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Autore: FairLady    14/06/2017    0 recensioni
Due occhi scuri, lo specchio di un'anima profondamente ferita.
Un nome sussurrato dal vento che arrivi a lenire un dolore ormai senza tempo.
Due cuori affini che si fondono in un unico corpo immortale, quello dell'amore.
Prima storia in questo fandom. Please, be kind.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Michael Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Michael stava attraversando il periodo forse più buio della sua intera esistenza. Al momento, l’unico amico che avesse al suo fianco era Miko, che lo stava portando all’aeroporto di Citta del Messico, nella speranza di trovare quanto prima un aereo per Los Angeles, e che John si accorgesse più tardi possibile della loro assenza.
Quando furono giunti a destinazione, prima di scendere Michael si sistemò il travestimento. Era nervoso, ansioso che qualcuno lo potesse riconoscere – con quello che i giornali dicevano di lui, avrebbe dovuto aspettarsi il peggio dalle persone, a giudicare dal caos che aveva visto sotto il suo albergo. Alla gente non interessavano le prove di colpevolezza, non ne avevano bisogno, per loro era già diventato un mostro.
«Miko, posso farti una domanda? – chiese Michael, prima di scendere – Perché, secondo te, mi stanno facendo questo? Perché ogni cosa che faccio, o che voglio fare, viene messa in discussione? Perché quando cerco di fare del bene, la cosa mi si rivolta sempre contro?», parlò con un tono così triste, si sentiva così triste, che gli venne quasi da piangere.
L’autista volse il capo verso Michael, che era seduto al suo fianco in auto, così camuffato da essere totalmente irriconoscibile.
«Non lo so, Michael. Non so perché ti abbiano fatto questo, ma io so che tu non faresti mai qualcosa di simile, nemmeno le penseresti cose del genere. Ed è questo che conta, che la gente che ti conosce e ti ama sappia che tu non sei quel tipo di persona, che sia certa di quel che sei senza aver bisogno di titoli sul giornale o prove di innocenza.»
Michael chinò il capo, gli venne subito in mente Auralee. Lui era convinto che quando lei gli aveva confessato di amarlo fosse sincera. Ma adesso? Ora che il mondo lo voleva distruggere, gli voleva togliere tutto ciò in cui aveva sempre creduto, quell’amore sarebbe bastato?
«Vorrei che anche Aura ne fosse convinta.» poi fece una pausa e guardò l’amico. «Ma ho paura, Miko. E sei lei mi credesse uno schifoso stupratore di bam…» le parole gli uscivano dalla bocca come lame affilate. Gli si rivoltava lo stomaco solo a pronunciarle. «Un orribile approfittatore?»
Il telefono satellitare di Miko suonò, ed entrambi sapevano chi c’era dall’altra parte. Non risposero. Parcheggiarono la vettura,  presero le due borse che avevano portato e corsero verso la biglietteria.
Il primo volo sarebbe partito in un’ora. Miko consegnò i documenti di Michael e i propri, espletò la pratica e, subito dopo, si diressero al controllo bagagli.
Il cantante sperò proprio che John lasciasse loro margine di tempo sufficiente a decollare. Del resto si sarebbe preoccupato poi.
 
***
 
Per la prima volta da quando si conoscevano, Tanisha era stata in grado di starle veramente vicina, di sostenerla e consigliarla. Auralee non riuscì ad esprimerle la gratitudine che provava per averla compresa e per aver creduto alle sue parole riguardo Michael. Ci sarebbe stato il forte rischio di ritrovarsi sola contro il mondo, quando i suoi genitori avrebbero scoperto ciò che la stampa diceva di lui e, in quel caso, un volto amico in mezzo ai lupi le avrebbe fatto davvero comodo.
La prima cosa a cui pensò quando vide albeggiare dalla finestra fu di chiamare Neverland; i numeri di contatto di Michael non erano più raggiungibili da giorni, non sapeva nemmeno se era rimasto a Città del Messico o se aveva fatto ritorno a casa, quindi chiamò per controllare, ma anche lì non rispondeva nessuno. Non le restò che chiamare l’aeroporto per prenotare il primo volo disponibile per Città del Messico.
Subito dopo aver riattaccato, il telefono squillò. Le bastò un nano secondo per riprendere in mano la cornetta e rispondere, concitata e ansiosa di sentire finalmente la voce di Michael che le assicurava di star bene.
«Aura, sono il papà. Cosa diavolo solo quelle sconcezze che ho letto sul giornale stamattina?»
Evidentemente, il momento di rimanere sola contro il mondo era già arrivato.
Il tono di suo padre raccontava tutta la vergogna e l’oltraggio che aveva provato leggendo quelle idiozie. Forse lui lo aveva già condannato, ma non lo conosceva bene come lei. Non aveva letto nel cuore di Michael tutta la purezza che invece lei aveva scoperto e assaporato standogli accanto, ascoltandolo, guardandolo negli occhi. Sì, molto spesso capiva di più guardandolo in quello sguardo profondo che attraverso le parole.
«Papà, stai calmo. Non c’è niente di vero in quello che c’è scritto sopra quella spazzatura, ne sono sicura.»
Tanisha, che era rimasta con lei per la notte, la fissava incredula e le faceva gesti con le mani, sussurrando parole sconnesse.
«I tuoi… loro sapevano… io…? Tuo padre…», ma finì con l’arrendersi presto, alzando le braccia al cielo e sedendosi con in viso l’espressione di quando si sentiva offesa.
«Non dirmi che tu sai, che tu capisci, che tu ignori quello che dicono i giornali. Sono accuse pesantissime e non si muovono così per gioco, senza un fondamento di verità! Devi assolutamente smettere di frequentare quell’uomo! È chiaro? Te lo proibisco!»
In tanti anni, Auralee era sempre stata la figlia dal buon carattere, la cocca di papà, e Dio solo poteva sapere quanto le sarebbe costato quello che stava per dire, ma non c’era cosa al mondo che l’avrebbe distolta dal cercare Michael, dallo stargli accanto, dall’amarlo. Nemmeno suo padre.
«Mi dispiace, papà. Non posso fare quello che mi chiedi. So che tu ora credi che Michael sia una specie di mostro, ma io so che non è così. O almeno voglio dargli il beneficio del dubbio. Cosa che dovresti fare anche tu.»
«Auralee!» sbottò il padre dall’altro capo degli Stati Uniti.
«Non chiamarmi Auralee con quel tono! Sono adulta, sono una persona responsabile e ragionevole e… »
Fu in quel momento che qualcuno bussò alla porta. Due, tre, quattro colpi. Aura fece segno a Tani di andare ad aprire.
«… e lo amo, papà.» proseguì. «Non gli volterò le spalle come probabilmente farà la maggior parte della gente. Io credo in lui!»
E all’improvviso, volse lo sguardo verso la porta e Michael era lì. Sconvolto, gli occhi rossi di chi non aveva mai smesso di piangere. Lui era lì in casa sua, con Miko dietro le spalle. Avevano entrambi l’aria di non aver dormito, ma quello che più la colpì fu quello sguardo innocente negli occhi di Michael e che fin dalla prima volta l’aveva colpita. Nonostante tutto quello che stava succedendo, non lo aveva perso.
«Io credo in te.» lasciò cadere e penzolare dal muro la cornetta del telefono e si affrettò tra le braccia di Michael, in lacrime. Lui l’abbracciò forte, così forte da rimettere insieme tutti i pezzi del suo cuore che si erano frantumati nell’attesa di rivederlo.
«Auralee, ma che sta succedendo? Sei ancora lì? Auralee!», il gracchiante suono della voce del padre di Aura, ancora in linea, proveniente dall’apparecchio distolse Tanisha dalla commozione per quella scena. Prese la cornetta e parlò con il padre per un istante.
«É meglio che vi sentiate in un altro momento. La faccio richiamare, signor Mitchell.»
 
Everyone's taking control of me
Seems that the world's got a role for me
I'm so confused will you show to me
You'll be there for me
And care enough to bear me

 
   
 
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