Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Ricorda la storia  |      
Autore: _Rouge    14/06/2017    2 recensioni
"Sul viso sente le labbra mortali dell’inverno, il vento, la neve, l’anima di Giráitis che lo carezza dolcemente e che Toris sente nel terreno che rimbomba sotto la mole dei due stalloni e nelle trame di rami neri che lo abbracciano tutt’intorno – si sente vivo, nei suoi boschi rivestiti di un manto bianchissimo, con i ciuffi castani che lo frustano sulla fronte e sul collo, il freddo che entra nelle narici e che lo lascia senza fiato, mentre il caschetto biondo di Polonia oscilla e rimbalza a ritmo dell’andatura svelta."
[Lietpol] [AU!Medieval]
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Lituania/Toris Lorinaitis, Polonia/Feliks Łukasiewicz
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Dichotomy (cold hands, warm heart)


 
I rami rachitici e nudi delle betulle fanno un bellissimo contrasto con l’azzurro cristallino del cielo invernale; è Gennaio e sui noduli bitorzoluti delle fronde c’è una sottile membrana di neve candida, che tremula al minimo soffio di vento o nel momento in cui un uccellino temerario si corica ad una giuntura fra ramo e fusto, arruffando il piumaggio scuro e smuovendo la frasca sottile da cui si scollano frammenti di nevischio duro che atterrano sulla neve ammucchiata al suolo brullo. Qualunque indizio della caduta – i tanti, minuscoli forellini – sono subito eliminati dall’andatura incerta e lenta dei due cavalli che avanzano nella foresta, sollevando centimetri di neve farinosa con la coda frustante merlettata di bianco.
Il fiato che fuoriesce dalle loro narici è caldo ed aiuta a sbrinare la criniera irruvidita dal freddo, nonché a mantenere stabile la sensibilità del viso di Toris, che non si lamenta dell’alito umido e bollente che il suo fidato ronzino emana di tanto in tanto sotto forma di uno sbuffo biancastro – tralasciandone il terribile fetore di cavoli bolliti.
Toris allontana le mani – indurite dai calli e insensibili sulle dita a causa dell’inverno inclemente – dalle redini, alitando all’interno della conca tremolante e strusciandone i palmi avvizziti l’uno contro l’altro, mentre i ciuffi castani, liberi ed arruffati dal vento, fluttuano levitando di fronte al suo volto – bianco, con un sano e naturale accenno di rosso sul naso, le labbra scuoiate e ruvide, occhi azzurri, attenti e doloranti, alabastro dei denti che si allontanano e si avvicinano in un battere continuo, che si confonde nel suono ovattato dei destrieri che trotterellano.
Un turbinio di fiocchi sferza di nuovo, infilandosi sotto i vestiti – strati e strati di tuniche, calzoni e calzini, un mantello – e innestando un nuovo brivido che, una volta arrivato all’altezza della nuca, lo fa chinare in avanti in un forte starnuto che frantuma il silenzio dei boschi.
In lontananza, un cervo alza allarmato la testa e corre via, svanendo nella macchia di alberi scheletrici.
“Dai, Liet!” strilla immediatamente Feliks, tirando le redini del suo Andaluso dal manto candido in modo da fermarlo e voltarsi all’indietro verso il duo che li tallona ad una distanza minima, “L’hai fatto totalmente scappare!” sbotta di nuovo con una vocina tremendamente acuta, che nella ritrovata calma stona come una bestemmia durante la messa mattutina, arricciando le labbra sottili in un broncio subito imitato dal nitrito stizzito del suo cavallo – tale fantino, tale stallone.
“Se continui ad urlare così non cambia nulla, Polonia” azzarda Lituania, tuffando mezzo viso nel collo imbottito della mantella, mentre il destriero scrolla il muso con un movimento fluido che fa oscillare la criniera bruna intessuta di nevischio, come diamantini sui vestiti delle dame. Feliks l’ha tutta lavorata in treccioline non molto virili, fermandole alla fine con tanti nastrini, marroni come il manto corto del buon ronzino.
Polonia tira fuori la lingua ma un nuovo rumore, un brusio morbido, ferma entrambi.
Con la coda dell’occhio Toris intercetta un cerbiatto saltar fuori da un arbusto ed annusare timidamente il terreno, alzando il nasino umido, fremente, e tenendosi in bilico tra avvallamenti e dossi di neve che minacciano di farlo teneramente cadere a terra – e con la coda dell’altro occhio, attento e furtivo come è necessario che sia durante una battuta di caccia con Polonia, Lituania intravede un sorriso entusiasta illuminare il visino di Feliks ed il movimento abitudinario delle mani, che si abbassano fulmineamente con uno schiocco di redini ordinando al cavallo di schizzare in avanti verso l’indifeso animaletto che trotta via, mentre l’arco e la faretra rimbalzano sulla schiena del biondino.
Gli servono alcuni istanti, ma nel momento in cui un imbarazzante istinto materno si sostituisce alla confusione, Lituania si lancia a sua volta dietro il cerbiatto, mantenendosi a debita distanza dal destriero di Polonia che alza mulinelli di farina luminosa e fende l’aria, attraversandola come una freccia.
Sul viso sente le labbra mortali dell’inverno, il vento, la neve, l’anima di Giráitis che lo carezza dolcemente e che Toris sente nel terreno che rimbomba sotto la mole dei due stalloni e nelle trame di rami neri che lo abbracciano tutt’intorno – si sente vivo, nei suoi boschi rivestiti di un manto bianchissimo, con i ciuffi castani che lo frustano sulla fronte e sul collo, il freddo che entra nelle narici e che lo lascia senza fiato, mentre il caschetto biondo di Polonia oscilla e rimbalza a ritmo dell’andatura svelta.
Saltando un’ultima, nodosa radice i cavalli rallentano all’altezza di una radura circondata da betulle nude come vermi. Del cerbiatto nessuna traccia, soltanto rovi imbiancati e silenzio.
“Uffa, ma dove è andato?!” esclama Feliks, scendendo da cavallo con un unico, flessuoso movimento e atterrando con un tonfo attutito al suolo. Avanza nella neve che arriva allo stinco, muovendosi incerto con le mani che si alzano e le dita che si muovono frenetiche nel tentativo di mantenere l’equilibrio e non infossarsi ulteriormente: è buffo, e Lituania sorride divertito, mentre lui stesso smonta dal ronzino – infilando subito una mano nella bisaccia che ricade su un lato dell’animale e tirandone fuori una manciata di biada, che avvicina al naso del fidato destriero.
Il cavallo tuffa i labbroni nella conca della mano, mentre Toris ne accarezza il muso irto.
“Se non avessi starnutito saremmo riusciti ad uccidere subito il cervo!” si lamenta Polonia, fermandosi al centro della radura e mettendosi testardamente le mani sui fianchi, il mento sollevato in un infantile tentativo di attirare l’attenzione ed ostentare l’alterità dei suoi avi e re, senza tuttavia riuscirci: con le curve delle anche ammorbidite da strati e strati di vestiti, il broncio melodrammatico, il naso arrossato dal freddo inclemente, Feliks non è molto intimidatorio, ma solo tanto carino – e nonostante siano trascorsi secoli dall’unione di Krewo e si sia reso conto anni or sono della naturale e smaliziata bellezza di Polonia, Toris non manca mai di arrossirne.
Come sta facendo esattamente ora, rendendosi ulteriormente ridicolo nel momento in cui starnutisce di nuovo e semina rovinosamente la biada rimanente sul terreno.
Feliks ride rumorosamente, mentre Lituania si strofina forte il naso con la manica della camicia, sentendosi terribilmente in imbarazzo – e vicino ad una morte da bronchite.
C’è il brusio strascicato del tessuto che friziona contro la neve – brache a contatto con corridoi scavati nel manto bianco – e nel momento in cui Toris allontana le dita dal viso Polonia è lì di fronte a lui e si infila tra le sue braccia, colmando il vuoto d’aria che fluttua fra il busto e le mani ancora a mezz’aria, che subito si ritirano ed aderiscono alla schiena di Feliks, insinuandole sotto i lacci della faretra ed al di là della corda molle dell’arco, carezzandola. Polonia fa lo stesso, muovendo le mani in lenti movimenti circolari.
I cavalli sbuffano e nitriscono.
Feliks solleva il viso dalla stoffa ruvida della mantellina e incastra il mento su una clavicola, fissandolo da sotto in su con due occhi verdissimi che, riflettendo l’iridescenza delle nubi che minacciano tormenta, sembrano non finire mai – “Così va bene?” chiede sommessamente in un sussurro attutito dallo scialle intorno al collo, con l’insicurezza e la timidezza che si ostenta a nascondere dietro un’armatura di finta tracotanza ed una smorfia eccessivamente strafottente. Sono travestimenti curati, maschere da indossare all’occorrenza, ma Lituania, con secoli di matrimonio addietro, le conosce una ad una e sa che nel sorriso riservato che Polonia lascia intravedere dietro due giri di stola c’è soltanto autentica sincerità – e calma e felicità. “Hai ancora freddo?”
Toris sorride a sua volta e china la testa a lasciare un bacio sul caschetto biondo di Feliks, che esala una risatina divertita stringendosi ancora di più nell’abbraccio – è come se esistessero soltanto loro due, al mondo.
“No” mormora Lituania, affondando il naso nei ciuffi freddi dell’altro e serrando la stretta di entrambe le mani intorno alla vita, “Così va benissimo.”
 
 
 

Shameless fluff, perché sono in sessione esami e non ho uno scopo nella vita a parte diffondere queste due patatine al forno. <3
Plus, Giraitis è il dio baltico del vento e della tempesta <3
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: _Rouge