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Autore: Memento_Mori    15/06/2017    0 recensioni
"Mi guarda con quel suo sorriso che ho amato sin dalla prima volta, da quando si presentò davanti casa mia con una rosa tra le dita e tanta speranza negli occhi..."
Genere: Horror, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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<< Chiudi gli occhi >> mi dice. 
Dovreste vederlo, dovreste vedere il sorriso che ha adesso. Dovreste
vedere i suoi capelli scompigliati, i graffi sulle guance e le gocce di sangue sulle dita.  
<< Dai, che aspetti >> insiste. Quando è così felice non posso fare altro che sorridere a mia volta. Mi chiedo cos’avrà in mente. Chiudo gli occhi. << Ok, adesso seguimi >> Mi prende per mano. Sento le gocce di sangue sporcarmi la pelle.
<< Non cadere >> Ci provo. Potrei sbattere contro il muro da un momento all’altro, ma ci provo, per lui. 
<< Fermo >> Smetto di camminare. Mi lascia le mani. Aspetto qualche secondo, ma non succede nulla. Poi sento le sue dita poggiarsi su i miei fianchi e le sue labbra premere contro le mie. Si avvicina al mio orecchio e mi sussurra: << Non potevo non approfittare di un piccolo cucciolo indifeso, ma tieni gli occhi chiusi, non è questa la sorpresa >>. 
<< Non farmi inciampare, per il resto puoi farmi tutto ciò che vuoi >>  rispondo. Sento la sua risata attraverso il buio. 
<< Va bene, va bene >>  dice stringendomi la mano. Riprendo a camminare, guidato dal suo passo sicuro, ma dopo pochi metri ci fermiamo di nuovo. Sento la porta richiudersi alle mie spalle.  
<< Apri gli occhi >> 
Obbedisco. Resto alquanto sorpreso nello scoprire che appena spalancate le palpebre continuo a non vedere nulla. Sento il suo respiro sul collo.
<< Wow. Davvero mol- >> mi preme una mano sulla bocca. 
<< Non fare rumore. Ascolta >>  
In un primo momento non riesco a capire, poi mi accorgo di un leggero mormorio provenire da un punto indefinito della stanza: deboli gemiti di dolore. 
<< Il  mio regalo per te >> Si accendono le luci. Ne resto abbagliato, ma i miei occhi si riabituano in fretta. La stanza è quasi completamente vuota. C’è solo una sedia, al centro, e sulla sedia un uomo sulla cinquantina. Dei chiodi gli trafiggono le mani, fissandole ai braccioli. Una sbarra di ferro gli perfora entrambe le caviglie, tenendole unite. Trema, completamente nudo, vestito solo dal suo stesso sangue. Appena mi vede comincia ad agitarsi sulla sieda. Cerca di parlare, ma il bavaglio che gli cinge la bocca glielo impedisce. I suoi occhi terrorizzati implorano aiuto. 
Resto senza parole, riesco solo a balbettare: << E-Edwin… >> 
<< Dovresti vedere la tua faccia. Sapevo ti sarebbe piaciuto >> 
Mi guarda con quel suo sorriso che ho amato sin dalla prima volta, da quando si presentò davanti casa mia con una rosa tra le dita e tanta speranza negli occhi, da quando mi difese dagli insulti di quei ragazzi, mentre la gente osservava in silenzio, quella gente che credeva che il nostro amarci fosse peccare, quella gente nei cui occhi potevi leggere qualsiasi tipo di insulto: “frocio” era quello che preferivano, anche se la maggior parte delle volte davano libero sfogo alla loro immaginazione. Da allora ho continuato ad amarlo, lo amo quando mi accarezza i capelli, lo amo quando mi guarda in silenzio, lo amo anche quando ogni notte si alza di soprassalto e mi chiede di abbracciarlo, impaurito; anche quando fissa con sguardo triste l’orizzonte, anche quando per la prima volta mi chiese di aiutarlo nella sua vendetta. Lo amo e nessuno potrà impedirmi di farlo. 
<< Edwin…è lui... >> 
<< L’ho trovato, alla fine. >> 
L’ha trovato, alla fine. Quell’uomo, che adesso mi guarda indifeso, è lo stesso uomo che ha ridotto in fin di vita il mio corpo e le mie sicurezze. È stato il primo con cui abbiamo avuto a che fare. Un colpo allo stomaco, uno al viso. Io, sdraiato a terra per il dolore, lui,  che continua a prendermi a calci, Edwin che cerca di opporsi, lui che gli sferra un gancio nell’occhio, Edwin che si accascia di fianco a me, lui che continua  a infierire sui nostri corpi esanimi. Tutto questo per un bacio. Adesso eccolo lì. Sento la rabbia accecarmi. La rabbia libera il mostro. La rabbia nutre la mia voglia di vederlo in ginocchio, di sentire le mie dita attorno al suo collo. La rabbia mi fa scattare in avanti verso quel verme.  
<< Fermo, fermo, fermo! >> Edwin si mette tra me e lui, mi abbraccia per frenarmi. Poi mi guarda negli occhi, con quell’espressione dolce, e con la mano mi asciuga le lacrime. Non mi ero accorto di star piangendo, ma adesso che sento quelle gocce bagnarmi le guance non riesco a fermarmi. Affondo il viso nel suo petto, singhiozzando. 
<< Lo so…va tutto bene >> mi sussurra. L’uomo smette di agitarsi in cerca di aiuto, ha capito che non sarò certo io a salvarlo. 
<< Trevor, ho qualcosa di importante da dirti >> dice Edwin. Lo osservo con sguardo interrogativo e gli occhi rossi, in mezzo alle lacrime. Si allontana da me. Non indossa più il suo sorriso. Prende qualcosa dalla tasca posteriore dei jeans: un coltello da caccia. Prosegue dicendo: << Ci ho pensato molto, ho pensato a come rendere questo momento speciale >>. Cammina verso l’uomo. << Il modo migliore è cominciare dall’inizio di tutto, per scrivere la parola fine e da questa fine creare la nostra nuova partenza >> continua, avvicinandogli la lama alla gola. Comincia a piangere, il verme, come se avesse qualcosa da perdere. Forse ha davvero qualcosa da perdere e questo rende tutto più appagante.  
<< Siamo caduti insieme… >> parla con me, ma è lui che fissa negli occhi. La lama scende verso il petto, lasciando un sentiero rosso al suo passaggio.
<< …ci siamo rialzati insieme… >> si ferma all’altezza del cuore. << ...tutto ciò che voglio è continuare a camminare al tuo fianco >>
Si volta verso di me. << Spero sia quello che vuoi anche tu >> Si gira di scatto pugnalando l’uomo al petto. Un grido di dolore sommerge la stanza. Estrae la lama insanguinata. Altre urla. Un’altra coltellata. Altre urla. Conficca la punta sempre più in profondità e le urla diventano sempre più deboli. Scava a fondo tra la carne in cerca di qualcosa. Le urla scompaiono. L’uomo mi fissa con occhi vitrei. Potrei dire che provo pena per lui, ma in fondo non è così, perché mentire? Edwin strappa qualcosa dal corpo ormai morto. Si gira a guardare verso la mia direzione. Tiene un cuore pulsante tra le dita. Il sangue sgocciola creando una pozza rossa ai suoi piedi. Compie qualche passo verso di me, per poi mettersi in ginocchio. Mi sorride e dice: << Non ho più voglia di combattere. Non ho più intenzione di mettere in pericolo la tua vita. Non voglio vedere il tuo viso sporco di sangue. Non voglio vedere le mie notti governate dai rimorsi. Ho solo voglia di fermare tutto questo, cercare una nuova vita. Il modo migliore è cominciare dall’inizio di tutto, per scrivere la parola fine e da questa fine creare la nostra nuova partenza. Quell’uomo rappresenta l’inizio, questo cuore, tra le mie mani, la fine. Trevor, ti sto chiedendo se vuoi creare una nuova partenza con me, ti sto chiedendo…mi vuoi sposare? >> Non dico nulla. Non servono parole. Mi butto addosso a lui, lo bacio. Scivoliamo sul pavimento, ma continuo a baciarlo. I vestiti, la pelle, i capelli si tingono di rosso, ma continuo a baciarlo. La nostra nuova partenza…ha il sapore del sangue.
   
 
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