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Autore: heliodor    20/06/2017    4 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Il giorno dopo

Quando si riebbe dalla sorpresa, Joyce corse al precipizio e si sporse di sotto. "Oren!" esclamò scrutando nel buio. Dopo tutta la fatica che aveva fatto per salvarlo...
Una mano si afferrò al bordo del precipizio e Joyce scorse il viso di Oren.
"Che ne dici di darmi una mano?"
Joyce lo aiutò a issarsi.
Oren si toccava la spalla ed era pieno di graffi, ma stava bene.
Joyce era sollevata. "Bella mossa buttarlo di sotto" disse sincera.
Dei cavalieri stavano risalendo lungo la strada.
"Devo andare" disse Joyce sistemandosi il cappuccio sulla testa.
"Dove?"
Joyce corse tra gli alberi e divenne invisibile.
Voltandosi vide Oren che la cercava con lo sguardo.
I cavalieri arrivarono un paio di minuti dopo. Era una pattuglia di guardie. "Che ci fate qui fuori da solo?" chiese una di esse. "Non lo sapete che questa foresta è infestata dai troll?"
Oren indicò il precipizio. "Ora ce n'è uno di meno."
Le guardie si sporsero oltre il bordo e guardarono in basso. "Lo hai fatto da solo? E disarmato?" chiese la guardia a Oren. "Sei solo un ragazzino."
Oren fece spallucce. "Sentite, ho avuto un paio di giorni veramente duri. Che ne direste di portarmi in città? Risponderò a tutte le vostre domande."
I cavalieri lo aiutarono a montare a cavallo e si allontanarono al galoppo.
Joyce rimase nascosta fino a che non sparirono, quindi uscì dal suo nascondiglio e si incamminò verso la città.
 
Il ritorno al palazzo fu lungo e solo grazie all'invisibilità riuscì a rientrare evitando domande scomode.
Appena arrivata nella sua stanza si chiuse la porta alle spalle e si gettò sul letto. Era così esausta che dimenticò di cambiarsi. Cadde in un sonno profondo.
Quando si svegliò il sole era già alto.
Nascose i vestiti usati la sera prima in un armadio e ne indossò di puliti.
Guardandosi nello specchio notò che era tornata la stessa Joyce del giorno prima: la ragazza lentigginosa dai capelli rossi e gli occhi chiari. Della misteriosa Sibyl non c'era più traccia.
Sospirò e uscì dalla stanza.
 
La notizia si diffuse in fretta. C'era un sopravvissuto all'attacco dei troll.
Qualcuno andò ad avvertire Mythey e questi chiese e ottenne il permesso di prelevare il nipote e portarlo al palazzo.
Joyce attese febbrile che il cavaliere e suo nipote arrivassero. Quando si presentarono nel cortile capì che non era stato un sogno.
Era davvero uscita dal palazzo e aveva affrontato un troll, uccidendolo da sola.
Quasi da sola.
Si sentiva inebriata da quella sensazione e si sarebbe messa a lanciare dardi in ogni direzione, ma si trattenne.
Scese le scale una a una e si presentò nel cortile dove Mythey stava parlando con Oren.
Al ragazzo erano stati dati dei vestiti nuovi e puliti. Qualcuno si era preso cura dei tagli e dei graffi e aveva chiuso le ferite più profonde.
Non appena la vide arrivare Mythey fece un cenno al nipote. "Inchinati come ti ho insegnato" disse il cavaliere al ragazzo.
Oren fece un profondo inchino.
"Vostra altezza, voglio presentarvi mio nipote Oren."
"È un piacere conoscerti."
Oren rimase in silenzio, la testa chinata.
Mythey gli diede un colpetto al fianco col gomito.
"Il piacere è mio."
Altro colpetto al fianco.
"Vostra altezza" completò la frase Oren.
Zio e nipote si rialzarono.
Joyce sorrise a Mythey. "Lo sapevo che vi sareste ritrovati" disse raggiante.
Oren non la riconobbe. La sera prima aveva visto Sibyl. Aveva udito la sua voce profonda e matura, non quella squillante di Joyce.
Il trucco aveva funzionato, pensò lei entusiasta.
"Col vostro permesso, vorrei mostrare a mio nipote il suo alloggio" disse Mythey.
"Certo" rispose Joyce.
I due si allontanarono parlottando a bassa voce.
Joyce li seguì con lo sguardo finché non furono spariti alla vista e rientrò nel palazzo.
Decise di non studiare altri incantesimi per qualche giorno. Voleva riposarsi a perfezionare quelli che già conosceva.
Si concesse delle lunghe passeggiate nei giardini e per un po' smise di pensare alla guerra che infuriava nel resto del continente.
Ogni giorno arrivavano dispacci riservati che il re leggeva nel suo studio. Solo la regina veniva messa al corrente di quanto stava accadendo e la sua espressione sempre più cupa stava a significare che le cose non stavano andando bene.
Joyce approfittò di una giornata di sole per invitarla a una passeggiata nei giardini.
La regina accettò e la seguì. I valletti prepararono un tavolo sotto uno dei gazebo.
Arrivandoci a piedi Joyce riconobbe il luogo dove Roge e i suoi amici stregoni si erano riuniti. Non aveva più pensato a quella strana riunione e non aveva idea di cosa stessero facendo Karv e gli altri stregoni.
La presenza dei troll era una prova che avevano ragione? Uno stregone nemico si preparava ad attaccarli?
Joyce lottò per allontanare quel pensiero. Era lì per far passare mezza giornata felice alla madre, non per renderla di cattivo umore.
"Allora" disse sedendosi al tavolo. "Potremmo andare in città e comprare qualche vestito. Ho sentito che hanno aperto un nuovo negozio."
"Joyce, lo sai come la pensa tuo padre" disse la regina con tono rassegnato. "La città è piena di pericoli. Spie, soprattutto."
Joyce si morse la lingua. "Potremmo invitare qualcuno. Lady Malbeth o la duchessa Adanira, tanto per cominciare. So che siete grandi amiche. Potremmo dare una festa. È tanto che non c'è un ballo a palazzo."
L'ultima volta, ricordò con una spiacevole fitta allo stomaco, aveva danzato con Vyncent. Poi c'era stato l'attacco, è vero, ma fino a quel momento era stata la festa più bella della sua vita.
"Dajza ha lasciato la città allo scoppio della guerra e la duchessa ha due figli al fronte e non credo sia in vena di festeggiare."
"D'accordo, allora potremmo..."
"Joyce" disse la regina con tono comprensivo. "So che cosa stai cercando di fare e ti ringrazio, ma non ne ho bisogno, credimi."
"Ma tu sei così triste."
"Sono solo molto preoccupata. Galef non manda notizie da dieci giorni e Bryce da sette."
"Sono certa che stanno bene."
"Lo so anch'io, ma fin quando non li rivedrò di nuovo a casa non potrò festeggiare. Lo so che sei giovane e non comprendi, ma quando anche tu avrai dei figli capirai."
"Figli?" magari suoi e di Vyncent?
La regina annuì. "Certo, un giorno anche tu sarai madre. Non lo desideri?"
"Non ci ho mai pensato davvero."
"E fai bene, è ancora presto, ma ogni tanto tuo padre e io ne parliamo."
Joyce avvertì un fastidioso prurito alla base del collo. "Ne avete parlato?"
"Ci sono decisioni da prendere, Joyce." Esitò. "Ma ne riparleremo un altro giorno, d'accordo? Ora pensiamo a goderci la giornata.
Joyce ci provò, ma ogni volta il pensiero tornava a quelle parole. Decisioni da prendere. Che genere di decisioni?
Sua madre rientrò a palazzo un paio d'ore prima del tramonto, ma Joyce decise di concedersi un'altra passeggiata per il giardino.
Senza rendersene conto arrivò al prato antistante le stalle. I cavalli potevano muoversi in un ampio recinto che abbracciava circa un quarto del cortile, ma in quel momento gli animali erano tutti nelle stalle.
In compenso c'erano due figure umane.
Avvicinandosi notò che erano Mythey e Oren.
Entrambi erano armati di spada e stavano duellando.
Incuriosita dalla scena, Joyce si avvicinò cercando di non farsi notare.
Mythey era voltato si spalle e stava dicendo qualcosa a Oren. Lui fece un cenno con la testa verso di lei.
Mythey si girò e depose l'arma, inchinandosi. "Vostra altezza" disse. "Sono a vostra disposizione. E anche mio nipote lo è." Gettò un'occhiataccia a Oren, che fece un rapido inchino.
Joyce gli rivolse un saluto veloce. "Passavo soltanto di qui. Continuate pure."
"Col vostro permesso" disse Mythey voltandosi.
I due ripresero a incrociare le spade. Mythey faceva degli affondi lenti in modo che Oren riuscisse a pararli e rispondere. Solo una volta aumentò la velocità, disarmandolo.
La spada volò via e atterrò sul prato. Oren si chinò per prenderla. "Volete provare?" chiese rivolgendosi a Joyce.
Sorpresa per quella domanda Joyce sgranò gli occhi e tacque. Nessuno le aveva mai chiesto di imbracciare un'arma per qualsiasi motivo. Aveva visto molti incontri di scherma, ma non le era mai stato chiesto di partecipare. A Bryce era stato concesso di imparare a duellare, ma lei era un caso a parte. Saper usare le armi bianche era un requisito fondamentale per entrare nel circolo di Valonde.
Era inutile sprecare tempo con Joyce.
Il suo silenzio parve divertire Oren. "Allora?" chiese porgendole l'arma.
Mythey lo colpì al fianco con il piatto della spada.
Oren si piegò in due dal dolore. "Che ti prende?" chiese allo zio.
"Non disturbare la principessa" disse Mythey.
Oren, ancora dolorante, disse rivolto a Joyce: "Chiedo perdono."
Joyce scosse la testa. "Non è niente. Magari la prossima volta mi insegnerete" disse la prima cosa che le venne in mente.
Non aveva alcuna intenzione di usare un'arma, ma il pensiero che a Bryce fosse stato insegnato per via dei suoi poteri e a lei no le dava un certo fastidio. Non che fosse invidiosa di lei, ma si sentiva privata di qualcosa.
Oren e Mythey ripresero ad allenarsi.
Joyce li osservò per qualche minuto, poi tornò verso il giardino.
 
L'ultimo dispaccio arrivò in serata, portato da una staffetta che era arrivata di gran carriera. Il messaggio fu consegnato a re Andew, che si chiuse nel suo studio per un'ora prima di uscirne.
Per la prima volta da molti giorni lo vide raggiante. "Bryce sta tornando" annunciò. "E non verrà da sola. Porta degli amici con sé, compreso un certo Vyncent." Si fermò e guardò Joyce. "E nel messaggio mi chiede esplicitamente di fartelo sapere."
Joyce però non stava già più ascoltando, persa nei suoi pensieri.

 
  
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