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Autore: Laylath    11/06/2017    4 recensioni
(Seguito di Un anno per crescere).
Da quel fatidico anno che unì in maniera indissolubile un gruppo di ragazzi così diversi tra di loro, le stagioni sono passate per ben cinque volte.
In quel piccolo angolo di mondo, così come nella grande città, ciascuno prosegue il suo percorso, tra sorprese, difficoltà, semplice vita quotidiana. Si continua a guardare al futuro, con aspettativa, timore, speranza, ma sempre con la certezza di avere il sostegno l'uno dell'altro.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Team Mustang | Coppie: Roy/Riza
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 25. Luna storta.

 


 
 
Nessuno dei coinvolti seppe mai se l’incidente di Roy fosse appunto tale o se fosse invece frutto di quell’assurdo piano di cui aveva parlato a Vato e al capitano Falman.
Sta di fatto che una delle conseguenze fu che Elisa iniziò ad essere vista con occhio maggiormente benevolo da buona parte del paese. Per diversi giorni l’argomento di cui si parlava nei vari negozi e nelle case fu di come fosse stata brava a soccorrere Roy Mustang ,il ragazzo di quel locale particolare che per giunta aveva portato in paese una diavoleria infernale come la moto, con conseguenze più che prevedibili.
Roy in tutto questo gongolava, come se tutto stesse andando come voleva lui. Cosa importava se era disteso a letto con la coscia sinistra ingessata ed il polso destro bloccato da una stretta fasciatura? Sembrava che quegli ingombri, così come il viso pesto e i diversi lividi su tutto il resto del corpo fossero delle cose di secondaria importanza.
A una decina di giorni dall’incidente, dopo che il dolore maggiore era scemato, si godeva la sua convalescenza in casa Falman, amorevolmente accudito dalla signora. Elisa, in accordo col dottor Lewis, aveva decretato che l’ingessatura andava tenuta per almeno altri quindici giorni prima di essere sostituita da una fasciatura più leggera. Di conseguenza la permanenza del soldato in paese sarebbe durata almeno per tutto il mese di febbraio.
L’unica nota dolente era che la moto fosse andata completamente andata: per quanto non fosse proprio un mucchio di rottami, giaceva miseramente nel terreno dietro il commissariato di polizia e l’ingegner Fury aveva dichiarato che ci si poteva fare ben poco. Forse un meccanico di città avrebbe saputo rimetterla in piedi, ma il prezzo sarebbe stato davvero troppo elevato.
Insomma il pericolo moto era stato debellato, con sommo sollievo della maggior parte del paese, Vincent Falman in primis. Gli unici che forse rimpiangevano la fine ingloriosa di quella meraviglia moderna erano i giovani che, ovviamente, erano rimasti incantanti alla visione di quel nuovo mezzo di città.
 “Il mio primo grande acquisto in fumo – sospirò proprio Roy, mentre chiacchierava con Vato – e non posso chiedere un risarcimento a nessuno”.
“Dovresti invece pagare Elisa per lo spavento che le hai fatto prendere”.
“Le cure mediche in questo paese sono gratuite… a meno che uno scemo di mia conoscenza non sia stato appunto così scemo da parlarle di quella discussione che abbiamo avuto e che, ci tengo a precisare, era stata accantonata”.
“Non una parola, ma se permetti la mia fidanzata non è una scema, tanto per riprendere i tuoi termini”.
“Spavento o meno, vedo che è sempre molto soddisfatta di venire a vedere come procedono le mie ferite: finalmente il suo estro di medico sta venendo fuori. Scommetto che mi riprenderò prima del previsto”.
“Ti ha detto che non devi forzare i tempi, lo sai bene. E dubito che mamma ti farà scendere da questo letto prima del consentito”.
“Mi ero dimenticato di quanto potesse esser estremamente premurosa per certe cose”.
“Col suo figliol prodigo ancora di più. Comunque Heymans scende in paese la prossima settimana”.
“Sì? Ottimo! Che ti ha detto a proposito della casa?”
“Dice che per lui non c’è nessun problema se la prendiamo io ed Elisa, ma è indeciso se parlarne o meno con sua madre”.
“Credo che a volte il silenzio sia meglio. Se alla fine quella casa passerà a voi che senso ha discuterne e magari indisporre la signora Laura? Certe volte la discrezione è la carta migliore. Ma conoscendo Heymans sono certo che arriverà alle mie stesse conclusioni”.
“Penso che andrà proprio così” annuì Vato, guardando distrattamente fuori dalla finestra.
“Ehi, ragazzo di pensiero – lo richiamò Roy dopo qualche secondo – ridendo e scherzando questi intoppi sul tuo matrimonio si superano, hai visto?”
Vato non rispose, si limitò a restituire il sogghigno che l’amico aveva appena fatto.
Era davvero difficile resistere a Roy Mustang.
 
Sicuramente la persona più felice del fatto che Roy fosse bloccato in paese era Riza.
Dopo l’iniziale spavento e l’ovvia dose di rabbia nei confronti dell’imprudenza del fidanzato, si era scoperta intimamente grata di poter godere della sua presenza. Certo non potevano passeggiare o uscire, ma era bello per una volta tanto non avere un conto alla rovescia così ravvicinato per la prossima partenza.
Essendo una ragazza particolarmente metodica trovava piacevole avere quelle visite perfettamente inserite nello schema della sua quotidianità: una visita a metà mattina, quando scendeva in paese per fare commissioni e poi una il pomeriggio, in modo da essere a casa in tempo per aiutare per la cena.
E, oggettivamente, avere un Roy Mustang per una volta tanto fermo e dunque senza possibilità di disastri era un vero e proprio sollievo.
“Comunque è un vero peccato – sospirò Kain una domenica mattina, mentre osservava la sorella sistemare in un cestino il dolce che aveva fatto per il fidanzato – avrei tanto voluto salire sulla moto almeno una volta”.
“Non farti scappare queste cose davanti alla mamma – lo avvisò Riza – quando ha saputo dell’incidente credo le sia venuto un mezzo infarto all’idea che ci poteva essere uno di noi due sopra la moto”.
“Già – sospirò il ragazzo, prendendo alcune briciole che erano rimaste sul piatto dove la torta era stata tagliata e mettendosele in bocca – comunque è un vero peccato. Starò ben attento a non distruggere la bici in un modo così brutto”.
“E soprattutto distruggere te stesso. Comunque avvisa la mamma che poi passo anche da mio padre, oggi è giorno di spesa e pulizia: torno più tardi del previsto”.
“Va bene”.
Come rimase solo in quella cucina, Kain sospirò con malinconia.
In genere era un ragazzino positivo e poco incline a momenti di sconforto tipici dell’adolescenza. Eppure sembrava che quella mattina si fosse svegliato con il piede sbagliato: si sentiva stranamente annoiato, con una strana aura di elettricità negativa attorno alla sua giovane persona. Per lui era insolito avere giornate simili e dunque non sapeva proprio come gestirla.
Aveva pensato di fare una bella pedalata per sfogare quella strana e sgradevole energia, ma l’incidente di Roy l’aveva in qualche modo traumatizzato circa l’uso di qualsiasi mezzo che non fossero le sue gambe, almeno per qualche settimana. Senza contare che il tempo non era dei migliori e di certo non invitava ad una passeggiata: se non si avevano reali motivi per uscire era meglio stare in casa a godersi il caldo.
Con passo svogliato andò in salone e si sedette davanti al camino, lasciandosi ben presto ipnotizzare dal movimento delle fiamme, dalle scintille che ogni tanto salivano verso la cappa per poi spegnersi durante il loro tragitto.
“Luna storta, pulcino, vero?”
L’indice di Ellie premette con dolcezza sulla guancia del giovane, inducendolo a girarsi. La donna si sedette accanto a lui con disinvoltura, posando un braccio contro uno dei cuscini che stavano sullo schienale e adagiandovi sopra la testa in una posa fanciullesca.
Kain rispose al sorriso che gli veniva rivolto e si soffermò a pensare su quanto fosse bella sua madre. Crescendo si era reso conto del suo particolare fascino da eterna ragazzina e ora, a guardarli seduti vicini, sembravano fratelli più che madre e figlio.
“Sei bella, mamma – mormorò – lo sei sempre, ma in questi giorni di più”.
Lo disse con sincerità, accorgendosi solo adesso di quella strana sensazione che lo aveva accompagnato in quell’ultima settimana ogni volta che aveva visto sua madre. In lei c’era una nuova e strana aura di vitalità, una bellezza del tutto particolare che non le aveva mai conosciuto. Si chiese se Riza e suo padre se ne fossero resi conto, ma poi si disse che forse era l’unico ad essere così sensibile ad un tale cambiamento.
“I complimenti di un così bel cavaliere sono sempre graditi – ridacchiò Ellie, giocando con la sua folta treccia scura – specie se sono così inaspettati. Spero solo che non siano un modo per nascondere il motivo della tua luna storta”.
“Dici che ho la luna storta?”
“Un quarto d’ora buono a fissare le fiamme del camino mi pare un buon indizio. E deduco che è semplice luna storta e non qualche turbamento grosso, altrimenti ti saresti messo a lavorare con i tuoi pezzetti elettronici con quella foga che ho imparato a conoscere e che sono contenta di non vedere da molto tempo ormai”.
Kain sorrise di nuovo e si adagiò meglio sul divano,sentendosi improvvisamente rilassato. Era come se la voce di sua madre fosse in grado di rimettere per il verso giusto quella strana luna storta che l’aveva accompagnato in quei giorni.
“Forse è solo crescita” propose con lieve imbarazzo.
“Oh ti prego – Ellie si accostò a lui fino a posare la testa contro la sua spalla, i loro capelli scuri che si incontravano, mischiandosi alla perfezione in un nero di cui era impossibile capire inizio e fine – dimmi che non c’è una fanciullina che ti fa battere il cuore. Non sono ancora pronta a perdere il mio pulcino”.
“Sai bene che non c’è – rispose candidamente Kain – te ne avrei parlato”.
“Non esserne così sicuro, Kain Fury: quando ci si innamora spesso si perde la loquacità. Però se mi dici che non c’è ancora questa fantomatica ragazza allora ti credo. Depenniamo questo motivo dalle cause della tua luna storta”.
“Pare quasi un gioco degli indovinelli… a te non sono mai capitate giornate simili?”
“A sedici anni? Forse, ma è anche vero che ero tutta presa nel mio mondo fatato per avere simili momenti. Più che altro c’è l’impazienza di crescere: è il tuo caso? Ti posso garantire che stai diventando uno splendido ometto… oh, non arrossire! Una madre ha tutto il diritto di fare simili complimenti al proprio unico figlio maschio”.
“Forse ci vorrebbe un nuovo bambino in casa – propose Kain – Riza è ormai grande, io sto crescendo e tu…”
“Diciotto e sedici anni non cambiano il fatto che voi siate i miei piccoli – sbuffò con aria bonaria Ellie, alzandosi in piedi – mi dispiace per voi ma le cose non cambiano. Comunque, dato che sei in ozio e con la luna storta, ti posso affidare una commissione? Volevo passare a riportare una terrina ad Angela, ma mi sono resa conto che se voglio preparare il pranzo i tempi mi vengono davvero stretti”.
“Farò volentieri questa commissione per te – annuì volenteroso il giovane, alzandosi a sua volta, lieto di avere una commissione a distrarlo – certo se per dolce ci fosse una torta al cioccolato…”
“Calcolatore – lo prese in giro la madre – per il cioccolato non crescerai mai!”
 
Una volta che fu rimasta sola, Ellie Fury sospirò  profondamente e sembrò che tutta la sua persona perdesse parte di quella vitalità che il figlio aveva tanto decantato pochi minuti prima.
Un nuovo figlio… certo!
Questi pensieri non comparivano da ormai anni, ma come sempre erano pungenti come delle spine di rosa. Si sentiva completamente realizzata come moglie e come madre, specie da quando Riza era entrata a far parte della sua vita, tuttavia il dolore per non poter avere altri figli al di fuori di Kain ancora non la lasciava, alla veneranda età di trentacinque anni.
Ovviamente Kain aveva parlato in totale innocenza: non poteva e non doveva sapere delle tragiche conseguenze che la sua nascita aveva avuto sul corpo materno.
“… forse sarà ancora in grado di concepire, ma il suo grembo non riuscirebbe a tenere un piccolo. Abortirebbe nell’arco dei primi due mesi.”
Parole vecchie di ormai sedici anni, sentite mentre tutti credevano che lei dormisse, tornarono impietose nella sua testa, prendendola ancora una volta in giro,ricordandole che il suo corpo, nonostante le apparenze, era tutto meno che sano.
“Ciao, meraviglia, che succede?”
L’entrata in cucina di Andrew le fece perdere immediatamente il broncio e subito il suo viso si illuminò in quel modo speciale che Kain aveva notato. Quel modo speciale per cui, a trentacinque anni, sarebbe stata in grado di far perdere la testa alla maggior parte dei giovani del paese se solo avesse voluto.
“Pensavo che presto o tardi nostro figlio noterà qualche ragazzina e si innamorerà. I soliti pensieri di una madre che non sarà mai pronta a perdere il proprio bambino”.
“L’età è quella, non ci potrai fare niente – la prese in giro Andrew, abbracciandola e baciandola sulla punta del naso – però ti prometto che io non potrei mai innamorarmi di nessun’altra al di fuori di te. Stai certa che il mio cuore sarà sempre tuo, Ellie Lyod”.
“Già, a proposito di Lyod… nell’ultima lettera la mamma mi avvisava che il loro ritorno sarà rimandato di più di un mese. Che peccato, speravo che quest’attesa fosse ormai agli sgoccioli”.
“Finirà prima di quanto credi. Piuttosto hai visto nostro figlio? Volevo chiedergli se può dare un’occhiata alla lampada del mio tavolo da disegno”.
“L’ho appena mandato a fare una commissione dagli Havoc. Ci sarei potuta andare io, ma sarei rimasta stretta coi tempi del pranzo. Io e Angela finiamo sempre col chiacchierare troppo”.
E poi non è che abbia molta voglia di incontrare Rebecca nel caso fosse lì.
Si rimproverò di nuovo mentalmente per quei pensieri poco da lei: doveva smetterla di evitare di proposito l’amica di Riza. Quello che le era successo era stato parecchio difficile e certo non meritava la sua… non sapeva nemmeno lei cosa.
Basta! Basta! Possibile che la questione del restare incinta ti debba tormentare così tanto?
“Ellie?”
“Come ti dicevo, sarei rimasta stretta con il pranzo – si riscosse – anzi, se vuoi lasciarmi campo libero: tuo figlio mi ha richiesto la torta al cioccolato”.
 
In realtà c’era un motivo ben valido per cui il pensiero di restare incinta tormentava Ellie: erano passati già due mesi buoni e non aveva ancora avuto le sue regole.
Le prime settimane di ritardo non l’avevano minimamente preoccupata: non era mai stata veramente puntuale, specie dopo il parto di Kain, e saltare un mese poteva rientrare nella norma. Ma le settimane erano continuate a passare e il suo corpo non si decideva a collaborare.
Piano piano si stava rassegnando all’idea di essere rimasta di nuovo incinta e la cosa di certo non le faceva piacere. Nel corso degli anni le era successo almeno quattro volte, ma aveva abortito nell’arco dei primi due mesi, proprio come era stato pronosticato dal dottore. Tutte le volte era successo in maniera veloce e poco traumatica: dei crampi particolarmente forti e poi, dopo un paio di minuti, tutto era terminato. Persino il suo corpo non ne risentiva, tanto che dopo una buona notte di sonno era perfettamente in forze. Ma se fisicamente tutto era sempre scivolato liscio, mentalmente ed emotivamente era sempre una prova estenuante: per una donna che aveva sempre desiderato tantissimi figli,avere ulteriori riprove di non poterne tenere in grembo altri era una beffa crudele del destino. Certo, aveva sempre la consolazione di Kain, e ora anche di Riza che considerava figlia sua a tutti gli effetti, ma quella negazione dell’essere donna così intima e profonda che le era toccata era impossibile da superare in maniera definitiva.
A questo giro le cose promettevano di essere ancora più difficili: aveva già superato i due mesi e ancora niente. E c’era un fondo di verità nella bellezza particolare che Kain aveva notato in lei: si ricordava benissimo di com’era radiosa durante i primi mesi della gravidanza di suo figlio, quando ancora sembrava filare tutto liscio.
E così non le restava che continuare a recitare il ruolo di moglie e madre perfetta, pregando che tutto finisse in fretta e la sua vita riprendesse il corso normale. Una settimana di cupi pensieri e poi di nuovo libera di godersi la sua vita serena con le persone che amava. Per lei quell’aborto era una questione estremamente privata, proprio come lo erano stati i precedenti. Solo la prima volta era stata scoperta da suo padre, a causa di un crollo emotivo dettato anche dalle condizioni di salute critiche di un piccolo Kain, ma poi era sempre stata abile a nascondere questi incidenti di percorso. Mai e poi mai voleva che Andrew sapesse: le sarebbe parso di perdere qualcosa davanti agli occhi di suo marito. Sebbene fosse perfettamente consapevole della sua situazione non voleva dargli prove tangibili di questa sua strana forma di non fertilità.
 
Tuttavia, nonostante le sue speranze, passarono altre due settimane senza che niente accadesse.
Anzi, iniziava addirittura a sentire un primo lieve rigonfiamento del ventre.
“Cielo, ma perché?” singhiozzò, una mattina, mentre si guardava allo specchio e notava quella lieve curvatura.
Si sedette nel letto e trasse profondi respiri, cercando di far passare quel malessere emotivo che sembrava distruggerla giorno dopo giorno. Che cosa le stava succedendo? Perché non stava andando come le altre volte?
Improvvisamente venne colta da un conato di vomito e si alzò di scatto per correre in bagno. Tuttavia, come uscì nel corridoio quasi cadde davanti a Riza ed Elisa che stavano salendo le scale.
“Signora, che succede?” la sostenne Elisa.
“Mamma, che hai?” subito Riza la prese per la vita.
Ellie si limitò a scuotere il capo e a fare un cenno verso il bagno. Si sentiva le gambe molli e brividi freddi le percorrevano la schiena: non si ricordava di quanto potessero essere tremende le nausee. Encomiabilmente riuscì a farsi portare in bagno e a resistere fino al momento in cui rimase sola prima di rigettare nel gabinetto.
Poi rimase alcuni minuti con l’acqua del rubinetto aperta, mentre si guardava il viso pallido allo specchio.
Non si aspettava che le ragazze venissero a casa, non era previsto. L’avevano colta in quel momento difficile ed ora sicuramente si sarebbero preoccupate e le avrebbero chiesto cosa non andava.
Ed Elisa è medico… o santo cielo.
No,non voleva. Per quanto non diffidasse nei medici, anzi fosse profondamente grata al dottor Lewis per tutto quello che aveva fatto per lei e soprattutto per Kain, la sua mente impazziva all’idea di farsi curare per qualcosa che concerneva una gravidanza o un aborto. Tanto sapeva che tutto era destinato a finire in un disastro, proprio come era successo anni prima.
“Mamma, tutto bene?” Riza bussò discretamente alla porta ed Ellie capì che non era il caso di stare chiusa ancora in quel posto. Si lavò la faccia, tamponandosi attentamente con l’asciugamano, e poi si raddrizzò, sistemandosi una delle ribelli ciocche di capelli scuri che le cadevano sulla fronte.
“Arrivo, cara, tutto bene” disse, aprendo la porta ed elargendo il migliore dei suoi sorrisi.
“Sicura? – fece subito la bionda, accostandosi a lei e prendendole la mano – sei pallidissima. Hai avuto un malore?”
“Signora, forse è meglio che vada a letto e si stenda – suggerì Elisa – vado subito giù a preparale una tazza di the, che ne dice?”
“Ma no – scosse il capo Ellie – sto già meglio. Si è trattato solo di un lieve malessere”.
“Dai, mamma, sdraiarti per qualche minuto non ti costa niente. Non farmi preoccupare, te ne prego”.
Fu il tono d’urgenza di Riza a far desistere la donna da altre proteste: di certo per lei era strano vederla stare male e questo le doveva aver provocato tristi ricordi legati alla sua defunta madre. Con un sorriso si costrinse ad annuire e si fece accompagnare a letto.
Dopo qualche minuto sedeva con la schiena posata sui cuscini, mentre Elisa le tastava il polso.
“Battito regolare e anche dalla faccia più colorita si vede che è tutto passato” annuì infine la dottoressa.
“Visto, cara? – Ellie si affrettò a girarsi verso Riza – Tutto a posto: è stato solo un malessere passeggero”.
“Potrebbero essercene altri – Elisa posò una mano sul ventre di Ellie, lisciando con dolcezza le pieghe sul vestito – signora, lei è al terzo mese buono! Non se ne era resa conto?”
“Cosa? – Riza sgranò gli occhi, ma poi un lieto sorriso le apparve nel viso – oh, mamma! Ma è meraviglioso! Te ne rendi conto?”
“Oh no – sospirò Ellie, cercando le parole giuste – tesoro, no, non… non sono in grado di portare avanti una gravidanza, lascia perdere”.
“Non dica così, signora – intervenne Elisa con entusiasmo – è comunque giovane e forte e non importa se è passato così tanto tempo dalla nascita di Kain. La seguirò passo dopo passo e vedrà che andrà tutto bene”.
“E io che pensavo fosse impossibile! – commentò Riza – Pensa quando lo sapranno papà e Kain! Al terzo mese buono: sei già avanti! Ancora non capisco come ho fatto a non rendermene conto!”
“No! Loro non lo devono sapere! Lasciate stare, ragazze, è complicato. Senza offesa, Elisa, ma voglio vedere il dottor Lewis: lui conosce bene la mia situazione e sa che non posso portare avanti una gravidanza. In genere abortisco entro il secondo mese, ma questa volta c’è qualche ritardo”.
“Oh – Elisa si rabbuiò qualche secondo e poi disse – se mi permette vorrei seguirla pure io, signora.  C’è comunque la possibilità che questa volta la gravidanza vada a buon fine: le capacità di ripresa del corpo umano sono infinite. Ne è riprova il fatto che è già arrivata al terzo mese”.
“Non lo so – Ellie aveva le lacrime agli occhi – però, vi prego, non ditelo ad Andrew. Mi sento così spaventata… c’è qualcosa di sbagliato in tutto questo”.
Come venne abbracciata da Riza scoppiò a piangere. Certo che c’era qualcosa di tremendamente sbagliato in quella gravidanza, a partire dal fatto che non riusciva ad essere felice. Le rassicurazioni di Elisa avrebbero dovuto avere qualche effetto, ma lei sapeva già che le cose sarebbero andate male. E questa volta sarebbe stata anche peggio perché, volente o nolente, lei iniziava già a sentire il piccolo bambino che cresceva dentro il suo grembo ferito. Un grembo che non sarebbe stato in grado di sostenere quella minuscola vita ancora per molto.
 
“Papà, la mamma non ti è sembrata un po’ strana negli ultimi tempi?” chiese Kain in quel medesimo momento, mentre col padre passeggiava lungo il nuovo cantiere dove l’uomo stava lavorando.
“L’hai notato pure tu? – fece Andrew, guardandolo con attenzione – sì, mi è parsa preoccupata per qualcosa, ma non ha voluto dire niente. In questi casi trovo opportuno non insistere: sa benissimo che quando vuole noi ci siamo sempre e dunque non si deve sentire forzata”.
“Certi giorni ha un viso davvero bello ed illuminato – commentò il ragazzo – non credo di averla mai vista così in tutti questi anni. C’è qualcosa di magico in lei, l’ho sempre sostenuto”.
“Ragazzo mio, ti auguro con tutto il cuore di trovarne una come lei quando sarà il momento” ridacchiò l’uomo arruffandogli i capelli con la mano guantata.
“Trovarne una come mamma è difficile”.
“A scuola non c’è nessuna che ti piace?”
“Ragazze carine ce ne sono – arrossì lui – ma non credo di essere il tipo che piace. E poi non mi sento decisamente pronto per queste cose. Credo che anche per quest’anno non inviterò nessuna a ballare per il primo dicembre. Male che vada farò qualche ballo con Janet come tutti gli anni o magari con Riza”.
“Ti sottovaluti, Kain, secondo me tu sei il tipo che può piacere molto”.
“Io credo che abbiano più successo quelli come Jean o come Roy. Comunque non credo che la mamma sia ancora pronta a lasciarmi andare in quel senso – ridacchiò – forse se non fossi l’unico figlio maschio non sarebbe così difficile per lei”.
“Già, l’unico figlio… ovviamente senza nulla togliere a Riza. Sei stata la nostra più grande gioia, sai? Mi pare incredibile di poter camminare qui con te, sano e ormai grande: quindici anni fa mi sembrava un miracolo che tu arrivassi a compiere un anno”.
“Brutte storie – Kain ebbe uno strano brivido – sono felice di averle rimosse in buona parte. Cambiamo argomento? Spero davvero che i nonni tornino presto!”
“Già, vedrai che non manca molto”.







_________________________
Eccomi qua,
contrariamente alle aspettative tra ieri e oggi sono riuscita a ritagliarmi il tempo necessario per finire questo capitolo. 
L'attenzione adesso si sposta sulla famiglia Fury: per chi ha letto lo spin off sa bene che la nascita di Kain è stata tutto meno che facile e che Ellie ha sempre avuto molti problemi ad accettare la sua condizione di donna non in grado di tenere un bimbo in grembo. 
Ovviamente il fulcro si avrà nel capitolo successivo :)
Come ho anticipato nella mia pagina fb, è un periodo parecchio difficile e dunque i tempi per scrivere ci sono e non ci sono, dipende proprio dalle giornate.
Mi scuso anticipatamente per questi ritardi rispetto alle mie solite tempistiche.

 
  
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