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Autore: Carlo Di Addario    10/06/2017    1 recensioni
Era una fresca serata estiva.
Il cielo era terso ma, a parte qualche stella solitaria, buio come la pece: troppo inquinamento luminoso, in quell’angolo di mondo.
Seduti davanti un piccolo tavolino circolare, ricoperto da una raffinata tovaglietta rossa decorata con delle rose rosse, stavano due uomini.
I loro nomi sono tutt'ora sconosciuti, quindi li nomineremo com’erano solito chiamarli i loro conoscenti: l’uomo con i baffi ma senza tuba e l’uomo con la tuba ma senza baffi.
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[...] Anche l’uomo con la tuba ma senza baffi fece lo stesso: si voltò, contemplando le gigantesche turbine fra le quali si riversavano le acque dell’Oceano Atlantico, che sprofondavano lugubri nei canali costruiti sui secchi fondali di quello che fu il Mar Mediterraneo.
“Pensi, io non ho mai visto com’era il mare, prima che venisse quasi del tutto prosciugato…” commentò meditabondo il filologo, osservando ora il plumbeo cemento che costituiva il corpo centrale della titanica struttura, alta un centinaio di metri e della quale era possibile vedere il prolungamento fino alla linea dell’orizzonte.
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(Quarto racconto della serie "Metafisica Musicale")
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Metafisica Musicale'
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Note Autore: 
Atlantropa, o Panropa, fu un progetto dell'architetto tedesco Herman Sörgel. Pianificato nel 1927, ebbe forte risonanza in tutto l'ambiente intellettuale della prima metà del XX secolo. L'idea centrale del progetto era quella di costruire una diga con una centrale idroelettrica sullo stretto di Gibilterra e di abbassare il Mar Mediterraneo dai 100 ai 200 metri.
 
(Fonti: Wikipedia)


Era una fresca serata estiva.

Il cielo era terso ma, a parte qualche stella solitaria, buio come la pece: troppo inquinamento luminoso, in quell’angolo di mondo.

Seduti davanti un piccolo tavolino circolare, ricoperto da una raffinata tovaglietta rossa decorata con delle rose rosse, stavano due uomini. 

I loro nomi sono tutt'ora sconosciuti, quindi li nomineremo com’erano solito chiamarli i loro conoscenti: l’uomo con i baffi ma senza tuba e l’uomo con la tuba ma senza baffi.

Il primo era decisamente anziano: aveva il naso adunco, le mani ossute, due piccoli occhiali e le tremolanti dita avvinghiate attorno al manico in porcellana di una lucida caraffa bianca, colma di tè.

Ne stava versando un poco in una tazzina, osservando l’ambrato liquido riversarsi e rimescolarsi.

Il secondo signore era invece decisamente più giovane, con la mascella particolarmente prominente, il naso poco marcato e un grosso monocolo sull’occhio sinistro.

Dinanzi a se aveva un piccolo taccuino in pelle rossa, dove stava scribacchiando con una stilografica nera.

Accanto, teneva un mucchio sparpagliato di fogli: vecchi documenti, fotografie sbiadite, lettere logorate dal tempo e dalla grafia semi illeggibile… sembrava tutto materiale da filologo e, difatti, lo era.

L’uomo coi baffi ma senza tuba iniziò a sorseggiare il suo infuso, spostando lo sguardo sulla documentazione del collega.

La contemplò, come rapito dai quei fogli di carta ingialliti dal tempo.

Poi deglutì e domandò: “Sicuro che non voglia niente? Anche solo un po’ d’acqua…” 

L’uomo con la tuba ma senza baffi scosse il capo distrattamente, continuando a scrivere: “Davvero, la ringrazio compagno, ma preferisco non bere o mangiare, mentre lavoro…”

Poi, alzando in controluce una delle lettere per capire se chi l’avesse firmata fosse un uomo, una donna o qualcos’altro, aggiunse: “…non sia mai che possa danneggiare con del cibo la documentazione…”

L’uomo coi baffi annuì, bevendo un secondo sorso del bollente infuso: “La capisco, la capisco, fate bene a esser prudente…” e si asciugò bocca e baffi con un tovagliolo, anch’esso rosso e decorato con rose rosse.

Passò qualche istante di religioso silenzio.

L’uomo coi baffi finì la tazza, si pulì nuovamente dai residui di tè e, stiracchiandosi le spalle intorpidite, appoggiò i gomiti sul tavolo.

Incrociò quindi le mani, continuando a guardare il filologo continuare solerte il proprio lavoro: continuava a confrontare fra di loro fogli su fogli, per poi scribacchiare fitto fitto sul proprio taccuino.

“Posso farvi una domanda, giovane compagno?” domandò a un certo punto.

L’uomo con la tuba ma senza baffi annuì, fermando la mano e alzando lo sguardo.

“Come mai vi siete messo a ricostruire l’iter burocratico del progetto Atlantropa?” chiese l’uomo con i baffi ma senza tuba, inarcando un sopracciglio.

Il filologo rispose con semplicità: “Perché è stato il più mastodontico lavoro di ingegneria dello scorso secolo, ha cambiato il volto dell’Europa e costituito uno spartiacque, fra quella che era la sua cultura precedente e quella attuale. Credo sia importante per i contemporanei, sapere come si è giunti, a livello Europeo, ad attuare burocraticamente e legislativamente un simile progetto!”

L’uomo coi baffi ma senza tuba annui.

Quindi voltò lo sguardo verso la diga: dalla terrazza panoramica del caffè dove sedevano, era uno spettacolo mastodontico e meraviglioso.

Anche l’uomo con la tuba ma senza baffi fece lo stesso: si voltò, contemplando le gigantesche turbine fra le quali si riversavano le acque dell’Oceano Atlantico, che sprofondavano lugubri nei canali costruiti sui secchi fondali di quello che fu il Mar Mediterraneo.

“Pensi, io non ho mai visto com’era il mare, prima che venisse quasi del tutto prosciugato…” commentò meditabondo il filologo, osservando ora il plumbeo cemento che costituiva il corpo centrale della titanica struttura, alta un centinaio di metri e della quale era possibile vedere il prolungamento fino alla linea dell’orizzonte.

L’uomo coi baffi ma senza tuba fece spallucce: “Le assicuro che non si è perso nulla di eccezionale”

Lui lo aveva visto il Mar Mediterraneo, prima che il livello delle sue acque si abbassasse di 200 metri circa: era nato giusto dieci anni prima che la mastodontica diga sullo stretto di Gibilterra fosse ultimata, e dodici anni prima che iniziassero i lavori di drenaggio dell’acqua e che le turbine entrassero in funzione. 

L’uomo con la tuba ma senza baffi scosse leggermente il capo, aggrottando un poco le sopracciglia quasi infastidito da quelle parole e dal tono noncurante con il quale erano state pronunciate dall’anziano interlocutore: “Come fate a dire ciò…? Doveva essere magnifico… così come le città portuali e lagunari! Dicono che Venezia fosse stupenda e ben lungi dalla fatiscente, miasmatica landa liquamosa che è oggigiorno…”

L’uomo con i baffi ma senza tuba si rabbuiò un poco, rimembrando di colpo il tragico e ineluttabile epilogo che avevano pian piano avuto le città lagunari e portuali della costa Mediterranea, compresa la sua amata Venezia.

Ricordava ancora vividamente come la città si fosse spopolata man mano con il passare delle decadi, mentre i canali man mano si seccavano insieme alla laguna: oramai era rimasta lo scheletro di quella che era, in mezzo a una landa liquamosa secca e sterile.

“Già, Atlantropa è stato anche questo: la rovina di Venezia e di tante altre città d’arte…” commentò malinconico, scostando lo sguardo dalla diga e abbassandolo verso la rossa tovaglia.

Passò qualche altro istante di silenzio.

Poi anche l’uomo con la tuba ma senza baffi scostò lo sguardo dalla diga e le sue torrette di controllo, poste una su ogni turbina, a distanza di circa duecento metri l’una dall’altra.

Prese nuovamente la stilografica e tornò a scribacchiare sul proprio taccuino.

“Per questo è importante ricostruire cos’è stato Atlantropa, anche a livello burocratico…” commentò, fra se e se.

L’uomo coi baffi ma senza tuba annuì: già, era importante che si sapesse cos’era stato in ogni ambito, quel progetto di geoterraformazione che aveva collegato l’Europa e il Nord Africa in un’unico continente prosciugando quasi completamente il Mar Mediterraneo.

Poi, alzò lo sguardo e fissò nuovamente il filologo, intento ora a tentare di comprendere quale delle due date segnate sul medesimo documento fosse quella che ne indicava quando era stato redatto. 

“Lei cosa ne pensa di Altantropa…?” chiese.

L’uomo senza baffi ma con la tuba accennò un tragicomico sorriso, avvicinandosi il documento al monocolo: “Guardi, vista tutta la miseria che ha portato… come la rovina della quasi totalità delle città sulla costa… senza contare il dramma ecologico! Si stima che il 90% della flora e della fauna marina siano morte…”

“E’ un’analisi semplicistica la sua… pensi a i terreni coltivabili che sono emersi permettendo la ripresa del settore agricolo! O all’energia prodotta dalle turbine che copre il 30% dei consumi energetici dell’intero continente… senza considerare tutti i relitti che sono stati riesumati che hanno costituito e costituiscono tutt’ora una miniera di informazioni per gli storici!” replicò l’uomo senza tuba ma coi bassi, scuotendo leggermente il capo: decantare solo i lati bui di ciò che era stato Panropa non era corretto.

Il filologo percepì come l’interlocutore si stesse indispettendo: non era raro, quando si andava a criticare un progetto come Atlantropa mettendone, con pragmatismo, alla luce il dramma umano che era stato. Per molti l’utopico progetto di Herman Sörgel, il visionario architetto tedesco che per primo aveva abbozzato su carta la titanica diga che avrebbe cambiato il mondo, era un mito, la massima incarnazione degl’ideali positivisti…

Quindi posò il documento, alzò lo sguardo verso l’interlocutore e si fece serio in volto: “Si, ma a quale prezzo?”

L’uomo coi baffi ma senza tuba rimase in silenzio, con lo sguardo vacuo dinanzi a se.

“Al prezzo della rovina di città d’arte con una storia centenaria… al prezzo del devasto ecologico del nostro mare che ha portato a pandemie e carestie… al prezzo della misera e del sangue, di chi ci ha lavorato in condizioni disumane, a questo progetto che ora noi osserviamo da questa terrazza scrivendo e sorseggiando del buon tè” aggiunse il filologo, rispondendosi da solo.

“…”

“Ha evitato lo scoppio di una guerra…” non poté che mormorare l’uomo con i baffi ma senza tuba, alzando lo sguardo e fissando negli occhi il giovine interlocutore.

Questi batté le palpebre, spiazzato da quella malinconica considerazione.

L’uomo coi baffi annuì: “Se ne accenna appena, nei libri di storia… ma all’epoca in Europa c’erano tensioni preoccupati, tra la Francia e gli stati satellite dell’Egemonia… senza un progetto come Atlantropa, che richiese lo sforzo e la collaborazione di ogni stato Europeo, probabilmente un sanguinoso conflitto bellico avrebbe fustigato il continente…”

L’uomo con la tuba ma senza baffi annuì piano, a quelle parole: ora rimembrava… aveva letto qualcosa, in merito alle tensioni Egemoniche antecedenti Panropa: effettivamente, leggendo le cronache dell’epoca, sembrava davvero che la guerra fosse ineluttabile, e invece…

Per la quarta volta calò il silenzio, sul piccolo tavolo.

“…”

L’uomo con la tuba prese in mano la stilografica, sospiro e tornò solerte a scribacchiare sul proprio taccuino.

L’uomo coi baffi avvinghiò le tremolanti dita attorno al manico in porcellana della lucida caraffa bianca, colma di tè, e tornò a riversare l’ambrato infuso nella tazza.

Di sfondo, lontana ma comunque colossale e incombente, la gigantesca diga e le sue centinaia di mastodontiche turbine, e le sue lugubri acque che vi si riversavano creando un echeggiante boato indistinto.

Il boato di quella plumbea e controversa utopia ingegneristica, che portava il nome di Atlantropa, e che aveva cambiato il mondo.

 

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