Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Rivaille_02    17/06/2017    2 recensioni
«Sono Levi Ackerman, il vostro professore di educazione fisica. Vi anticipo che, alla fine di tutte le lezioni, dovrete pulire la palestra. Anche se non ci sarò le ultime ore, dovete pulirla. Ci siamo capiti, mocciosi?» spiegò severo. Il professor Levi era un maniaco della pulizia. Non c’è stata classe che non abbia pulito la palestra quando c’era lui.
«Sì prof!» risposero i ragazzi intimoriti dall’insegnante. Solo Eren sembrava non averne paura. Al contrario, quando i loro sguardi si incrociarono, arrossì.
Genere: Sentimentale, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Armin Arlart, Eren Jaeger, Levi Ackerman, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo
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«Eren» chiamò una giovane ragazza dai capelli neri. «Eren, devi svegliarti» scosse il fratello che stava ancora dormendo.
«Mika…sa?» il ragazzo finalmente aprì gli occhi. Avendo riconosciuto la sorella, si alzò velocemente abbracciandola. «Mikasa! Per fortuna stai bene! Allora “quelli” non ti hanno fatto niente!». La sorella non era affatto sorpresa, anzi, ci era abituata.
«Eren» lo chiamò di nuovo.
«Cosa?».
«Non c’è tempo di sognare i titani. Bisogna andare a scuola» disse seria lei. Eren la guardò stranito.
«Scuola? Ma se dobbiamo combattere i giganti!» esclamò. A quel punto, Mikasa gli fece vedere il calendario e lo fece preparare velocemente: non era mai arrivata tardi da nessuna parte.
«Oh, Eren! Ti sei svegliato finalmente» la madre tirò un sospiro di sollievo mentre il figlio prendeva una fetta di pane così da mangiarla durante il tragitto.
«Sì mamma, e sono riuscito a uccidere il mio primo gigante!» esclamò Eren fiero di sé.
«Quando inizierai a capire che la vita non è un anime e che i giganti non esistono?» il padre si era arreso ormai. Da quando Eren aveva incontrato Armin, iniziò a confondere la vita reale con i suoi sogni. Per questo ogni giorno, quando Mikasa lo svegliava, la poverina doveva subirsi una nuova preoccupazione da parte del fratello.
Prima di andare a scuola, i due andarono a prendere Armin, il loro amico d’infanzia. Suonarono il campanello e li rispose suo nonno, che andò a chiamarlo.
«’Giorno!» li salutò il ragazzo cercando di nascondere la sua faccia assonnata. «Scusate se vi ho fatti aspettare...non riuscivo a svegliarmi...» abbassò la testa arrossendo.
«Tranquillo Armin! Non sei l’unico addormentato stamani!» lo rassicurò Eren ridendo.
«Esatto. E ora sbrighiamoci che non voglio arrivare tardi il primo giorno di scuola» Mikasa assunse un’espressione seria e anche un po’ inquietante. I due ragazzi capirono subito che non era il tempo di chiacchierare.

Arrivati a scuola, i tre controllarono i fogli delle classi per vedere in quale erano capitati.
«Dannazione!» esclamò Eren infastidito. «Non riesco a vedere niente!».
«Mikasa, tu riesci a leggere qualcosa?» chiese Armin alla ragazza. Rispose con un “no” secco. A quel punto, il ragazzo propose ad Eren di prenderlo sulle spalle per avere una visuale migliore.
«Se qualcuno deve salirgli sulle spalle, quella sono io» Mikasa era sempre gelosa di suo fratello. Guai a chi lo toccava!
Armin era impaurito dalla ragazza. Ogni volta che voleva fare qualcosa con Eren, Mikasa si intrometteva sempre.
«Dai, Mikasa…perché devi essere gelosa anche di Armin?» Eren si avvicinò al biondo mentre la ragazza si arrese.
Una volta su, Armin poté vedere i tanto desiderati fogli.
«Siamo nella stessa classe!» esclamò felice Armin, attirando l’attenzione di tutti. «E io che pensavo che i fratelli li dividessero...». Eren scoppiò a ridere.
«Armin...io e Mikasa non siamo veri fratelli, lo sai» gli ricordò. Mentre il biondo scendeva, si avvicinò un ragazzo che sembrava il solito delinquente di turno.
«Ehi, come ti chiami?» si appoggiò alla spalla di Mikasa.
«Dimmi prima chi sei e che intenzioni hai». Il ragazzo si mise davanti a lei ignorando Eren che si stava avvicinando minacciosamente.
«Jean Kiristein e quest’anno frequenterò la 1°E. Tranquilla, non ho cattive intenzioni...è solo che sei carina e...» mentre pronunciava quelle parole si sentì arrossire. I ragazzi lo guardarono sorpresi.
«Jean, giusto?» si intromise Eren. Armin, sapendo le intenzioni dell’amico, cercò di tenerlo fermo, senza successo. «Sei nella nostra stessa classe e...».
«E la campanella sta per suonare. Eren, andiamo» finì Mikasa prendendo la mano del fratello. Jean si innervosì e,  afferrando il colletto del ragazzo, urlò: «Quanto sono geloso! Ma sta tranquillo che prima o poi quello a cui prenderà la mano sarò io, moccioso!». Si girarono tutti verso di loro.
«Ma che problemi hai?» disse Eren scacciandolo.

Arrivati in classe, tutti si sedettero e aspettarono l’arrivo del professore.
«Ehi, Armin!» lo chiamò Eren mettendosi a sedere sul suo banco. Il biondo arrossì. «Che c’è? Perché sei arrossito?».
«E-eh? Ah, no, ecco...» il ragazzo abbassò la testa dall’imbarazzo. «C-che volevi dirmi, Eren?» la rialzò di scatto cercando di sorridere normalmente, come se davanti a lui ci fosse il suo migliore amico d’infanzia e non il ragazzo che gli piaceva.
«Volevo chiederti se dopo le lezioni volevi andare a fare un giro per i negozi...ho visto che ne hanno aperto uno nuovo e volevo andarci con te».
«Certo che sì! Sai anche che tipo di negozio è? Una fumetteria o una sala giochi?» Armin era emozionato all’idea. Eren gli sorrise.
«Perfetto allora» il ragazzo stava per andarsene quando il biondo lo fermò afferrandogli la giacca della divisa scolastica.
«Eren...» arrossì di brutto, ma non smise di guardare il suo amico negli occhi. Era deciso. «Ecco...non è che...» si interruppe vedendo che aveva attirato l’attenzione di tutta la classe.
«Non è che...?» il castano lo invogliò a continuare. Armin abbassò la testa e mollò la presa. Non poteva dirlo davanti a tutti.
«Niente, lascia perdere...» si arrese.

A un certo punto entrò una persona, forse uno studente data la sua statura.
«Ehi, tu! Menomale che non c’è ancora il professore, sennò ti beccavi una sgridata!» gli urlò Jean dall’ultimo banco facendo il gradasso.
«Questo dovrò dirlo io a te nei prossimi giorni, Jean...» gli rammentò Marco, il suo migliore amico. Loro due erano l’opposto. Uno era un donnaiolo che faceva di tutto pur di avere una ragazza; l’altro era un ragazzo tranquillo e socievole a cui non piaceva mettersi in mostra.
Il ragazzo che era appena entrato si sistemò alla cattedra, lasciando i presenti stupiti.
«Primo: non sono uno studente ma un professore» iniziò lanciando uno sguardo severo agli studenti, che si misero immediatamente a sedere.
«Secondo» continuò sedendosi. «Scommetto che non mi abbiate riconosciuto, data la scenata di prima. Dico bene, Kiristein?» chiese conferma al ragazzo, letteralmente impaurito dal suo sguardo. Il professore sospirò.
«Sono Levi Ackerman, il vostro professore di educazione fisica. Vi anticipo che, alla fine di tutte le lezioni, dovrete pulire la palestra. Anche se non ci sarò le ultime ore, dovete pulirla. Ci siamo capiti, mocciosi?» spiegò severo. Il professor Levi era un maniaco della pulizia. Non c’è stata classe che non abbia pulito la palestra quando c’era lui.
«Sì prof!» risposero i ragazzi intimoriti dall’insegnante. Solo Eren sembrava non averne paura. Al contrario, quando i loro sguardi si incrociarono, arrossì.
Levi fece l’appello per riconoscere i suoi alunni.
«Ackerman Mikasa» il professore non fece notare il suo stupore nel vedere che qualcuno, nella sua classe, avesse il suo stesso cognome. Pensò fosse solo una coincidenza, anche se era molto raro.
«Sì» rispose la ragazza alzandosi in piedi. Pur essendo Aprile, indossava ancora la sua preziosa sciarpa rossa. Gliel’aveva regalata Eren quando la salvò da due delinquenti. Da quel momento, non se la tolse se non per fare il bagno.
«E’ stupenda...» mormorò Jean guardandola. Marco lo guardò esasperato: quando vedeva una ragazza carina, cercava sempre di conquistarla, senza successo.
«Arlert Armin» continuò Levi.
«Presente, prof!» rispose deciso il biondo, come se l’insegnante fosse un capitano.
«Blouse Sasha».
«S-sì!» rispose la ragazza continuando a mangiare un onigiri, il suo cibo preferito. Il professore la guardò male.
«Tu, ragazzina» la chiamò. Ebbero tutti paura. Sasha si guardò intorno e diede un altro morso all’onigiri.
«Ehi, sto parlando con te!» Levi sbatté le mani sulla cattedra facendo sobbalzare tutti. La ragazza si convinse a guardarlo. «Dopo ti faccio fare dieci giri del campetto da calcio».
«Perché? E’ solo un onigiri...se vuole gliene do metà...» propose Sasha spezzando il suo amato cibo in due, tendendone una metà all’insegnante, che rifiutò.
«Ora come ora, vorrei solo del tè. Chiudiamo qui la discussione, continuiamo l’appello» rimise gli occhi sul foglio. «Bott Marco».
«Sì!» il ragazzo si alzò in piedi con orgoglio. Era felice di avere Levi come professore, dato le voci che giravano su di lui. Si diceva che, grazie ai suoi consigli, tutti gli studenti che aveva, anche i delinquenti, erano passati. Voleva quindi approfittarne sia per se stesso che per Jean.
«Braun Reiner».
«Presente!». Reiner, insieme ai suoi due amici Bertholdt ed Annie, era stato bocciato per le troppe assenze. Odiava la scuola. Ci andava solo per il club di rugby, di cui faceva parte.
«Ti ho già visto l’anno scorso, vedi di promuovere quest’anno. Non voglio avere un delinquente come te un anno di più in questa scuola» lo avvertì Levi, che l’anno precedente aveva avuto la sfortuna di conoscerlo durante una supplenza. Il ragazzo rispose con un “sì” deciso.
«Hoover Bertholdt».
«Sì!» rispose alzandosi in piedi. Si stupirono tutti della sua altezza: era il più alto della classe.
«La stessa cosa vale anche per te».
«Sì prof!».
«Jaeger Eren» quel cognome sembrava gli sembrava familiare.
«Presente, prof!» il ragazzo si alzò in piedi deciso. Levi lo scrutò attentamente per vedere se si ricordava di lui, ma non ci riuscì. Eren arrossì al solo contatto visivo con il professore.
«Il tuo cognome mi suona familiare, ragazzino» decise alla fine di togliersi quel dubbio.
«Sono il figlio del Dottor Jaeger. Forse è per questo...» rispose lui.
«Okay. Ora ricordo dove l’ho sentito» continuò. «Mi aspetto grandi cose dal figlio del Dottore, quindi ti terrò d’occhio».
«Sì!».
«Kiristein Jean».
«Sì prof...».
«Fermo! Non alzarti. So già chi sei. Terrò d’occhio anche te, data la scenata di prima». Jean finse di non avere paura, mentre in realtà ce ne aveva tanta. Dopotutto, era il professor Levi.
«Leonhart Annie. Le stesse cose di Braun e Hoover» non la fece nemmeno alzare. Rispose “sì” con aria scocciata.
«Reiss Historia. Sei per caso di famiglia benestante?».
«Sì, prof» rispose la ragazza alzandosi. L’insegnante annuì. Historia era la più bassa della classe, ma anche la più carina. Tanto che Reiner le mise subito gli occhi addosso.
«Springer Connie».
«Eccomi, professore! Connie Springer in carne ed ossa!». Era il solito simpaticone di turno.
«Ymir...perchè non c’è scritto il cognome?» Levi era confuso.
«Non ho un cognome. Non so nemmeno chi siano i miei genitori. So solo che mi hanno chiamata Ymir» si alzò. Poi, guardando Historia, disse: «E guai a chi tocca la mia Historia! Sposami una volta finita questa noia!». Ymir era un’altra bocciata per le troppe assenze. Levi era scioccato. Uscì per primo dalla classe.
«Ricapitolando...abbiamo una mia parente che non ho mai incontrato, uno che mi sembrava una ragazza con quei capelli a caschetto, una mangiona, uno che sembra normale, quattro bocciati, uno che arrossisce appena lo guardo, uno che vuole fare il gradasso, una ragazza che sembra apposto e un idiota...» sospirò rimettendo il foglio con tutti i nomi nella sua borsa. «Questa classe mi farà impazzire...».
   
 
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