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Autore: heather16    12/06/2017    0 recensioni
"Shu si vide nel grande corridoio della sua casa, totalmente vuoto, freddo e morto. Quello con la grande vetrata sul cielo, che di notte rifletteva in mille finestre la luna. E la vide legata, vide il suo cuore che spingeva da sotto il torace veloce, più veloce, più veloce. E lui, con un dito soltanto, a percorrere le curve del suo corpo mentre lei, povera sconosciuta, restava inerme a subire quel lento terribile preliminare..."
Genere: Erotico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Nuovo personaggio, Tsukiyama Shū
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Un piccolo giradischi diffondeva nella spaziosa mansarda dai soffitti di legno uno dei notturni di Chopin. Shu Tsukiyama sedeva su una poltrona di pelle gialla. Indossava un completo rosa, una camicia bianca. La luce del tramonto penetrava nella stanza; un raggio di sole colpiva una gabbia che disegnava righe scure sul tappeto bianco. Dentro uccelli dalle diverse specie si muovevano sui trespoli. Con un gesto delicato il gourmet allungò il braccio verso le sbarre sottili, sfiorando con l’indice il piumaggio di un canarino, che subito volò verso la parte opposta della gabbia. –Swallow, Swallow, little Swallow, will you not stay with me one night longer?1- sorrise, ascoltando il suono del cinguettio fondersi con quello dei violini.
La giornata era trascorsa nell’attesa. Tsukiyama era rilassato, sicuro. Quando il sole calò, e la mansarda si riempì lentamente di oscurità, si alzò dalla poltrona.
L’attenzione all’abbigliamento era da sempre per lui fondamentale. Era fermamente convinto che un abito potesse definire un carattere, una personalità, in quel caso uno stato d’animo. Scelse un completo viola, una camicia nera. Nell’occhiello sistemò un garofano rosso. Era sua ferma convinzione che una tale serie di contrasti fra colori potesse comunicare forza. Si osservò nello specchio compiacendosi; il suo corpo era atletico e snello, in un’armonia che rispettava proporzioni magistrali.
Andò personalmente ad aprire la porta. Akane indossava un abito rosso, che fasciava la sua vita sottile per poi cadere morbidamente sui fianchi. La giovane donna, pur non essendosi curata nei minimi dettagli, sprigionava un fascino inafferrabile. Reggeva una grande borsa. - È un piacere vederti ancora. Mi sono premurata di portare con me gli ingredienti necessari, che suppongo non possano essere presenti nella tua casa.-
-Della cena non ti devi preoccupare; la mia cuoca è perfettamente in grado di preparare tutto ciò che le chiederai.- Tsukiyama notò con piacere lo stupore negli occhi della ragazza, che subito però sorrise. –Bene, allora posso tranquillamente darle le mie disposizioni, Tsukiyama San.-
Il gourmet fece chiamare la cuoca: indossava una divisa nera. I capelli grigi erano fissati sul capo con un pettine d’osso. Sul viso teneva una lucida maschera bianca. –Misa, ascolta ciò che lei ti dirà e cucina questo cibo esattamente come lei vorrà.-
Il gourmet notò la scioltezza di Akane nel rivolgersi alla domestica, udì ancora un nuovo timbro gorgogliare nella sua gola. Quel giorno indossava una sottile collana in oro bianco: un diamante brillava fra le clavicole. Quando ebbe finito di parlare, la ragazza si voltò di nuovo verso di lui: -Hai una casa davvero bella.- Sembrava che la situazione per lei non avesse nulla di singolare. Soltanto un invito a cena.
-Tu scrivi, Tsukiyama San?- Shu si riscosse, guardandola negli occhi. –Come?-
Akane sospirò, concentrandosi su un punto impreciso del grande salone d’ingresso.
-Una creatura come te… Credo che con la tua personalità e la tua cultura tu possa essere un discreto scrittore.-
Creatura… Il gourmet scacciò il disagio che quell’espressione gli aveva fatto provare.
-Sì, talvolta scrivo; perlopiù poesie.-
-Mi piacerebbe leggerne qualcuna.-
-Forse più tardi.- Entrambi seppero che quella frase indicava un tempo che non ci sarebbe mai stato.
Si avviarono verso il piano superiore, percorrendo in silenzio la lunga scala. Shu provava un miscuglio di interesse e odio profondo verso quella giovane donna, che si faceva forte di un’insolita freddezza capace di renderla apparentemente apatica e incurante della propria vita. Raggiunsero il salotto. Un’immensa libreria ricopriva due delle pareti della stanza. Il gourmet osservò la ragazza senza parlare. In un angolo vicino ad una poltrona rossa c’era un piccolo stereo. Grandi casse nere addossate alle quattro pareti. Il valzer dell’Addio2 cominciò a vibrare fra le pagine dei libri, sotto i loro piedi, nell’aria della sera che filtrava da una finestra socchiusa.
-Sai ballare, Nishimura San?-
-Insegnami, Tsukiyama.-
Il gourmet tese la mano verso la ragazza e cominciarono a muoversi, Lei era meno incerta di quanto lui pensasse; dalla stoffa sottile Shu riusciva a percepire la sua schiena calda.
-Anche il nostro sarà un Addio, non è vero?- domandò lei ad un tratto.
Lui rimase in silenzio per qualche secondo. –Perché sei venuta?-
Sorrideva. –Per conoscerti.-
-E nient’altro?-
-Nient’altro.-
Per un istante Tsukiyama provò un brivido, fu avvolto da un’ombra di terrore assolutamente inspiegabile. Fu il timore di un istante. Respirò a fondo l’aria intrisa del suo profumo, continuando a muoversi sul morbido tappeto rosso. La annusò, e lei non se ne stupì affatto.
-Lo sai come finirà tutto questo.-
-Nulla è scritto; non credo nel destino, ma anzi negli imprevisti. Comunque vada, sarà una serata eccezionale.- La sua voce era dolce, serena.
-Se i signori si vogliono accomodare nella stanza da pranzo, la cena è servita.-
La sala era grande. Una luce soffusa, un’altra finestra aperta. Le tende biance oscillavano appena scosse dal vento. Sul grande tavolo, apparecchiato per due, c’erano cinque portate da una parte soltanto.
-Non pensavo di non mangiare nulla.- Osservò Akane, dimostrandosi stupita per la seconda volta.
-Siediti, Nishimura San.-
Shu sollevò una delle campane d’argento con cui erano coperti i piatti, osservando con ribrezzo  il trancio di salmone che vi era sopra.
-Avanti. Voglio sapere cosa ne pensi.- Lei sorrideva, sicura di sé.
Il gourmet tagliò con calma un boccone di pesce e lo portò alle labbra. Un gusto marcio, terribile per quelle papille di ghoul, invase la sua bocca. Deglutì a fatica, non prima però di essersi costretto a masticare più e più volte.
-Ritengo che per una buona cena sia necessaria della musica.-
Tsukiyama si alzò. Akane lo guardò avvicinarsi all’ennesimo giradischi. Shu ne aveva uno in ogni stanza della casa. Questa volta il Silenzio3 avvolse la sala. Lui rimase in piedi, bellissimo e delicato nella staticità del suo corpo perfetto. La brezza leggera riuscì a raggiungerlo, spostando appena una ciocca dei suoi capelli.
-Vedi Nishimura San, anche io ho una condizione.- Alzò lo sguardo verso la porta- Puoi portare il resto, Misa.-
La domestica rientrò con un carrello. Sopra altre cinque portate, anch’esse coperte da campane d’argento. Una volta disposti i piatti sul tavolo, la donna se ne andò. Akane si voltò ancora una volta stupita verso il gourmet, che seguitava ad evitare lo sguardo di lei.
-Tu mi hai detto che noi siamo sbagliati per la nostra incapacità di controllare la fame.- Tsukiyama si avvicinò al tavolo, camminando lentamente, ancora senza guardarla negli occhi. –Ma il tuo si potrebbe dire un giudizio incoerente; del resto ti capisco, la tua è l’ipocrisia che denota tutti gli esseri umani. Voi giudicate continuamente ciò che non segue una sorta di morale: e la morale umana non è altro che il rifiuto sistematico dei piaceri. Vedi Akane, io non mi curo dell’etica né tantomeno della società, tuttavia dovendo rifletterci potrei affermare che questo mondo è malato di ipocrisia. E quando parlate di noi questa piaga è ancora più evidente. Voi dite che siamo disumani, aggrappandovi ad una questione di istinti… Quando è proprio il rifiuto degli istinti l’atteggiamento più disumano dell’uomo.- Il gourmet aveva alzato la voce, e con essa lo sguardo. Vide il volto indecifrabile della ragazza, un misto di attenzione e curiosità. Spostò con le dita una ciocca di capelli violacei che gli era caduta sulla fronte, poi continuò con calma: -Io potrei benissimo affermare che uomini e ghoul sono diversi soltanto nell’alimentazione. Tuttavia c’è la possibilità, anzi la certezza, che tu mi dia ragione, e questa nostra opinione comune sarebbe profondamente irritante per me. Perché vedi, tu non hai una visione di pensiero così ampia come mi lasceresti credere con il tuo probabile parere. Come tutti gli altri, l’atto di cibarsi di uomini mi rende ai tuoi occhi un mostro, per quanto tu ti rifiuti di ammetterlo. Tu vuoi vedere come sono dentro, hai scoperto la mia identità per costringermi ad essere esattamente come ciò che sono. Anche tu devi metterti a nudo. E come tu conosci il mio essere ghoul, ora dimostrami che sei soltanto una creatura umana.-
Solo allora il gourmet la guardò negli occhi. Con la mano sinistra sollevo una della campane d’argento: un piccolo taglio di carne sulla porcellana bianca.
-Questo è un cuore umano, Akane.-
La ragazza abbandonò il suo sguardo sicuro; osservò, come se si trattasse di un esperimento da laboratorio, vene e arterie. Vide la cava superiore, riconobbe l’atrio destro e quello sinistro.
Il ghoul la osservava tremando, senza smettere di sorridere.
-Ecco la mia condizione: io mangerò ciò che hai fatto cucinare per me, mentre tu assaggerai ciò che per te io ho cacciato.-
Si spostò dietro alla sua sedia, avvicinandosi al suo orecchio, inspirando a lungo il suo profumo. La sua voce era un sussurro: -Mi rendo conto  che per te il cuore risulti un organo non troppo gustoso; i tuoi denti di certo troveranno troppo duro un muscolo del genere; tuttavia è forse ciò che in un corpo mi piace di più. Avanti, dimostrami chi sei, ammetti che non riesci a non vedermi come un mostro. Oppure mangia un tuo simile, e pensa ad ogni morso sul tuo palato, nella tua bocca, nelle viscere del tuo corpo, ricordando che stai divorando un altro essere umano.-
La ragazza deglutì, poi parlò. La sua voce era leggermente incrinata, ma ciò che disse stupì Shu per la prima volta quella sera: -Va bene. Mangerò.-
Le dita si strinsero intorno al coltello. La mano sinistra prese la forchetta. Ripensò a tonno e salmone, al vitello alla brace, al manzo kobe, ma vide davanti a sé, come un incubo di Poe, un cuore che le parve ancora pulsante. Poi tagliò. La carne era dura e filacciosa, prenderne un pezzo era complesso. Vi infilò la forchetta. Il sangue non evaporato per la scarsa cottura sporcò la porcellana bianca. Avvicinò le labbra al boccone. Tsukiyama la osservava, sconvolto lui stesso dalla mostruosità dell’atto e al contempo mortalmente eccitato.
Poi lei si fermò. La mano tremava, reggendo il cibo a mezz’aria. Lui sorrise. Aveva vinto. –Avanti Nishimura San, non mangi?- la sua voce era un soffio alle orecchie di lei, che lasciò cadere la forchetta. Il metallo sulla porcellana produsse un rumore che lacerò il silenzio, la musica sembrò sparire per lasciare il posto all’assenza di parole data dal terrore e l’eccitazione. Le labbra di Shu sfiorarono la guancia della ragazza. –Non hai paura?-
Afferrandola per le spalle la costrinse ad alzarsi e a voltarsi verso di lui, le cosce contro il bordo del tavolo.  Dietro di lei il macabro banchetto. –Sai, io e te siamo simili. Entrambi amiamo le persone; forse sono i modi ad essere diversi. Il culto della psiche, e quello del cibo. – Allungò il braccio alle spalle della ragazza, recuperò la forchetta caduta sul piatto e si infilò un pezzo di cuore in bocca. I suoi occhi si tinsero di rosso. – Cosa ne pensi se ora cenassi anch’io?-
Akane reagì. Portò le braccia al collo del gourmet, di nuovo apparve una scintilla nel suo sguardo, come quando per la prima volta lo aveva visto, un lampo che più che passione ora a Shu parve pazzia. –Assaggiami.-
Il respiro del ghoul venne troncato. Lo stava assecondando. L’ultimo, grande affronto di una giovane folle. La sua erezione ormai premeva sulla gamba di lei. Il sospiro di Akane era pesante. Stava aspettando.
Fu un attimo. Come se fosse una preda, Tsukiyama si avventò su di lei. Voleva un bacio, una sorta di addio oppure un modo di augurarsi “buon appetito”. Lei lo assecondò, e nella violenza del gesto Shu quasi non si accorse di ciò che la ragazza stava cercando di fare. La sentì insistere sul proprio labbro, tenendolo stretto fra i denti. Si staccò per un secondo, tenendo ancora la fronte premuta contro quella di lei, che intanto infilava le mani sotto la sua giacca. –Tu… stai cercando di mangiarmi?-
-In fondo non sarei ancora più ipocrita mangiando te?-
Tsukiyama rise, perché la sua carne era molto più resistente di quella umana e non poteva essere lacerata con un morso. Non aveva mai pensato all’impossibilità degli uomini di mangiare i ghoul; si trattava di una caccia a senso unico. Mentre spingeva la sua lingua più a fondo nella bocca di Akane, pensò che fosse davvero buffo che nessun ghoul si fosse mai preoccupato di essere mangiato da un uomo. Afferrò fra i denti il labbro della ragazza. Il suo sangue si mescolò alla saliva di entrambi. Si staccò nuovamente, guardandola negli occhi. Lei sorrideva, calma. Ancora quello scintillio malato negli occhi.
-L’idea di cibarti di un essere umano ti fa inorridire, eppure sei totalmente incurante del dolore e della morte. Tu raggiungi il sublime, Akane.-
Lei si sedette sul tavolo, spingendo indietro i piatti. –L’osservarti mentre agisci è qualcosa di sublime; direi quasi che vale una vita intera.- i denti di lui affondarono nella sua spalla. Una porzione di pelle fu strappata via. Il sangue, il dolore, non sembrava frenarla.
Tsukiyama era preso da un turbinìo di sensazioni. Da una parte c’era il bisogno, la brama di divorarla, di dilaniare la carne del suo ventre, deturpare il suo viso, strappare il diamante che pendeva dal collo e affondare i denti proprio lì, fra le clavicole, per cibarsi di quella poca pelle sulle ossa. E poi la confusione per la totale insensatezza di quella ragazza che faceva dell’emozione pura e dell’empatia la sua ragione di vita, e anzi un motivo sufficiente a rinunciarvi. L’ego già di per sé smisurato di Shu, ora era talmente potente da renderlo delirante e ubriaco di gloria e vanità. Lui non aveva ottenuto una preda, essa stessa si era sacrificata a lui soltanto per avere un assaggio della sua vera essenza. Quasi non se ne sentiva meritevole. Akane aveva un’ammirazione profonda per lui. Si poteva parlare di venerazione? Tsukiyama credeva di no. Se da una parte lei gli era quasi devota, dall’altra questa devozione era frutto di un freddo interesse. E in questo caso lui era soltanto uno studio, una pedina, una personalità da smembrare e conoscere, il che lo faceva sentire umiliato. Lei stava divorando la sua anima. Questo contrasto lo spingeva a provare per Akane un’emozione dove il disprezzo si mescolava al desiderio e all’ammirazione. La voleva, ma al contempo sapeva che non avrebbe tollerato il non averla più. Divorandola in quel momento, sdraiata su un tavolo e circondata da organi umani sotto campane d’argento, si sarebbe sentito momentaneamente appagato e liberato da qualcosa che generava in lui tanto scompiglio. Eppure il pensiero di non poter studiare e osservare quella giovane fredda folle lo frenava dal cibarsi di lei. E per questo lui la odiava.
La odiò, la odiò profondamente mentre lei gli sfilava la camicia, mentre lui sollevava il suo vestito fino all’ombelico. Non smise di odiarla nemmeno per un attimo, nemmeno quando in preda all’orgasmo strinse talmente forte il suo braccio da farlo sanguinare affondando le unghie nella carne.
Sfiancato si sdraiò per terra, sul tappeto rosso. il suo ventre si sollevava a intervalli regolari. Sentì che lei si stava alzando dal tavolo.
Akane lo guardò sorridendo. Sembrava soddisfatta. Lo raggiunse sul pavimento, sedendosi sul suo bacino. Quando parlò, la sua era la voce tranquilla e sicura che aveva quel giorno, mentre puntellava con una forchetta una torta al caffè. –Come ti dicevo Tsukiyama San, io non credo nel destino quanto piuttosto negli imprevisti. E questo è stato uno fra i più piacevoli.-
Shu non rispose, stanco ma soprattutto sconfitto. Non era riuscito a mangiarla.
-È stata una cena meravigliosa, Shu.-
-Potrei ancora mangiarti, non giocare.- Il gourmet si sentì stupido. Mentiva, e lei lo sapeva.
Perché, Shu lo sapeva, Akane aveva vinto.
La ragazza infatti sorrise:-Non lo farai. Sono troppo interessante. Il bello di te è che vuoi conoscermi tanto quanto io voglio conoscere te. Stai cercando di capirmi, di scoprire cosa ci sia sotto..- con la lingua, ancora sporca del suo stesso sangue, lei attraversò il tronco del ghoul, che ancora non riusciva a far svanire il rossore dai suoi occhi. Una striscia rossa divise a metà il basso ventre e l’addome. – E finchè non avrai trovato qualcosa che giustifichi me, non riuscirai mai a mangiarmi.-
 
 
1: citazione del Principe Felice, di O. Wilde
2: Op. 69 n. 1, Chopin
3:  “Il Silenzio”, Beethoven
  
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