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Autore: Lux in Tenebra    19/06/2017    2 recensioni
"Luce e oscurità.
In un mondo grigio, è quasi impossibile definire dove finisca l'una e inizi l'altra.
Un inteccio di anime legate da un filo rosso sangue. Il loro silenzioso patto stretto alla luce della luna e una maledizione antica che consuma tutto ciò che incontra sul suo cammino.
Le tenebre nascondono.
La luce acceca.
Non c'è una via giusta da prendere, solo tante scelte e due anime unite dal caso.
L'umanità si illude di essere arrivata in cima, ma lì, tra gli alberi più alti, nelle foreste più profonde, esistono creature molto più antiche.
Lui vive.
E ha una storia da raccontare.
Riuscirà il sentimento per la donna dagli occhi ambrati a sbocciare?
O avvizzirà sotto il peso di un passato segnato a fondo sulla pelle?"
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Offenderman, Slenderman, Splendorman, Trendorman
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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2. Capitolo

Rosso tra le fronde.”



 

Trascorse molto tempo da quel giorno, le stagioni scivolarono veloci come fulmini che cadevano al suolo nelle notti di tempesta, mentre la natura moriva e rinasceva in un circolo senza fine di cui ero spettatore. Molto lentamente il vuoto in quella radura maledetta minacciava di allargarsi sempre di più. Lo sentivo ogni notte pulsare minaccioso nelle tenebre. Eravamo impotenti purtroppo, nulla di ciò che provammo funzionò, ma questo non bastò ad abbattermi.

Non avrei mai perdonato colui che aveva fatto una cosa simile alla mia casa. Non avevo intenzione di riservagli nessuna forma di pietà semmai l'avessi incrociato sul mio cammino.

Mi fermai per un istante a raccogliere i pensieri, mentre una fredda brezza mi sfiorava le guance. Il rumore dei rami e dell'erba scossa dal vento non erano l'unico suono che riempiva la foresta quella notte. Se ascoltavo abbastanza attentamente, potevo per fino sentire lo zampettio degli insetti che attraversavano lentamente il suolo.

Ero uscito in perlustrazione e stavo setacciando ogni angolo della foresta in attesa di una preda che soddisfacesse i miei bisogni. Ma, in caso non vi fosse entrato nessuno, sarei dovuto uscire per attirarne una nei miei domini. Non lo facevo così spesso come molti credevano, la società "moderna" non era davvero di mio gradimento, preferivo mantenere il più possibile le distanze da essa, ma a volte non avevo altra scelta.

Ripresi ad arrampicarmi su per il tronco di un grosso albero, facendo leva con i viticci color pece sui rami per salire più in fretta mentre quelli si arrotolavano e srotolavano con scioltezza sulla superficie ruvida, scivolando con eleganza finché non raggiunsi la cima.

I raggi lunari mi sfiorarono il viso e parte dei vestiti, illuminando la pelle candida che di lì a poco si sarebbe macchiata di rosso. C'era una densa nebbia che copriva quasi tutta la foresta quella notte ma, piuttosto che un problema, per me era un vantaggio. Ci vedevo alla perfezione anche con quella bianca coltre, individuando facilmente qualsiasi fonte di calore vivo che si fosse azzardata a vagare per quelle terre a quell'ora e avevo il grosso vantaggio di poter girare indisturbato. Il fattore sorpresa non era una cosa da sottovalutare. Ma, con mio grande dispiacere, per il momento non c'era nessuno a parte per un piccolo coniglio che aveva tirato il muso qualche centimetro fuori dalla tana, per poi scomparire nuovamente in quel buco. Mi appoggiai contro il tronco dell'albero con un'evidente senso di delusione che aleggiava nel mio petto.

Era una serata fin troppo tranquilla. Che cosa non avrei dato per movimentarla un po' con del sano terrore umano.

Un verso di frustrazione abbandonò la mia bocca sigillata, facendomi scuotere la testa, mentre il mio stomaco aveva iniziato a gorgogliare silenziosamente. Mancava poco e i morsi della fame si sarebbero fatti sentire con forza, rischiando di perdere lucidità mentale. Erano ancora leggeri, ma sapevo che di lì a poco sarebbero diventati via via più insistenti fino a minacciare il mio senno.

E non volevo che mi capitasse una cosa simile. Uno slender affamato non era mai una cosa buona, da nessun punto di vista possibile o da me immaginabile. Mi spostai veloce, scattando di albero in albero, sperando che sarei stato più fortunato se mi fossi spinto un po' più in là.

Dopo una mezz'ora all'incirca che vagavo nel mio territorio, diretto verso il suo limitare e deciso ad uscire dopo tanti mesi per il bisogno crescente, sentii qualcosa che ne stava varcando la soglia. Una luce oscura illuminò il mio cuore di scatto, rinvigorito da quella nuova speranza. Scivolai fulmineo, mantenendo la mia posizione sulla cima degli alberi per osservare dalla distanza il nostro ospite.

Non c'era più fretta ora che era lì, davanti a me. Non sarebbe fuggito, non finché la cena non si fosse conclusa. Sarebbe stato molto maleducato da parte sua e a me la gente maleducata non piaceva. Ma sarei stato assai prudente. Anche un semplice mortale poteva essere pericoloso con le giuste armi, mi dovevo assicurare che non avrebbe potuto nuocermi in alcun modo. Rimasi in osservazione:

Era un'umana, abbastanza giovane, una come tante della sua specie. Era completamente normale. Non mi fece nessuna strana impressione, ne notai nulla di anormale, ai miei occhi era uguale a tanti altri che, prima di lei, avevano avuto la sfortuna di capitare nel luogo sbagliato al momento sbagliato.

Ma dopotutto, quando la fame inizia a farsi sentire, non esiste altro, bisogna soddisfarla se non si desidera la pazzia. E io non la desideravo ancora.

Non aveva armi pericolose con se, solo uno spray al peperoncino nascosto in una tasca dello zaino che portava in spalla. A dir poco innocuo.

La mia nuova preda, nel frattempo, si stava avvicinando ad una delle mie pagine, incuriosita dalla sua presenza nel bel mezzo di una foresta abbandonata. La sfiorò con le dita, attivandola involontariamente.

"Davvero un'ingenua" pensai, mentre un ghigno mi attraversava il volto e la pelle si contraeva in un'espressione disumana, alzandone i lineamenti fino a formare un sorriso distorto.

Tolse la pagina dal tronco dell'albero, incamminandosi nel folto della foresta a passo lento: era il segnale.

"Si dia inizio al gioco" pensai, preso all'improvviso dall'euforia che la caccia mi provocava mentre le mie pulsazioni aumentavano e i muscoli si contraevano.

La seguii, veloce come il vento, non aspettando altro che quegli istanti da giorni. Percepivo il suono delle foglie secche che venivano schiacciate ritmicamente dalle sue scarpe di tela e il battito del suo cuore pulsare in fretta. Aveva aumentato il passo.

Quel cambiamento mi portò a chiedermi se avesse già inteso che io la stavo inseguendo, ma dal suo corpo rilassato capii subito che non mi aveva ancora notato. Era solo un presentimento, come quello di un topolino che presagisca la sua fine imminente per mano di un gatto ancora celato alla vista, pronto a colpire tra gli arbusti.

Attesi pazientemente che si avvicinasse alla seconda pagina, sorpassandola fino a posizionarmici proprio sopra, nascosto tra le fronde degli alberi, lasciando che i miei poteri la guidassero fino a permetterle di trovarla.

Prese anche quella tra le dita e, con essa, sigillò il suo destino per sempre mentre la gelida morte calava su di lei con le sue ali di tenebra.

Scesi silenziosamente alle sue spalle, sentendola irrigidirsi all'improvviso. Non mi aveva ancora visto, ma qualcosa in lei intuì che ero lì. Quando volevo, la mia presenza non passava di certo inosservata.

Si girò di scatto e, finalmente, mi scorse. Le sue pupille schizzarono nella mia direzione, tremanti, realizzando immediatamente cosa fossi.

Un'espressione di puro orrore le si dipinse sul volto, mentre i suoi occhi si sgranarono di botto. Aprì la bocca, ma invece di gridare, le sue gambe presero il controllo del suo corpo, facendola fuggire via.

Correva come una persona che aveva perso tutto il senno in un colpo solo, incespicando a tratti, chiaramente indecisa sulla direzione giusta da prendere per uscire da lì.

Facevo questo effetto alle persone. Era divertente vedere le loro reazioni di puro terrore variare di volta in volta, mentre i loro sentimenti e pensieri rimanevano immutati. C'era stato un tempo in cui non avrei voluto questo, ma oramai era nel passato.

Ero già alle sue spalle, non importava quanto veloce corresse, non poteva sfuggirmi. Qualsiasi umano non poteva reggere il confronto, erano lenti.

Appena mi vide superarla e fermarmi proprio davanti a lei, cambiò percorso di colpo, cercando disperatamente di ritornare sui suoi passi, ma finendo per perdersi ancor di più tra la nebbia. Sentivo l'odore del suo terrore che mi inebriava l'olfatto, spingendomi a non darle tregua per un secondo.

La paura la stava confondendo, aveva finito per annebbiarle la mente. E un umano che si fa prendere da quei sentimenti ha già perso in partenza.

Trovò la terza pagina per pura fortuna, ma finì per inciampare e cadere al suolo mentre quella le scivolava di mano. Mentre mi avvicinavo a lei, continuava a fissarmi con i suoi occhi ricolmi di paura, strisciando via con una lentezza che la esasperava, aggrappandosi a delle radici con le mani.

Cercò di rialzarsi in piedi, ma era troppo tardi oramai. Anche se avesse provato a fuggire, i suoi movimenti erano troppo fiacchi, non aveva abbastanza tempo per salvarsi. La sovrastai.

"Fine dei giochi."

Pensai, dando inizio al pasto.

L'odore del sangue impregnò quella piccola zona, riempiendomi le fauci di un forte sapore dalla dolcezza inimmaginabile per un umano.

I minuti passarono veloci, mentre il cibo veniva consumato in fretta tra le mie fauci piene di denti affilati. Finii presto, lasciando ben poco al suolo, alzandomi in piedi. Avevo bisogno di lavare via di dosso le rimanenze. Emisi un verso annoiato e raggiunsi con calma il ruscello più vicino.

Allungai il viso fino ad immergerlo nell'acqua cristallina del torrente, sentendo il liquido gelido che scorreva sui miei lineamenti inesistenti, pulendoli lentamente dallo sporco. Non ci volle molto per rinfrescarmi, ma finii per rimanere a fissare il fondo pieno di piccoli ciottoli con lo sguardo neutro. Accadeva spesso in quelle occasioni che smettessi di provare qualsiasi tipo di emozione, sentendo solo un grande ed opprimente senso di vuoto che mi attanagliava il cuore.

"E adesso?" mi chiedevo, abbandonandomi completamente a me stesso.

Immersi anche i viticci per distrarmi da quella sensazione mentre quest'ultimi, a differenza del viso, finirono per rabbrividire in dei piccoli spasmi involontari. Iniziai a spostarli piano piano per scaldarli, osservando i loro movimenti ondulati sulla superficie dell'acqua trasformarsi in tante piccole ondine. Mi rilassava.

Questa volta era stato piuttosto facile, non aveva opposto molta resistenza. Certo, non era stata una sfida molto appagante, ma non ero lì solo per divertirmi. Era per fame. Il resto era solo di piacevole contorno.

L'ululato del vento si fece sentire, scuotendo violentemente le foglie che iniziarono a staccarsi dai rami, posandosi al suolo. Quel suono portò con se qualcosa che non mi sarei mai aspettato di percepire in quell'istante: uno strano profumo di iris si insinuò tra gli altri odori della foresta, come a nascondersi tra di essi con discrezione. Mi voltai in direzione di quella stessa essenza. Non c'erano iris nei paraggi, conoscevo la zona meglio di chiunque altro e sapevo di non sbagliarmi. Fu come un'anomalia che mi fece rizzare la schiena. Mi rimisi la giacca scura, facendola aderire per bene alle spalle.

C'era qualcosa che non andava. Non ero più solo.

Anche se l'usuale segnale non era scattato questa volta per avvisarmi, sentivo che c'era qualcuno, celato ai miei sensi. Il profumo proveniva nella direzione ove rimanevano i resti di quel che avevo lasciato dietro di me. Possibile che un necrofago si fosse spinto fin lì per la fame? Di solito non erano così imprudenti da aggirarsi nella terra di uno slender. Non erano i benvenuti.

Poi il suono cristallino di una campanella sconosciuta riempì l'aria, confermando la mia teoria che ci fosse qualcuno, ma cancellando completamente la seconda ipotesi. Creature del genere non si portavano dietro oggetti che potessero renderle individuabili.

Scattai in piedi, non avevo bisogno di altre prove. Oramai ne ero sicuro, c'era davvero uno sconosciuto infiltrato nella mia zona di caccia. Ma chiunque fosse stato quell'intruso, lo avrei scovato e confrontato. Non potevo permettergli di girare liberamente.

Ritornai veloce sui miei passi, notando una rossa figura incappucciata piuttosto visibile a una certa distanza. Recava un bastone di un materiale che supposi essere ossa al suo fianco, sulla cui cima c'era una sfera color rubino da cui uscivano due protuberanze che parevano corna, una campanella dorata era stata appesa ad una di esse. Piccole piume rosso scuro circondavano la base di quella pietra, scosse ritmicamente dal vento. Una grossa mezzaluna argentata completava il tutto.

Rimase ferma vicino ai resti della ragazza, toccandole con delicatezza quel che rimaneva della sua schiena con la mano guantata. Mi ero reso invisibile per sicurezza e la cosa sembrava essere efficace, dato che pareva non avermi notato. O forse aveva deliberatamente deciso di non darmi attenzione? Una cosa del genere avrebbe finito per offendermi se fosse stata vera.

Impercettibili sussurri femminili riempivano l'aria, mentre una leggera coltre bianca si dipanava dalle sue mani. Rimasi a distanza di sicurezza. All'apparenza, sembrava essere soltanto un'umana dal buon profumo, ma ciò che stava facendo era ciò che gli umani chiamavano magia. Tali pratiche erano sparite dal loro mondo oramai da secoli. Solo noi creature ricordavamo ciò che era stato dimenticato.

C'era la possibilità recondita che fosse quella cosa ma, non avendo mai affrontato una creatura simile, ciò che quel pensiero mi fece provare fu soltanto una spiacevole sensazione al centro del petto.

La luce tra le sue dita si spense, trascinandoci nel buio della notte, illuminati solo dalle stelle. Alzò il viso, come per guardarmi. In quella frazione di secondo i nostri occhi si incrociarono. I suoi erano gialli come quelli di una serpe, con venature tendenti all'arancione al loro interno.

Il fatto che mi avesse notato nonostante mi fossi reso invisibile mi colpì. Anche se all'apparenza era una persona, era palese che ci fosse qualcosa di decisamente fuori dall'ordinario. Indietreggiai, preparandomi ad un possibile attacco imminente.

Si alzò in piedi, simulando un educato inchino di circostanza che non fece altro che confondermi ulteriormente, mentre la sua figura divenne di tenebre, appiattendosi al suolo fino a svanire nel nulla. E così come era comparsa, svanì, nel mistero più totale.

Rimasi completamente esterrefatto, con tutti i muscoli irrigiditi e i viticci ancora tesi. Dovetti sforzarmi non poco per riscuotermi da quello stato di trance. Non era il momento per restare imbambolato lì.

Raccolsi in fretta i miei pensieri e ripercorsi miei passi, calcolando ogni possibile azione da compiersi ed ogni probabile ed improbabile possibilità che ne sarebbe derivata.

Dovevo tornare a casa immediatamente, dovevo avvisare gli altri senza perdere ulteriori secondi preziosi. Qualunque cosa fosse quella persona, era di sicuro pericolosa.

E, se non fossi stato assorto dai miei pensieri, mi chiedo, mi sarei potuto accorgere dell'ombra che in quegli istanti mi stava seguendo verso casa? Sono sicuro che, se fosse successo, nulla sarebbe cambiato nella mia vita.

   
 
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