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Autore: pokespe_time    17/06/2017    2 recensioni
A Marco piaceva volare. Lo aveva sempre fatto, fin dal primo giorno in cui Barbabianca gli aveva proposto di diventare suo figlio. Era sempre il primo a svegliarsi sulla Moby Dick, gli piaceva mimetizzare le sue ali di fuoco azzurro con il cielo e le nuvole dell'alba, fare in modo che le fiamme dorate in mezzo al blu fossero l'unico elemento per distinguerlo dalla volta celeste.
Genere: Angst, Guerra, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ciurma di Barbabianca, Marco
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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A Marco piaceva volare. Lo aveva sempre fatto, fin dal primo giorno in cui Barbabianca gli aveva proposto di diventare suo figlio. Era sempre il primo a svegliarsi sulla Moby Dick, gli piaceva mimetizzare le sue ali di fuoco azzurro con il cielo e le nuvole dell'alba, fare in modo che le fiamme dorate in mezzo al blu fossero l'unico elemento per distinguerlo dalla volta celeste.

I più sarcastici della ciurma, come Jozu o Izou, ritenevano quel 'rito' che faceva ogni mattina quasi 'romantico', ovviamente a modo loro. Ogni tanto il biondo li sentiva confabulare poco sommessamente dicendo che lo faceva solo per attirare l'attenzione. E lui ridacchiava ad affermazioni del genere, perché sapeva che non erano dette con malizia, ma solo per divertimento, per prenderlo un po' in giro, sempre serio e distaccato com'era. In effetti, quel volo mattutino era l'unico momento in cui si lasciava andare completamente, in cui mostrava tutte le emozioni. Per questo preferiva farlo quando gli altri ancora dormivano.

Altri invece, come Ace o lo stesso Barbabianca, colui che tutti ritenevano padre, e Marco più di tutti, avevano definito quel volo propiziatorio. Ritenevano che le fiamme delle sue ali rilasciassero una ventata di buona sorte sulla nave, e che la proteggessero dai nemici che tentavano invano di affondarla o dalle tempeste più burrascose dei mari che attraversava. Quando Ace glielo aveva detto la prima volta, la fenice era arrossita, incredibilmente imbarazzata, e aveva iniziato a farfugliare cose senza senso, troppo preso di sorpresa per mettere due parole insieme. Quando poi la stessa cosa gli era stata detta dal capitano, non aveva potuto far altro che sorridere grato, con il suo tipico sorriso che appariva annoiato, ma che ad occhi esperti traspariva centinaia di emozioni.

 

Il giorno prima che Ace, partisse da solo alla ricerca di Teach Barbanera, Marco era rimasto interdetto dalla richiesta di fare un volo per lui proprio da parte del giovane. Aveva detto che gli sarebbe servito come un simbolo di portafortuna durante l'inseguimento. La fenice aveva deciso alla fine di accontentarlo, rifiutandosi però di potarlo in cielo insieme a lui. Il suo volo era il suo momento più intimo durante la giornata, e l'unico modo per viverlo appieno era la solitudine, o almeno così pensava. E poi le sue fiamme erano troppo fredde per l'ardente Ace, quello era risaputo da tutti.

Eppure il volo quella volta non aveva funzionato. Marco aveva atteso ogni giorno invano informazioni da colui che era diventato suo fratello e migliore amico. L'unica novella che invece aveva ricevuto diverse settimane dopo fu quella della sua cattura e spedizione a Impel Down. E in quel momento si era maledetto per non averlo portato nel vento con sé. Si era incolpato da solo della sconfitta dell'altro. Fortunatamente Barbabianca era riuscito a calmarlo, facendolo tornare il tipo distaccato di prima. Ciò nonostante, mentre la guerra iniziava, il biondo era rimasto con un certo amaro in bocca per tutto il tempo.

A guerra finita, quell'amaro era diventato un ardore, un nodo all'altezza della gola che nemmeno il suo potere poteva curare e che lo faceva a malapena parlare. Se poi ci riusciva, la sua voce era spezzata, più tetra del solito.

Perché quella mattina non aveva volato.

 

Jozu e Vista si erano fermati accanto al suo corpo immobile, in piedi davanti a quello di Ace. Non sapevano decidere chi apparisse più morto dei due. L'unico segno di vita che aveva dato era stato l'alzare la testa per osservare il corpo di Barbabianca in piedi, fisso, fiero. Decisamente e comunque più di lui. Era facile apparire calmo, serio e concentrato durante la guerra. Nessuno gli badava mentre combatteva, nessuno aveva il tempo di badare alla lacerazione che si era formata all'interno del suo petto, che stranamente però non era dovuta ai due fori creati dai proiettili di Kizaru. Perché Marco era colui che guariva da ogni ferita, anche la più mortale. Marco era quello che non soffriva.

Lentamente prese il corpo del suo migliore amico. Almeno lui stava sorridendo, era senza rimorso. Trasformò le braccia nelle sue amate e fredde ali celesti. Era la prima ed ultima volta che volava con qualcuno. Anche in quel momento Ace era più caldo e tiepido di lui. Di certo non per il magma di Akainu. Abbracciare il suo fratellino, amare coloro che lo avevano accolto come in una famiglia. Quello lo faceva ardere. Invece la fenice era gelida, senza emozioni né sensazioni. Morta dentro. Con calma sorvolò il crepaccio che era stato creato da colui che la gente definiva 'l'uomo più forte di tutti'. Il loro capitano, loro padre, aveva distrutto la piazza per fare in modo che i suoi figli fuggissero, si mettessero in salvo. Perché Marco potesse volare ancora per tutti loro. Delicatamente aveva appoggiato il corpo di Ace accanto al suo. A vederli così, era come paragonare un gigante e un ragazzino.

In lontananza aveva notato Shanks parlare con alcuni membri della sua ciurma mentre lanciava qualche occhiata di sfuggita ai due 'grandi caduti in battaglia'. Marco sapeva che il Rosso non aveva nessun cattivo pensiero, sapeva che era gentile e ottimista, ma a lui non era mai piaciuto. Ogni volta che andava a parlare con il suo capitano creava sempre qualche disastro sulla nave, facendo svenire parte della ciurma con il suo maledetto Haki, o mettendosi a lottare con Barbabianca ogni tre per due. Quella volta, però, gli era grato. Se non fosse intervenuto, probabilmente Akainu avrebbe fatto fuori anche tutti gli altri, lui per primo. Perché lui aveva protetto Monkey D. Luffy, e quello era il crimine più grande che avesse commesso nei suoi più di vent'anni di pirateria.

Marco odiava il lato estremista della marina. Non aveva problemi contro di loro, almeno non contro quelli gentili, che comprendevano quando una persona era da punire e quando no. Ma i tre ammiragli e quelli a loro superiori li odiava. Perfino quel tale Garp, il nonno di Luffy ed in parte anche di Ace. Il loro estremismo era ingiustificato. Il vecchio lo aveva colpito nonostante stesse cercando di salvare quello che per lui era un nipote. Se proprio doveva essere colpito da qualcuno, questo avrebbe dovuto essere Sengoku. Stupidi militari.

 

Ma ormai era inutile piangere sul latte versato. O almeno così si era detto dopo aver visto Ace morire con un buco nello stomaco. Ciò che era rimasto della ciurma era fuggita da Marineford su alcune scialuppe di salvataggio fortunatamente integre, dopo la distruzione della loro Moby Dick. Quella notte Marco era rimasto sveglio tutto il tempo. Non che avessero bisogno di una guardia notturna, semplicemente non riusciva a dormire. Perché se lo avesse fatto sapeva che avrebbe avuto incubi che lo avrebbero fatto risvegliare comunque.

All'alba del giorno successivo non aveva volato. Non ne aveva la forza, né il coraggio. Gli altri che rimanevano attaccati a terra mentre lui si librava, non poteva pensarci. Era come rivedere lo sguardo leggermente deluso di Ace nel vederlo volare da solo il giorno prima della sua partenza. Era come vedere suo padre e suo fratello osservarlo dal sottosuolo mentre lui si sentiva libero del loro peso.

Non poteva più volare, perché doveva portare i due sulle sue spalle.

 

 

NDA

Ho scritto questa one-shot perché ho bisogno di parecchi consigli di scrittura. Non penso di avere problemi con la grammatica, ma piuttosto con la trama.

Vi prego di commentare per darmi istruzioni utili su come migliorare.

E spero anche che questa breve 'storia', per così dire, vi sia piaciuta.

   
 
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