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Autore: Ardesis    13/06/2017    15 recensioni
E se una piccola deviazione di percorso avesse compromesso l’intera vicenda?
Genere: Erotico, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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-Le puttane migliori di Parigi!-

Gridava ai passanti un uomo massiccio e senza collo, che masticava tabacco sull'uscio di un bordello.

André tirò le redini e sollevò gli occhi sulla facciata di quel grigio edificio di pietra, brutto e tozzo come l’uomo sulla soglia. Vide una schiera di prostitute di ogni età e di ogni aspetto che si protendevano dai davanzali delle finestre per fargli piovere addosso un coro di grottesche e spudorate lusinghe. Si chiese se quelle ragazze allestissero la stessa vivace accoglienza per ogni potenziale cliente che si avvicinava o se fosse un privilegio riservato a chi, come lui, sembrava essere benestante.

-Ho solo uno scudo con me.-

Si giustificò a bassa voce con l'uomo sulla porta. Il tenutario lo guardò con un sorriso divertito e André si rese conto di aver risposto ad una domanda che nessuno gli aveva fatto. Deglutì e abbassò gli occhi imbarazzato.

-Per mezzo scudo ti faccio tutto quello che vuoi, bel giovane.-

Una donna alta e mora si concretizzò sulla porta scoprendosi i seni con la disinvoltura di un bottegaio che mostra la propria merce ai passanti. Quell’offerta sfacciata fece rimescolare le viscere di André. Ne fu disgustato e attratto al medesimo tempo, ma si ostinò a far prevalere il senso del pudore e distolse gli occhi. Il pericoloso languore che gli era nato nello stomaco, tuttavia, non se ne andò. E non se ne andò neanche lui. Rimase pietrificato, lungi dai suoi pensieri l’idea di colpire il ventre del cavallo con gli speroni per farsi portare via.

La coscienza protestava, la ragione era indignata, ma uno sbuffo di vento profumato di cannella le fece tacere entrambe. La brezza abbracciò André da dietro e lo sospinse con dolce insistenza verso la porta del bordello.

Cedette come se non avesse avuto alternative. In silenzio smontò da cavallo e legò le redini ad un anello di ferro accanto all'ingresso. 

Il tenutario, che aveva seguito con un sorriso sghembo e occhi maliziosi l’evolversi della sua indecisione, gli fece un cenno con la testa e sparì all’interno dall’edificio attraverso delle leggere tende color lavanda. André lo seguì, con le mani dietro la schiena e lo stomaco ingarbugliato. Quando superò la soglia, si trovò immerso nella foschia fuligginosa di numerose candele e nell’odore pungente di un miscuglio di fragranze speziate. L’atrio traboccava di cianfrusaglie di ispirazione esotica ammassate tra pesanti tende logore e colorate tappezzerie d’ogni foggia. Si guardò intorno incuriosito. Non aveva mai provato ad immaginare come potesse essere l’interno di un bordello, ma di sicuro non si sarebbe mai aspettato che assomigliasse al polveroso retrobottega di un negozio di oggetti antichi. Ogni cosa sprigionava un fascino arcaico e dissoluto.

-Le mie ragazze soddisfano qualsiasi desiderio dei clienti.- 

Spiegò il tenutario con sguardo fiero, fermandosi sotto un lume appeso alla parete.

-Quali sono le tue richieste?-

Chiese con gentilezza artificiosa, posando una mano grassoccia sulla spalla di André. Il ragazzo avvampò e scoprì di non aver parole per descrivere ciò che il corpo chiedeva. Tacque, ma il suo silenzio fu eloquente. Il tenutario annuì come se avesse ricevuto un’istruzione precisa, si schiarì la voce e chiamò un nome. 

-Cerise!-

Da una porta laterale si affacciò una ragazza bassa e snella, che indossava un vestito arancione di stoffa lucente e un sorriso di una dolcezza che sembrava in tutto e per tutto genuina. La sua pelle aveva una curiosa tonalità ambrata, una tinta di incarnato che André non aveva mai visto in vita sua. Ne fu ammaliato.

Lei, più che osservarlo, lo misurò con gli occhi da testa a piedi, poi gli fece un cenno e lo condusse con sé al piano di sopra. Salite le scale, si ritrovarono in un corridoio lungo e stretto, dove alcune prostitute sfaccendate, appoggiate agli stipiti di una serie di porte, si stavano sventagliando pigramente.

-Sei bello. Tutte ti vogliono.-

Gli spiegò la ragazza, rivelando un forte accento straniero, mentre si aggrappava con entrambe le mani al suo braccio, gelosa e orgogliosa del suo nuovo cliente. Ma se per lei quella breve sfilata tra due ali di spettatrici semi svestite sembrò essere una marcia di trionfo o forse di rivalsa, per lui fu una tortura. E il sollievo fu breve anche quando si infilarono finalmente in una porta aperta. La stanza che li accolse era piccola, male illuminata e decisamente troppo sobria. Un ambiente che non aveva proprio nulla a che vedere con l’opulenza barocca dell’atrio. Gli unici mobili erano un letto senza cuscini né coperte e una cassettiera tarlata.

-Niente moglie?-

Gli domandò lei con una risatina, mentre chiudeva la porta. André scosse la testa e si sedette sul materasso, guardandosi intorno senza vedere niente. Era terrorizzato come un coniglio nella tana della volpe, non poteva nasconderlo né a quella donna né a se stesso. Le ginocchia tremavano, la fronte era calda e sudata, la gola arida. Doveva andar via, si ripeteva, e mentre aspettava di trovare la forza di alzarsi e disertare, si sfilò con furia la giacca e si allentò il bavero per far entrare più aria nel petto.

Lei intanto non aveva perso di vista neanche un suo battito di ciglia. Lo aveva osservato con gli occhi stretti e la piccola bocca rossa arricciata, poi, tratte le sue conclusioni, era svolazzata verso il mobile con i cassetti e gli aveva chiesto candida:

-Vergine?-

André serrò le mascelle e avvertì un capogiro. Non provò nemmeno a negare.

-Sono brava insegnante.-

Dichiarò lei con voce lieve, estraendo una boccetta d’olio profumato da un cassetto e spalmandosene una goccia sul collo.

-Per aiutarti.-

Spiegò indulgente.

André deglutì a vuoto. Sentiva di apparire ridicolo, seduto con le mani sulle ginocchia come uno scolaretto impacciato, fin troppo consapevole del rossore diffuso sul proprio viso e dell’espressione smarrita dei propri occhi. Non aveva la minima idea di come si sarebbe dovuto comportare, di cosa lei si aspettasse da lui. Sperò solo che la vergogna durasse poco e che la disinvoltura della ragazza in qualche modo lo contagiasse.

Non avvenne. Le sue tempie cominciarono a pulsare allo stesso ritmo frenetico del cuore, quando lei si sfilò il vestito. La sensazione fu quella di precipitare in un infinito burrone.

L’ansia gli aveva gradualmente compromesso tutti e cinque i sensi e lo faceva sentire sul punto di perderli da un momento all’altro. Forse non sarebbe stato del tutto scomodo svenire, pensò quando la ragazza cominciò ad avvicinarsi con quel suo incedere leggerissimo. Guardò la porta e poi lei. Andarsene o restare, di cosa si sarebbe maggiormente pentito?

Non aveva più importanza, perché in un attimo lei era già seduta sulle sue ginocchia. Lasciò che quelle piccole mani esperte si arrampicassero senza timore sui suoi vestiti, spostando stoffa, sfilando bottoni e slacciando stringhe. In breve tempo il sapore salato dei suoi baci riuscì a placarlo, la piacevolezza delle profonde carezze trascinò via la sua mente come una barca sospinta al largo dalla corrente. 

Ad un tratto spalancò gli occhi, che non ricordava nemmeno di avere chiuso, e si ritrovò nudo, disteso di schiena sopra quel letto duro, prigioniero di due cosce soffici e sconosciute. Era decisamente troppo tardi. Si arrese.

 

 

Cerise mantenne la promessa e si rivelò, effettivamente, una brava insegnante. Lo guidò su di sé, dentro di sé, con pazienza e tenerezza.

André oscillò per lunghi minuti tra il pentimento e la soddisfazione e, mentre si lasciava scuotere da quel terremoto di emozioni contrastanti, avvertì distintamente una parte molto profonda di sé che si spezzava. I residui dell’ingenuità dell’infanzia si sgretolarono, si staccarono dal suo corpo come ciottoli da un crinale roccioso e rotolarono via. Se ne rese conto in un guizzo di lucidità. “Ora sono un uomo?” Si chiese. “È questo il rito d’iniziazione all’età adulta?”

Subito dopo aver raggiunto l’estasi, capì con una sfumatura di amarezza, che qualcosa in lui era cambiato, sì, ma soltanto in superficie. Se ne accorse quando, al culmine del piacere, un nome, un nome preciso, gli esplose tra le labbra, restituendogli bruscamente il dolore da cui aveva tentato di sottrarsi.

Crollò sul materasso col volto inondato di lacrime e rimase immobile e in silenzio, finché la ragazza non gli porse i vestiti, dicendogli che sarebbe potuto tornare quando voleva.

   
 
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