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Autore: TenouHaruka    11/06/2017    3 recensioni
Forse trascinata dagli eventi e dall'emozione del momento, Haruka ha afferrato lo scettro di Urano, e la sua vita è cambiata definitivamente. Ma il proprio passato non sparisce in un attimo... e anche cambiare le proprie abitudini non è così banale. L'ideale prosecuzione dell'episodio n. 106, "Il peso del destino! I giorni lontani di Uranus" (nella serie italiana, "Le due guerriere").
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena | Coppie: Haruka/Michiru
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Terza serie
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- Questa storia fa parte della serie 'Stelle del Destino'
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Michiru si svegliò lentamente, rendendosi conto in un attimo di trovarsi in una stanza che non conosceva.

Cercò di muoversi e tirarsi sul dal letto, ma il dolore al braccio e alla schiena le impedì di sollevarsi sui gomiti. Era stata ferita durante l’ultimo combattimento con un mostro, per proteggere Haruka da un attacco improvviso. Dopo aver sconfitto il mostro, Michiru aveva parlato a Haruka della loro missione e del destino di guerriera Sailor, oltre ad averle rivelato le ragioni del suo interessamento a lei… ma, riguardo a cosa era accaduto poi, non ricordava alcunché. Quanto tempo era passato da allora?

La stanza era illuminata dalla luce che filtrava dalla tenda alla finestra, presumibilmente era mattina. La giovane notò che i suoi vestiti erano stati ordinatamente sistemati su una sedia vicina alla parete, al loro posto ora indossava un ampio pigiama maschile; le sue ferite erano state medicate e fasciate con cura.

Nell’attimo stesso in cui Michiru si rese conto, con un certo imbarazzo, che si trovava nella camera di Haruka, la porta si aprì, e la giovane pilota fece il suo ingresso.

“Ti sei già svegliata… allora, come ti senti?” chiese Haruka avvicinandosi al letto. La sua espressione era sinceramente preoccupata, notò l’altra, osservandola un attimo prima di risponderle. Aveva anche gli occhi stanchi… gli occhi di qualcuno che non ha dormito molto.

“Sto… sto bene… ti ringrazio infinitamente per esserti occupata di me.” rispose educatamente, pur consapevole di avere il volto in fiamme.

“Ieri pomeriggio eri molto provata, hai perso conoscenza… ti ho portata a casa mia e ho provato a chiamare da te, ma la segreteria diceva che non ci sarebbe stato nessuno per un po’ di giorni… poi ho pensato che comunque, essendo sabato sera, non sarebbe stato difficile per te sostenere di essere rimasta a dormire fuori…”

“Figurati! Tanto i miei genitori sono in tournée in Europa, e li sento molto di rado, quando… riescono a telefonarmi.” rispose Michiru, con un’espressione triste. Haruka sentì che la risposta sottintendeva qualcos’altro, ma fece finta di niente e riprese a parlare.

“Le tue ferite non erano profonde come sembravano, per fortuna, ma è meglio che tu resti a riposo per un altro po’… ieri sera hai anche avuto la febbre, ma è scesa nel corso della notte. Hai bisogno di niente? Per la verità dovresti mangiare un po’, per recuperare le forze…”

“Ti ringrazio, Haruka-san, ma…”

“Niente ma. Vado a preparare qualcosa…” replicò Haruka, lasciando la stanza.

Michiru aveva la nettissima sensazione che Haruka si comportasse a quel modo solo per gratitudine, o per obbligo… era molto distaccata, composta, formale… certo doveva essere molto confusa, dopo gli avvenimenti e le scoperte del giorno precedente. Aveva accettato di condividere la sua stessa strada di battaglie e responsabilità, senza pensarci abbastanza. Da un lato Michiru era contenta di quella decisione, perché così non sarebbe stata più sola, ed era proprio Haruka la sua compagna; ma dall’altro era dispiaciuta per lei, temeva che potesse pentirsi di aver perso la propria libertà per seguire un sentiero difficile e pericoloso.

Era proprio il suo spirito libero, indipendente e sicuro che l’aveva affascinata. Da quando l’aveva vista casualmente correre in auto per la prima volta, aveva ammirato il suo sguardo fiero, risoluto, la sua decisione. Per un attimo aveva incrociato il suo sguardo, ed era come se l’avesse penetrata… ma aveva anche intravisto un senso di grande solitudine, in quei profondi occhi color verde di Prussia.

Era rimasta come folgorata… un senso di istintiva attrazione, la volontà di conoscerla, di scoprire il motivo di quella solitudine. Aveva raccolto notizie su di lei, aveva assistito a ogni sua gara, poi era riuscita e conoscerla di persona, attraverso la sua amicizia con Elza Gray.

E ora… ora aveva la sua missione in comune con lei… prevenire la fine del mondo con l’intervento del Messia, senza potersi mai fermare un attimo e guardare indietro, avendo rinunciato al proprio futuro per il futuro dell’umanità.

Adesso avrebbe avuto modo di frequentarla. Ma forse era proprio questa la parte più difficile: perché c’era uno scudo davanti al suo cuore, e niente sembrava poterlo attaccare.

Michiru era riuscita a scoprire tante cose su quello che Haruka faceva e aveva fatto, aveva intuito alcuni elementi del suo carattere dal suo modo di fare, aveva imparato a capire quel sarcasmo sprezzante con cui Haruka liquidava spesso le persone… ma, per quanto riguardava la sua vita personale, la sua famiglia, non sapeva niente. Haruka manteneva le sue cose nel riserbo più assoluto, tanto che molta della popolarità che aveva a scuola le derivava proprio dal mistero che la circondava. Per le sue compagne Tenoh Haruka era semplicemente una persona che voleva distinguersi, con le idee molto chiare su quello che voleva e con un caratteraccio da ‘bel tenebroso’ esibizionista. A lei invece questo non interessava, per lei era tutt’altro: Haruka non si comportava così per distinguersi, per far parlare di sé. Si comportava semplicemente come il suo animo le diceva di fare. Come le suggeriva il vento, pensò sorridendo. Era onesta con i suoi sentimenti, non le importava assolutamente niente di quello che gli altri pensavano di lei. Per questo la affascinava così tanto…

Haruka rientrò nella stanza sbalzando Michiru dai suoi pensieri, e facendola arrossire di nuovo. La ragazza bionda la guardò divertita, ma non disse niente, l’aiutò a tirarsi su e le portò ciò che aveva preparato.

“Ti sto arrecando un sacco di disturbo, Haruka-san, posso tornare a casa, sto bene adesso…” disse Michiru guardando negli occhi la compagna, cercando di carpire dal suo viso cosa le stesse passando per la testa, ma Haruka non si scompose minimamente. “Certo, quando ti senti di andare, basta che tu me lo dica. Ma non farti problemi per me se non ti senti ancora bene.” rispose con educazione.


 

Michiru stette a disagio per tutto il tempo, finché Haruka non la riportò a casa. Non vedeva l’ora di essere da sola, per riflettere su tutto quello che era accaduto il giorno prima, su quello che aveva incautamente rivelato all’altra e che probabilmente era stato un grosso errore. Una grandissima stupidaggine… cosa aveva pensato di ottenere? Niente, assolutamente niente… voleva farle capire che non era solo per la missione che l’aveva contattata, ma anche per lei… combattuta tra il suo sincero desiderio di conoscerla e il timore di essere presa per una delle tante ragazzine sciocche che le andavano dietro. Ma aveva detto troppo e troppo in fretta, col risultato che Haruka aveva subito alzato una barriera di autodifesa, davanti a sé.

Dopo aver cordialmente ringraziato e salutato, Michiru osservò la macchina di Haruka ripartire e allontanarsi velocemente lungo il vialetto che attraversava il parco, poi entrò in casa, si appoggiò delicatamente alla porta appena chiusa e si mise a piangere.


 

Lasciata la villa di Michiru, Haruka aveva deciso di fare una lunga corsa in auto fuori città. Era il modo migliore, per lei, per riflettere e chiarirsi le idee. La velocità era sempre stata il suo sogno, la cosa che le permetteva di liberarsi per un po’ dai suoi pensieri e di lasciar tutto dietro di sé… una sorta di fuga, in un certo senso, ma non solo: si sentiva nel suo elemento, correre era per lei un’esigenza irrinunciabile. Come una macchina potente che ha bisogno, di tanto in tanto, di essere spinta al massimo per non rovinarsi, così Haruka, nei momenti di difficoltà, riusciva a ricaricare le batterie mettendosi alla prova, sfidando il vento.

Le erano successe così tante cose, negli ultimi giorni… adesso poteva finalmente rimettere insieme tutti i pezzi. Aveva accettato di combattere per la salvezza dell’umanità… sì, ma combattere contro chi, e per quanto? Poteva bastare distruggere dei mostri informi riportandoli alla normalità per salvare la terra dalla catastrofe? Perché era successo tutto questo proprio a lei?

E poi… quella ragazza. La ragazza che compariva nei suoi incubi. C’era qualcosa di insolito in lei, di… familiare, forse. Era insistente, molto… a cosa mirava, davvero? L’aveva anche salvata, il giorno prima, facendole da scudo all’attacco del mostro. Perché? Perché aveva fatto una cosa simile? Per convincerla ad accollarsi la missione? Per vincere la sua indifferenza, la sua ostilità? Per… una sorta di attrazione? Si conoscevano appena, una persona non rischia la vita per qualcuno con cui non ha rapporti. Certo, le era grata per quello che aveva fatto, ma non poteva cambiare atteggiamento da un momento all’altro solo per quello…

Haruka guidava la sua macchina a ritmo sostenuto, pensando però confusamente a come comportarsi con la giovane violinista, che d’ora in avanti, per la missione, avrebbe dovuto necessariamente frequentare. Che rapporti voleva intrattenere con lei?


 

Erano passati tre giorni dall’ultima volta che si erano viste, quando Haruka aveva accompagnato Michiru a casa. La violinista si trovava nella sua camera, e stava suonando, cercando di concentrarsi solo sulla musica. Per fortuna in quei tre giorni tutto era stato tranquillo, nessun nuovo mostro si era fatto vedere. Per fortuna? Da un lato Michiru avrebbe voluto rivederla subito, per sapere cosa aveva pensato, cosa intendeva fare… dall’altro no, era terrorizzata dall’idea, perché non sapeva come comportarsi, dopo le rivelazioni che le aveva fatto. Temeva che rivederla avrebbe significato scoprire che con la sua impulsività si era bruciata tutto quanto.

Il campanello suonò, ma Michiru, assorta com’era, non lo sentì neppure. Lo sentì solo dopo qualche altro tentativo, lasciò il violino e andò a vedere chi fosse, visto che non aspettava visite.

“Salve! Beh, mi stupisce che in una villa così grande non ci sia servitù! La famiglia Kaioh ha problemi finanziari?” esclamò Haruka, sorridendo alla ragazza un po’ interdetta che le aveva aperto la porta.

Una vera sorpresa… perché tutti avrebbe pensato di vedere tranne che lei, e perché, presa alla sprovvista, non sapeva proprio come comportarsi…

Haruka notò l’imbarazzo dell’altra, e riprese, seria, “Volevo solo sapere se ti eri completamente rimessa, e… visto che l’ho appurato, posso togliere il disturbo…”

Magari in quell’istante avrebbe voluto davvero mandarla via, ma l’educazione impose a Michiru di far accomodare l’ospite. “Ho dato il giorno libero alla servitù, talvolta lo faccio, quando i miei non ci sono… è bello potersi occupare personalmente delle cose, a volte. Anche se loro non la pensano così...” spiegò, mentre la conduceva dentro e la faceva accomodare.

Andò a preparare del tè e lo portò in salotto, dove Haruka la stava aspettando, si sedette e si mise a conversare del più e del meno, come se avesse avuto di fronte qualsiasi altra persona sulla faccia della terra. Ma, di secondo in secondo, si sentiva sempre più confusa. Perché Haruka era andata da lei? Dopo un po’, la giovane pilota cambiò nettamente discorso.

“Michiru-san, vorrei che tu mi parlassi un po’ di quanto hai scoperto finora sul disastro che incombe sulla Terra e sul nostro ruolo in tutto questo… ti confesso che mi risulta difficile capire cos’è che dovremmo fare, e perché questa storia sia capitata proprio a noi…” disse Haruka assumendo un’espressione seria. “…Capirai, sembra tutta una gran serie di vaneggiamenti, Michiru-san…”

Michiru notò subito il tono scetticamente investigativo della ragazza bionda, e il senso di distacco forzato che cercava di trasmettere, ma le rispose comunque meglio che poteva, cercando di toglierle quei pochi dubbi che lei stessa era riuscita a chiarirsi.

Haruka se ne andò dopo un’oretta, senza aver mai cambiato per un solo istante il suo atteggiamento. Michiru decise di farsi una doccia per distrarsi, ma ottenne il risultato opposto, trovandosi ben presto a pensare a ciò che era appena successo. Il suo tono l’aveva infastidita parecchio, perché mai aveva fatto così? Era sempre più complicata da capire, forse il suo scopo era proprio quello di rendersi insopportabile, in modo da ridurre i reciproci rapporti al meno possibile. Ma no, non stava in piedi… tanto per cominciare, Haruka era stata fredda, ma non scortese… e poi, se non voleva proprio avere rapporti con lei, perché sarebbe andata a trovarla a casa? Solo per sapere qualcosa sulla missione? E perché allora, sulla soglia, stava quasi per andar via?


 

La mattina seguente Haruka si recò al circuito per effettuare delle prove sulla vettura. Almeno finché tutto restava tranquillo, poteva fare le cose di sempre, e illudersi che non fosse cambiato nulla per lei. Ma non era così… nell’attimo stesso in cui aveva preso in mano quella strana bacchetta azzurra, aveva sentito qualcosa cambiare in lei, un insieme di responsabilità dimenticate cominciavano a gravarle sulle spalle. Come se fosse cresciuta di un paio di anni in un attimo solo.

La giovane pilota rientrò ai box al termine delle prove, parlò con i meccanici del comportamento della macchina e delle variazioni da apportare, poi si cambiò e lasciò il circuito, dirigendosi verso la propria moto. Alzò lo sguardo, e rimase sorpresa della figura che l’aspettava vicino alla motocicletta.

“Buongiorno, Haruka-san!”

Questa ragazza era davvero insistente! La stupiva proprio… in genere, le altre ragazze mantenevano le distanze da lei, non appena faceva loro intendere di agire in tal senso, ma lei era diversa. Come se non si fermasse solo all’esteriorità. Sì, era strana, era diversa. E allora? A lei che importava? Bene, era andata a trovarla perché sinceramente preoccupata per le sue condizioni, punto. Avrebbe affrontato la missione insieme a lei, punto. Cosa pensava adesso, che per questo dovessero essere diventate amiche?

La violinista le aveva portato dei ritagli di giornale e articoli in rete riguardanti l’istituto Mugen e il suo direttore, il professor Souichi Tomoe, che riteneva essere collegati agli avvenimenti sconcertanti degli ultimi tempi. Effettivamente il suo ragionamento non faceva una piega: c’era un filo conduttore, tra quella scuola e le mostruose apparizioni, ogni volta che arrivava un nuovo mostro c’erano degli studenti del Mugen nei paraggi, e lei stessa aveva visto un ragazzo con l’uniforme di quella scuola trasformarsi in mostro davanti ai suoi occhi.

Sedute al tavolino di un locale, le due ragazze discutevano sul cosa fare a riguardo. Haruka osservava la compagna parlare, ammirata della sua serietà e della convinzione con la quale considerava la situazione. Magari era stata troppo drastica nel giudicarla…

“…insomma, penso che dovremmo indagare di persona, in qualche modo.”

“. . .”

“Haruka-san, hai sentito quello che ti ho detto?” chiese Michiru, con volto serio, mentre l’altra la fissava impassibile, quasi assente.

“Sì. Certo.” rispose. Cominciava a prendere davvero seriamente la faccenda.

“Bene. Allora, che ne diresti di accompagnarmi a teatro, sabato sera? C’è un concerto che non vorrei perdermi…” riprese la violinista, cambiando repentinamente espressione e discorso, con un ampio e deciso sorriso.

Haruka rimase sconcertata sul momento, ma in un certo qual modo divertita… una cosa era certa, questa ragazza se ne usciva sempre con qualcosa di imprevedibile: appena si faceva un’idea su di lei, riusciva immediatamente a smontarla del tutto, e questo cominciava a piacerle. Ma sì, forse non era una cattiva idea…

“Va bene, ci penso io.” rispose la ragazza bionda, sorridendo. Stavolta fu Michiru a essere sorpresa, e per più ragioni: intanto, perché non si aspettava davvero una risposta affermativa, aveva buttato lì l’invito a quel modo per spezzare la tensione, ma certa che Haruka l’avrebbe rifiutato credendola superficiale, e poi perché il suo sorriso era stato così spontaneo…


 

Il sabato sera giunse presto. Michiru stava finendo di prepararsi davanti allo specchio… le sembrava ancora così strano, uscire con Haruka solo per piacere, senza particolari motivi. Anche il giorno precedente si erano viste, ma era stato per affrontare un mostro: Haruka aveva preteso di far tutto da sola, per impratichirsi con i suoi nuovi poteri… aveva preso la cosa molto sul serio! Era quasi buffa…

Michiru sentì la macchina dell’amica percorrere il vialetto del parco, e le andò incontro prima che suonasse il campanello. Haruka indossava un elegante completo da sera nero, era scesa dall’auto e aveva aperto la portiera per la sua passeggera, molto cortesemente. Poi era tornata alla guida, diretta al teatro. Mentre percorreva con sicurezza le strade cittadine, si mise a pensare a ciò che stava facendo: non aveva mai dato confidenza ad altre persone, perché diamine aveva accettato l’offerta per quella serata? Ma suvvia, andare a un concerto con un’amica non era poi gran cosa.

Amica?

Considerava Michiru sua amica? Gli altri erano sempre stati semplici conoscenti per lei, non le interessava sapere niente di loro, e niente faceva sapere di sé. Finora si era soltanto concessa di giocare un po’ con quelle ragazzine che le facevano il filo, qualche battuta, qualche sguardo intenso. Ma stavolta, lo sentiva chiaramente, non aveva alcuna voglia di scherzare.

Le ragazze giunsero a teatro, e si recarono, con una certa sorpresa per Michiru, in un loggione riservato molto vicino al palco; Haruka inoltre seguì tutto il concerto con grande attenzione. Evidentemente doveva frequentare questi spettacoli, pensò la giovane violinista compiaciuta.


 

A fine serata, tornate alla macchina, Michiru si decise a chiedere l’opinione in proposito della sua accompagnatrice. “Allora, Haruka-san, che ne dici? È stato di tuo gradimento?” chiese cordialmente.

“Hm. Erano entrambi bravi… anche se nel finale la parte di violino non è stata proprio ineccepibile. Sono certa che tu avresti fatto di meglio.” rispose Haruka con grande serietà, senza guardarla; avviò il motore e la riportò a casa. Quando furono arrivate, la pilota la fece scendere e, anziché salutarla, come pensava Michiru, le disse “…Che ne direbbe di dare seguito alla mia affermazione di prima, miss Kaioh? Sarei ben lieta di sentire quei brani suonati come meritano.”

Michiru rimase interdetta davanti a quella richiesta, si stava prendendo gioco di lei? Guardò Haruka negli occhi, e il suo sguardo profondo la fece incantare un attimo. Annuì, aprì la porta e la condusse nel suo ‘conservatorio’ personale, la stanza dove lei e i suoi genitori si esercitavano.

Prese meccanicamente il violino dalla custodia, come in uno stato di trance, senza dire niente, poi si voltò verso l’ospite e disse “Manca l’accompagnamento al pianoforte però… non è proprio la stessa co-”

“Oh, quello non è un problema.” rispose Haruka sedendosi in posizione davanti al grande pianoforte a coda in mezzo alla stanza. Michiru fu molto colpita, ma lo fu ancora di più quando cominciò a suonare e sentì che l’altra l’accompagnava in maniera ammirevole…

Era davvero brava. E poi sembrava che per lei suonare il piano fosse la cosa più naturale del mondo, una cosa da tutti; non c’era stato esibizionismo nel suo gesto, Michiru ne era certa. Aveva suonato soltanto per accompagnarla.

“Avevo ragione, ora il violino è stato davvero impeccabile.” disse Haruka, alzatasi dal pianoforte. “Bene, adesso è meglio che io vada, è un po’ tardi… grazie per essersi esibita, miss Kaioh.” concluse la ragazza, inchinandosi gentilmente. Michiru accompagnò in silenzio l’ospite alla porta, poi la salutò dicendole “Grazie per la serata, miss Tenoh. La prossima volta sarò io a chiederle di esibirsi.”, facendole garbatamente il verso. Entrambe sorrisero per lo scambio di battute, poi Haruka salì in macchina e tornò verso casa.


 

Michiru raggiunse la sua camera, si cambiò, si preparò per la notte. Cercò di addormentarsi, ma era troppo eccitata, non poteva chiudere occhio… Si alzò e, indossata una vestaglia, si mise a guardare fuori dalla vetrata, pensando alla serata appena conclusa.

Il concerto era stato magnifico, ma era la cosa che le importava di meno, adesso. Si era sentita veramente a suo agio, Haruka era stata meravigliosa, con lei. Anche senza fare niente di speciale… era il suo modo di fare, di parlare, che per lei erano speciali. I suoi comportamenti così eleganti e cortesi, il suo sguardo deciso, e poi… non poteva negarlo, da qualche giorno le bastava incrociare i suoi occhi per emozionarsi.

All’inizio si era interessata a lei spinta dall’ammirazione, e da una certa curiosità, la voglia di scoprire quali sentimenti, quali paure albergavano in lei. Il perché di quell’inequivocabile senso di solitudine. Ma ora c’era dell’altro. Si stava formando un sentimento nuovo in lei, mai provato… in cuor suo aveva capito di cosa si trattava, ma non poteva ammetterlo a se stessa. Non ancora…

E comunque non avrebbe mai pensato che la giovane pilota potesse interessarsi di musica classica e saper suonare il piano a quel modo. Aveva sempre più voglia di conoscerla meglio, di scoprire quali altre perle erano nascoste in quel ruvido guscio, e soprattutto, perché le nascondeva così. Infine, c’era un’altra cosa che rendeva felice Michiru… il pensiero che, anche se si era trattato di poco, Haruka le aveva aperto una piccola parte di sé.


 

Nei giorni successivi Michiru cercò di concentrarsi solo sulla missione, per non rischiare di sollevare troppo i piedi da terra: non voleva sopravvalutare ciò che aveva provato la sera del concerto, né illudersi sui comportamenti di Haruka. Rifletté a lungo sulle informazioni in suo possesso, e decise che, per trovare qualche indicazione sull’istituto Mugen, l’unica cosa da fare era introdurcisi in pianta stabile… iscrivendosi come studenti.

Anche Haruka aveva trascorso quelle giornate a riflettere. Non era andata a scuola, né si era recata al circuito. Aveva passato le giornate seduta alla vetrata del grande salotto, la sua preferita, quella rivolta verso la baia. Guardava fuori ma non vedeva nulla, persa in un turbine di emozioni. Tutte le certezze che faticosamente si era costruita col tempo erano in discussione, la sua decisione stava vacillando. Era combattuta, ma sempre più convinta di dover decidere una volta per tutte come gestire la situazione prima di perdere ogni controllo. A un certo punto, il telefono aveva cominciato a suonare.


 

Dopo aver inutilmente cercato di contattarla telefonicamente almeno una decina di volte per condividere le sue conclusioni, Michiru cominciò a preoccuparsi. Era tardi, cosa poteva essere successo? Decise di passare da Haruka di persona la mattina successiva, prima della scuola, per parlarne e accertarsi che fosse tutto a posto.

Uscì prestissimo, e giunse proprio mentre la ragazza usciva dall’androne del grattacielo. La vide dirigersi verso l’automobile, insolitamente parcheggiata in strada, non indossava la divisa, sembrava contrariata.

Le si fece incontro, osservandola meglio in effetti sembrava sconvolta. Finse di non averlo notato, e sfoderò il suo miglior sorriso. “Buongiorno, Haruka-san!”

L’altra sembrò vederla solo in quel momento. “Michiru-san.”

“Ho provato a chiamarti diverse volte, ieri sera, volevo parlarti dell’Istituto Mugen, ma eri fuori e-”

“Mi dispiace, adesso non ho proprio tempo.” replicò Haruka interrompendola bruscamente, poi aprì la portiera della macchina e fece per salire.

“Va bene, posso venire più tardi al circuito? Stai andando lì?”

Haruka rispose stizzita. “No.”

“Allora...”

“Allora, niente. Devo andare fuori città, non penso di rientrare in giornata. E prima che ti venga voglia di chiedere altro, non sono affari tuoi.” la fermò Haruka con voce bassa e decisa, che non ammetteva repliche.

Distolse lo sguardo, salì in auto e partì in fretta, giusto il tempo di vedere nello specchietto retrovisore che Michiru era rimasta immobile in strada, la cartella stretta tra le mani.

  
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