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Autore: mrs konstantyn    13/06/2017    2 recensioni
«Spero che mi perdonerai.- Sospirò, abbastanza abbattuto, mettendo su un broncio mogio degno di un cane bastonato. -Insomma, non l'ho fatto a posta!»
Dopo questa esclamazione, la reazione dell'orientale divenne molto più semplice da interpretare: alzò gli occhi al cielo, per poi abbassarli rapidamente verso le proprie mani. Oltre questo, però, l'espressione del suo viso rimase immutata, quindi il fidanzato non comprese cosa volesse comunicargli.
Tuttavia, ad un osservatore esterno, magari di quelli con l'occhio attento, sarebbe bastata quella breve ma eloquente replica, per intuire che il corvino non era affatto d'accordo con Alfred. D'altronde, oltre all'esuberante americano, chi mai avrebbe ritenuto che un'azione come baciare qualcuno con cui si ha una relazione, intesa di comune accordo a rimanere riservata, di fronte ad una stanza piena di conoscenti fosse possibile da compiere involontariamente?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Giappone/Kiku Honda
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nell'automobile di America, che stava percorrendo una trafficata strada di città, allora illuminata dai lampioni, quella sera regnava un silenzio inusuale, e piuttosto preoccupante. La nazione più giovane picchiettava con le dita sul volante, ripetutamente, ad un ritmo improvvisato sul momento, mentre cercava di pensare ad un modo per sciogliere la tensione palpabile.
«Sei arrabbiato?» Ruppe improvvisamente la quiete all'interno dell'abitacolo, con una domanda quasi retorica, data l'ovvietà della sua risposta. Alfred tentò di celare quella sua punta di nervosismo con un sorriso fintamente allegro, lanciando una rapida occhiata al fidanzato, seduto sul sedile del passeggero, per cercare di intuire il suo attuale umore.
Giappone, dal canto suo, non lasciava trasparire alcuna emozione. Con le mani poggiate sulle ginocchia e la schiena dritta, ostentava la postura rigida ed elegantemente inflessibile che lo contraddistingueva. Udendo quelle parole da parte dell'altro, produsse un lieve sospiro, forse di fastidio, ma più probabilmente di rassegnazione. «Non sono arrabbiato.» Quella frase scaturì, nell'americano, l'effetto contrario a quello sperato da colui che la pronunciò. Seppure Kiku avesse detto quelle parole per tranquillizzare l'altro, il loro unico risultato fu allarmarlo maggiormente. Era ormai avvezzo alla propensione di Giappone per nascondere il suo stato d'animo, tuttavia, decidere come comportarsi nei suoi confronti, a seconda di una determinata situazione, rimaneva un'opera estremamente complicata da compiere.
Alfred si sporse leggermente verso di lui, alternando uno sguardo rivolto al compagno, ad uno verso la strada. «Spero che mi perdonerai.- Sospirò, abbastanza abbattuto, mettendo su un broncio mogio degno di un cane bastonato. -Insomma, non l'ho fatto apposta!»
Dopo questa esclamazione, la reazione dell'orientale divenne molto più semplice da interpretare: alzò gli occhi al cielo, per poi abbassarli rapidamente verso le proprie mani. Oltre questo, però, l'espressione del suo viso rimase immutata, quindi il fidanzato non comprese cosa volesse comunicargli.
Tuttavia, ad un osservatore esterno, magari di quelli con l'occhio attento, sarebbe bastata quella breve ma eloquente replica, per intuire che il corvino non era affatto d'accordo con Alfred. D'altronde, oltre all'esuberante americano, chi mai avrebbe ritenuto che un'azione come baciare qualcuno con cui si ha una relazione, intesa di comune accordo a rimanere riservata, di fronte ad una stanza piena di conoscenti fosse possibile da compiere involontariamente?
Purtroppo, America non aveva riflettuto su quanto il comportarsi similmente a come aveva fatto quel giorno avrebbe fatto sentire Giappone a disagio. Aveva agito d'istinto, senza riflettere, come solitamente succedeva: aveva visto l'altro alzarsi dalla sua sedia, quindi lo aveva raggiunto dall'altra parte del tavolo, ed al saluto che egli gli aveva rivolto, aveva risposto con un affettuoso bacio a stampo, casto, ma sufficientemente duraturo perché tutti se ne accorgessero. L'impulso, che normalmente reprimeva fino a quando non gli era concesso di rimanere solo con il giapponese, era stato, chissà per quale motivo, assolutamente impossibile da reprimere. Riflettendoci a distanza di ore, mentre parcheggiava la macchina nel vialetto di casa propria, ammise a sé stesso che, forse, dare ascolto a quello stimolo non era stata una buona idea.
Appena tirato il freno a mano, scese immediatamente dalla vettura, e fece di corsa il giro dell'automobile per aprire lo sportello di Kiku prima che lui lo facesse da solo. Al sussulto del compagno dinnanzi a quello spicco di galanteria inaspettato, Alfred rispose con un tenero sorriso. Il biondo era deciso a recuperare punti con il fidanzato, attraverso piccole premure simili a quella. Il primo mormorò un ringraziamento per la gentilezza dell'altro, scendendo dall'auto con lo sguardo perennemente basso, mentre quest'ultimo gongolava per il primo successo con cui il suo piano era iniziato.
Trascorsero meno di cinque minuti, necessari alla coppia per entrare nella casa di America, togliersi scarpe e giacche, e finalmente raggiungere il soggiorno, che il padrone di casa azzardò la sua seconda mossa.
Appena Giappone si sedette sul divano, lasciandosi sfuggire un afflato rilassato, appoggiandosi al morbido schienale e socchiudendo gli occhi con l'intento di riposarli, la nazione occidentale lo imitò, con l'unica differenza che egli non si limitò a distendersi. Infatti, avvolse un braccio attorno alle spalle del moro, il quale, non appena si accorse di quel gesto, sobbalzò, colto all'improvviso. Rivolse uno sguardo interrogativo all'americano, che, per tutta risposta, strinse a sé il suo corpo, intanto che gli accarezzava la spalla con la mano libera.
«Non ti piace che ti baci?» Domandò, l'espressione tenera, ed al contempo afflitta, assunta poco prima, improvvisamente ritornata. Il tono con cui pronunciò quel quesito, un'insolita miscela di tristezza e giocosità, mandò in confusione Kiku. Nonostante fosse assolutamente contrario alle manifestazioni di affetto pubbliche -da lui ritenute un'ostentazione di qualcosa che avrebbe dovuto rappresentare l'intimità di una coppia-, le quali sembravano piacere molto all'altro, non avrebbe mai potuto negare quanto, nel profondo, amasse i baci, le carezze e tutte le attenzioni che Alfred gli dedicava. Il suo pudore stava combattendo con qualcosa di più profondo, radicato all'interno del suo petto, impedendogli di trovare una replica definitiva, qualcosa che permettesse alla sua timidezza di coesistere con sentimenti ben più passionali, costringendolo a balbettare nel tentativo di rispondere.
Di fronte a quella reazione, ai suoi occhi irresistibilmente adorabile, Alfred si convinse di aver trovato la risoluzione per metter fine alla faccenda. Aveva capito esattamente di cosa aveva bisogno il partner.
In uno scatto, così rapido che Giappone -ancora alle prese con il suo dibattito interiore- a malapena se ne accorse, prese quest'ultimo in braccio, sollevandolo per la vita e facendogli appoggiare il petto sulla sua spalla. L'orientale produsse un gridolino di sorpresa, simile ad un breve squittio, e si affrettò ad aggrapparsi alla maglia di Alfred. Il biondo americano produsse una risata entusiasta, ma non per questo prova di dolcezza. «Emergency bed time!»
Come annunciato, il giovane partì a passo spedito verso la sua camera da letto. Nonostante Kiku combatté per un po' con l'altro, dimenandosi e cercando di farlo desistere con le parole, si arrese al suo destino, non esattamente spiacevole, appena lo comprese. Questo fu finalmente evidente anche ad Alfred, quando il giapponese non si ribellò minimamente a nessuna delle dolcezze o provocazioni in cui si dilettò il fidanzato, accettandole di buon grado.
Incredibilmente, America aveva avuto ragione.

   
 
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