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Autore: Choi Yume    18/06/2017    0 recensioni
È notte fonda. Nel cielo, di un intenso blu scuro e rischiarato appena dalla pallida luce della luna, non risplendono stelle...
Quante leggende iniziano così? Quante volte si è sentito parlare di malvagie creature che strisciano nell'oscurità? Ma se c'è qualcosa di bello nelle leggende e nelle loro molteplici versioni, è che nessuna è mai completamente vera o completamente sbagliata.
Esistono davvero creature che escono allo scoperto solo dopo il tramonto, non perché hanno paura del Sole, ma perché nella notte scura e profonda sono in grado di cacciare con più facilità: d'altronde anche loro hanno bisogno di nutrirsi.
I vampiri sono capaci di muoversi con destrezza nelle tenebre. Nati millenni di anni fa, su di loro esistono diverse leggende, alcune false, insulse, basate su dettagli puramente inventati. Sono bestie che per sopravvivere sì, si nutrono del sangue umano, ma non temono il sole e non hanno lunghi canini. Non è vero che nelle loro vene non scorra sangue e che non possano nutrirsi dei propri simili. Altri miti però dicono il vero: hanno sensi più sviluppati degli uomini, una forza sovrumana e hanno il potere di trasformare gli uomini con un morso. È vero anche che prima di attaccare i loro occhi diventano
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Youngjae, Zelo
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 2

Junhong dormiva nel suo sfarzoso letto a baldacchino, era mattina e lui come nella più vecchia delle leggende dormiva, un sonno del tutto privo di qualsiasi forma di sogno, i vampiri non erano in grado di sognare. Ma non si sarebbe potuto dire che quello fosse un sonno tranquillo. Sentiva, tra il sonno e la veglia, una spiacevole sensazione, come quando senti che c’è qualcuno che ti segue, quella sensazione  di avere un lungo ago  infilato al centro esatto delle spalle. Provò ad ignorarlo girandosi su un fianco, nascondendosi il più possibile sotto il piumone, ma servì davvero a poco, quella fastidiosa sensazione era ancora lì. Non importava quanto si rigirasse, quanto cercasse di allontanare i pensieri, ormai quella sensazione l’aveva svegliato del tutto.
Aprì gli occhi irritato. Di certo non si aspettava di trovarsi due grandi occhi scuri che lo fissavano a un millimetro dai suoi. Si morse un labbro per trattenere l’istinto poco virile di urlare per la sorpresa.
«Buongiorno» disse un ragazzo appeso a testa in giù dal suo letto a baldacchino. I capelli neri scendevano come una cascata che partiva dalla testa, gli occhi grandi e allegri con delle borse al di sotto, un neo sotto un occhio e le labbra molto carnose piegate in un sorriso al contrario.
«Cosa diavolo ci fai tu qui? E soprattutto perché sei appeso a testa in giù?» disse con tono forse un po’ più isterico di quello che avrebbe voluto.
«Aspettavo che ti svegliassi». L’altro continuava a fissarlo incurante come se stesse facendo la cosa più normale del mondo.
Junhong si girò dal lato opposto «Scendi da lì dannazione» bofonchiò contro il cuscino.
Il ragazzo ridacchiò facendo quello che gli era stato detto «Fifone» sussurrò     mentre si riportava nel suo campo visivo.
«Sta zitto» disse sedendosi al centro del letto per poi passarsi una mano tra i capelli scompigliandoli più di quanto non fossero già in precedenza.
«La verità ti fa male Junhong-ah?» .
Il ragazzo finse di non aver sentito, cosa praticamente impossibile per il suo udito da vampiro. «Cosa sei venuto a fare Daehyun-hyung?».
«Ma come…» disse facendo una pausa drammatica «Non ricordi che giorno è oggi futuro re dei vampiri?». Lasciò la sua testa penzolare da un lato per mostrare una teatrale dolcezza e confusione.
Lui lo guardò per un po’ cercando di ricordare quel qualcosa  che stava di certo dimenticando.
«Nulla?» chiese il moro davanti a lui assumendo stavolta un espressione alquanto scocciata.
Il ragazzo dai capelli neri scosse la testa.
«Ragazzini» sospirò l’altro con fare paterno «Oggi devi andare tra gli umani, ricordi?».
«Oh…quello» pronunciò Junhong facendo poi sbattere di nuovo la schiena sul materasso fissando le tendine  del suo letto.
«Già quello» gli fece eco l’altro. «Ricordo quando dovetti farlo io» disse con un pizzico di nostalgia guardando verso l’alto. «Fu terribile» esclamò poi tornado serio «Tutte quelle prelibatezze che ti circondano con il loro odore inebriante e tu non puoi nutrirti». Si passò la lingua sulla labbra piene «Una vera e propria tortura».
Il ragazzo si limitò a guardarlo senza fiatare, mentre il petto nudo si alzava e abbassava ritmicamente, perché sì, anche i vampiri respirano, in realtà solo per ossigenare il loro sangue e non farlo marcire nelle loro vene, ma dovevano comunque. Era abituato alle stranezze di Daehyun, alla sua fame insaziabile, era un vampiro sangue puro anche lui, uno dei più golosi ancora vivi.
«Ma per te sarà uno scherzo vedrai» gli disse sorridendo «Tu sei allergico a quella prelibatezza».
«Mi fa venire la nausea e sarò circondato da quell’odore tutto il giorno, proprio uno scherzo» disse distogliendo lo sguardo.
«Non sai che ti perdi Junhong-ah» disse leccandosi le labbra mentre un’inquietante luccichio rossastro attraversava le sue iridi.
«Bevo sangue ugualmente, sono un vampiro, solo che bevo quello dei miei simili».
Daehyun abbasso il capo quel tanto che bastava perché la frangia scura gli coprisse gli occhi mentre un ghigno raccapricciante si faceva spazio sulle sue labbra «Tu non capisci, il loro sangue è diverso, è dolce, scorre veloce nelle loro vene quando si fanno prendere dal panico per il morso, la loro pelle è morbida calda, vorresti morderli ovunque, ovunque c’è sangue che ristagna, anche quando sono ormai morti e il loro sangue non circola più. Ma la parte migliore è quando lo senti, quando senti il loro cuore che lentamente smette di battere e senti la loro anima, la loro vita, ne senti il gusto sulla lingua, gli umani sono così fragili Junhong-ah».
Quel discorso suonò raccapricciante persino a lui che quando mordeva qualcuno non sapeva controllarsi, inebriato dal potere e finiva per prosciugare completamente la sua vittima di turno.
«Ora mi alzo» disse continuando a non guardarlo, tenendo lo sguardo fisso nel vuoto.
«Sbrigati» disse solo per poi uscire dalla stanza, come era entrato, senza che lui se ne accorgesse.
Junhong sospirò mettendosi a sedere di nuovo. Aveva sentito storie di vampiri che erano impazziti dopo aver vissuto per un po’ come umani, era il loro odore, il profumo di sangue vivo che emanavano, dicevano molti, lui sapeva che quell’odore in lui non avrebbe fatto scattare la loro stessa voglia di mordere, ma era preoccupato lo stesso; non aveva mai vissuto in mezzo agli altri, era sempre stato in quella stretta cerchia di sangue puro, i pochi rimasti; molti ora erano mezzo sangue e trasformati.
La razza vampira nei secoli era andata sempre più mescolandosi con gli umani, generando i mezzo sangue, figli nati da un vampiro e un trasformato o tra un vampiro e un umano (cosa in realtà molto rara dato che gli umani non potevano reggere il feto di un vampiro, li avrebbe divorati dall’interno); poi c’erano i trasformati, persone nate umane, ma trasformati in vampiri, questa è una capacità che solo i sangue puro hanno, perché per trasformare un umano in un vampiro occorreva bere metà del suo sangue e fargli bere il proprio, ma il sangue in questione è contaminato da cellule di origine umana tutto il processo era inutile. Ecco perché i sangue puro erano i vampiri più temuti, non solo perché più potenti, ma anche perché potevano facilmente creare un esercito; perché ogni trasformato perde la propria volontà e diventava schiavo, un burattino pronto a fare tutto per il suo padrone.
Si alzò dal letto dirigendosi verso il bagno, non soffriva dell’aria fredda del primo mattino o del pavimento gelato contro le piante dei piedi, lui era il primo ad essere freddo e completamente perso nei suoi pensieri per accorgersi di qualsiasi cosa.
Youngguk passò a prenderlo circa un’ora dopo mentre lui già pronto imprecava contro Daehyun che l’aveva svegliato decisamente troppo presto.
Quando il maggiore entrò nella sua stanza gli chiese sarcasticamente se avesse deciso di mettersi a recitare qualche preghiera ad un Dio che non esiste per entrare nell’ottica umana, ma il «Fanculo anche a te» pronunciato dal più puìiccolo gli fece dedurre che l’altro aveva iniziato la giornata alzandosi dal lato sbagliato del letto.
Non si dissero molto mentre raggiungevano la macchina nera di Youngguk, il maggiore capiva l’inquietudine del più piccolo c’era passato anche lui quando aveva la sua età, forse anche più piccolo, ma lui aveva avuto altre interazioni prima con gli umani lui no, forse solo da piccolissimo prima che subentrasse la malattia.
«Le regole le conosci no?» chiese stringendo la stoffa dei suoi pantaloni mentre un’autista li accompagnava nel centro città.
«Mai rivelare la mia natura. Se voglio una schiava o uno schiavo che sia qualcuno di lontano dalle persone che sarò costretto a frequentare, per non destare sospetti. Non dovrò nutrirmi di esseri umani, e questa è facile. Dovrò vivere completamente isolato dalla comunità finché i miei istinti non saranno del tutto frenati e sarò in grado di stare tra gli umani senza provare il desiderio di uccidere. Dimentico qualcosa?». Se ne stava con il gomito puntellato su una coscia avvolta da dei jeans stretti mentre guardava fuori dal finestrino con aria disinteressata, si chiedeva ancora a cosa servisse tutto quell’inutile rituale.
«E non provare a usare trucchetti come startene chiuso in casa tutto il giorno, devi vivere tra gli umani».
«Lo so, lo so» sbuffò per l’ennesima volta. «Tanto li avvertirei lo stesso, loro e il loro odore». Non si rivolsero la parola per il resto del viaggio.
 
L’avevano sistemato in un piccolo appartamento, non c’era molto; una stanza da letto con un letto a due piazze e un piccolo armadio, un bagno senza vasca, ma con una cabina doccia e una cucina con il frigo ovviamente vuoto che poi dava sul piccolo salotto con lo stretto indispensabile per vivere. Era tutto minuscolo se si prendeva in considerazione casa sua e lo sfarzo a cui era abituato, ma non gli importava, non avrebbe dovuto viverci per sempre.
Sospirò grattandosi la nuca. Ormai c’era dentro ed era solo. Doveva fare mente locale.
 
Kaori correva per le strade imprecando a denti stretti. Youngjae l’aveva avvisata qualche giorno prima che avrebbe avuto un esame e che quindi sarebbe uscito prima senza aspettarla; le aveva detto mille volte di impostare la sveglia che non faceva altro che prendere polvere sul suo comodino ( sveglia che proprio lui le aveva regalato), le aveva mandato un messaggio la sera prima, ma lei ovviamente se ne era completamente dimenticata, come se quelle parole le fossero entrate da un orecchio e le fossero uscite dall’altro. Maledisse prima se stessa, poi il tempo, poi l’università e infine Youngjae che non era lì a darle della stupida.
Aveva lezione alle dieci e si era svegliata esattamente alle nove e quarantacinque minuti per colpa di un incubo, ma non sapeva che quando aveva aperto gli occhi il suo vero incubo avrebbe preso forma.
Era corsa per la strada rischiando di essere travolta o investita più volte, ma lei era così presa dalla sua corsa contro il tempo che non se n’era nemmeno resa conto.
C’erano state volte in cui aveva saltato le lezioni, chiunque l’ha fatto almeno una volta nella vita è la cosa più ovvia e sciocca che ogni ragazzino fa, ma ora lei stava crescendo e aveva bisogno di quella presenza per andare avanti, quello era un corso obbligatorio che le sarebbe valso un voto e non poteva assentarsi proprio alla prima lezione.
Andò a sbattere contro qualcuno, fu uno scontro violento, probabilmente dettato dal fatto che lei stesse correndo come una furia, fatto sta che cadde rovinosamente al suolo.
«E sta più attendo a dove vai» disse rivolta al ragazzo alto, altissimo che si trovava davanti che ora la guardava sorpreso sbattendo più volte le palpebre. Con le mani infilate nelle tasche del suo cappotto blu, non le aveva nemmeno offerto una mano per farla alzare si era limitato a fissarla.
«Coglione» sibilò a denti stretti per poi alzarsi e spazzolarsi i jeans con la mano «E levati dalle palle, sono di fretta» disse spintonandolo di proposito con una spalla. Il ragazzo non si mosse di lì.
 
Aveva deciso di farsi un giro per il centro città, prima si sarebbe abituato prima sarebbe tornato a casa, ma era più difficile di quello che pensava, anche camminare in mezzo agli altri gli era complicato, sentiva mille voci assieme e quell’odore forte, pungente e metallico di sangue gli faceva venire la nausea era come l’odore di un cadavere in putrefazione per le sue narici, gli venivano conati mentre camminava, provava a concentrarsi sui suoi piedi che si muovevano passo dopo passo per non pensarci, si sarebbe abituato anche a quello si ripeteva.
Mentre camminava qualcuno gli finì addosso. Era così concentrato su altre cose che non si era minimamente accorto di lei. Era caduta in terra e ora lo guardava dal basso imprecando contro di lui, mentre lui invece era rimasto paralizzato. Aveva uno strano odore, quella piccoletta. La ragazza si alzò continuando ad insultarlo e lo spintono poco prima di ricominciare ad andare per la sua strada.
Junhong restò fermo lì, a guardarla finché la sua figura non scomparve davanti ai suoi occhi.
Sentiva ancora quello strano odore, quello che emanava la ragazza, dolce, dolcissimo ma allo stesso tempo era certo che c’era anche qualcosa come se profumasse di agrumi, lievemente acido. Non importava quanto camminasse, quanto lontano da lei fosse, continuava a sentirlo e non erano gli altri o l’aria o qualche oggetto, né tantomeno se stesso, lo sentiva nelle sue stesse narici, quell’umana aveva un profumo che lui non aveva mai sentito in vita sua.
 
Per i vampiri ogni essere umano ha un odore diverso che dipende da molti fattori: può dipendere dalla fluidità del sangue, da quello che gli umani mangiano, dai livelli di proteine, globuli rossi o lipidi; può dipendere da fattori ambientali o da alcune malattie. Attraverso il loro odore un vampiro può scegliere se il sangue di un umano è appetitoso o meno, ma questo a Junhong non era mai successo, non aveva mai dovuto riflettere se valesse o meno la pena di mordere qualcuno, per lui avevano tutti lo stesso odore di rancido, ma non era sempre stato così. Da bambino beveva sangue umano, prima che si ammalasse e ricordava il loro odore, un odore dolce e pulsante di vita. Poi era subentrata quell’inusuale allergia e la sua salute era diventata cagionevole, solo il sangue vampiro lo faceva stare meglio; aveva iniziato a disdegnare gli umani e a distinguere gli odori diversi di ogni vampiro che dipendeva in gran parte dai loro poteri e non dalle componenti del sangue, ma ne era certo, un odore così dolce non l’aveva mai sentito in vita sua.
Non riusciva a smettere di pensarci, non era mai stato così attratto dall’odore di un umano, specialmente se non era affamato.
Continuava a rigirarsi nel letto mentre dormiva, sentiva ancora quell’odore attaccato alla pelle, riusciva a sentire solo quello mischiato a milioni di odori rancidi e metallici, continuava a girarsi mentre la coperta che aveva addosso continuava a scivolare verso le gambe. Non ricordava il viso di lei, ma ricordava il battere frenetico del suo cuore, forte eppure distinto, gli rimbombava nelle orecchie thump thump thump. Non era una vampira, non era quello l’odore di un vampiro eppure per un secondo gli era sembrata così…buona. La testa si conficcava nel cuscino troppo sottile mentre le goccioline di sudore scendevano lungo la pelle lattea. Più ci pensava più provava il malsano istinto di morderla, stava lottando per trattenere le zanne nelle gengive. Inarcò la schiena contro il materasso quasi come preso da un vero e proprio dolore fisico. Serrò i denti scattando a sedere al centro del letto con i talloni conficcati nel materasso, le ginocchia bianche erano leggermente piegate verso il busto, lasciate scoperte a causa delle lenzuola ormai cadute sul pavimento ai piedi del letto, la pelle bianca madida di sudore rendeva la pelle lucida alla luce artificiale della città che entrava dalla finestra; un ringhio basso e una mano sul volto per scacciare i ciuffi nerastri attaccati alla fronte. I suoi occhi erano rossi.
Rimase in quella posizione, seduto sul letto, almeno finché i suoi occhi non tornarono ad essere neri poi decise che aveva bisogno di una doccia fredda per calmarsi; erano le quattro del mattino.
Fame, quella sensazione era fame, quel profumo gli faceva venire voglia di mordere, di morderla, ma non poteva per due semplicissimi motivi: perché sarebbe quasi sicuramente morto dato che lei era umana e perché era andato a vivere tra gli umani e una delle regole era proprio quella di non mordere nessuno. Diede un pugno al muro di piastrelle azzurrognole del minuscolo box doccia mentre l’acqua gelida continuava a scorrergli sulla pelle sostituendo il sudore; posò anche la testa contro lo stesso muro dove ormai la sua mano chiusa si era aperta ad abbracciare quella superficie fredda e liscia; nella testa ragione e istinto animale si combattevano mentre ascoltava l’infrangersi delle goccioline contro la ceramica del piatto doccia; respirava ancora ringhiando, ma si poteva dire che lentamente si stesse calmando. Era la prima volta che aveva il malsano e insaziabile desiderio di mordere qualcuno, non gli era mai successo neanche quando non si nutriva per lungo tempo e ora, dopo che si era nutrito appena due giorni prima, aveva di nuovo quel desiderio… doveva rivederla.


 
angolo dell'autrice.
sono tornata a pubblicare dopo un bel po' di tempo, ma purtroppo vari impegni mi hanno impedito di farlo.
di sotto l'immagine di come immaginavo Daehyun mentre scrivevo
  
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