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Autore: BuruRaven    11/06/2017    1 recensioni
“Quale fortuna, Padroncino. Non è un bello spettacolo da vedere.”, rimbecca lui, non del tutto scortesemente.
La luce della candela illumina i pallidi, esausti lineamenti del Conte, giusto in tempo per rivelare la malcelata mortificazione di Ciel, alla quale sostituisce rapidamente un magnifico sorriso sardonico.
“Se è ancora in disordine è solo perché non sei riuscito a sistemare.”
“Certamente. Me ne occuperò immediatamente, Padroncino.”, risponde il demone, divertito.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ciel Phantomhive, Meirin, Sebastian Michaelis
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Note:
• Traduzione della fanfiction Nauseous Pull di BuruRaven, che trovate qui  https://archiveofourown.org/works/5657173
• Questa storia è ambientata in seguito al capitolo 111 ma i riferimenti alla trama sono appena accennati. In realtà si può leggere in qualsiasi momento.
• Data di pubblicazione originale: 06/01/2016
• Parole: 1495

• Astenersi emetofobici
• Per tutto il resto, ci si vede in coda.

 
 

È una bianca, fredda notte d’inverno e tutte le luci sono spente alla Tenuta Phantomhive. La neve ha smesso di cadere nelle prime ore di buio, e, adesso, il limpido cielo notturno è cosparso di innumerevoli stelle e una luna piena, tonda e lucente. Tutto tace, quel tipo di calma angosciante che viene solo dopo una grande nevicata.
 
La neve sugli alberi, cespugli e altre piante da giardino, parzialmente illuminati dal chiaro di luna, getta ombre peculiari sull’altrettanta neve depositata sul terreno della tenuta. Alcune somigliano ad animali dalla forma bizzarra e figure umane distorte.
 
Ed è su questo scenario che affascinanti occhi rossi riposano ogni volta che il loro demoniaco proprietario gli permette di allontanarsi dal lavoro, guardando oltre il vetro scoperto della finestra. Cosa che in questa notte particolare avviene spesso. Molto inconsueto per lui. E anche, alquanto fastidioso.
 
Il richiamo del contratto è flebile, a malapena percettibile. Proprio come ogni volta che il suo padrone ha gli incubi. Occasionalmente gli incubi hanno reso il richiamo intenso e profondo, ma il grado di angoscia in questa notte particolare è qualcosa che Sebastian avrebbe definito normale, se non fosse per il fatto che è stato lì persistentemente per più di un’ora. Da qui la componente “alquanto fastidiosa”.
 
Con solo il chiaro di luna a illuminare il pezzo di carta davanti a sé, Sebastian conclude scrivendo “2 dozzine di candele lunghe bianche” alla fine della lista della spesa di Mey-Rin per i giorni a seguire, tirando un sospiro esasperato mentre il richiamo del contratto improvvisamente si intensifica, solo per tornare lentamente al suo precedente livello ostinatamente fastidioso.
 
Decidendo che è giunto il momento di liberare il Padroncino dai suoi incubi stranamente persistenti, Sebastian si alza dalla scrivania accanto alla finestra e si abbottona il panciotto. Un colpo soffocato, subito seguito da un gemito di dolore e da un tintinnio metallico provengono dalla camera da letto del Conte Phantomhive, ed è questa la  ragione che in definitiva conduce il demone alla presenza del signorino.
 
Sebastian bussa alla porta di legno intagliato, ma entra nella stanza senza attendere risposta. In quel preciso istante, Ciel vomita penosamente nel suo vaso da notte. Appena il ripugnante odore di vomito penetra le narici di Sebastian, il demone esamina rapidamente la scena che si trova dinanzi. Le coperte disordinate, recentemente imbrattate di vomito, sono state totalmente scombinate da un inquieto occupante. Quello stesso piccolo, pallido, tremante occupante è adagiato sul pavimento accanto al letto, mezzo inginocchiato, mezzo poggiato con la testa sul coprimaterasso alle sue spalle. Di fronte a lui c’è il vaso da notte pieno dello stesso contenuto che precedentemente riempiva il suo stomaco.
 
Il richiamo del contratto si intensifica ancora una volta, il che si traduce nel bambino ripiegato in avanti a vomitare dolorosamente nel vaso da notte. Nonostante la visione e l’odore ripugnanti, Sebastian è su di lui immediatamente, massaggiando la schiena del ragazzino per placare le convulsioni. Dopo che gli sforzi dei conati a vuoto sono cessati, Ciel geme flebilmente e vacilla. Sebastian blocca la sua avanzata prima che immerga la faccia nelle sue emissioni e lo sottrae al freddo pavimento. La camicia da notte di Ciel è anch’essa sporca di vomito e il bambino rabbrividisce poggiato al torace del suo maggiordomo.
 
“Se-Sebastian?”, Ciel sussurra debolmente.
 
“Sì, Padroncino?”
 
“Accendi una candela o qualcosa, non vedo nulla.”, quest’ultima parte detta in un tono di voce chiaramente petulante.
 
Sebastian sogghigna con discrezione, tuttavia si reca obbedientemente ad accendere la candela sul comodino del Conte, non prima di aver messo a sedere il ragazzino su di un bordo pulito del copriletto.
 
“Quale fortuna, Padroncino. Non è un bello spettacolo da vedere.”, rimbecca lui, non del tutto scortesemente.
 
La luce della candela illumina i pallidi, esausti lineamenti del Conte, giusto in tempo per rivelare la malcelata mortificazione di Ciel, alla quale sostituisce rapidamente un magnifico sorriso sardonico.
 
“Se è ancora in disordine è solo perché non sei riuscito a sistemare.”
 
“Certamente. Me ne occuperò immediatamente, Padroncino.”, risponde il demone, divertito.
 
Ciò detto, il maggiordomo afferra il vaso da notte pieno di vomito e scompare nel bagno adiacente per una manciata di secondi. Al suo ritorno, prende tra le braccia il tremante signorino ancora una volta, causando le proteste indignate di Ciel.
 
“Mettimi giù, demone! Che stai facendo?”
 
Sebastian si ferma a metà strada dal bagno.
 
“Sto sistemando. Vi sto portando nel bagno, così che io possa lavare via il contenuto del vostro stomaco dalla vostra pelle e capelli e cambiarvi in una camicia da notte pulita. Vi sto trasportando io poiché siete scalzo.”, risponde Sebastian placidamente.

L’espressione facciale di Ciel torna a prendere una piega di mortificazione, ma è subito sostituita da un’altra. Questa volta, un consenso abbastanza dispotico, sottolineato da un secco annuire.
 
In un paio di minuti, Ciel è seduto dentro la vasca da bagno riempita con acqua perfettamente riscaldata, aromatizzata alla lavanda. Sebastian esce nella camera da letto e torna appena prima che il conte inizi a chiedersi dove fosse andato, chiudendo la porta dietro di sé.
 
“Forse c’era qualche malattia passeggera nell’aria di quel luogo immondo”, osserva Sebastian, mentre strofina gentilmente i capelli di Ciel col sapone. “Avete la febbre.”
 
Ciel annuisce. “Ho ancora la nausea, nonostante il mio stomaco sia vuoto. E mi fa male la testa.”
 
Il Conte non può vederlo, in quanto il maggiordomo si trovava alle sue spalle, ma gli eleganti lineamenti di Sebastian si contorcono in un’espressione di disapprovazione e disgusto nel ricordare la compatta massa di corpi umani – appartenenti a tutte le classi sociali ­– che circondava il suo piatto prelibato, la sera precedente. Molte di quelle misere creature avevano osato, chi accidentalmente e chi intenzionalmente, toccare il suo delizioso contraente; Sebastian era fin troppo consapevole di questo fatto.
 
“Le preparerò un thè dopo il bagno.”
 
Ciel annuisce di nuovo, chiudendo gli occhi. Dopo alcuni minuti di lavaggio di altre parti del corpo, un tonfo proveniente dalla camera da letto fa aprire improvvisamente gli occhi al conte per guardare apprensivamente il suo maggiordomo.
 
“È solo Mey-Rin che cambia le lenzuola, Padroncino.”, spiega Sebastian tranquillamente.
 
La reazione di Ciel a questa informazione è impagabile. Arrossisce di un rosso furente e sussurra accusatoriamente “Perché non te ne sei occupato tu?”
 
“Perché io mi sto occupando del Padroncino, e Mey-Rin è la domestica dei Phantomhive” risponde il maggiordomo ragionevolmente.
 
Ciel apre la bocca per controbattere, ma sembra lentamente adeguarsi alla situazione umiliante e lascia finire il suo bagno a Sebastian; nessun’altro scambio di battute tra i due.
 
Nel momento in cui il maggiordomo estrae dall’acqua il suo padrone, i brividi tornano a prevalere. A giudicare dal pallore del conte e dal suo barcollare temporaneamente interrotto dal demone, lo stesso vale per la nausea e vertigini.
 
“Riuscite a camminare fino al letto, Padroncino?”, chiede Sebastian, con un sorriso malcelato.
 
“Certo che posso!”, controbatte Ciel indignato.
 
“Naturalmente.” Risponde rispettosamente il maggiordomo, facendo un passo indietro e smettendo di stare addosso al bambino malato.
 
Il signorino raddrizza la schiena e alza il mento, arrogantemente – tuttavia lentamente e con attenzione – camminando oltre la porta che il demone con grazia ha aperto per lui.
 
...Il tutto per essere accolto da una Mey-Rin abbastanza scompigliata dal sonno, che sta ancora sistemando le coperte del letto appena rifatto. Ciel si immobilizza sul posto chiudendo con decisione l’occhio destro scoperto, mentre Mey-Rin si aggiusta nervosamente gli occhiali.
 
“A-avete ancora bisogno di qualcosa, Padroncino?”
 
“No, questo... questo è tutto. Grazie Mey-Rin.”, risponde Ciel debolmente.
 
Mey-Rin dà una goffa lisciata al suo grembiule, come per scrollare via qualche tipo di polvere invisibile e fa un piccolo inchino, guardando nella direzione di Sebastian, per poi andare rapidamente verso la porta.
 
“Spero guariate presto, Padroncino. Ehm... dunque, vogliate scusarmi...”, dice a bassa voce prima di uscire dalla stanza, chiudendo silenziosamente la porta dietro di sé.
 
Per una manciata di secondi, Ciel lotta valorosamente sia contro il bisogno di darsi una manata in faccia che quello di nascondersi sotto un masso. Finché un improvviso attacco di tosse lo interrompe sgarbatamente, così. Il ragazzino vacilla nuovamente; la sola camminata dal bagno al letto è stata estenuante. È così concentrato sulla tosse e sul tentativo di rimanere in piedi che non si accorge di Sebastian che lo trasporta dal pavimento al letto, fino a quando le coperte non gli coprono il mento.
 
La mano guantata di Sebastian scosta gentilmente alcuni capelli solitari bloccati sull’occhio destro del ragazzino, dove brilla la prova del loro contratto.
 
“Riposatevi ora, Padroncino. Vi porterò subito il vostro thè.”
 
Ciel annuisce, la nausea e le vertigini gli impediscono di mostrare la sua disapprovazione per l’essere stato trasportato ingiustificatamente.
 
Quando la porta si chiude per la seconda volta, Ciel sospira e si poggia una mano sulla fronte rovente, solo per poi tirarla indietro al caldo delle coperte appena la nausea si intensifica.
 
Il signorino non lo avrebbe mai ammesso, ma desiderava che il suo demone maggiordomo fosse al suo fianco per la durata di ogni secondo in cui è stato via. Sebastian lo sapeva, comunque. Alquanto fastidioso.


 

Note della traduttrice:
Innanzitutto grazie per aver letto! Spero che questa fanfiction sia stata di vostro gradimento! Approfitto anche per scusarmi in caso alcune frasi siano risultate un po' lunghe o sovrabbondanti, sappiate che è stato fatto tutto il possibile.
Un ringraziamento anche all'autrice, per aver creato e avermi permesso di tradurre questa fic. Anzi, se avete apprezzato, potreste andare a mettere qualche cuoricino all'opera originale.
Ho deciso di tradurre questa storia perché, nella sua semplicità e lineatità, penso sia una piccola perla; non ha pretese particolari, eppure funziona benissimo. O almeno, questa è la mia opinione.
Stavo cercando storie con queste tematiche ma tutte quelle che avevo trovato risultavano un po' ridicole od OOC. Appena ho letto questa la mia fiducia nell'umanità (che avevo perso a causa delle precedenti letture) è tornata e mi è quasi scesa una lacrima. Ho quindi pensato che tutti i miei connazionali meritavano di leggerla, perché magari non sono la sola alla ricerca di 'sta roba.
Va bene, penso di essermela cantata e suonata abbastanza. Grazie ancora e arrivederci. *si inchina*

 
   
 
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