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Autore: vicy_dp    12/06/2017    2 recensioni
"Un pirata non lascerebbe mai andare il suo tesoro, ne andrebbe del suo onore. Eppure io ho dovuto lasciar andare il mio, per ben due volte."
Anche uno dei pirati più temuti, Hector Barbossa, ha i suoi momenti di debolezza, soprattutto se la sua debolezza si rivela essere un inaspettato tesoro.
Se non avete visto il quinto capitolo della saga, La vendetta di Salazar, non vi consiglio la lettura di questa storia.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Carina Smith, Hector Barbossa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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“Perché l’ho fatto?” È la prima domanda che mi pongo quando mi rendo conto della gravità del mio, forse avventato, gesto, ma so che non avevo altra scelta. Sto cadendo, sto per toccare di colpo queste acque gelide senza mai più avere l’occasione di venirne fuori, sto per abbandonare qualsiasi speranza che la vita mi aveva improvvisamente e miracolosamente offerto, tutto per un tesoro. Sembra una contraddizione. Un pirata non lascerebbe mai andare il suo tesoro, ne andrebbe del suo onore. Eppure io ho dovuto lasciar andare il mio, per ben due volte.
 
 Non smette di piangere, ed io non so cosa fare. Margaret giace immobile accanto a noi, e io vorrei solo salire su una nave e mettermi in mare, dove vorrei vivere per sempre. E invece sto stringendo tra le braccia ciò che per molti sarebbe più importante di qualsiasi altra cosa, un tesoro, una figlia.
Sarà una decisione avventata, e chissà quante ancora ne prenderò, ma non posso in alcun modo prendermi cura di lei. Guardo un’ultima volta gli occhi chiusi, il corpo inerme, bianco e freddo della mia donna e mi alzo facendo bene attenzione a non farmi sfuggire la bambina che ancora piange, si vede che non saprei nemmeno da dove cominciare. Io, Hector Barbossa, un padre? Impossibile, sotto ogni punto di vista. Il mio posto è il mare, e di tesori nella mia vita ce ne devono essere ben altri.
 
Freddo. La prima cosa che provo quando colpisco di botto l’acqua è freddo. Morirò, senza dubbio e anche nel giro di poco tempo e pochi sono gli attimi di lucidità che mi rimangono per riflettere un’ultima volta. Ho votato tutta la mia vita al mare, mai mi sarei ritirato a vivere in terra ferma, mai avrei abbandonato il suono delle onde, mai avrei abbandonato le ricchezze e mai avrei abbandonato il comando dei mari, che mi sarei indubbiamente ripreso dopo aver sconfitto Salazar. Sono un pirata, e sono sempre stato convinto che la mia vita sarebbe finita in mare, ma non era questo il modo che immaginavo.
 
L’aria è pungente e io devo fare in fretta, raggiungere l’orfanotrofio senza essere visto, per evitare domande, per evitare che in futuro qualcuno possa collegare la ragazza a me, perché giuro che porterò con me questo segreto nella tomba e mai nessuno dovrà venirne a conoscenza.
Proseguo dritto lungo la strada che avevo formulato nella mia mente, senza guardarmi indietro, con lo sguardo basso, ma cercando di evitare il viso angelico della creatura che si è addormentata chissà come tra le mie braccia. La mia decisione è ormai presa, ma quel briciolo di umanità che mi è rimasta nel cuore mi spinge a non lasciarla a mani vuote.
 
Ho sempre pensato che l’unica persona per la quale avrei combattuto sarei stato io stesso, e invece mi sono trovato costretto in una situazione più grande di me, e non ho avuto il tempo per pensare ad una diversa soluzione. Mai avrei permesso che Salazar si fosse avvicinato ancora una volta, che riuscisse a salvarsi insieme a noi, ma soprattutto mai avrei permesso che le sue mani potessero far del male a colei che porta il nome della stella più luminosa del firmamento. Il destino l’ha riportata a me per caso, e non avrei voluto darle altro dolore, oltre a quello di scoprire che tutto quello che ha sempre pensato di suo padre è solo frutto della sua fantasia, e che lui in realtà non è altro che un sudicio pirata.
 
Mi tasto le tasche e trovo l’oggetto perfetto da lasciare avvolto nelle fasce insieme a lei, un quaderno, rubato su di una nave italiana. Non ha alcun valore per me il suo contenuto, mai mi sono preoccupato di scoprirlo, l’unica cosa che mi interessava era lo splendente rubino incastonato sulla copertina, ma posso farne a meno. La sua vendita le procurerà, al momento giusto, del denaro sufficiente per sopravvivere qualche tempo e cercare così un modo migliore per vivere. Davanti la porta dell’orfanotrofio ci penso un’ultima volta, chissà se i dubbi mi dilanieranno nel tempo, chissà se le nostre strade si incroceranno. Ora però non posso fare altro, ho idee e desideri ben precisi sulla mia vita e lei non potrà farne parte.
Trovo un punto perfetto sulle scale dell’orfanotrofio, e la sistemo lì sperando che facciano in fretta a portarla dentro. Poi, mentre estraggo il quaderno per posarlo, mi accorgo del decoro sulla copertina, della costellazione che vi è raffigurata. Così finalmente mi decido, lascio anche l’oggetto accanto a lei e mi chino, per un piccolo gesto d’affetto del quale io per primo mi stupisco. Un veloce bacio lasciatole sulla fronte, e solo due parole : “Addio, Carina.”
 
Le ultime forze rimaste le utilizzo per pensare a lei, per sentirmi sollevato perché almeno il mio sacrificio le avrà strappato via il padre che aveva finalmente trovato, ma le ha garantito la vita. Non so cosa penserà di me, avrei voluto scusarmi per averla involontariamente illusa, ma ringraziarla perché con il suo carattere testardo ci ha riuniti per qualche fugace momento. Ho abbandonato ciò che prima credevo un fardello, che poteva colmare i vuoti nella mia vita come nessun altro tipo di tesoro avrebbe potuto. Ma mi auguro almeno che l’aver condiviso questi piccoli momenti insieme possa averla fatta felice, come in fondo non avrei mai creduto di ammettere, ma ha fatto felice anche me. Buffa la vita di un pirata, un tesoro trovato di solito apparterrà sempre a chi lo trova, mentre io solo adesso mi rendo conto di non aver potuto tenere con me il più prezioso. E poi ho sempre pensato che le mie ultime parole o i miei ultimi pensieri li avrei rivolti ad una ciurma, al mare o insomma a ciò che ha sempre fatto parte della mia vita. E invece le ultime parole che rimbombano nella mia mente sono inevitabilmente per lei. “Perdonami, Carina.”


Note dell'autrice
Questa breve One Shot non ha pretese particolari, semplicemente personalmente mi è piaciuta la storia di Carina e Barbossa, che è un personaggio che ho sempre amato, e mi sono soffermata un po' a pensare a quello che non ci hanno raccontato del passato e ai pensieri del Capitano nei suoi ultimi istanti. Scritta tutta di getto solo per condividere come la penso io, le contraddizioni nei pensieri di lui e per immaginare un po' come potrebbe essere andata. Spero che possa piacervi, aspetto le vostre opinioni xx. 
 
  
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