

“Dove sei?!”

Mi fermai di colpo dinanzi a un manifesto del Luna Park aperto da poco; svoltai per una lunga discesa e cominciai a correre a rotta di collo.

Una volta giù, mi arrestai e mi piegai sulle ginocchia per riprendere fiato. Le luci delle giostre non erano ancora state accese, ma qualche giostraio si aggirava per l’ampio spiazzo ricoperto di sassolini grigi, mentre di tanto in tanto una canzoncina allegra scaldava l’aria gelida e leggera.

Posai lo sguardo su un furgone bianco parcheggiato dietro un grande tendone; dietro di esso si nascondeva un basso muretto che si prolungava oltre quel veicolo. Feci dei passi in avanti titubante.

Lui era lì.

 Era seduto su quel muretto con le gambe penzoloni; guardava assorto quel tendone verde scuro, come se vi potesse vedere attraverso.

- Ro…? -

Quelle parole mi uscirono di bocca con tono basso e ansioso.

Il ragazzo voltò il capo verso di me e mi salutò con un sorriso.

- Che ci fai qui da solo? -

- Ti stavo aspettando -

Feci un altro passo verso di lui.

- Credevo non volessi vedermi più… -

Sospirò e cominciò a muovere le gambe avanti e indietro.

- Quando ti dico di non fare una cosa…la fai sempre -

 Ancora un altro passo.

- Era una tattica? -

- Sì. Avevo bisogno di parlarti e…per farlo c’era bisogno che venissi nella mia stessa direzione -

Mi sedetti accanto a lui, ma evitai di guardarlo in viso.

-  Nella tua stessa direzione? Allora anche tu a volte ragioni…come facevi a essere sicuro che sarei venuto a cercarti qua? -

Il ragazzo scrollò le spalle.

- È l’unico posto dove siamo stati bene insieme…per una volta -

Mi si scaldò il cuore al ricordo di quella sera.

- Tu…hai mentito riguardo a quel bacio…? -

- Tu che pensi? -

Mi voltai verso di lui e catturai il suo mento con una mano. Riccardo sussultò e quel finto sorriso beffardo sparì dalla sua faccia in un attimo.

- Devi dirmi la verità, altrimenti è inutile continuare a parlare di stessa direzione e altre cazzate! Io…non ci sto capendo più niente -

- Idem -

- Che?! -

- Neanche io -

Strinse un pugno attorno al mio polso e avvicinò il suo viso, ora rabbioso, al mio.

- Sei così impegnato a cercare di capire come diavolo funzioni la mia testa che non ti fermi neanche un attimo per chiederti cosa io pensi davvero di te! -

Cercai di spingerlo via con la mano libera, ma il suo busto oppose resistenza.

- E questo che c’entra adesso?! - 

- Pensavo che almeno tu fossi diverso…ma ti stai comportando come tutti gli altri… -

Stavolta fui io ad accorciare le distanze fra i nostri volti.

- Smettila di girare attorno all’argomento! Parla, cazzo! -

Le sue labbra indugiarono per qualche attimo, ma i suoi occhi determinati rimasero fissi nei miei.

- Vorrei soltanto che… -

- Cosa?! -

Lo scrollai violentemente, ma in quel momento non mi importava.

- Vorrei che non facessi sempre finta di stare bene davanti a me, di essere forte…vorrei che non mi nascondessi sempre tutto…su come stai veramente… -

Aprii la bocca per controbattere arrogantemente, ma lui continuò a parlare.

- Vorrei essere la tua spalla su cui piangere…vorrei che non avessi paura di starmi vicino…che condividessi con me tutti i momenti di tristezza e… -

- E io vorrei che ti mostrassi disponibile a sopportare tutto questo…tu che non sembri in grado di sorreggere neanche te stesso -

- Non è così…io…sarei disposto a sopportare tutto questo al posto tuo se solo potessi… -

- Tutto questo cosa? -

I suoi occhi si distaccarono per una frazione di secondo dai miei.

- Lo sai… -

- Cosa?! -

- Lo…lo stalker… -

Il mio cuore perse un battito.

- Allora avevo ragione…anche tu… -

- No, Ale…non c’è nessuno stalker -

- Co…cosa… -

- E no…non sei neanche pazzo…è tutta colpa mia -

Boccheggiai in cerca d’aria per riempire i polmoni che sembravano essersi improvvisamente contratti, come stretti da due forti mani.

- Ro…che stai dicendo? -

- È per questo che si allontanano tutti da me… -

- Io…non capisco -

Le mie mani cominciarono a tremare irrefrenabilmente.

- Shh… devi stare tranquillo -

Il ragazzo mi sfiorò una guancia con il dorso della mano nel tentativo di farmi una carezza forse, ma quel tocco suonò inaspettatamente freddo, inaspettatamente familiare.

- Sei tu? -

Strinsi i pugni.

- Cosa? -

Riccardo parve sorpreso.

- Sei tu lo stalker, vero?! -

Lo spinsi con tanta forza che lo feci cadere a terra, ma lui sollevò il busto e protese le braccia quel tanto che bastava per potermi afferrare per il giubbino e tirarmi giù, addosso a lui.

Mi prese il viso fra le mani piccole, costringendomi a guardarlo negli occhi. Erano di nuovo calde. In quel momento potevo vederlo, aveva paura anche lui, ma ero sicuro di averne più io. 

- Ascoltami…-

- No… -

Delle lacrime fredde scivolarono sul mio viso e ricaddero sul suo.

- Mi devi ascoltare…-

Strinse le mani attorno alle mie guance infuocate.

- Non possiamo stare qui…mia nonna ha accettato di coprirmi le spalle a patto che io me ne vada…fra poco mi cercheranno tutti…e immagino che succederà lo stesso anche a te -

- Ma che stai dicendo? Io voglio delle risposte…ora…! -

- Non posso ora…ma ne parleremo con calma…ti fidi di me? -

- No! -

Scossi la testa per cercare di liberarmi da quelle mani, ma non ci riuscii; tutta la mia essenza gridava di , che mi fidavo di lui, che amavo essere in qualche modo protetto da quelle mani, io che di protezione non ne sapevo proprio nulla.

Strizzai gli occhi, ne uscirono altre lacrime, le ultime. Tirai su con il naso, poi mi alzai e offrii una mano al ragazzo che mi guardava incredulo e sinceramente sorpreso, ancora disteso sul cemento bagnato, con la leggera pioggia a scivolargli sul viso.

- Allora…andiamo… -

Si passò una mano sul retro dei pantaloni per pulirsi un po’, poi cominciò a camminare dinanzi a me.

- Dove? -

- Dove non ci troveranno -

- Precisamente? -

Il ragazzo scrollò le spalle continuando a camminare.

- Non lo so…aiutami -

Sospirai deluso.

- Immagino che non sarà un castello o un hotel a cinque stelle -

- Anche io…idiota -

Si fermò un attimo e si coprì il mento con due dita, facendo finta di essere molto concentrato.

- Idea! -

- Spara… -

- Vicino al parco pubblico c’è un vecchio capannone, giusto? -

- Hai intenzione di andarti a mettere in quella baracca? Tu sei pazzo -

- Già, anche tu! -

Sorrise e riprese ad avanzare, mentre io lo seguivo con una faccia da ebete.

“Si sta comportando come se fosse la cosa più normale del mondo…forse è per questo che mi piace…mi fa stare bene...mi fa dimenticare tutto il resto…”

Il mio stomaco brontolò, mi coprii la pancia con le mani e rivolsi un’espressione imbarazzata al ragazzo che si voltò a guardarmi.

- Credo di avere fame… -

- Oh…non ti preoccupare, mangeremo qualche scoiattolo domani mattina -

Poi rise innocentemente e diede una pacca sullo zainetto che portava in spalla.

“Hai pianificato tutto, eh?”

Mer, 17 ottobre, sera

Alcuni arnesi da lavoro erano appesi al soffitto e producevano un rumore inquietante ogni volta che il vento che penetrava tra le fessure li faceva dondolare.

- Sei sicuro di voler passare la notte qui? Ti facevo più cacasotto… -

- Fra noi due è evidente che il più cacasotto sei tu -

Infilò entrambe le mani nello zaino, poi mi porse un panino incartato con un fazzoletto bianco.

- La tua cena -

- Grazie… -

Addentai il pane e masticai velocemente, ansioso di far arrivare subito il cibo al mio stomaco vuoto. Dopo aver “cenato”, mi accucciai a terra e appoggiai la testa sullo zaino di Riccardo.

- Sei stanco? -

- Sì… -

Sospirai e sfrusciai la testa sullo zaino.

- Volevo parlarti di quella cosa… -

- Non importa, Ro…forse è meglio che io non sappia… -

- Sì…però devi almeno sapere che… -

Mi alzai sui gomiti e lo guardai in viso sotto la luce fioca della torcia del suo cellulare, finito chissà dove.

- Ascolta…non mi importa se esiste o no, voglio solo stare con te -

Il ragazzo sgranò gli occhi, ma si ricompose subito.

- Magari in un posto migliore…scusa -

Sorrisi per tranquillizzarlo, poi mi stesi di nuovo.

Gio, 18 ottobre, notte

- Ale…sei sveglio? -

Il cellulare di Riccardo si era ormai scaricato, quindi eravamo ufficialmente al buio in una capanna inquietante, sotto un temporale per giunta.

- No, penso di essere morto -

Mi arrivò uno schiaffo sulla gamba.

- Ahi! Sono serio…questo posto è deprimente -

- Perché cade acqua dal soffitto o perché questa sottospecie di stalla probabilmente non reggerà? -

- Stalla? Come ti viene? -

- Be’…c’è il fieno a terra… -

- Non è fieno, è segatura -

- Eh?! -

- Lascia perdere… -

Sbuffò e lo sentii muoversi più volte, forse per cercare la posizione adatta.

- Ho freddo -

- Non aspettarti che ti dia la mia felpa, ho freddo anche io -

- Uff…che gentiluomo… -

- Non sei mica una ragazza -

- Purtroppo no…ho visto che ci sai fare con le ragazze -

Quella frase mi spiazzò, avrei scommesso tutto sul fatto che aveva deviato la conversazione apposta.

- Sei ironico? -

- Ovvio…potevi anche cercare di sembrare meno schifato con Noemi… -

- Ci ho provato! -

- Ci credo… -

- Non usare quel tono, lo so che in realtà avresti voluto essere al suo posto -

Non ottenni nessuna risposta, ma lo sentii arrampicarsi addosso a me.

- Oh…non rendere la situazione ancora più imbarazzante -

- E tu vedi di chiudere quel cesso -

Il suo alito caldo mi arrivò sul collo e mi fece rabbrividire.

- Quando ti arrabbi diventi troppo aggressivo…qualcuno è un po’ permaloso? -

- Finiscila -

Risi sottovoce.

Il ragazzo sbuffò, poi si alzò velocemente a sedere.

- C’è qualcosa che vibra -

- Non sono io…e mi stai leggermente squartando lo stomaco -

- Oh…scusa! -

Un lampo illuminò la stanza.

- Cavolo…non si vede niente -

Riccardo mi intimò di far silenzio.

- Ha smesso -

Poi si mosse di nuovo e iniziò a gattonare in giro.

- Ha ricominciato! -

Mi misi una mano nella tasca sul retro dei pantaloni ed estrassi il cellulare.

- Ah…pensavo di averlo lasciato a casa -

- Ma sei scemo? Come fai a non accorgerti del telefono che ti vibra sotto il culo? -

- Dopo anni e anni passati sul letto a fare il vegetale, impari a essere insensibile a parecchie cose -

- Humpf…chi è? -

- Matteo…credo si sia accorto che sono scomparso da oggi pomeriggio -

- Da quando Matteo si interessa di quello che fai il giorno? -

- Ah, non te l’ho detto…mi ha invitato a stare da lui…diciamo che adesso viviamo insieme - 

- Tu e lui…? -

Il cellulare smise di vibrare, dopo qualche secondo mi arrivò un messaggio che non lessi neanche.

- Sì, sono stati molto gentili a ospitarmi…dato che non ho i soldi neanche per pagare una bolletta -

- Capisco…be’, sicuramente è stato più interessante che stare qui con me -

- Hey…ma che hai? -

Pensai di avvicinarmi a lui nel buio, ma non era il caso.

- Cosa c’è fra voi? -

- Ah? Niente… -

- Anche quella sera…quando sono venuto a casa tua…eravate insieme -

- Sì…ma siamo semplicemente amici di vecchia data -

- No. Tu gli piaci -

- Ma che stai dicendo? -

- Si vede, sai? Non sono stupido -

Sbuffai e ripresi a fissare il cellulare che aveva ricominciato a vibrare.

- Non rispondere, rispondi a me invece… -

Rimossi la batteria e la scheda SIM, e le infilai in tasca.

- Adesso va bene? -

- Sì -

Lo sentii avvicinarsi.

- Dimmelo, vi siete baciati? -

Sentii il viso scaldarsi, fortuna che lui non poteva vedermi.

- Ro… -

- È così, vero? -

- Sì… -

- Pensavo di piacerti -

- Ma tu mi piaci! È solo che…è un periodo di merda…lo sai -

- Non c’entra! È difficile anche per me, ma non vado in giro a baciare la prima persona che si comporta in modo gentile! -

Sospirai, non potevo più mentirgli.

- Non era la prima volta…è già successo…quella sera -

- Oh…allora non hai scuse -

- Sì, invece! È stato lui a buttarsi addosso…io l’ho spinto -

- Ma la seconda volta non l’hai fatto -

- No, la seconda volta sono stato io a baciarlo perché solo Dio quanto stessi soffrendo! Perché tu non eri lì con me…non eri al suo posto -

- Non è colpa mia…se potessi… -

- Lo so, anche io se potessi farei tutto quello che mi passa per la testa, ma evidentemente non posso -

- Cosa vorresti fare? -

- Non lo so…cose tipo questa -

Mi alzai in ginocchio e mi protesi verso la figura scura ed esile che mi stava di fronte, appoggiai una mano sul suo viso e lo avvicinai al mio, dal momento che non potevo vedere neanche dove fossero le sue labbra.

“Hai ancora quel sapore, accidenti…allora non era lo zucchero filato”

Alle mie orecchie i nostri sospiri e gli schiocchi dei baci suonarono più forti del rumore dei tuoni. Mi aggrappai ai suoi fianchi con la paura che potesse scivolare via dalle mie braccia in qualsiasi momento, che fosse un’altra illusione.

Il mio cuore batteva così forte che mi faceva male, il mio stomaco si aggrovigliò in un nodo indissolubile.

“Stavolta non succederà niente…non ho paura”

Mi allontanai da lui per riprendere fiato e far calmare un po’ il mio cuore. Tenni gli occhi chiusi, aspettando che qualcuno cominciasse a bussare chiamando il mio nome o che la vecchia porta venisse sfondata all’improvviso, ma non accadde nulla di tutto ciò, l’unica cosa che mi fece sobbalzare fu la sua voce.

- Ancora - 

  
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