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Autore: Emmastory    20/06/2017    2 recensioni
La vita di Rain e del suo gruppo continua, ma purtroppo senza uno dei compagni di viaggio. Sono passati ben quattro anni da quando la povera Samira è morta da eroina sul campo di battaglia, tentando assieme agli amici di eliminare una minaccia ormai conosciuta, ovvero i Ladri. Ora come ora, con la calma che regna sovrana ad Ascantha, nessuno sa cosa sia successo davvero, se la guerra sia finita, o sei ai nostri eroi sia stata concessa una tregua. Sempre uniti e fiduciosi, sono decisi a combattere le loro battaglie, e sperare, con tutte le loro forze, in un nuovo e sereno domani. Come andrà a finire? Scopritelo unendovi di nuovo a loro, nell'ultimo capitolo della saga di Aveiron.
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Aveiron'
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Le cronache di Aveiron: Un nuovo domani

Capitolo I

Per amore di un'amica

Quasi ignorandoci, e non curandosi della vita di nessuna delle sue creature, o di quanto accada in questo vasto, crudele e pazzo mondo, il tempo aveva continuato a scorrere, e grazie all'intervento di qualcosa o qualcuno di molto più grande di noi, molte cose erano cambiate. Era strano a dirsi, eppure era così. Erano passati ben quattro anni, e dei Ladri nessuna traccia. Forse la guerra era finita, o forse ci era stata concessa una tregua, ma qualunque fosse la verità, una cosa era certa. Eravamo felici. Ammirando la mia immagine riflessa in uno dei tanti specchi di casa, scopro di essere rimasta la ragazza di sempre, ma nonostante tale convinzione, qualcuno non è del mio stesso avviso. “Sei cambiata, Rain. Lo siamo tutti.” Continua a ripetermi Stefan, non mancando di farmelo notare e regalandomi ogni volta un debole sorriso. “Tu dici?” Ho risposto oggi, stanca di sentirglielo dire e desiderosa di risposte a riguardo. “Guardati attorno.” Mi pregò, invitandomi ad ammirare il panorama visibile dalla nostra finestra. “Anni fa vivevamo un inferno, e ora?” continuò, dopo alcuni secondi di silenzio passati a scrutare le meraviglie oltre quel vetro assieme a me. “Non più.” risposi, spostando leggermente lo sguardo e sorridendo a mia volta. “Esatto.” Concluse, facendosi più vicino e stringendomi in un delicato abbraccio. Di lì a poco, i nostri sguardi si incrociarono, e un bacio unì le nostre labbra. Lasciandolo fare, mi beai di quel momento senza muovere un muscolo, ma improvvisamente, ecco che un ricordo comparve nella mia mente.”È oggi, non ricordi?” gli dissi, spezzando bruscamente la magia di quell'istante. Colto alla sprovvista, Stefan mi guardò confuso, ma poco dopo, parve capire. “Hai ragione, mi dispiace.” Biascicò, scusandosi e sperando nel mio perdono. Inutile è dire che glielo concessi, e uscendo dalla stanza, lo vidi. Il nostro caro amico Chance. Ancora con noi, ma stando a quanto giornalmente avevo modo di vedere, non per molto ormai. Era vecchio e stanco, e nonostante fosse in salute, ogni giorno mi chiedevo se fosse stato l'ultimo. In fin dei conti, aveva ben quattordici anni, e ad essere sincera, non avevo mai visto un cane andare oltre il decimo anno di vita. Guardandolo, non proferii parola, ma notando il velo di tristezza che mi aveva ancora una volta coperto il viso, mi si fece vicino. Fra un suo passo e l'altro, vidi che qualcosa gli pendeva dal collare. Non appena fu abbastanza vicino da essere toccato, mi inginocchiai per vedere meglio,e fu allora che la notai. La sua medaglietta. Ricordo ancora il giorno in cui Stefan gliela comprò e aggiunse al collare, facendovi incidere il suo nome e il nostro indirizzo sotto consiglio di Rose e Terra. “Così non lo perderemo.” Avevano detto, parlando all’unisono come gemelle. Una frase semplice, nulla di più, ma che per me aveva un significato speciale. Come anche loro sapevano, il nostro intero gruppo era sempre stato forte e unito, e in quanto componente ne andavo fiera, ma nonostante questo, un cambiamento ci aveva scossi più di ogni altro. Samira. Se n'era ormai andata lasciandoci per sempre, e l’unica consolazione era sapere che era scomparsa serenamente. Quattro anni di dolore e lacrime se n'erano andati con lei, e più il tempo passava, più il nostro pensiero si concentrava sulla sua vita ormai giunta alla fine. Spezzata come un’ormai consunta corda, non esisteva più, e non c’era un giorno in cui non le dedicassimo una preghiera, un pensiero o una parola gentile. Ad ogni modo, quello odierno è un giorno speciale. Fuori il sole non splende, e alcune grigie nuvole hanno fatto la loro comparsa in cielo. È davvero incredibile, ma sembra che perfino il cielo abbia capito quanto stiamo soffrendo. Di comune accordo con Soren, abbiamo tutti preso una decisione. Nonostante il freddo e le ormai prossime intemperie, noi le faremo visita. Era nostra amica, e dopo tutto ciò che lei aveva fatto per noi, ci sentivamo in debito. Così, gli uni vicini agli altri, seduti nella carrozza di Lady Fatima, abbiamo raggiunto il luogo più freddo, oscuro e lugubre di tutti. Il cimitero di Ascantha. L'unico in tutto il regno, era sempre deserto, in quanto i morti e i caduti in guerra sparivano fra la calca congelando nella neve o bruciando sotto il sole, senza che nessuno facesse nulla per loro. Venivano dimenticati, cessando di esistere perfino nei ricordi delle persone care. Nel giorno della sua dipartita, il  pensiero di lasciarla lì non ci sfiorò neppure. Proprio per questo la portammo in ospedale per tentare di salvarla, e quando si spense, la inumammo nella nuda ma generosa terra. Il dolore ci consumò, ma nel giorno del suo funerale, Soren compì un gesto a mio dire bellissimo. Eravamo tutti lì a piangere in silenzio e dirle addio, e quando arrivò il suo turno, liberò una bianca colomba, consegnandola all'aria e all'azzurro cielo. "Sappi che ti ho amata, e che forse un giorno ci rincontreremo, amore mio." questa la frase che poi le dedicò, ammirando il volo di quel maestoso uccello e lottando per ricacciare indietro una solitaria lacrima. In quel momento, un leggero tocco mi costrinse a tornare alla realtà, e riaprendo gli occhi, vidi Stefan. "È ora." Mi disse soltanto, alzandosi in piedi e aiutandomi a scendere dalla carrozza. Annuendo, mi lasciai guidare, e fatti pochi passi, giunsi davanti alla tomba della mia amica. Inginocchiandomi, vi posai dei fiori, e così anche gli altri, incluso Chance, che dopo averlo fatto sfiorò con la zampa la pietra tombale. Il suo personale modo di dirle addio, e di ricordarle che avrebbe continuato a proteggerci e fare il suo lavoro. Versando amare lacrime, le parlai facendole la stessa promessa, aggiungendo che avrei provato ad essere felice come lei stessa mi aveva esortata a fare, e tutto per amore di un’amica.
   
 
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