Film > Le 5 Leggende
Segui la storia  |       
Autore: Roiben    11/06/2017    1 recensioni
«Questo vuoto. A volte ho l’impressione di venir risucchiato al suo interno e di non poterne più uscire»
----------
«Vorrei che rimanessi per sempre»
«Anche io»
----------
Ci sono momenti in cui si chiede cosa lo trattenga ancora lì, in un luogo così estraneo e lontano dalla sua natura.
[Storia direttamente collegata a “La Strada Verso Casa”]
Genere: Fantasy, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Emily Jane Pitchiner, Kozmotis 'Pitch' Pitchiner, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
- Questa storia fa parte della serie 'La Strada Verso Casa'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A




~ Parte Seconda ~



«Per quale motivo devi accompagnarmi?» insiste Pitch, indispettito, quando tre giorni più tardi, come anticipatogli, Akh si presenta da lui per scortarlo.


Akh sbuffa. «Sei noioso» commenta solo, con un gesto spazientito della mano.


Pitch si irrigidisce e lo scruta con sguardo affilato.


«Non la pensavi così, la scorsa settimana» bercia stizzito.


«La scorsa settimana non si era ancora presentata la prospettiva che tu potessi rimetterci la tua salute mentale» sbotta lo spirito della Luce. Trae un lungo respiro e ammorbidisce il tono. «Se ti accompagno tu non sprechi inutilmente energie e tua figlia evita di stare in pensiero per la tua incolumità» fa gentilmente notare. «Inoltre potrò finalmente fare una visita come si deve alla tua ragazza» insinua malizioso.


Pitch diventa bordeaux, poi i suoi occhi si accendono di argentea indignazione.


«Idiota! Lei non è affatto questo, per me. E piantala, una buona volta, di fare discorsi dementi» lo avverte minaccioso.


Akh, senza minimamente scomporsi, si limita a sorridergli enigmaticamente, all’apparenza più che soddisfatto di quella risposta brusca e ben poco gentile.


«Andiamo» lo esorta pacato, tendendogli una mano.


L’altro si prende ancora un momento per squadrarlo con sospetto, poi sbuffa e stringe le dita attorno al suo polso, annuendo impercettibilmente a comunicare il proprio assenso.


Insieme, scompaiono nell’abbagliante luce dorata di Akh, lasciando la foresta nuovamente silenziosa.


ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ


Non sono molto distanti dalla casa di Katherine, quando toccano terra. Senza che lui se ne avveda, sulle labbra di Pitch spunta un sorriso spontaneo che rallegra anche Akh.


«Beh, che stai aspettando? Non vai da lei?».


Pitch scuote piano la testa e fa qualche passo indietro.


«È presto. Attenderò che esca di casa» mormora.


«Ma…» tenta di protestare Akh. «Oh, fai come ti pare. Io vado a farmi un giro, intanto».


Detto questo, prende velocemente il volo e scompare in un lampo oltre l’orizzonte.


«Mh» soffia Pitch, in parte divertito dall’impazienza dell’altro.


Trascorre il tempo seduto su di un muretto lungo la via che costeggia la sua abitazione, nell’attesa che lei lo raggiunga. Non dura nemmeno molto, l’attesa; meno di un’ora dopo Katherine esce di casa, solleva gli occhi e lo nota dal lato opposto della strada. Pitch accenna un sorriso e svanisce dal muretto, ricomparendo come un’ombra proprio di fronte a lei.


«Ciao» mormora.


Katherine, dopo l’iniziale sorpresa e un salto per lo sconcerto nell’assistere al suo numero da prestigiatore, si aggrappa strettamente al suo collo, ridendo eccitata.


«Pitch! Non ti aspettavo tanto presto. Avevi detto… Oh, ma chi se ne importa di cosa avevi detto. Sei qui! È meraviglioso» strilla a pieni polmoni, facendo ridacchiare Pitch che, deve pur ammetterlo, da due minuti a questa parte si sente incredibilmente sereno.


«Mi hanno obbligato» ammette, imbarazzato. «Ma sono felice che lo abbiano fatto. È bello rivederti».


«È bello essere vista» replica con un enorme sorriso, posando un bacio sulla sua guancia. «Come stai?».


Lui le accarezza i capelli e annuisce.


«Bene. Molto bene, ora che sono qui».


ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ


Mentre passeggiano lungo le stradine interne, in modo da evitare in gran parte le persone che affollano le strade principali, Katherine si sofferma di tanto in tanto a osservare lo spirito. Ma è solo dopo molti minuti che Pitch si avvede di quell’esame silenzioso e, incerto, solleva un sopracciglio a chiedere chiarimenti.


«Non avevo idea che fossi nuovamente in grado di spostarti in quel modo; sai, attraverso le ombre».


Gli occhi dello spirito si sgranano appena e tossisce imbarazzato.


«Non è qualcosa che faccio spesso, invero. Ora, tuttavia, posso di nuovo muovermi sia attraverso le ombre che per mezzo della luce. Ciò nonostante, se me lo chiedessi, non saprei spiegare la dinamica. Meno di un anno fa ho scoperto che potevo farlo di nuovo, ma non ho idea del perché».


«È una cosa ben strana» concorda Katherine. «Non ti è mai venuta voglia di indagare?».


Lui si ferma un momento, imitato prontamente da lei, e la osserva attentamente.


«Diciamo che avevo priorità più urgenti. Ma forse, ora e con il tuo supporto, potrei voler scoprire qualcosa in più di questo mistero».


Katherine sorride e gli tende una mano. Pitch la guarda confuso, osserva la sua mano tesa e torna nei suoi occhi verdi.


«Affare fatto» replica lei con un ghigno.


Pitch sbuffa divertito e stringe la sua mano, riuscendo a sentirsi addirittura meglio.


«Ti piace il gelato?» chiede dal nulla Katherine, provocando ancora maggior confusione nello spirito.


«Io… non ne ho idea» replica interdetto, non comprendendo neppure il senso di quella domanda in relazione al resto.


«Bene, scopriamolo allora» propone allegramente la ragazza.


Senza lasciargli la mano, lo conduce fuori dalla stradina deserta, avviandosi, con sgomento dello spirito, verso il centro.


«Katherine, dove andiamo?» si accerta.


Lei si volta, sorride nuovamente e rinsalda la presa sulla sua mano, senza però fermarsi.


«A scoprire se ti piace il gelato, è ovvio».


«Mh» mormora Pitch, confuso, ottenendo una risata allegra e cristallina dalla ragazza.


ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ


Katherine ha comperato per Pitch un cono con gelato al pistacchio e cioccolato fondente. Ma forse sarebbe stato più saggio prendergli un gelato in coppetta. Dal modo in cui Pitch regge impacciatamente il suo cono, scrutandolo con aperto sospetto, Katherine sarebbe prontissima a giurare che stia tentando di incutergli paura.


«Pitch».


«Mh?» replica lo spirito distrattamente, troppo preso dalla sua opera di intimidazione.


«Ehm… Non so come dirtelo, ma non credo che quel cono gelato abbia intenzioni ostili nei tuoi confronti. Forse… uhm… potreste cercare di fare amicizia» propone, trattenendosi a stento dallo scoppiare a ridere per l’espressione truce e concentrata dello spirito.


Gli occhi di Pitch abbandonano un momento il gelato, squadrando brevemente quelli ilari della ragazza. Ha l’impressione che lo stia deliberatamente prendendo per i fondelli.


«È troppo strano» tenta di spiegarsi. «Non credo sia normale una cosa simile. Potrebbe rivelarsi pericoloso» sibila contrariato.


«Pitch» sbuffa Katherine, divertita, «è un gelato. Non tornerà di notte a strangolarti. Assaggialo; ti assicuro che ne vale la pena» lo incoraggia.


Ancora lui la guarda, incerto, poi scuote la testa, confuso.


«Come?» obbietta, incerto.


Katherine sfarfalla le ciglia, poi ridacchia, solleva il proprio cono e ci passa velocemente sopra la lingua.


«Visto? Non è complicato, ed è molto buono» assicura.


«Mh» dubita Pitch.


Ciò nonostante, anche se con un poco di imbarazzo, fa come gli ha mostrato Katherine e deve ammettere che lei ha ragione: è molto buono. Ma non può fare a meno di pensare che quella somigli fin troppo a un’attività da gatto e, soprattutto, che con la lingua ruvida sarebbe stato molto più pratico e veloce avere ragione del suo cono gelato.


Nel frattempo Katherine si gode la sua espressione assorta e deliziata, facendone gelosamente tesoro per i giorni bui.


ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ


«Akh ed Emily Jane, stanno bene?» si ritrova a informarsi Katherine, mentre lo spirito è occupato a rosicchiare la cialda del suo cono come uno scoiattolo laborioso.


Pitch posa un momento lo sguardo su di lei e sbuffa.


«Sì, anche se Akh si annoia a morte e mia figlia… credo stia cercando un modo per farmi sparire dalla circolazione».


A Katherine va di traverso la saliva e passa i successivi minuti a tossire convulsamente.


«Che?! Di cosa parli?» chiede stralunata.


Pitch arrossisce leggermente, rendendosi conto dell’equivoco.


«Ehm… Forse mi sono spiegato male» ammette imbarazzato, mentre lei gli lancia un’occhiataccia di rimprovero per averle quasi fatto venire un infarto.


Così le racconta della piccola discussione avuta con Emily Jane a proposito della sua sicurezza e di quanto si fossero trovati in disaccordo riguardo al suo futuro.


«Sai» mormora Katherine al termine della spiegazione, «capisco come debba sentirsi Emily Jane. Credo che sia normale, dopo tutto, che cerchi di proteggerti».


«Ma non a scapito della mia stessa libertà!» si inalbera Pitch. «Ho vissuto troppo tempo prigioniero per desiderare di trascorrere ciò che rimane della mia esistenza nascosto in qualche buco nero» sbotta costernato.


Katherine si accosta e poggia il capo sulla sua spalla, offrendogli un piccolo sorriso comprensivo.


«Sono sicura che non è questo ciò che lei desidera per te. Vuole solo evitare che ti facciano del male».


Pitch sospira, abbattuto, e posa una guancia sui capelli della ragazza.


«Non sono certo che sia possibile. Da ché ne ho ricordo, sono sempre stato il bersaglio di qualcuno. Dubito che le cose cambieranno facilmente».


«Forse» concede lei. «Ma se invece provassimo, ci impegnassimo attivamente per farle cambiare?».


Lui la osserva, interdetto, senza riuscire a comprendere dove lei voglia andare a parare.


«Non immagino come» replica dubbioso.


Katherine gli mostra un sorrisetto furbo e ridacchia.


«Un passo per volta, Pitch. Ecco come. Dimentichi che adesso non sei più uno spirito solo; ce ne sono almeno un paio dalla tua parte».


«Speri di trovarne altri?» indaga scettico, ghignando sardonico.


«Perché no, in fondo? Possiamo tentare; cosa abbiamo da perdere?» insiste Katherine.


Pitch tuttavia non è palesemente convinto e scuote la testa.


«Fin troppo, sospetto» replica scoraggiato.


Lei lo stringe fra le braccia e si solleva sulle punte dei piedi per posare un bacio sulla sua guancia.


«Puoi fidarti di me, Pitch. Io non ti lascerò solo» promette risoluta.


No” pensa Pitch, “lei rimarrà con me, in un modo o nell’altro”. E questa è forse l’unica attuale certezza della sua esistenza.


ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ


È già calata l’oscurità, quando Katherine trascina un Pitch un po’ intontito e insicuro sotto casa sua.


«La prossima volta mi ci porti tu» rimbecca lei, fissandolo divertita. «Che gentiluomo sei, che lasci guidare una donna?».


Pitch ghigna divertito.


«Chi ha mai detto che lo sono?».


«Certo che lo sei. Ti manca solo un cavallo, ma rimedieremo anche a quello» replica lei con fare misterioso.


Lui la scruta, interdetto e suo malgrado incuriosito, poi si guarda attorno, scorgendo presto la casa della ragazza.


«Mi ricorda qualcosa» mormora.


Katherine sorride felice e rafforza la stretta nella sua mano.


«Anche a me» conferma.


Ed è vero; sono passati molti anni, eppure entrambi rammentano chiaramente la prima occasione in cui Katherine condusse Pitch fino alla soglia di quella stessa casa che ora guardano con malinconia.


«Tua nonna…» tentenna Pitch, incerto.


«Non sarà un problema, per te. Non lo è mai stato. E comunque hai ancora una stanza in casa nostra, anche se lei non ha mai davvero compreso il motivo per il quale l’ho sempre tenuta in ordine».


Pitch la fissa, sorpreso; una curiosa sensazione sfrigola nel suo petto, qualcosa che somiglia molto alla commozione.


«Io… non so cosa dire» ammette con voce rauca.


«Allora non dire proprio nulla» lo rassicura. «Vieni».


Katherine apre l’uscio e, sempre tenendo stretta la sua mano, lo guida all’interno di quella dimora ormai famigliare, tanto che sulle sue labbra compare un piccolo sorriso stupito e felice.


«È… bello essere nuovamente in questo posto» sospira.


«È bello che tu sia di nuovo con me» lo corregge Katherine, senza staccare mai lo sguardo da lui e da quella sua espressione meravigliata.


«Katherine? Tesoro, sei tornata?» giunge dalla cucina una voce di donna.


«Sì, nonna. Vengo subito» le assicura Katherine. Poi, rapidamente, si volta verso Pitch e sorride rassicurante. «Conosci la strada» bisbiglia. «Precedimi, ti raggiungo appena posso».


Pitch annuisce lentamente e sfiora un’ultima volta il dorso della sua mano con il pollice, prima di lasciarla andare.


ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ


Un sospiro tremolante sfugge alle sue labbra quando si siede con attenzione sul materasso ancora ricoperto dal piumone beige che ricordava. Sorride; non gli riesce proprio di farne a meno, mentre passa il palmo di una mano sul chiaro tessuto in segno di riconoscimento. In qualche modo, è a casa. Perfino l’odore di quel posto gli era mancato. “Che strano” si riscopre a pensare.


Pochi minuti più tardi, sulla soglia compare la ragazza che ha ancora per lui un sorriso gentile. Lentamente gli si avvicina e si siede al suo fianco sul letto.


«Tutto a posto?» si accerta, pacata.


Pitch si limita ad annuire; non è certo di poter trovare la voce per spiegare quanto realmente sia tutto a posto, adesso.


«Sei stanco?».


«No» soffia appena.


Il suo intero corpo sembra spingerlo verso di lei. Vorrebbe avere la forza di volontà per resistere a quel richiamo, ma la verità è che non serve, non è costretto a opporvisi, può lasciarsi andare, lo può fare proprio perché al suo fianco c’è lei, e lei sa, capisce ciò che lui sta provando in quel momento, ciò di cui ha bisogno, perché è la medesima cosa che serve anche a lei.


«Io…» prova, incerto.


Ma, come immaginava, a lei non servono inutili spiegazioni. Scuote dolcemente la testa e circonda i suoi fianchi con le braccia, posando il capo sulla sua spalla.


«Zitto e abbracciami» intima scherzosamente.


Un angolo delle labbra di Pitch si muove verso l’alto, e lui si affretta a ubbidirle.


ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ


Un discreto picchiettio li riscuote dal loro torpore. Katherine solleva lo sguardo e lo punta, incuriosita, alle spalle di Pitch, notando, con un pizzico di divertimento, che il suono proviene dalla finestra e che a produrlo è l’uccellaccio blu che non vede da un’eternità di tempo.


«Mh?» si informa Pitch, incerto.


«Akh» risponde Katherine, staccandosi di malavoglia dalle sue braccia per andare ad aprire al volatile.


Gli occhi di Pitch osservano tutta la scena un poco impensieriti.


«Buona sera, principessa» mormora Akh, ancora fermo sul davanzale.


Katherine ha le braccia incrociate, le labbra arricciate e un cipiglio contrariato dipinto sul volto. Lo spirito alato deglutisce nervosamente.


«Ehm…» prova, titubante.


«Sono molto arrabbiata con te» lo precede seccamente, facendolo sussultare intimorito.


«Uhm… Beh, io…» balbetta, indeciso. Nel momento in cui vede gli occhi di lei scintillare di indignazione, le sue ali fremono e Akh esclama «Ecco, ora devo proprio andare. Guarda un po’ come s’è fatto tardi!». Poi cerca di svignarsela.


Katherine però riesce a riacchiapparlo in tempo per una caviglia e lo fissa con sguardo truce.


«Tu non vai da nessuna parte» decreta. Poi lo lascia, ma solo fisicamente. «Entra. Dobbiamo parlare» ordina perentoria.


Akh geme tutto il proprio malcontento ma, dopo un lungo sospiro sconfortato, atterra sul pavimento della camera e ripiega le ali sulla schiena, rassegnato. Cauto, solleva lo sguardo su Pitch, in cerca di soccorso ma, costernato, lo scopre intento a celare alla meno peggio il proprio divertimento per quella situazione che, evidentemente, trova spassosa.


«Me la paghi» sibila irritato al suo indirizzo, ottenendo solo una semplice alzata di spalle.


«Allora?» sbotta Katherine, spazientita. «Nulla da dire?».


Akh mette il muso e borbotta incomprensibili insulti, tutti a beneficio dell’altro spirito presente che, dal canto suo, non sembra intenzionato ad alzare un solo dito per lui.


«Non è stata colpa mia» si lamenta a un certo punto, deciso a ribellarsi a quella che ritiene un’ingiustizia bella e buona. «Il tuo amico zuccone ha deciso per tutti e due e… non sono riuscito a fargli cambiare idea».


Katherine indirizza uno sguardo perplesso a Pitch, il quale sospira e, suo malgrado, annuisce.


«Ciò che dice il pennuto è corretto, immagino» ammette con un poco di reticenza. «Ero… un po’ spaventato, allora; non avevo grandi certezze e non sapevo cosa fare. Temevo che potesse rivelarsi uno sbaglio ricomparire nella tua vita senza avere alcun tipo di risposta. E comunque, anche avendole avute, non avrei saputo in che modo… offrirtele» soffia, con un lungo brivido di sgomento.


Katherine li osserva a lungo, alternativamente. Infine scuote la testa.


«Siete proprio due idioti» sentenzia.


E mentre Pitch sogghigna, Akh sbuffa vagamente offeso e, di nascosto dalla ragazza, per ripicca dà un pizzicotto ai fianchi di Pitch che, prontamente, lo restituisce con gli interessi.


«E anche due bambini senza speranza» aggiunge Katherine, scuotendo la testa, malgrado tutto divertita.


ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ


È accomodata in cucina a terminare la sua spremuta di arancia, quando Pitch fa prudentemente capolino dallo stipite dell’uscio, strappandole un sorriso felice.


«Buongiorno! Hai dormito bene?» gli chiede gentilmente.


Curiosamente, lo spirito allarga appena gli occhi e le sue gote si tingono di un rosa più acceso.


«Mh» mormora semplicemente in assenso, per poi raggiungere la ragazza al tavolo.


Lei lo osserva, pensierosa, reclina il capo a lato e lo poggia mollemente sul palmo di una mano.


«C’è forse qualcosa di cui vorresti parlarmi?» si fa avanti, dato che lui non è palesemente intenzionato a emettere un solo fiato.


Di nuovo la sfumatura del suo incarnato si fa più accesa e abbassa lo sguardo sulla neutrale superficie di legno sotto le sue mani.


«No, nulla» soffia, visibilmente imbarazzato.


Katherine accenna un piccolo sorriso divertito, poi fa scivolare verso di lui una bella scatola di latta decorata con motivi marini.


«Hai fame? Ci sono dei biscotti e del tea, se vuoi» offre.


Pitch soppesa l’offerta e annuisce piano, sfiorando con un dito il contorno della scatola.


«Akh?» chiede Katherine.


Pitch sobbalza leggermente e si schiarisce la voce con discrezione.


«In giro a volare, suppongo» risponde con un ostentato disinteresse che non convince nemmeno sé stesso.


«Capito» replica Katherine, posando una caraffa con dell’acqua bollente per il tea vicino alle lunghe dita dello spirito. «Vorrei che mi accompagnassi in un posto, più tardi» aggiunge, quasi per caso.


Lui volta il capo e la soqquadra a chiederle maggiori dettagli.


«C’è qualcosa che mi piacerebbe mostrarti» si limita a spiegare, facendogli segno di servirsi pure.


ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ


Lo attende pazientemente; in fondo non ha nessuna fretta e lui le è parso da subito un po’ nervoso. Non le è ben chiaro il motivo, anche se sospetta già qualcosa; ma dato che non ha alcuna intenzione di alimentare il suo imbarazzo, con il concreto rischio di indisporlo e favorirne il malumore, ha deciso che sia meglio mantenere un prudente silenzio e attendere che lui sia pronto a parlarle senza forzature. Intanto si rilassa osservandolo sgranocchiare biscotti e sorseggiare elegantemente tea nero; ridacchia, riflettendo che in quel momento sembra un lord inglese.


«Perché sorridi?» la sorprende inaspettatamente lui.


«Nulla, mi piace il modo in cui reggi la tazzina. Mi ricorda tanto quei vecchi film in bianco e nero sull’aristocrazia britannica».


Pitch fa del suo meglio per affogare nel suo tea. Quando ne esce, sano e salvo ma con una sotterranea sensazione di disagio, la fissa incerto.


Lei invece ha le labbra socchiuse, sul volto un’espressione chiaramente sorpresa.


«Guarda che non volevo offenderti, te l’assicuro».


«Ne sono certo» replica lui con voce tremolante.


Così Katherine, onde scongiurare possibili fraintendimenti e incomprensioni, poggia una mano sul suo avambraccio e gli offre un innocente sorriso di scuse, per qualunque parola sbagliata possa aver pronunciato senza minimamente avvedersene.


«Andiamo?» chiede Katherine, dopo essersi stiracchiata e rimessa in piedi.


«Volentieri» replica Pitch, guardandola dubbioso, «ma non so dove» fa notare.


«Ah, non ti preoccupare. Guido io, come al solito» ridacchia lei, facendo sollevare gli occhi al cielo allo spirito.


Così sale velocemente di sopra, avvisa la nonna che sta uscendo, poi si precipita giù e, afferrata saldamente una mano dello spirito, lo trascina di nuovo fuori.


«Dove andiamo?» chiede lui per l’ennesima volta.


Lei si limita a fare un piccolo sorriso e ad annuire.


«Vedrai. Per ora prendiamo l’autobus».


«A-Tó-Bas?» chiede Pitch, interdetto.


«Non ci sei mai stato?» si informa, incerta.


Pitch scuote la testa, spiazzato e un filo impensierito.


«Oh, beh, c’è sempre una prima volta» sdrammatizza lei.


«Una prima volta per cosa?» si allarma definitivamente. «Che cosa sarebbe questo atóbas?».


«Autobus, Pitch. È quello lì, vedi?» gli indica lei, mostrandogliene uno in arrivo.


Pitch sgrana gli occhi e, suo malgrado, indietreggia di un passo.


«E… cosa dovremmo farci?» tituba.


«Salire, Pitch. È facile, sai. Guarda me e seguimi» esclama felice (lei).


«Sa-salire?» incespica, costernato. «Katherine!» esclama un po’ spaventato quando lei scivola via dalla sua stretta e corre sopra quell’atóbas.


Senza perdere tempo, la segue velocemente e quasi finisce gambe all’aria quando l’autobus riparte. Frastornato, si rimette faticosamente diritto, imprecando fra sé nel tentativo di mantenere l’equilibrio dentro quella trappola diabolica.


«Sei proprio sicura che non sia pericoloso questo… ATÓBAS?» sibila irritato.


Lei si limita a stirare le labbra in un sorriso rassicurante e a reggersi a un sostegno. Così lui è costretto a farsi bastare quella sua risposta inconcludente e a cercare di rimanere con i piedi per terra.


ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ


Sono costretti a cambiare altri due mezzi prima di giungere ovunque Katherine lo stia conducendo ma, finalmente, dopo più di un’ora, lei gli annuncia che sono arrivati, e lo fa con un’espressione così felice e soddisfatta che Pitch non è neppure in grado di tenersi stretto alla sua precedente irritazione.


Si limita a sospirare un «Meno male» molto sentito e a seguire i suoi passi lungo una strada che presto si trasforma in sentiero, riempiendosi di verde erba fresca e piccole, compatte siepi laterali.


«Katherine, dove…» ritenta, dubbioso.


«Pazienza. Tra pochissimo lo vedrai con i tuoi stessi occhi e spero varrà le pene per arrivare fino a qui» promette lei.


«Mh» soffia Pitch, al momento indeciso tra preoccupazione e curiosità.


Tuttavia, come anticipatogli dalla ragazza, presto raggiungono un’ampia e bassa costruzione in mezzo alla campagna e Pitch schiude le labbra sorpreso, riconoscendo il tipo di struttura.


«Questa è…» prova, senza tuttavia avere il tempo per aggiungere altro.


Veloce, Katherine lo guida in una precisa direzione e lo spirito si ritrova a sgranare gli occhi: di fronte a loro un ampio pascolo recintato da un grosso steccato in legno e, sparse sul prato, decine di cavalli. Pitch boccheggia mentre il suo sguardo si sposta freneticamente da un animale all’altro senza sosta.


Katherine lo trascina con decisione più avanti e si arrampica sullo steccato.


«Ti piace?» domanda entusiasta.


Lui distoglie a fatica gli occhi dai cavalli e la guarda con meraviglia. Piano, annuisce e stiracchia un sorriso tremolante, al quale Katherine risponde con uno che quasi lo abbaglia.


«Bene, perché ho un’altra sorpresa per te» annuncia, fremendo visibilmente per l’anticipazione. «Aspettami qui solo un momento».


Lesta, scende dal lato opposto dello steccato. Pitch la osserva muoversi con fluidità sul prato, di tanto in tanto rallentare per salutare qualcuno degli animali che evidentemente la conoscono, infine fermarsi di fronte a un imponente frisone con il quale sembra scambiare poche e amichevoli parole. Sia la ragazza che lo stallone riprendono il cammino, questa volta in direzione dello spirito che fissa la coppia un po’ incredulo e insieme ammirato.


«Eccomi. Ci ho messo poco, visto» esordisce Katherine, la quale sembra non poter più stare nella pelle dalla gioia.


«Ho visto» soffia Pitch, incapace di staccare gli occhi dal cavallo. «E… lui?» chiede cauto.


Katherine sorride. «Speravo che me lo chiedessi, sai. Lui è il mio cavallo. Ha quasi quattro anni e ci conosciamo da quando aveva solo un paio di mesi. Ti piace?» domanda fremente.


«È… molto bello, sì» conferma Pitch in un sussurro appena.


Nel frattempo il cavallo lo osserva incuriosito e si avvicina cauto nel tentativo di capire di cosa possa trattarsi.


Katherine ridacchia quando il cavallo annusa Pitch e lo spirito non può fare a meno di imitarla.


«Sai, credo stia cercando di catalogarti. Ma non hai l’odore delle altre persone e… forse ti trova buffo» ridacchia nuovamente.


Pitch gonfia le guance, vagamente offeso per quel buffo, ma uno sbuffo del cavallo gli impedisce di trattenere la propria ilarità.


«D’accordo, hai vinto tu: sono uno spirito. Contento?» sbotta scherzosamente all’indirizzo del cavallo.


Incredibilmente, l’animale annuisce con un atteggiamento piuttosto elegante e garbato, sorprendendo sia lo spirito che la ragazza.


«Ehi, indovina come si chiama» bisbiglia d’un tratto, cospiratoria.


Lui la fissa interdetto e solleva scettico un sopracciglio.


«Come potrei saperlo?» fa notare.


«Oh, guastafeste!» borbotta Katherine, facendogli la linguaccia. «Te lo dico io, allora» si risolve, rivolgendosi però al cavallo stesso. «Onyx» chiama decisa, e il cavallo distoglie la sua morbosa attenzione dallo spirito, accostandosi alla ragazza e dandole un gentile buffetto con il muso.


ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ


Pitch sta ancora fissando, immobile e attonito, la ragazza in compagnia del suo cavallo. È sorpreso, è confuso, è un tantino ansioso e sgomento, e forse (ma solo forse, badate) un pizzico commosso.


«Il suo nome… C-come…?» incespica, frastornato.


Katherine sta tirando giocosamente la criniera del cavallo, il quale sospira rassegnato, ma al tentativo di richiesta del suo Pitch si scosta appena e indirizza allo spirito un sorriso malinconico.


«Sai, era così sottile, e tutto nero, la prima volta in cui l’ho visto. Ammetto che mi ha ricordato te. Così… nulla, ho pensato che fosse un buon modo per non scordarti» mormora.


«Mh» esala Pitch con gli occhi sgranati.


«Già» ribatte lei, un poco scossa. «Stai bene?» chiede poi, notandolo più pallido del solito.


«Io… s-sì, credo» dubita Pitch, spostando lo sguardo dalla ragazza al cavallo e viceversa. «Mi dispiace» sussurra contrito.


«Pitch, di che cosa?» ribatte Katherine, accostandosi a lui e posando una mano sulla sua guancia.


«Forse Akh aveva ragione, forse avrei dovuto tornare prima da te, forse…» tituba.


Katherine si arrampica sulla staccionata e attira a sé lo spirito.


«Devi proprio smetterla di prenderti colpe e responsabilità che non hai. Di questo passo, un giorno o l’altro di verranno i capelli bianchi, sai».


Gli occhi di Pitch si spalancano, incontrando solo il nero della coda di Katherine.


«I miei capelli mi piacciono così, grazie. Vorrei proprio sapere perché ve la prendete sempre con loro» si lamenta lo spirito.


Katherine ridacchia, poi si scosta appena e lo fissa attenta.


«Anche a me piacciono così» ammette divertita. «Chi altri se la prende con loro?» indaga incuriosita.


«Akh» borbotta Pitch, con una smorfia infastidita. «Ha minacciato di trascinarmi fino a qui per i capelli».


«Uhohh! Intrigante» esclama maliziosa, godendosi il leggero imporporarsi delle gote di Pitch.


«Da quando sei così sfacciata?» domanda piccato.


«Ma da sempre. Però, nel frattempo, sono cresciuta e ho imparato un bel po’ di cosette interessanti» insinua con un ghigno.


«Non le voglio sapere!» esclama Pitch, allarmato. «Sono una persona seria, io» precisa rigidamente.


«Fin troppo» ammette Katherine, scoccandogli un bacio di consolazione sulla guancia.


«Impudente» borbotta Pitch, rassegnato.


ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ


Katherine ha convinto Pitch a concedersi una passeggiata a cavallo. Quello che però ha inizialmente dimenticato di precisare è che al suo cavallo non piacciono i finimenti e che pertanto cavalcheranno a pelo. Pitch, a quella notizia, la fissa con espressione attonita e oltraggiata.


«Per chi mi hai preso? Non sono certo un selvaggio, io» protesta vivacemente.


«Questo lo so, Pitch. Ma ti posso assicurare che non è difficile come sembra. L’ho fatto molte volte e, come puoi vedere, sono ancora viva e vegeta» spiega tranquillamente Katherine.


«Ma non… Io…» incespica lo spirito, confuso.


Katherine sorride, conciliante. «Prometto solennemente che nessuno si romperà l’osso del collo, oggi».


«Mh» soffia, poco convinto e per nulla rassicurato.


«Hai paura, forse?» ghigna.


Pitch si irrigidisce e soffia, quasi fosse ancora un gatto.


«No di certo!» esclama offeso. Ma gli basta un’occhiata al sorrisetto vittorioso di Katherine per sapere di essere appena stato beffato. «Uff» borbotta seccato. «Facciamo questa stupida cavalcata, dunque».


Ed è così che Pitch, un po’ incerto e traballante, sale in groppa al nero stallone, alle spalle della ragazza, e (solo per sicurezza, naturalmente) si aggrappa ai suoi fianchi. Quando Katherine si volta indietro per chiedergli conferma, lo fa anche il cavallo, e Pitch solleva un sopracciglio, interdetto per l’inusuale comportamento di quello che, a prima vista, sembrerebbe un semplice animale.


ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ


Mentre vasti prati e radure verdeggianti si susseguono, dolcemente accarezzate dal tiepido sole pomeridiano, Pitch abbozza un sorriso soddisfatto e riflette che, come spesso è successo, Katherine ha avuto ragione anche in questa occasione: quella tranquilla passeggiata in mezzo alla natura in groppa al suo cavallo non solo non ha portato alcun tipo di incidente ma ha anche contribuito a rasserenare il suo animo, agitato fin dal risveglio di quella mattina.


«Tutto bene?» si informa Katherine, voltando appena il capo.


«Mh» conferma Pitch, tranquillo.


«Quando eri umano, cavalcavi?» si interessa la ragazza.


Lui poggia delicatamente il mento sulla sua spalla e chiude un momento gli occhi, godendosi il gentile venticello e il profumo di un ruscello non troppo distante.


«Non c’erano cavalli, nel mio mondo» commenta pacato.


Lei sbatte le ciglia, interdetta e sorpresa, osservandolo con la coda dell’occhio.


«Niente cavalli?» dubita. «Ma allora, se non avevate mezzi di trasporto a motore come le nostre auto, né cavalli, con cosa vi spostavate?» si incuriosisce.


«Con le navi spaziali» spiega, tranquillo.


Katherine aggrotta le sopracciglia, dubbiosa, e si volta per osservarlo con più facilità.


«Per i lunghi percorsi, posso capirlo; ma se, per esempio, desideravate andare a trovare degli amici dall’altra parte della città? O avevate bisogno di fare la spesa? O anche solo intendevate accompagnare i figli a scuola?».


Pitch ridacchia leggermente e scuote piano la testa.


«A piedi per tutte le domande, tranne per la spesa; quella veniva consegnata a domicilio dai fattorini che la trasportavano con veicoli di terra, molto simili a quei carri che avevate tempo fa trainati dai cavalli, con la differenza che i nostri erano sospinti in modo meccanico, come le navi spaziali» spiega di buon grado.


«Urgh… Autonomia zero, eh?» obbietta Katherine.


«In effetti» conviene Pitch, reclinando il capo di lato per meglio godersi il panorama che va digradando fino all’annunciato torrente.


ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ


Quando fanno ritorno alla scuderia, prima di congedarsi dal cavallo e avviarsi verso casa, Onyx si avvicina a Pitch e lo colpisce gentilmente sul petto con il muso, osservandolo con una strana intensità che diviene quasi inquietante. Katherine, invece, sorride visibilmente lieta e, allo sguardo perplesso dello spirito, decide di spiegarsi.


«Tu gli piaci, sai. È un cavallo un po’ snob, il mio; spesso, quando un estraneo si avvicina, Onyx si volta dall’altra parte a mostrare il suo sdegno. Credo ti trovi molto interessante, invece: ogni volta che ti guarda poi fatica a distogliere l’attenzione da te». Incrocia le braccia al petto e accenna un sorrisetto divertito. «Dì la verità: lo hai stregato?» ipotizza ironica.


Pitch sbuffa una mezza risata a quella prospettiva e scuote la testa. Tuttavia si sofferma a fissare gli occhi neri del frisone e, lentamente, allunga una mano ad accarezzare la sua fronte. Solleva un angolo delle labbra, annuisce piano e infine si scosta.


«Confido che potremo rincontrarci, un giorno» soffia, indietreggiando e raccogliendo nella sua una mano di Katherine. «Se non ti dispiace, questa volta guiderò io. Temo non potrei sopportare la vista di un altro atóbas, per oggi».


Katherine ride e acconsente. Un istante dopo svaniscono nel nulla, lasciando Onyx a osservare il vuoto con occhi strabuzzati.


ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ


Il viaggio di ritorno è decisamente di più breve durata, e Katherine sfarfalla le ciglia per la sorpresa di ritrovarsi già di fronte a casa sua o, per meglio dire, di fianco. Sorride all’indirizzo di Pitch che, dal canto suo, solleva un sopracciglio, interdetto.


«Questa è nuova, sai. Non è lo stesso metodo che usa Akh».


«No, è quello che hai visto ieri mattina, quando sono tornato» spiega lo spirito.


Katherine spalanca gli occhi, interessata.


«Sul serio? Quindi è così che ti sposti attraverso le ombre» rimugina incuriosita.


Pitch si limita ad annuire e attendere il seguito che percepisce in arrivo.


«Come funziona?» incalza infatti lei.


«Ehr… Non sono certo di avere le credenziali per poter spiegare questo genere di cose» prova incerto.


Katherine si imbroncia e lui le offre un sorriso di scuse.


«Immagino non ci siano speranze che io possa imparare una delle vostre tecniche, dunque».


«Katherine» tenta Pitch, prudente, «tu sei…».


«Un essere umano. Sì, lo so, me lo ricordo piuttosto bene» borbotta la ragazza.


«Giusto» conferma, piegando appena il capo di lato. «Ma in effetti non sei propriamente come la maggior parte degli esseri umani, quindi…».


«Quindi?» chiede Katherine, trepidante e con il fiato sospeso.


«Potremmo fare un tentativo» propone Pitch, abbozzando un piccolo sorriso gentile. «In fondo nessuno ci vieta di provare».


Gli occhi di Katherine brillano di gioia e lei balza al collo dello spirito, stritolandolo e saltellando felice.


«Grazie! Oh, grazie, grazie, grazie» mormora eccitata al suo orecchio.


Pitch la stringe a sé e pensa che difficilmente riuscirà a sentirsi più lieto di così.


ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ


Dopo aver avvertito la nonna del suo ritorno, Katherine e Pitch salgono assieme fino alla camera dello spirito e lì, come sempre appollaiato sul davanzale, trovano Akh ad aspettarli.


«Bentornati» li accoglie gentilmente, indugiando un lungo momento sulla figura di Pitch. Sorride, apparentemente soddisfatto di ciò che vede. «Ti trovo bene».


Pitch annuisce, impacciato, e si siede prudentemente sul bordo più lontano del letto.


«Akh, potrei parlarti?» chiede inaspettatamente Katherine.


Akh la scruta, sorpreso, e sposta un momento lo sguardo incerto sull’altro spirito.


«Io e te da soli, se è possibile» specifica la ragazza.


«Uhm… D’accordo, perché no» acconsente, seppur titubante.


Seguiti dall’occhiata perplessa di Pitch, Katherine conduce Akh fuori dalla camera dello spirito e lo fa accomodare nella propria. Akh è visibilmente nervoso, lo nota presto e riesce perfino a immaginarne il motivo, ma decide di fingere di non essersene avveduta. Invece gli indica la sedia della sua scrivania, invitandolo a sedersi.


«Ho questa idea» esordisce la ragazza, incrementando l’agitazione dello spirito. «Ma mi serve la tua collaborazione e anche quella di Emily Jane».


Akh la fissa interdetto e ammutolito, ma gli fa comunque cenno di proseguire. Così Katherine si accomoda a sua volta e, risoluta, spiega allo spirito della Luce il suo piano per aiutare Pitch a ritrovare definitivamente la sua libertà.



ͽͼ ͽͼ ͽͼ ͽͼ ͽͼ ͽͼ ͽͼ ͽͼ ͽͼ ͽͼ ͽͼ ͽͼ




2038 d.c. novembre







«Quanto tempo starai via?».


«Non ne sono certa, nonna. Ma spero di sbrigarmela in un paio di settimane».


La donna la osserva, visibilmente preoccupata.


«Potrò chiamarti?» chiede nervosamente.


Katherine sorride, rassicurante, e le mostra il suo piccolo palmare.


«L’avrò con me. Se ti servirà, potrai cercarmi» promette.


«Bene» soffia la donna, nonostante appaia ancora molto combattuta. «Mi raccomando, però, cerca di non metterti nei guai».


«Non più del solito, nonna» scherza Katherine, allegra, facendo sbuffare la povera donna.


«Dico sul serio» l’ammonisce.


«Lo so. Prometto che non mi caccerò nei guai» esclama risoluta. “Non di mia iniziativa” aggiunge mentalmente.


«D’accordo. Ma se farai più tardi mi dovrai avvisare, va bene?» si accerta.


«Lo farò. Non preoccuparti, nonna. Starò attenta» assicura volenterosa.


Detto ciò le stampa un rumoroso bacio su entrambe le guance, raccoglie il grosso zaino, lo issa sulle spalle (traballando già mezza tramortita dal peso) e, dopo un ultimo sorriso e un saluto alla nonna, esce finalmente di casa.


Svoltato il primo angolo si ritrova di fronte Akh e Pitch e il suo sorriso si allarga.


«Cielo, meno male: questo coso pesa una tonnellata!» esclama, scaricando lo zaino fra le braccia di Akh e aggrappandosi al collo di Pitch.


Akh li fissa irritato e borbotta «Perché a te gli abbracci e a me i bagagli?».


Pitch ridacchia divertito.


«Perché io sono più affascinante?» ipotizza malizioso, guadagnandosi un’occhiata truce dallo spirito della Luce.


«Sei solo un maledetto bastardo, ecco cosa» sbotta seccato.


«Oh su, bambini, non litigate!» esclama Katherine, felice, aggiungendo con un ghigno «Se no poi vi tocca fare la pace, e qui ci sono delle signore impressionabili».


Pitch arrossisce, come da manuale, Akh al contrario le indirizza uno sguardo affilato e inizia a brontolare sommessamente come una pentola di fagioli.


«Bene, vogliamo avviarci?» propone la ragazza, allegra ed elettrizzata per il viaggio.


Pitch annuisce e le circonda la vita con un braccio, poi solleva un sopracciglio all’indirizzo di Akh che, seppur sbuffante, gli afferra un braccio e trasferisce tutti a destinazione.


ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ


Quando giungono sul posto non è ancora sorta l’alba e il paesaggio è immerso nella foschia del primo mattino. Fa freddo; Katherine rabbrividisce e si stringe meglio nel cappotto. Pitch le offre una mano, mentre Akh bussa discretamente al portone. Nessuno sembra essere in casa, tuttavia, e i tre visitatori stanno già pensando di dover trascorrere un tempo indefinito all’addiaccio, quando una folata più gelida delle altre irrompe nel gruppetto, facendo volare letteralmente via sia Katherine che Akh, il quale è comunque rapido nel riprendere il controllo e riacciuffare la ragazza prima che si schianti disastrosamente al suolo.


«Che diavolo è stato?» indaga Katherine, ancora parecchio frastornata.


Akh piega le labbra in una smorfia contrariata e le indica quella che, a una prima occhiata, era parsa a Katherine una semplice nuvola grigia e che invece scopre essere la poco accogliente padrona di casa.


«Beh, ammetto che speravo in un benvenuto meno turbolento e un inizio più tranquillo» soffia la ragazza.


«Mah, sai come sono questi Pitchiner. Tranquillo non fa parte del loro vocabolario».


Katherine sorride divertita e fa segno ad Akh di riportarli a terra. Quando i due si riavvicinano, Pitch ed Emily Jane stanno animatamente discutendo. L’oggetto della diatriba, questa volta, sembra essere proprio Katherine e il modo poco simpatico con il quale è stata accolta.


«Scusate» prova a inserirsi la ragazza. «Ehm… Per favore, non mi sembra il caso di…» ritenta.


Un paio di saette, scaturite apparentemente dal nulla, costringono Akh ad acchiappare Katherine al volo e spostarla per evitarle di finire abbrustolita.


«Akh?» chiede per sicurezza.


«Sì?» risponde questi, mentre sorvolano prudentemente i due litiganti.


«Questo è normale?» si informa.


«Assolutamente sì, e per i motivi più disparati» conferma lo spirito della Luce.


«Che razza di famiglia di svitati» commenta Katherine.


«Ah, parole sante, principessa» concorda saggiamente Akh.


ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ


Più tardi, quel pomeriggio …


«Così, tu pensi che potremmo trovare qualche spirito disposto a intercedere per noi con gli altri e che possa confermare le buone intenzioni di mio padre?» riassume Emily Jane, dopo aver attentamente ascoltato il supposto piano di Katherine per offrire a Pitch un po’ della libertà che cerca.


«Secondo me è possibile. Ne ho parlato con Akh, tempo fa. Crediamo che, scegliendo il soggetto più adatto, potrebbe essere un progetto realizzabile» conferma Katherine.


Emily Jane, in realtà, sembra molto scettica e un po’ perplessa. Certo, la ragazza è giovane e ancora evidentemente piena di buoni propositi e grandi speranze. E tuttavia non immagina chi potrebbero convincere a mettere a repentaglio il proprio buon nome a beneficio di uno spirito i cui precedenti sono fin troppo, oscuramente, conosciuti.


«Chi mai potrebbe accettare di fare una cosa simile sulle uniche basi della nostra discutibile buona fede?» domanda infatti, scettica.


«Qualcuno, forse, ci sarebbe» mormora Pitch, che è rimasto a lungo in silenzio ad ascoltare gli scambi di opinioni delle due.


Entrambe, a quelle parole, si voltano verso di lui con identiche espressioni sorprese.


«Di chi parliamo?» si informa Emily Jane, suo malgrado curiosa.


«Di un tuo vecchio amico» offre Pitch, guardingo.


«Non so a…» comincia la donna. Ma d’un tratto spalanca gli occhi, frastornata, e scoppia a ridere, scuotendo la testa. «Sei impazzito, forse? D’accordo puntare in alto, ma… Un guardiano! Come speri di avvicinarti a sufficienza, evitando al contempo che ti faccia a fettine seduta stante?» sbotta costernata.


Il ghigno che si apre sul volto del padre non è affatto rassicurante.


«Non io, Emily Jane. Sarai tu a farlo».


La donna assottiglia minacciosamente gli occhi e sembra intenzionata a surgelare tutti i presenti per rinfrescare loro le idee, ma uno di loro decide di giocare d’anticipo e bloccare sul nascere l’ennesima lite colossale.


«Gentilmente, vorreste spiegare anche ai profani di cosa, o chi, state parlando?» si intromette Katherine, certa di fare le veci anche di Akh, vista la sua espressione confusa ed esasperata.


«Secoli fa, prima di capitare sul vostro pianeta, Emily Jane incontrò sulla propria strada una creatura dello spazio» inizia a spiegare Pitch.


«Star Captain, un pilota interstellare» si inserisce la donna. «La sua occupazione principale era pilotare comete e offrire sogni in cambio di desideri».


«La gente inviava i propri desideri alla volta celeste, affidandoli alle stelle cadenti. Gli Star Captains che controllavano e pilotavano quelle stelle raccoglievano i desideri e, quand’era il momento, donavano in cambio bei sogni» prova a chiarire Pitch.


«Così Emily Jane conosce uno di questi piloti?» indaga Katherine, incuriosita.


La donna annuisce e si prende un momento per riflettere sulle implicazioni della proposta del padre.


«Certo, potrei andare da lui e parlargli. Ma nessuno ci garantisce che accetterebbe di aiutarci. E se, dopo aver scoperto che sei ancora in circolazione, decidesse di non potersi fidare di noi e avvertisse gli altri guardiani? Ci hai pensato? Non credo mi garberebbe ritrovarmi qui quei cinque scalmanati a infestare la mia tranquilla foresta» protesta.


Pitch abbozza un piccolo sorriso e scuote la testa.


«Non intendo metterti nei guai, Emily Jane. Comprendo benissimo quanto possa rivelarsi rischioso e, probabilmente, dovremo ponderare al meglio le nostre possibilità. Eppure… Se ci fosse anche solo una probabilità di successo, credo varrebbe la pena tentare. Ammetto che Katherine, in questo, è piuttosto persuasiva» aggiunge, spostando brevemente lo sguardo sulla ragazza e accettando con gratitudine la sua mano posata sulla spalla.


«Se ti accompagnassi, credi sarebbe d’aiuto?» offre Akh a un’attonita Madre Natura.


«In che modo?» si accerta.


«Magari la mia presenza potrebbe concorrere ad avvalorare le tue parole» ipotizza lo spirito della Luce. «Insomma, è lecito aspettarsi che fra creature di natura simile vi sia un certo legame».


«Stai dicendo che potresti fungere da spia rivelatrice? Una sorta di rilevatore di menzogne» dubita Emily Jane.


«Forse. In ogni caso non credo che la mia presenza aggraverebbe il motivo della tua».


«Dunque vale la pena tentare» concorda Pitch.


«Sta bene. Ma, a conti fatti, chi è questo tipo che andreste a incontrare?» vuol capire Katherine.


Emily Jane la fissa intensamente per un istante che le pare interminabile; poi, inaspettatamente, sbuffa una mezza risata.


«Sanderson Masnoozie, anche se qui nel vostro mondo tutti lo conoscono come Sandman».




Fine



ˇ

ˇ

ˇ

ˇ



L’Angolino Buio e Polveroso dell’Uomo Nero (e dell’autrice a cui piace maltrattarlo)



Ehilà!


Penso proprio che, almeno per il momento, questa possa considerarsi una fine. Né Pitch né la sottoscritta sentiamo tutta questa impellente necessità di incontrare guardiani scalmanati (come dice la nostra Emily Jane), nonostante sia stata un'idea sua e, immagino, prima o poi gli toccherà per forza di cose.


Vedremo. Per il momento ho altro su cui lavorare, che già mi complica non poco la vita.


Di nuovo, ringrazio tutti i lettori di questo racconto, e certamente _Anthos_ di cui apprezzo sempre il parere e il modo in cui riesce a strapparmi un sorriso e qualche buona idea (o cattiva, dipende dai punti di vista X°D).


Benissimo. Con questo vi lascio, per ora.

Un saluto,


Roiben







ͽͼ ͽͼ ͽͼ ͽͼ ͽͼ ͽͼ ͽͼ ͽͼ ͽͼ ͽͼ ͽͼ ͽͼ


  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Le 5 Leggende / Vai alla pagina dell'autore: Roiben