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Autore: Hayaros    17/06/2017    0 recensioni
Ho sempre desiderato che tu mi ascoltassi, che ti rendessi conto della mia presenza. Ho sempre desiderato esprimere la gioia che provavo nel vederti, mio creatore.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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   Ricordo la luce del primo giorno, una luce brillante, proveniente dal cielo durante un giorno d'estate.
Ricordo le strane sensazioni che sentii per la prima volta sul mio corpo: quel dolce soffio che mi solleticava la pelle e mi scompigliava i capelli; quella calda luce che mi faceva venir voglia di stringere le mie braccia intorno a me per tenerla stretta; l'odore che aleggiava nell'aria, dolce e delicato, che mi addolciva l'animo. Durante quello stato di benessere, un suono arrivò alle mie orecchie: un suono severo, ma allo stesso tempo colmo di affetto ed apprensione nei miei confronti.
Quella fu la prima volta che sentii la tua voce.

   Mi salutasti, presentandoti con il tuo nome: un nome che, ero certa, non avrei mai dimenticato.
Poi mi feci conoscere il tuo mondo, chiamando quella luce così piacevole “sole”, quella brezza solleticante “vento” e quell'odore “profumo”. Il tempo passava in fretta, con te. Mi facevi conoscere nuove cose ogni giorno: le colline, le montagne, gli alberi, le foreste, i fiori, le nuvole.
Mi facevi viaggiare ogni giorno in un luogo diverso: mi hai fatto scoprire alberi che si illuminavano alla luce della luna, fiori pericolosi che mangiavano insetti, deserti infiniti su cui mi hai fatto viaggiare a bordo di macchine volanti, città immense dove mi hai fatto conoscere tante nuove persone e tanti nuovi amici.
Spesso mi raccontavi le tue avventure quotidiane, che io pensavo fossero straordinarie, però eri convinto che fossero solo noiosi eventi dettati dalla quotidianità. Per quanto cercassi di convincerti del contrario, tu non mi ascoltavi mai. Sembrava come se tu non potessi sentire la mia voce. Ma non ti ho mai odiato per questo. Raccontavi che avresti tanto desiderato essere al mio posto, perché i luoghi che io visitavo erano impossibili per te da vedere.

   Un giorno speciale, che non scorderò mai, sentivo una strana sensazione mentre mi parlavi della tua “noiosa” giornata.
Mi sentivo bene nel vederti, mi sentivo leggera... come quando, in una di quelle città immense che mi avevi fatto visitare, avevo incontrato la mia amica d'infanzia dopo tanti anni che eravamo state separate, dopo la guerra che aveva sconvolto i nostri paesi.
E trovai la parola che descriveva quell'emozione: “felicità.”
Ero felice di vederti ogni giorno.
Ero felice quando ti alzavi la mattina, sotto i raggi caldi e soffusi del sole.
Ero felice quando mi parlavi delle tue “noiose” avventure, seduto di fronte alla tua scrivania.
Ero felice quando mi facevi visitare quei posti che anche tu tanto desideravi visitare, e che tanto volevo portarti a vedere.
Ero felice quando la notte, prima di trovare rifugio sotto le coperte, mi auguravi la buonanotte.
Ero felice quando trovavi sempre del tempo da trascorrere con me, anche durante le giornate più movimentate.

   Eppure, un giorno, tutto cambiò.
Tornasti a casa e non mi degnasti neanche di un saluto. Sapevo che non era normale e perciò cercai di parlarti, per capire cosa fosse successo, ma tu non mi rispondevi.
Non l'avevi mai fatto, dopotutto.
Eri arrabbiato: lo potevo sentire nella tua voce e lo potevo vedere nei tuoi occhi, mentre sbattevi oggetti a terra, in preda alla furia. Cercavo di calmarti, di rassicurarti, di esserti vicino come meglio potevo, ma non mi degnavi neanche di uno sguardo o di un pensiero.
Ed infine, provai per la prima volta quello che poi definii “paura”. Una forte e pesante paura che mi attanagliò il cuore quando ti vidi con quel coltello sul polso.
Gridai più forte che potevo, dovevo provare.

Non volevo perderti.

FERMATI!

E riuscisti a sentire la mia voce.
Allontanasti il coltello dalla tua pelle e ti guardasti intorno, cercando di capire da dove venisse la voce che ti aveva appena salvato la vita.
Continuai a parlarti, finalmente certa che riuscivi ad ascoltarmi e, forse, anche a vedermi.
Se fosse stato vero, che imbarazzo! Piangevo come una bambina, lacrime di gioia che bagnavano la mia pelle, felice com'ero perché non eri andato via. Solo in quel momento pensai che, se tu fossi andato via, anche io probabilmente sarei scomparsa, ma non m'importava.
Ero felice: volevo abbracciarti, accarezzarti e tenerti vicino a me il più possibile. Non volevo che tu andassi via.
Piangevo e piangevo, mentre ti parlavo e ti rivelavo la mia grande ammirazione ed affetto che provavo.

   Ti voglio bene, farei qualunque cosa per te, pur sapendo che non posso neanche toccarti.
Sei stato tu a darmi la vita. Sei stato tu a crearmi. Sei stato tu a donarmi questo corpo. Sei stato tu a donarmi questi sentimenti. Sei stato tu a donarmi questi pensieri.
Il mio più grande desiderio è stato sempre quello di avere un momento in cui avrei potuto finalmente dirti grazie, mio creatore. Sono fortunata ad essere nata sotto la tua penna.
Ti voglio bene.

- : -

Nota dell'autrice:

Questa in realtà è una mia vecchia storia, scritta nel 2013. Il tema mi è ancora molto caro e questa storia continua ancora a riafforare nei miei ricordi. L'ho riletta, un po' sistemata e ho deciso di pubblicarla anche qui.
Ho avuto un po' di difficoltà con il rating: il fatto della scena del coltello mi ha fatto venir non pochi dubbi. 
Vorrei rivelare l'immagine che mi ha dato l'ispirazione per questa storia: "Creation", di Iriis, un'artista su deviantArt.
 

  
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