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Autore: stasiana    17/06/2017    0 recensioni
“dapprima, nella primissima ora del primissimo atomo, scaturì la gelida costernazione del Caos alle prese col minaccioso Cosmo”, mentre il poeta si consola in quest’ultimissima ora di ritardato riposo produttivo, compiacendosi di aver scelto quale filo seguire, e, al pari dell’originario generatore di orbite planetarie, e di cieli incastonati (“che si ingegnò, in seguito, a far rotolare in pista un habitat eccentrico dove le cose prendessero un mistico movimento vitale frenetico e sbellicante”), così il poeta si diverte a mostrare di quali meraviglie questa notte egli sarà capace. Dopo la morte del caos, dopo l’inevitabile vittoria del cosmo, e dopo la scelta definitiva del filo della narrazione, il dio, fattosi finalmente uomo, capisce che è giunto l’istante di far subentrare una nuova immagine : ma così non avviene, l’immagine diviene un ricordo, ed il ricordo si trasforma in pensiero, ed il pensiero s’articola in monologo, il monologo si frammenta, raddoppiando il proprio movimento interno, e diviene dialogo, il dialogo si moltiplica fino a raggiungere l’eco dei quattro venti, è dibattito: in altri termini, quando si mette nei panni del dio generatore, le sue emozioni, le stesse che il poeta vorrebbe suscitare, ristagnano in una palude da
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
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3’ CAPITOLO (al passato) Quel primo giorno della sua nuova vita, passò tra odio e tristezza, dal momento che Ester non smetteva di odiare e, allo stesso momento, compatire suo padre. Per giunta, solo lui e la figlia conoscevano il presunto assassino del reverendo: ma era davvero stato il padre di Ester? Il vero padre non tornava a casa, e perciò la verità, per Krono, rimase per sempre insoluta. La prima emozione riscoperta fu la disperazione: sentirsi così disprezzato da quell’adorabile creatura che qui, ora, rappresentava il suo seme, lo faceva letteralmente crollare. Ma non durò a lungo. Quando si decise a reagire, sfoderò l’arma della seduzione, benché Krono non sopportasse ottenere le cose in maniera indiretta: questo non è infatti nella sua originaria natura. Ebbene, le mostrò come tempo passato e futuro si sovrappongano su due piani di due dimensioni differenti, quella di ciò che si dissolve, e quella di ciò che si genera, e come le due dimensioni, insieme ai due tempi reali (cioè in corso), si mescolino per dare una visione completa degli eventi che altrimenti rimarrebbero nascosti. Per fare questo, le formulò parole che innescarono, insieme ad un particolare allucinogeno terrestre -di cui Krono, nei tempi remoti dell’umanità, si era servito in svariate occasioni- la visione dei due tempi nell’immaginazione visiva della ragazza: poteva vederli, apparivano come specchi da cui scaturivano grida, gesti, lacrime, morte, dolore, nascita, bellezza, e tutto ciò che di rilevante una vita mortale possa conoscere. Ester, in ogni caso, non poteva decifrare quell’afflusso di sensazioni, né in realtà avrebbe potuto reggerlo, se Krono non l’avesse assistita. Le spiegò che quell’immenso piacere e quell’immenso dolore che lei riusciva a provare altro non fossero che conseguenze dello scorrere del tempo e del suo rimescolarsi continuamente, passando da uno specchio all’altro, da una dimensione ad un’altra: ciò che si nascondeva sotto al caos degli eventi era decifrabile solamente da Dio, così le disse Krono. Ester rimase in stato d’allucinazione per due giorni, a vagare insieme al presunto padre in cerca di un mutamento nello scorrere degli eventi, in cerca di giustizia per il delitto commesso dal padre, e soprattutto in cerca di un’esperienza che cambiasse la triste sorte del Tempo. “ Mia dolce Ester, guarda che cosa ha fatto la sorte a questo pianeta: sai perché lo ha fatto? Perché la sorte è addirittura più triste e monotona del tempo, o meglio, di Dio. Tu credi davvero che quell’uomo facesse un bene agli esseri viventi, nel predicare una falsa verità e nel costringere le menti umane a credere in un falso dio? No, Ester, no… Quell’uomo ha contribuito alle ingiustizie della sorte, ha oltraggiato il tempo, passato e futuro! Per tutta la sua vita, come molti altri, non ha fatto altro che raccontare bugie, veicolare ordini inventati dalla vostra patetica specie per ingannare la realtà: la realtà è che non sarete mai divini, siete mortali, e tali rimarrete, per vostra intrinseca natura! Non c’è alcun dio che, se adorato, possa rendervi migliori: per voi mortali, dio semplicemente, non esiste, cara Ester, così come per gli immortali non esistete voi, le vostre realtà, le vostre peculiarità e le vostre esigenze. Ma a differenza vostra, l’immortale può eludere le barriere dimensionali, e così entrare a contatto con voi: ma mai, mai per un immortale, avrà consistenza, o importanza alcuna, un mortale! E’ questa l’intrinseca natura di dio!”, e mentre parlava, si accorse che per la prima volta, Krono aveva mentito a sé stesso: Ester, una mortale, aveva importanza, perché riusciva a mutare lo stato d’animo del dio, ma come si spiegava? A Krono non era mai accaduto prima d’ora che il suo stato d’animo venisse modificato a livello profondo da un essere mortale. Di nessun mortale ebbe mai pietà; per nessun mortale ebbe mai un debole; nessun mortale lo rese felice. Il massimo che un mortale potesse fare per Krono era sempre stato il puro intrattenimento. Che cosa stava accadendo? E come aveva potuto non rendersi conto prima che qualcosa in lui era mutato, oltre alla sua dimensione fisica? Era come se Krono avesse mutato anche la propria natura, o meglio, la propria consapevolezza divina, dal momento che non si era nemmeno reso conto di essere divenuto, anche interiormente, un mortale: era certo accaduto qualcosa che non rientrava nelle sue competenze. Ester rimase interdetta dalle parole del padre, le sembravano totalmente assurde dette da lui, tradizionalista cristiano che non accettava nemmeno l’omosessualità… e poi, si era preoccupata quando l’aveva sentito parlare del genere umano in seconda persona, escludendo sé stesso dalla predica, come se non lo fosse pure lui: le chiese stupita se non fosse impazzito, che cosa stesse accadendo, e come aveva fatto a pensare tutto questo, e perché ne fosse improvvisamente così certo, quando da sempre si professava cristiano:” Non credi più in dio? Ma che succede, papà? Sei cosi strano ultimamente, e perché sono ore che non comprendo che cosa sento, né che cosa stiamo facendo? Quante ore dall’ultima volta che abbiamo dormito? Io sento che sto per svenire, e tu ora ti riveli uno schizofrenico. A proposito, forse è ereditario, non mi sento per nulla sana di mente in questo momento: che cosa mi hai fatto, papà?”, Ester scuoteva i suoi neri riccioli nel pianto, mentre parlava e gridava a Krono, era terrorizzata e su di giri, si voltava in ogni direzione per capire gli orizzonti che vedeva. Ma non li capiva. “Ti ho fatto ingerire una sostanza naturale che aumenta le tue percezioni sensorie, dandoti queste sensazioni che senti da… Almeno 30 ore: ma non spaventarti, sei sanissima, intelligente, e immaginativa, puoi farcela, ancora poche ore, e tutto sarà finito. Nel frattempo… Divertiti ancora finché puoi!”. Il cammino non era infatti ancora finito, per Ester. Krono aveva in mente un piano per lei, da vero falso-dio umano: le avrebbe mostrato tutto ciò che la ragazza doveva riscoprire nella sua natura pulsante e viva, per farle capire quanto più delittuosa fosse la professione del prete piuttosto che un assassinio. Già, perché Krono considerava una fortuna essere mortali: altro che divinità e aldilà eterni! “Che noia, Ester, l’immortalità e la natura divina: come si può aspirare ad essa? Come, il genere umano, può voler fuggire dalla sua piccola e mutevole vita? Ma ora torniamo al villaggio, ed organizziamo un banchetto: tutti sapranno quanto bella sia la vita senza dio, senza eternità”, e s’incamminarono, attraverso la distesa di terra secca, i campi bruciati, le aziende elettriche e metallurgiche, le autostrade abbandonate e le piante spinose. All’improvviso, uno scorpione di dimensioni discrete sgattaiolò da sotto terra, uscendo fuori da una buca che aveva attirato lo sguardo esterrefatto di Ester, che, come vide lo scorpione, cominciò a cantare, osservando il cielo, un lamento, poiché i lampioni artificiali le impedivano da sempre di riconoscere la costellazione dello scorpione: “ papà, hai visto quello scorpione? Com’era grosso, e fiero, vorrei essere come lui”, “Ma cara Ester, sbaglio o sei proprio della sua specie?”, al che, Ester rispose con un movimento pantomimico delle braccia, e della faccia. Ora era davvero uno scorpione anche lei, e portava con orgoglio un pungiglione immaginario dietro la schiena. Il lamento ch’intonava la fanciulla era poetico, articolato, sorprendente: da dove le uscivano tali parole? Krono si meravigliò, dopo tanto tempo, dell’immaginazione umana, del linguaggio umano, così complesso e preciso, così ricco, che nessun’altra specie nell’universo possedeva. Anche, notò con piacere che la figlia aveva una voce carezzevole.
   
 
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