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Autore: acchiappanuvole    13/06/2017    2 recensioni
Dalle gallerie asettiche percorse da gente a maree contrarie, il suono di una chitarra rimbalza sui muri scrostati, vortica nell'aria respirata mille e mille volte, si espande come un richiamo che Reira segue accompagnata sempre da quella infantile, folle, speranza che cancella le leggi divine, le riduce a incubi dai quali è possibile svegliarsi e ritrovare ciò che si credeva perduto.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nana Komatsui, Reira Serizawa, Satsuki Ichinose, Shinichi Okazaki, Takumi Ichinose
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Quando Naoki vede la porta di fronte a lui aprirsi lentamente le lancette dell’orologio segnano le una del mattino. Asami si affaccia, sembra sorpresa, i segni della mancanza di sonno le adombrano gli occhi.
“ Che ci fai qui?”
“Scusami per l’ora ma appena atterrato non ho potuto fare a meno di precipitarmi qui. Mi fai entrare?”
Asami  emette un sospiro rassegnato per poi scostarsi e lasciare che Naoki varchi l’ingresso dell’appartamento.
“Ti avviso che sta dormendo da un pezzo e non voglio la svegli, domani mattina deve andare a scuola.”
“Mi accontenterò di guardarla mentre dorme.”
“ Vuoi del tè?”
Naoki scuote leggermente il capo, Asami ne coglie tutta la stanchezza, il lungo viaggio certo, ma anche una cortina di pensieri che stranamente adombrano gli occhi di un uomo falsamente allegro.
Lo segue con lo sguardo mentre raggiunge il corridoio accostandosi alla porta color panna della camera di Momo-chan, la socchiude, l’interno è illuminato da una lampada azzurrina che funge da deterrente alla paura del buio. Avanza lentamente, si inginocchia accanto al letto, la bambina dorme profondamente stretta all’immancabile gatto di pelouche che Naoki le aveva portato nella sua ultima visita. Sorride l’ex batterista dei Trapnest, ama quella bambina nonostante le sue qualità paterne abbiano lasciato molto a desiderare. E’ facile capitare una volta ogni tanto, portare regali per colmare la pesantezza di un’assenza, e Momo-chan lo ha sempre accolto con il sorriso, un sorriso simile al suo. Quando crescerà quel sorriso resterà ancora?

Naoki odia gli ospedali, quella sospensione temporale, quell’odore di disinfettanti e malattia, quell’incrociarsi di gente a testa bassa, carrelli cigolanti, corridoi asettici e infiniti. In quel momento prova un vago senso di disagio, ha un mazzo di fiori in mano, fiori sgargianti, fiori che probabilmente non piaceranno a Reira. Quei colori sembrano fare a pugni con l’ambiente circostante, l’ultima volta che si era ritrovato a camminare con dei fiori in un ospedale era stato quell’orribile giorno di marzo. Come uno stupido era entrato nella camera mortuaria con dei lilium, Takumi lo aveva guardato con perplessità prima di lasciarlo solo a dare l’ultimo saluto a Ren. La stoffa bianca che copriva il viso di Ren era stata rimossa e Naoki si era sentito cedere, ma non aveva distolto lo sguardo. Non c’era più nulla da vedere. Non c’era più Ren. E forse lo aveva realizzato davvero solo in quel momento.
Quando Takumi era rientrato, Naoki stava ancora ritto e rigido come una statua di sale, i fiori lasciati a terra, le lacrime a tormentargli gli occhi. Takumi lo aveva affiancato, piegandosi poi su Ren per ricoprirne il volto. “Non dobbiamo permettere che lei lo veda.” E non era certo difficile comprendere si stesse riferendo a Reira. “Ne rimarrebbe scioccata.”
E Naoki aveva obbedito, glielo aveva impedito. Ma Reira ne era rimasta ugualmente sconvolta.
Raggiunge la stanza, Reira è seduta sul letto, lo sguardo perso oltre il vetro della finestra. Naoki sorride, sfodera la sua migliore positività.
“Buongiorno!” esclama avvicinandosi al letto.
“ Sta piovendo,” ribatte la ragazza, “dov’è Takumi?”
“Sarà qui a breve, intanto ci sono io a farti compagnia. Guarda che ti ho portato!”
Reira osserva i fiori, sorride, e indica un vaso posto  sopra uno sgangherato mobiletto, “mettili lì, grazie.”
“Come stai oggi? Hai mangiato?”
“ Takumi mi ha costretto. Detesto il cibo che danno qui.”
“Lo sai vero che non mi è vietato portarti qualcosa di più commestibile, cosa ti andrebbe?”
Reira alza le spalle, “ quelle patatine che mangiavamo spesso in quel pub a Carnaby. Erano favolose. Invidio Ren, ne starà mangiando a vagonate. Trovo che potrebbe almeno telefonarmi, da quando sono qui non si è mai fatto sentire. Tu sai qualcosa?”
Naoki deglutisce nervosamente, Reira è imbronciata e lui vorrebbe supplicarla di smetterla, smetterla con quella tortura, smettere di negare la realtà. Le fa pena e rabbia allo stesso tempo.
“Sta meglio, la riabilitazione richiede tempo lo sai.”
“Già. Devo essere comprensiva. “
“ Se continui a non mangiare però quando tornerà faticherà a riconoscerti, e ti troverà più vecchia.”
“Vecchia!?”
“ L’eccessiva magrezza accentua le rughe mia cara.”
“Sei orribile a dirmi simili cattiverie” la ragazza nasconde il viso sotto il lenzuolo come una bambina.
“State facendo già i capricci voi due?”
E’ un sollievo sentire quella voce, Naoki vorrebbe quasi abbracciare Yasu e dirgli grazie. Naoki non è mai stato bravo a dissimulare la propria emotività, a volte si sente in difetto rispetto alla prontezza di spirito di Takumi o Yasu, come se loro fossero molto più adulti e lui ancora il ragazzino che corre loro appresso.
“Naoki hai un aspetto orribile, stai male?” e senza aspettare risposta Yasu gli preme una mano sulla fronte sentenziando una febbre inesistente. “Faresti bene ad andare a riposare. Che succede se poi l’attacchi a Reira, come minimo Takumi ti ammazzerebbe.”
“Io…”
“Vai, rimango io con la principessa.”
Yasu gli sta proponendo una via di fuga, tutti i buoni propositi che Naoki aveva fatto, la capacità di sostenere l’instabilità di Reira sono svaniti non appena ha messo piede in quella stanza, e Yasu lo ha capito e gli sta indicando una ritirata dignitosa.
“Hai ragione” Naoki si volta verso Reira “scusami ma davvero non mi sento bene.”
Reira si scuote leggermente come se avesse compreso la presenza del ragazzo solo in quel momento, “e allora che fai ancora qui!? Fila!” la principessa dei Trapnest indica la porta e poi sorride, “rimane il pelatone con me, non preoccuparti.”
Naoki annuisce, saluta velocemente e scappa, scappa da quel luogo, da quell’odore di sofferenza, da ricordi che non vuole ricordare.  Quando finalmente raggiunge l’uscita trae un profondo respiro lasciando che l’aria gelida che odora di imminente neve scavi nei polmoni restituendoli ossigeno. Si incammina lungo la strada, il cappello calato per nascondere a fan e paparazzi la sua presenza, sorprendentemente la gente è troppo contrariata dal cattivo tempo per fare caso a lui. Pochi isolati e l’ingresso del Malik lo accoglie come un rifugio, non è solito bere da solo e perlopiù nel pomeriggio, ma questa volta andrà bene così. L’atmosfera è soffusa, ci sono poche persone, perlopiù uomini d’affari intenti a perdere lo sguardo nei loro tablet. Naoki si avvicina al bancone, ordina un bourbon, che a lui nemmeno piace ma trova che possa essere sufficientemente forte per non stare più a pensare.  A due sgabelli da lui qualcun altro sembra voler trovare rifugio in un liquido ambrato, una donna dal rossetto slavato e i capelli scomposti dall’umidità. Quando alza il braccio chiedendo un altro bicchiere, il barman scuote la testa con diniego.
“Guarda che ho intenzione di pagarlo!” sbotta la ragazza “credi non abbia i soldi!?”
“Credo abbia bevuto abbastanza signorina, questo è un luogo rispettabile e pertanto la invito ad andarsene.”
“Questo è un locale ed io sono una cliente, se non mi servi subito un altro bicchiere farò un bel discorsetto al tuo titolare e poi vedremo…”
“Non mi costringa a chiamare la sicurezza.”
“Ehi amico non c’è bisogno di chiamare nessuno, la signorina è con me.” Naoki si avvicina ai due in un gesto istintivo, nemmeno si era reso conto di aver parlato.
“Ma signore…”
“Sono un cliente abituale e garantisco io per la signorina.”
Il barman titubante si limita ad annuire senza particolare convinzione. Ed ora? Naoki sembra aver perso il suo selfcontrol.
“Guarda guarda ho un cavalier servente” la voce della ragazza è di chiaro scherno e solo in quel momento Naoki la riconosce.
“Yuri…”
“Il mio nome è Asami” distoglie lo sguardo, “allora mi versi da bere o no?”
“Perché sei qui non dovresti essere al lavoro?”
“Cos’è conosci l’agenda dei miei impegni!?”
“ No, non direi.”
“Sono qui perché voi uomini fate tutti schifo e volevo marinare nell’alcol quel poco di orgoglio che mi è rimasto.”
“Hai litigato con Nobu?”
E Asami gli rivolge un’occhiata offesa “e tu che ne sai di Nobu?”
Naoki alza le spalle “beh Yasu mi aveva accennato che state insieme…dalla sera della festa di compleanno di Reira se non sbaglio.”
“Quel Yasu è peggio di una pettegola di condominio.”
“In realtà ero stato io a fargli qualche domanda” ride impacciato, “quella sera avevamo bevuto qualcosa insieme ricordi? Poi sei sparita. Ci sono rimasto un po’ male.”
La bocca di Asami si chiude a cuoricino in un finto gesto compassionevole “oh poverino ci sei rimasto male, immagino volessi giocare con Yuri vero?!”
Ed effettivamente quando quella sera alla festa si era ritrovato davanti  Yuri Kosaka in seducente abito rosso il suo pensiero non era certo stato casto. Insomma quella era Yuri Kosaka! Una leggenda tra i maschietti.
“Mi dispiace che tu e Nobu abbiate litigato” ecco un altro tentativo di fuga.
“Non abbiamo litigato mi ha scaricato. Ora che la moglie di Takumi è in pianta stabile al dormitorio al piccolo Nobu non serve più un giocattolo come me.”
Il bourbon prende il condotto sbagliato e Naoki tossisce violentemente “Sta..stai dicendo che Hachiko tradisce Takumi!? Ma ma come? E poi è praticamente prossima al parto!”
Asami gli da due ben assestate pacche sulla schiena “ non è necessario ci sia un tradimento fisico, quello mentale basta e avanza. Nobu è innamorato di quella donna e a me non resta che farmene una ragione.”
“Questo è un bel problema.” Riflette Naoki, non si era mai soffermato a pensare che la corolla di candida purezza con la quale aveva rivestito Hachi nascondesse striature molto meno caste. Ma Naoki ha sempre faticato a riconoscere il difetto nelle vite altrui.
“Temi uno scandalo?” Asami ride fissando il fondo del bicchiere “tanto ormai siete alla frutta, il vostro istrionico chitarrista è morto, la punta di diamante fa la psicopatica in ospedale e Takumi si starà affannando nel tentativo di rimettere insieme i cocci. Non credo che un eventuale divorzio peserebbe su di lui più di quanto gli pesi tutta questa situazione.”
E’ puro veleno quello che esce dalla bocca di Asami, veleno del quale si pente un istante dopo quando il suo sguardo si sposta su di lui e l’espressione che vede è di una tristezza tale da farla sentire in colpa. Si era ritrovata a volerlo utilizzare come capro espiatorio, un bersaglio simbolico per punire Nobu, gli uomini in generale o forse, più semplicemente, punire solo se stessa.
Senza che il barman presti attenzione Asami si sporge sul bancone recuperando una bottiglia di vodka e un bicchiere pulito, lo pone davanti a Naoki e versa il liquido limpido come acqua innocente fino all’orlo. Dopodiché riempie il suo, accostandolo a quello del ragazzo.
“Quando la vita ti rigetta questo è il miglior sistema per riderle in faccia. Kampai!”


Era iniziato tutto da quel "kampai" esclamato con amarezza. Asami aveva fretta di togliersi l’odore di Nobu di dosso,  voleva illudersi di poterlo cancellare come si cancella una macchia da un vestito ignorando quanto indelebile potesse essere. Anche Naoki voleva cancellare qualcosa, l’incertezza del futuro, il buio pesante e il vuoto lacerante che lascia un lutto, la convinzione totale che nulla può più essere come prima e che quella voragine all’altezza dello stomaco non se ne andrà mai. Ubriachi di alcol e tristezza avevano finito col fare sesso nel bagno del locale, rapidi e incoscienti come due ragazzini. Doveva fermarsi tutto lì, evaporare nell’alcol, il patetico epilogo di una giornata patetica. Invece era andata avanti, occasionalmente, alle ore più stupide, nei momenti più inopportuni. Quando la vita degli altri li soffocava nei rimpianti, Asami componeva il numero, bastavano un “dove sei?” e un “arrivo” e quel che doveva succedere succedeva. Vivere a Tokyo era diventato impossibile per lei, ricordi, volti, tutto insopportabile. Aveva lasciato il lavoro, dimissioni che le erano costate un sacco di soldi e biasimo, il primo tentativo di chiudere Yuri Kosaka dentro un baule e non farla mai più uscire. Aveva cambiato pettinatura, gettato i vestiti del passato e indossato gli anonimi panni del futuro. Un appartamento vicino Kyoto, senza televisione, senza agganci con il prossimo, di giorno sentiva di poter rimettere tutti i pezzi della sua vita insieme e di notte di ritrovava a piangere come un’adolescente, nell’ombra della stanza componeva il numero di telefono solo per sentire quella stupida frase “pensione Terashima buonasera” e poi riattaccare. Tre anni passati così, lavorando in una piccola profumeria, spruzzando profumi dolciastri su donne di mezza età, consigliando il makeup più adeguato sempre con la segreta paura di venire riconosciuta.
E Naoki sulla porta in un giorno come tanti, i capelli chiari ma non più di quel biondo vistoso, occhiali grigi a schermargli occhi bisognosi di attenzione. Erano passati diversi mesi dall’ultima volta, erano successe tante cose che Naoki teneva sulla lingua e che Asami non voleva ascoltare. L’aveva fatto entrare in quel piccolo appartamento, aveva messo a bollire l’acqua e l’aveva baciato, una, due, più volte. “Non parlare non voglio sapere” gli aveva sussurrato, “non voglio sapere nulla.”  E Naoki aveva annuito, non aveva parlato, si era limitato a ricambiare quelle attenzioni, se l’era stretta contro e lei l’aveva guidato verso il futon “sono finiti i tempi dei letti alla francese” aveva detto facendo ridere Naoki contro le sue labbra. Quella sera l’avevano fatto in modo diverso, come due fidanzati di vecchia data colmi di nostalgia l’uno dell’altra, e Asami se lo chiede ancora se nel suo inconscio non avesse premeditato tutto, non avesse desiderato una svolta immodificabile. I preservativi erano rimasti chiusi nel cassetto e la pillola anticoncezionale era ormai stata archiviata da un paio di mesi. Era sempre stata una donna pratica, attenta, aveva sempre vissuto l’amore con la frivolezza di una ragazzina, la possibilità di una famiglia non era mai stata tangibile, come un sogno lontano e fumoso. Ma quella notte era stato diverso, gli occhi di Naoki, così diversi da quelli di Nobu, erano stati un mare calmo e malinconico al quale aveva sentito di potersi abbandonare, non importava dove quella corrente placida l’avrebbe portata, non importava se poche ore dopo se ne sarebbe pentita, in quel momento non importava niente.

“Non sei passato alla festa?”
“A quest’ora sarà probabilmente finita, andrò a trovare Satsuki domani. Tenevo di più a venire qui e vedervi.”
Asami annuisce distratta, “ è molto brava a scuola, le insegnanti le hanno fatto molti complimenti, dicono che pur essendo esuberante è educata e partecipativa.”
“Parli di Momo?”
Asami sbuffa “ e di chi altri?!”
Naoki solleva le spalle “stavamo parlando di Satsuki per questo ho creduto che…”
“ Tieni più alla figlia di Takumi che alla tua?”
Naoki sbuffa contrariato “non dire idiozie, Momo è la cosa più importante per me.”
“Già, visto il tempo che passi a Londra a fare da balia a tutti i derelitti della tua vita mi pare davvero evidente quanto tu tenga  a Momo.” È in collera Asami, ha alzato la voce senza volerlo. “Scusami” dice infine rifugiando le labbra nella tazza di tè.
“Asami ascolta…”
Ma lei lo interrompe alzando una mano “so quello che stai per dire, ti ho sempre detto che non avevi obblighi nei miei riguardi e non ho intenzione di rimangiarmelo.”
Quando i loro occhi si incontrano Asami è sorpresa di vedere rabbia agitarsi in quelli di Naoki, tiene le mani serrate a pugno sul tavolo e la scruta come a volerle consultare l’anima.
“Mi domando se hai letto la lettera che ti ho scritto o l’hai archiviata come hai fatto con le altre. Dato che non rispondi mai alle miei chiamate o alle mail sono talmente naive da credere che almeno un pezzo di carta trovato distrattamente nella cassetta della posta ti venga la curiosità di leggerlo.”
“L’ho letta.” Conferma Asami stringendo più forte la tazza.
“ Quando ti proposi di sposarmi dicesti che ci dovevi pensare. Quando ti chiesi di venire via con me anche allora mi dicesti che dovevi pensarci e io ho rispettato ogni volta ogni tuo tentativo di fuga.”
Asami si agita nervosa “non sono mai fuggita.” E Naoki sorride amaramente.
“ Sei fuggita ogni volta, Asami. Non potevo certo obbligarti ad amarmi ma pensavo che col tempo avresti voluto provare a ritenerci una famiglia.”
“Adesso sarebbe solo colpa mia? Avessi voluto starci davvero vicino non te ne saresti andato oltreoceano a cercare quella donna, a prenderti cura di persone che non dovrebbero essere nessuno in confronto a tua figlia.”
Naoki annuisce “io non sono esente da colpe e lo riconosco, ma ammetti che non mi hai mai veramente voluto nella tua vita, non hai mai voluto mi prendessi cura di te.”
Asami si alza, lo scatto rapido fa quasi cadere la sedia “ e perché avresti dovuto!? Non voglio essere l’obbligo di nessuno io!”
Anche Naoki si alza, la fronteggia ed è la prima volta “ti è mai venuto il sospetto che io ti ami, Asami?”
“Oh certo, questa è la miglior uscita che potevi fare.”
Ma Naoki non arretra “ tu lo hai sempre saputo ed è questo che ti ha fatto paura.”
“Andavamo a letto insieme non c’era altro, pensi davvero che potrei credere ad una simile sparata? A distanza di quanti anni poi!”
“C’era molto altro altrimenti non avremmo concepito Momochan, pensi davvero che fossi così idiota da non rendermene conto? Lo abbiamo voluto insieme, te lo avrò scritto un’infinità di volte.”
“Abbassa la voce Momo potrebbe sentire.”
“Dimmi qual è la verità. E ancora per via di Terashima, sul serio?”
“Non voglio fare questa conversazione, sono stanca e ho voglia di dormire, Momo domani ha scuola e tu te ne devi andare in albergo.” Muove qualche passo ma Naoki non sembra intenzionato a lasciarla andare.
“Rispondimi. Sono stanco di assecondare gli egoismi del prossimo, il mio incluso, perciò stavolta non ti lascerò fuggire, non lascerò cadere la cosa per l’ennesima volta.”
“ E cosa vuoi che ti dica!”
“La verità. E’ per Nobu?”
Asami piange, si sente stanca, stanca di fingere e le braccia di Naoki si avvicinano ma lei le allontana.
“Per Nobu ma non nel senso che credi.”
“ E per cosa?” la voce di Naoki è più dolce ora e questo la innervosisce maggiormente.
“Siete tutti così bravi con le vostre belle parole le vostre buone intenzioni a priori e poi…”
“Poi?”
“Desideravo Momo, la volevo davvero. Volevo…”
“Una famiglia?”
“ Forse volevo solo sapere cosa si prova, sapere che avrei potuto essere migliore di quel che ero,” arretra di qualche passo “mi riscoprivo ad aspettare che tu chiamassi, a chiedermi quando ti avrei rivisto davanti a quella maledetta porta, sapere che saresti venuto per me, anche solo per poche ore.”
“ E perché tutte le volte mi cacciavi?”
Si morde le labbra Asami, la diga contenitiva delle sue emozioni si sfalda in un lamento “ dovevo farlo io prima di rischiare lo facessi tu!”
“Asami”
“Non commiserarmi! Tutto ma non commiserarmi! Capisci non avrei accettato di essere messa alla porta un’altra volta, di essere abbandonata di nuovo… non potevo rischiare. Non l’avrei retto. La cosa più importante era occuparmi di Momo, non farle conoscere la vigliaccheria degli uomini, insegnarle che possiamo bastare a noi stesse.”
Piange Asami, piange come non era mia riuscita a fare prima, si sente debole, libera e miserabile insieme. Naoki l’abbraccia, la stringe tanto che Asami quasi non trova respiro.
“Sei una stupida” dice pieno di rabbia e malinconia “lo siamo tutti e due. Ma non mi farò scacciare stavolta, ti sia chiaro!” e Asami si abbandona, a l’odore di Naoki, quell’odore che sa di miglia aeree e di pensieri mai espressi, di lontananze e ingenuità. Ha sempre preferito considerarlo come un ripiego Asami piuttosto di considerare di avere bisogno di lui, aver bisogno di volergli bene.
“Mà…” la voce assonnata fa eco nel corridoio e Momochan è lì in piedi davanti a loro, sbatte le palpebre come a volersi accertare di essere sveglia o di stare ancora dormendo. Due passi timidi prima di correre verso i suoi genitori e abbracciarli entrambi. Papà ora è tornato, è con mamma. Non ci può essere sogno più bello.


Note: dopo tempo immemore riprendo questa fan fiction, l’avevo trascurata perché l’ispirazione non tornava e non volevo forzarmi a scrivere senza sentimento. Adesso Nana è tornata a far breccia nel mio cuore ed io voglio porre fine a “Commemorative Stone”. Avevo lasciato Satsuki ad un compleanno non troppo felice, ma prima di riprendere il filo principale ci tenevo a risolvere alcune situazioni di personaggi più marginali, e questi due mi stavano particolarmente a cuore. Certo non è un happy ending ma mi piace considerare quello tra Naoki e Asami un tentativo di “happy beginning”.
Ringrazio Placebo che non si è dimenticata di questa storia e spero perdonerà questa mia assenza dal fandom di Nana.

  
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