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Autore: FairLady    14/06/2017    0 recensioni
Una persona può cambiare totalmente per un'altra? Può annullarsi per un'altra?
Questa è la storia di Mark e Marta, gentilmente concessomi da Ohra_W, e del percorso che, in qualche anno, li porterà a capire cosa realmente vogliono e di cosa hanno veramente bisogno.
Dal primo capitolo:
"E, a un tratto, quella donna si era trasformata nella sua ossessione personale. Era possibile che fossero stati sufficienti cinque minuti, in cui, per altro, non era successo assolutamente nulla di anche solo lontanamente rilevante, per farlo impazzire? "
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mark Owen, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo
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Era passata una manciata di giorni da quel loro ultimo incontro a casa di Marta; in quella di Mark, di casa, regnava un silenzio tombale, alternato di tanto in tanto da qualche sfuriata tra lui ed Emma. Ormai il capitolo scappatelle e figure di merda con la stampa di mezzo mondo andava esaurendosi e la signora Owen – o quello che ne restava – non aveva più insulti nuovi da sfornare, per cui si attaccava anche alla più piccola delle piccolezze.
Mark era sfinito, così come lei, ma riusciva a restare lucido a sufficienza da non perdere totalmente il senno grazie al pensiero che di lì ad un paio di giorni sarebbe ripartito con i ragazzi per proseguire il tour.
Tutto negli ultimi tempi era andato male – ché dire male era la barzelletta del secolo. Tra liti furiose, minacce di divorzio e riabilitazione, non si erano fatti mancare proprio niente. Nonostante questo – e il peggio che lo aspettava proprio dietro l’angolo –, il suo chiodo fisso restava Marta.
Da quando si erano rivisti pochi giorni prima, da quando si era reso conto di quanto anche lei si sentisse vuota senza di lui – da quando gli aveva detto che lo amava ancora, che lo aveva amato sempre nonostante i… nonostante – sentiva che quelle poche ragioni a cui ancora si aggrappava per cercare di tenere in piedi il suo matrimonio andavano sempre più sbiadendo. Guardava Emma e ciò che riusciva a vedere era solo la madre dei suoi figli, non più l’amore della sua vita, la metà del suo cielo – e si rese conto che, con tutta probabilità, non lo era mai stata veramente. Non c’erano dubbi che lui fosse stato un pessimo marito per lei; di certo si sarebbe meritata di più, sin dall’inizio, ma se paragonava il sentimento – il trasporto, la devozione, l’annullamento, il dolore, la passione – che nutriva per Marta a ciò che avesse mai provato per Emma sin dall’inizio della loro relazione, poteva capire con facilità cosa ci fosse di sbagliato tra loro: mancava l’amore – quello vero.
«Owen! Owen! Mi stai ascoltando!?»
Ormai quella era una delle frasi più gettonate. Lui perso nei suoi pensieri, lei imperterrita oratrice – o urlatrice – piena di domande, discorsi e congetture. «Mi domando cosa diavolo parlo a fare se è chiaro che non ti interessa minimamente quello che sto dicendo! Ti rendi conto che ti sto parlando di noi e del nostro matrimonio? Te ne importa un accidenti di qualcosa della donna che hai portato all’altare o no?»
«Em, certo che me ne importa… ho sbagliato e sono un cazzone, te l’ho detto e mi sono scusato una cosa come un miliardo di volte. Continuare a inveirmi addosso non migliorerà la situazione!»
Non ce la faceva più! Doveva uscire di lì più veloce della luce. «Ho bisogno di una boccata d’aria». Stava ancora parlando che già era uscito, sbattendo la porta senza volerlo fare, lasciandola ancora da sola. E sapendo già dove sarebbe andato.
 
***
 
Londra era straordinariamente calda per il periodo, o forse erano gli sguardi che sentiva su di sé mentre camminava verso casa dopo il turno di lavoro. Era probabile che la sua fosse solo soggezione, dopotutto. Poteva essere possibile che ogni persona che incrociasse avesse letto quelle riviste e potesse con certezza riconoscere in lei la ragazza delle foto?
Poteva, eccome. L’Inghilterra era famosa per la sua inequivocabilmente becera indiscrezione, il suo amore per i pettegolezzi e per la pubblica umiliazione riservata alle celebrità che osavano commettere un passo falso. Certo, lei non era una celebrità, ma Mark sì.
Eccola di nuovo, anziché pensare a se stessa e ai problemi – o l’esposizione mediatica – cui era stata involontariamente sottoposta, di nuovo la mente vagava a lui.
Chissà i problemi che gli avrà fatto la casa discografica, o i ragazzi… Emma…
Non poteva immaginare la persona che amava – eh, sì, ormai era inutile continuare a fingere che così non fosse – star male, patire le conseguenze di tutto ciò che era capitato, da solo. Sperò almeno che i ragazzi, i suoi compagni di lavoro e di vita, lo sostenessero, sopperendo all’impossibilità di farlo in cui lei viveva.
Avrebbe voluto andare da lui, aiutarlo, magari prenderlo e portarlo via per un po’ ma, dopo quel casino, non sarebbe stata la cosa più brillante da fare, e certo lo avrebbe messo ancora più nei guai. Soprattutto con Emma. Chissà come sarebbe finita tra loro – chissà se sarebbe mai finita.
Svoltò l’angolo con la via di casa accarezzando l’idea di prendere la cena a portar via ed estinguersi nel suo appartamento – almeno fino a lunedì – quando in lontananza le sembrò di scorgere la figura di Mark entrare nel portone del suo palazzo. Non ne era del tutto certa, ché ormai a Londra, alle cinque di sera, c’era già la stessa luce delle due di mattina, ma si trovò ad accelerare il passo per accertarsene quanto prima – e addio cena a portar via.
Raggiunse svelta il suo palazzo, entrando con il cuore in gola. Non avrebbe dovuto sentirsi così, ma le sensazioni che quell’uomo era in grado di farle provare erano incontrollabili, come se fossero un’entità in tutto indipendente da lei. Abbandonò persino l’idea dell’ascensore, lanciandosi su per le scale, mangiando i gradini due a due, finché non vide di fronte a sé proprio Mark, proprio lui, che stava salendo.
Adorava il fatto di essere in grado di riconoscerlo anche da piccoli dettagli. Quella nuca, il suo incedere, quelle scarpe consumate – sempre le stesse –, i capelli spettinati, come se si fosse appena alzato dal letto. Tanti piccoli dettagli che lo rendevano ciò che era, adorabilmente perfetto.
«Mark, ehi» lui si volse immediatamente, lo sguardo spento, eppure sempre pieno di cose – sogni, promesse, luci – quando incrociava il suo. «Cosa è successo? Cosa ci fai qui?»
L’uomo non rispose, si limitò ad azzerare la distanza tra loro e abbracciarla, intensamente – nel profondo. L’aveva spogliata pur lasciandole i vestiti addosso.
«Ti prego, salvami!», Marta gli accarezzò i capelli, glieli arruffò. «Non posso andare avanti così!»
Non era semplice per lei vederlo in quello stato, non era facile per lei vivere quello stato – lo stesso in cui lei stessa si trovava. Vuota, ma ancora piena di sogni, di se e di ma rimasti incastrati tra una pioggia di baci.
C’era però sempre quel piccolo campanellino, situato da qualche parte nella sua testa. Una disfunzione, o forse l’unica cosa che in tutto quel marasma ancora funzionasse a dovere. Doveva stare attenta, aprire gli occhi. Cosa mai avrebbe potuto fare Marta per aiutarlo? Per salvarlo?
Per tutti quegli anni gli aveva promesso che ci sarebbe sempre stata – non solo a parole, ma dimostrandolo con i fatti. Per tutti quegli anni era stata in piedi, immobile ed inerme, a prendere pugni in faccia da una situazione che avrebbe voluto scollarsi di dosso, ma che le si era appiccicata sulla pelle indissolubilmente. Quante volte aveva provato a cancellare quella parte della sua vita, quante volte?! Eppure era ancora lì, a tenerlo tra le braccia, ad accoglierlo, a perdonarlo per le illusioni massacrate, per i giorni che le aveva strappato via, per le lacrime - anche per quelle ancora non piante.
«Puoi salvarti solo tu, Mark. Tu hai in mano le redini, e puoi decidere dove vuoi andare», Marta lasciò la presa dall’abbraccio e lo costrinse a guardarla negli occhi.
«L’unica cosa che posso fare, per quel che conta, è prometterti che ci sarò. Se, come e dove vorrai, io ci sarò, capito?»
 
***
 
Se mai ce ne fosse stato bisogno, Mark quella sera capì quanto davvero avesse bisogno di Marta nella sua vita. Erano state poche parole, ma che avevano avuto la capacità di infondergli una forza mai provata. Era preoccupato per i suoi figli, ma qualcuno una volta gli aveva detto che sarebbero stati meglio due genitori separati e felici, a due insieme ma infelici e continuamente in lotta. Si maledisse per non averlo capito.
Entrarono in casa di Marta mano nella mano, lui le accarezzava il dorso con il pollice. Si guardarono per un istante che parve interminabile e, ancor prima che avessero potuto chiudere la porta, si baciarono.
Quello che non sapevano era che Emma aveva seguito Mark fino a lì, e aveva visto e sentito tutto.

 
 
I was fearless but so easily 
I let life fade away the colour of my dreams 
Now you're with me, I know I can be 
Higher, higher than higher
   
 
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