Anime & Manga > Ranma
Segui la storia  |      
Autore: alaal    20/06/2017    0 recensioni
Una delle solite serate a Nerima, alla palestra Tendo. Ranma e Akane bisticciano, un battibecco con il maestro Happosai, altri amici e nemici intervengono per causare il parapiglia generale. E poi arrivano altri personaggi del tutto inaspettati, che non dovrebbero c'entrare niente con il contesto, ma che fanno la loro comparsa per colpa di uno dei protagonisti.
Prima storia con Ranma! Ho avuto una piccola idea in questi giorni, spero che vi piaccia e potete pure lasciare un vostro commento!
Genere: Avventura, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Akane Tendo, Altro Personaggio, Happosai, Ranma Saotome, Ryoga Hibiki
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Il sole faceva capolino sull’orizzonte del cielo autunnale di Nerima. Il viavai di gente che imperversava le strade del paesino nipponico si stava lentamente riducendo in un cupo mormorio sommesso, più sonnolento e le poche persone che percorrevano i sentieri verso le proprie case camminavano con un andamento ciondolante e pigro. Il duro giorno lavorativo si stava ormai per concludere e la maggior parte di uomini, donne, ragazzi e ragazze di ogni età aveva ben deciso di percorrere in senso inverso la strada intrapresa in quella mattina.

I negozi lentamente chiudevano imposte, serrande e portoni, mentre i lampioni iniziavano lentamente ad accendersi come programmato dall’amministrazione comunale; qualche gatto randagio scandagliava i dintorni dei ristoranti ancora operativi alla ricerca di qualche succulento bocconcino da sgranocchiare, mentre qualche cornacchia cercava rifugio su un albero aldilà della ringhiera dove due ragazzi camminavano tranquillamente, uno sulla ringhiera vera e propria, l’altra sul marciapiede.

La persona che camminava sul marciapiede era vestita alla marinara, con la classica divisa da studentessa. Completo azzurro con calze bianche, scarpe nere lucide e borsa in pelle ben tenuta davanti a sé, il suo passo marziale e autoritario, pareva essere furiosa nei confronti dell’altro individuo che, con le braccia larghe per mantenere l’equilibrio, seguiva con qualche passo in ritardo la studentessa. Il ragazzo, dai capelli neri corvini, aveva un nodo che avvolgeva la sua chioma in un codino, una giubba rossa e dalle maniche rialzate, dei comodi pantaloni neri di cotone e mocassini dello stesso colore. Ogni tanto la ragazza si voltava verso il tizio che la seguiva, e gli lanciava delle occhiate infuocate.

-Ancora mi stai seguendo?- Il sole era quasi tramontato e dardi infuocati piroettavano in tutto il circondario, sbattendo su ogni superficie riflessa e creando un dedalo di giochi di luce che per poco non accecava il ragazzo in cima alla ringhiera.

-Sei ancora arrabbiata con me? Ti ho detto che è stato solo un incidente…- I due ragazzi si stavano avvicinando ad un cavalcavia dove, proprio in quell’istante, passò la metropolitana sopraelevata della città, creando un rumore che fece tremare anche le finestre dei palazzi vicini. La confusione del passaggio della metro fu tale che i due giovani dovettero gridare per sentirsi.

-E tu lo chiami incidente? Mi hai fatto fare una figura da chiodi! Non mi sono mai sentita così in imbarazzo…- E la studentessa si voltò nuovamente, correndo in avanti, afferrando con decisione il suo zaino in pelle con la mano sinistra. Effettivamente, pensò il ragazzo per un istante, quello che era successo a scuola non era stato poi così divertente. Eppure tutti i suoi compagni di classe avevano riso allo scherzo preparato ai danni della sua fidanzata: un ragno di gomma nascosto tra le pagine del suo libro di storia. La reazione della ragazza fu qualcosa di irripetibile a vedersi, correva di qua e di là della classe in preda al panico e dallo spavento aveva sollevato un banco e scaraventato contro la cartella che giaceva proprio a fianco dell’ideatore dello scherzo.

-Aspettami! Non correre così velocemente!- Il ragazzo decise finalmente di saltare giù dalla ringhiera e, con due agili balzi, fu quasi a fianco della scattante gazzella vestita alla marinara.

-Non mi hai neppure chiesto scusa!- E la ragazza voltò improvvisamente in uno stretto vicolo, saltò senza grossi problemi due bidoni dell’immondizia e, con lo stesso slancio, superò una palizzata in legno che dava in un giardino privato, dove un uomo anziano dall’aria stralunata, seduto sugli scalini della sua abitazione a fumare una lunga pipa, scrutava con tanto d’occhi quella giovane sconosciuta. Il ragazzo col codino non fu da meno e, altrettanto agilmente, balzò l’ostacolo e venne notato anch’egli dal vecchio che, a bocca aperta nell’osservare l’eleganza dei movimenti dei due ragazzi, si lasciò sfuggire la pipa dalle mani.

La studentessa recuperò la strada principale e continuò a correre, seguita a pochi metri dal fidanzato.

-E’ stato solo uno scherzo innocente! Non capisco come tu possa prendertela tanto…!- Sulla strada, una signora anziana gettava dell’acqua fredda dal suo paiolo lungo la strada, proprio al di fuori della sua abitazione. Non si accorse neppure, talmente era indaffarata nel suo lavoro, di avere centrato il ragazzo con il suo gesto di lanciare l’acqua per terra che lo sventurato, a causa di una strano avvenimento, cambiò completamente la sua fisionomia, divenne più basso e il colore dei suoi capelli mutò, da nero corvino divennero rosso fuoco. I suoi indumenti, zuppi fino al midollo, rallentarono la sua corsa e diedero un discreto margine di vantaggio alla ragazza che continuava a correre diretta verso una costruzione in legno delimitata da un alto muretto bianco che fungeva da muro di cinta del giardino interno. Un tetto scosceso di tegole grigio verde sovrastava la porta d’ingresso di legno e al giardino immenso, dove alla sinistra c’era un laghetto con numerosi pesci rossi, delle costruzioni in pietra e la costruzione della casa vera e propria, dove la fanciulla vestita con il completo azzurro e le spalline bianche si fiondò senza troppe pretese.

Il ragazzo col codino, divenuto in quel momento una ragazza per una strana e misteriosa ragione, si fermò proprio davanti alla porta d’ingresso della casa e si strizzò le maniche della sua blusa rossa con stizza e sbatté energicamente i piedi, dove decine di schizzi d’acqua si dispersero un po’ ovunque nel piccolo viale che conduceva alla dimora di una delle più importanti famiglie di arti marziali di quella città.

-Accidenti… ci mancava anche questa…- Di certo, conciato in quel modo, non poteva spogliarsi e avrebbe dovuto trasformarsi nuovamente in un uomo per poter almeno togliersi la maglia di dosso. Non aveva neppure una maglietta intima sotto da poter mantenere per potersi levare quell’indumento zuppo d’acqua ed evitare di mostrare le sue forme femminili; passare all’interno della casa era fuori discussione, non gli era consentito bagnare il pavimento e lasciare impronte ovunque, che fare dunque?

Un grido di terrore si innalzò dall’interno della casa e il ragazzo col codino, spaventato a morte da quelle urla, lasciò completamente da parte le sue remore riguardo le impronte e le gocce d’acqua lasciate sul pavimento e aprì la porta con il cuore in gola. Immediatamente di fronte a lui, una piccola apertura quadrata ricavata da una parete faceva da finestra ad una stanza interna, mentre alla destra del ragazzo col codino si trovavano le scale che conducevano al piano superiore della casa. Le grida provenivano proprio dal piano superiore e, senza perdere ulteriore tempo, il ragazzo col codino si precipitò sulle scale, in direzione dell’invocazione d’aiuto.

-Resisti, Akane! Sto arrivando!- Quando finalmente raggiunse il piano superiore, impacciato dai vestiti ancora zuppi, vide alla sua sinistra la sua fidanzata con una gamba flessa in avanti, come se avesse dato un calcio, e una piccola figurina che volava per aria, per poi raggiungere terra faccia in giù, rotolando sul pavimento, lamentadosi e frignando.

-Sei… sei la solita cattiva, Akane! E io… e io che pensavo che questo regalo avrebbe potuto piacerti!- E il misterioso individuo, mettendosi seduto a terra a gambe incrociate, tirò fuori da sotto la sua divisa da artista marziale color viola melanzana, all’altezza del petto, un indumento femminile di buona fattura: un reggiseno di pizzo bianco, con un fiocco rosso all’attaccatura inferiore del reggiseno. La ragazza vestita alla marinara, rabbrividendo vistosamente alla vista di quell’accessorio femminile, si schermì indietreggiando e lasciando cadere la borsa di pelle a terra, incrociando le mani sul petto e scuotendo la testa con veemenza.

-Maestro Happosai… lei non capirà mai! Non sono regali da fare ad una fanciulla!- Ma già le proteste della figlia dei Tendo non furono ascoltate dal vecchio maestro di Ranma che, senza avvisare niente e nessuno, il vecchio pervertito con due balzi e un paio di capriole fu senza mezzi termini “attaccato” al petto di Ranma ragazza, approfittando del corpo fisico femminile di lui. Il povero ragazzo non ebbe neppure il tempo di proteggersi che l’anziano si era avvinghiato sul suo seno, e tentava in tutti i modi di scacciarlo, malmenandolo e picchiandolo con pugni e gomitate.

-Non importa cara Akane, non importa! Vorrà dire che darò il mio regalo a qualcuno che ha più motivo di indossarlo…- Quella battuta infelice fece ben presto dimenticare il terrore che Akane poco prima provava nei confronti dell’anziano maestro di suo padre, e subentrò una profonda collera che, unita a quella di Ranma ragazza, coincise con un immediato pestaggio da parte dei due ragazzi nei confronti di Happosai.

-CHE COSA HAI DETTO?- La più inviperita era ovviamente Akane, e Ranma ragazza ridacchiava mentre si divertiva a calpestare senza ritegno il vecchio Happosai. Almeno quel movimento avrebbe asciugato in fretta i suoi vestiti.

-Sei il solito pervertito, Happosai!- Il vecchio maestro però aveva una certa fretta di “attaccarsi” nuovamente al generoso seno della ragazza dai capelli rossi e, senza troppi complimenti, rotolò su un fianco evitando un’ennesima tallonata da parte di Akane e, con una mossa fulminea, agganciò con uno dei suoi piedi quello della ragazza col codino e quest’ultima, presa completamente alla sprovvista, perso l’equilibrio scivolò a terra e, completamente sbilanciata, cadde rovinosamente dalle scale e rotolò per diversi metri fin quasi alla porta d’ingresso. Akane, terrorizzata nel vedere il suo fidanzato cadere dalle scale, abbandonò il pestaggio del pervertito e si affacciò dalla balaustra per capire se Ranma si fosse fatto male seriamente oppure no. Notò con sua somma sorpresa che la ragazza col codino si era rialzata, seppure con fatica, e sollevava lo sguardo fino a guardare in faccia la studentessa.

-Maledetto….- Happosai, ridacchiando come un bambino, si era sollevato sulla ringhiera della scala fino ad appoggiarne i gomiti. Pareva non avere subito alcun danno dal pestaggio precedente e, continuando a sorridere, mostrò a Ranma il reggiseno che continuava a tenere in mano. Lo sventolò e persistette nel suo sogghignare.

-Coraggio Ranma, fai contento il tuo vecchio maestro!- Un rauco e selvaggio “MAI!” accompagnò la fuga della ragazza col codino dal vestibolo della casa verso l’interno dell’abitazione, e mentre Akane seguiva con lo sguardo preoccupata l’allontanamento di Ranma, il vecchio Happosai con un balzo felino, si gettò a capofitto dalla ringhiera del primo piano verso il pavimento del piano terreno e, atterrato con uno stile perfetto senza alcun danno, si voltò alla sua destra e, continuando a ridacchiare, iniziò a ballare sul posto e a saltellare anch’egli verso l’interno dell’abitazione, continuando a sventolare il reggipetto, canzonando il suo giovane allievo.

-Eddai, fai contento il vecchio Happosai…! Solo per cinque minuti…!- Non fece comunque in tempo ad attraversare il corridoio verso la sala da pranzo che Ranma riapparve dalla cucina sulla destra, nuovamente in forma maschile. Il ragazzo col codino aveva approfittato di una pentola d’acqua bollente messa sul fuoco da Kasumi, la sorella maggiore di Akane, ed aveva deciso, stringendo i denti, di immergere una mano e di bagnarsi il volto con quell’acqua incandescente. Era una pazzia con quella temperatura così elevata, ma non si sarebbe di certo ritirato fino in bagno, che si trovava dall’altra parte della casa, con tutte le vie di fuga chiuse e impossibilitato a fare qualsiasi tecnica di difesa.

-Avanti, vecchio maiale! Adesso facciamo i conti!!- La rauca voce del suo allievo colma di rabbia smorzò l’allegria del vecchio maestro di Soun e Genma. Il vecchio Happosai, aggrottando le sopracciglia canute, ritirò con stizza il reggiseno all’interno del suo abito e, squadrando con alterigia il ragazzo col codino, scosse la testa e incrociò le mani dietro la schiena, scuotendo la testa.

-Caro ragazzo, noto con dispiacere che non hai ancora imparato a darmi il dovuto rispetto…!- Kasumi, che faceva capolino dalla cucina, guardava lo scontro tra i due uomini in corridoio leggermente spaventata.

-Ranma, signor Happosai, per favore non combattete adesso! Tra poco è ora di cena!- Purtroppo l’appello alla calma della primogenita dei Tendo non venne ascoltato dai due contendenti e, al contrario, Ranma approfittò della distrazione di Kasumi per attaccare il vecchio. Corse in avanti ed era già pronto per affibbiargli un calcio, ma Happosai fu più lesto e scivolò lungo il pavimento, evitando per un soffio l’offesa del suo allievo.

-Troppo lento, Ranma! Troppo lento!- Con un tocco della sua pipa ad una delle ginocchia del ragazzo, Happosai allontanò di diversi metri Ranma verso la sala da pranzo, e l’erede dei Saotome dovette ritirarsi fino al tavolo centrale, dove tentò di mettersi nuovamente in piedi. Frattanto, Akane scese le scale ed aveva raggiunto sua sorella in cucina, in preda a una forte inquietudine.

-Ranma, maestro Happosai! Smettetela di combattere, non è il momento buono!- Ma l’accorato appello della ragazza non giunse alle sorde orecchie dei due contendenti. Ranma tentò nuovamente di attaccare il vecchio Happosai quando ques’ultimo raggiunse la sala da pranzo con la sua famosa “Tecnica delle Castagne”, ma tutti i pugni del ragazzo andarono a vuoto mestamente. Il vecchio pervertito, trovata nuova forza vitale dopo avere palpeggiato le parti intime delle due ragazze, pareva essere più forte che mai, spostava il suo corpo ad una velocità impressionante, nonostante tutto l’impegno del suo avversario.

-Non imparerai mai, giovanotto!- E, con un nuovo colpo di pipa al petto del suo allievo, allontanò Ranma verso il giardino, facendolo letteralmente volare per diversi metri. Proprio in quel momento stavano tornando in sala da pranzo Soun e Genma (quest’ultimo versione panda) dal dojo che si trovava proprio dietro la casa e si videro arrivare Ranma volando dall’interno dell’abitazione. Il padre di Akane e quello di Ranma si inginocchiarono sull’erba improvvisamente e sfiorarono per un pelo il ragazzo col codino, che andò a sbattere con la schiena contro il muretto perimetrale dell’abitazione. Soun e Genma si rialzarono e, sbraitando concitatamente verso il loro maestro e verso Ranma, tentarono in tutte le maniere di placare l’ira crescente dell’anziano praticante di arti marziali. Happosai, infatti, pareva avesse un diavolo per capello e, quasi tremando per la rabbia che stava provando in quel momento, con le gambe divaricate sulla cima degli scalini che conducevano al giardino, afferrava con una mano tremante il reggiseno che poco prima voleva regalare sia ad Akane che a Ranma ragazza, ormai lacero e strappato in più punti.

-Avete… avete visto cosa ha combinato? SOUN! GENMA!- E rivolgendosi ai suoi discepoli con un tono di voce quasi imperiale e poco propenso a proteste e balbettii, impose ai due uomini… pardon, all’umano e al panda, di inginocchiarsi di fronte a lui sull’erba e di prestargli la massima attenzione, nel momento in cui Ranma giaceva ancora a terra privo di sensi. In quel mentre, giunsero nella sala da pranzo Akane e Kasumi, quest’ultima con la pentola colma di riso bollente, pronta per essere servita in tavola: la cena era pronta.

-Ne ho abbastanza dell’impertinenza del vostro allievo! E tu, Genma – ed additò il padre di Ranma con la pipa, allungando il braccio nella sua direzione – cos’hai da dire per giustificare il comportamento insensato di tuo figlio?- Il panda, che fino in quel momento era prostrato a terra insieme al suo amico di sempre Soun, chiamato in causa si sollevò sulle zampe anteriori fino ad incontrare gli occhi del maestro. Tremante di paura e balbettando qualcosa di incomprensibile nella sua lingua di panda, afferrò da dietro di sé un cartello di legno e, con un pennarello nero, scrisse velocemente qualcosa su quest’ultimo e, una volta terminato, lo alzò tenendo ben saldo il manico con una zampa, mettendolo in bella mostra. Il contenuto del cartello fece indispettire parecchio Akane, che si avvicinò di qualche passo e strinse i pugni, aggrottando le sopracciglia.

-Signor Genma, mi vergogno per lei! Che cosa significa quella frase: “Io non ho figli, non so di che cosa stia parlando”?- Il battibecco non durò per molto tempo, perché Happosai, battendo le mani più di una volta, impose il silenzio e, spostando la direzione della pipa verso Soun, che ancora era con la faccia a terra, lo chiamò per nome e gli chiese di procurargli del materiale che si trovava nella sua camera personale.

-Ho deciso di dare una personale lezione di vita a quell’arrogante del vostro allievo! Avete visto, voi testimoni, che cosa ha fatto al mio prezioso tesoro?- E mise nuovamente in bella mostra il reggiseno, mettendone in risalto i vari strappi puntellandoli con le dita, girandosi verso tutti i presenti. Akane, fortemente offesa da quello spettacolo, non avrebbe perso tempo a dare un calcio in faccia al vecchio maniaco, ma non riuscì neppure a muoversi dalla sua posizione che Ranma, nuovamente rimessosi in piedi seppure a fatica, si avvicinò lentamente verso gli scalini che conducevano alla sala da pranzo. Tutti i presenti, ad eccezione di Soun che continuava a restare chino a terra, osservarono stralunati il ragazzo col codino che, afferrato il cartello usato poco prima dal genitore, lo spaccò in due afferrandolo per i due estremi e rompendolo con il ginocchio.

-Adesso… adesso basta, vecchio maiale! Hai… hai superato ogni limite!- E buttando al suo lato destro il cartello spaccato in due, con un balzo in avanti tentò di colpire il vecchio maestro con un ginocchio, ma l’anziano esperto di arti marziali deviò semplicemente con un dito l’offesa del ragazzo col codino e lo proiettò al suo lato sinistro, facendolo rotolare in terra per diversi metri.

-Soun! Genma! Prendete la boccetta azzurra che c’è sul mio tavolino, svelti!- I due uomini si avvicinarono l’uno all’altro, con i capelli ritti in testa dal terrore, osservarono stralunati il loro vecchio maestro e balbettarono qualche frase inintelligibile che fece ben presto uscire dai gangheri Happosai. Il vecchio maestro sbatté con rabbia un piede a terra e, continuando a far svolazzare il reggiseno mezzo sgualcito, si agitò e si dimenò sul posto, furibondo e in preda a una crisi di nervi.

-Non discutete! È un ordine! Scattate, svelti!- Soun e Genma, più per la paura nei confronti del loro maestro che per rispettare l’ordine impartito loro, corsero via e fecero il giro della casa per raggiungere più velocemente la stanza del vecchio maestro. Akane, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, seguì costernata con lo sguardo suo padre e il suo amico sgattaiolare via e sbraitò contro di loro, disapprovando completamente la loro vigliaccheria e gridando loro di tornare indietro e di ribellarsi al loro maestro.

-Ma insomma! Non avete neppure un po’ di amor vostro?-

 

Nel frattempo, fuori dal cancello della casa dei Tendo, una macchina mezza sgangherata tenuta in piedi alla bell’e meglio si avvicinava, lemme lemme, al portone di legno. In quel momento non transitava nessuno e il conducente poté tranquillamente portare la sua utilitaria gialla nei pressi della transenna senza disturbare nessuno. La macchina, che dall’esterno sembrava essere così piccina da essere scambiata per un giocattolo, conteneva un conducente dall’aspetto goffo e grossolano, dai capelli scuri e un paio di baffetti appena abbozzati, lo sguardo leggermente stralunato e in una mano teneva una mappa di carta, mentre con l’altra continuava a mantenere il volante, procedendo con una mostruosa lentezza. Di fianco a lui, seduta nel posto dei passeggeri, stava una bambina con gli occhiali che pareva avesse non più di dieci anni, ma non stava ferma un attimo. Continuava a ridere a crepapelle e si guardava attorno con meraviglia, appoggiando il naso sul finestrino e seguendo con lo sguardo alcuni piccioni che camminavano sul selciato a passo lento, diretti in un posto dove poter passare la notte.

-Dovremmo essere vicini…- L’uomo alla guida pareva essere molto preoccupato e passava il suo sguardo dalla strada alla mappa più volte, sembrava che fosse alla ricerca di qualcosa che lo preoccupava in particolar modo. La bambina tormentava l’autista con mille domande su svariati argomenti, ma ques’ultimo non la ascoltava minimamente. Annoiata e leggermente contrariata dalla totale distrazione dell’uomo, la ragazzina decise dunque di toccare le manopole e i pulsanti che stavano di fronte a lei sul cruscotto, e pasticciando con i vari ammenicoli azionò le luci di posizione, i tergicristalli, il clacson di emergenza, i fanali fendinebbia e attivò anche il turbo del motore che proiettò in avanti la macchinina di diversi metri, e l’utilitaria si sarebbe andata a scontrare contro il muro se l’autista non avesse prontamente girato il volante nella direzione opposta. Fermatosi fortunatamente prima di toccare il muro vicino al portone della casa dei Tendo, il conducente tirò un sospiro di sollievo e buttò al suo lato la mappa, non prima di avere cacciato un urlo alla ragazzina che continuava a ridere come una pazza.

-Avremmo potuto schiantarci contro il muro! La vuoi finire di toccare cose che non devi?- Per tutta risposta la bambina aprì la portiera e scese dall’auto, e si mise a correre a braccia aperte per la stradina, andando un po’ a zonzo e non pareva seguire una strada precisa. Mentre la ragazzina se ne andava per i fatti suoi, l’ometto coi baffi si schiarì la gola con un colpo di tosse e tornò a guardare la mappa con preoccupazione. Rivoli di sudore iniziarono a colargli sulla fronte mentre scrutava con gli occhi il foglio di carta.

-Non ho molto tempo… lo devo ritrovare… ma dove diavolo si trova quell’edificio?- E, mentre continuava a perlustrare la mappa, non si accorse di essere costantemente e pressantemente chiamato dalla ragazzina, che si trovava in compagnia di due poliziotti vestiti in borghese, che non promettevano niente di buono con i loro sguardi arcigni.

-Fratellone! Ehi, fratellone!- L’uomo all’interno dell’abitacolo scosse la testa con veemenza, e altri rivoli di sudore continuarono a grondare dalla fronte. Tirandosi il colletto della camicia, gridò alla ragazzina di piantarla di gridare come una pazza e di lasciarlo in pace, che aveva cose importanti da fare.

-Più importanti di intralciare il traffico a suo piacere?- La voce stentorea del primo poliziotto fece letteralmente accapponare la pelle al poveruomo che, mettendo via la mappa con un rapido gesto, spostò lo sguardo fuori dal finestrino e, con sommo terrore, squadrò i due gendarmi che risposero al suo sguardo, aggrottando le sopracciglia.

-Oh! Oh… buona… buonasera, agenti…- Il distintivo della polizia locale di Nerima scintillava sul petto dei due poliziotti. Mentre la bambina continuava a ridacchiare ed a importunare il poliziotto più basso e grasso (l’altro era alto e allampanato e indossava un paio di occhiali da sole), il gendarme più alto ordinò al conducente di rimuovere immediatamente il mezzo dalla strada, altrimenti gli avrebbero fatto una contravvenzione e il sequestro immediato dell’auto.

-Ma io devo… io non posso… io sto cercando…- A nulla valsero le timide contestazioni dell’uomo coi baffi. I due poliziotti furono irremovibili e gridarono come dei pazzi, anche per soverchiare le risate sempre più acute della ragazzina con gli occhiali, che non la smetteva più di infastidire il poliziotto grasso e così facendo rischiava di far beccare al suo fratello maggiore una multa salata.

-Adesso basta! Scendete immediatamente!!- Il poliziotto grasso aveva perso le staffe e, afferrando lo sfollagente che teneva appeso alla cintura, lo puntò con rabbia verso la faccia dell’autista che, intimidito da quel gesto improvviso, si guardò attorno, disperato.

-Ma io… io non…- Poi, finalmente, l’oggetto della sua ricerca comparve davanti ai suoi occhi. l’insegna di legno, proprio alla sua sinistra, che stava cercando.

La palestra Tendo.

Con il cuore più leggero, l’uomo coi baffi decise di acconsentire alle pressanti richieste dei due poliziotti e, con un sorriso a trentadue denti, si asciugò il sudore dalla fronte con una manata e scese dall’auto. Mentre il poliziotto basso continuava ad avere rogne con la pestifera bambina, quello più alto puntò un dito contro l’auto e gridò al suo interlocutore di spostare immediatamente l’auto, e se non l’avesse fatto entro un minuto dal suo ordine, gli avrebbe appioppato una contravvenzione che se la sarebbe ricordata fino alla fine dei suoi giorni (dell’autista). L’ometto annuì e, voltandosi, si inchinò vicino alla macchina e si inginocchiò, mettendo una mano sull’asfalto e con l’altra cercò qualcosa sotto la carrozzeria, tra la portiera anteriore e posteriore.

-Ah, sì, un attimo, tolgo subito la macchina…- Il poliziotto con gli occhiali da sole, profondamente contrariato da quello che stava assistendo, presa coscienza che quel tizio lo stava pesantemente prendendo in giro, strinse i denti e gli occhi e i pugni. Con un rauco grido di rabbia, intimò allo strambo personaggio di spostare immediatamente la macchina, pena il sequestro immediato del mezzo.

-Un attimo, un attimo, lo sto facendo! Non mi metta fretta, per cortesia!- Dopo qualche secondo, l’ometto con la camicia bianca annuì e sorrise, tolse la mano da sotto la carrozzeria e si rialzò, pulendosi i pantaloni con un paio di manate decise ed energiche.

-Ecco fatto, tra qualche secondo la strada sarà libera!- Adesso fu il turno del poliziotto basso e grasso (era anche pelato, se non per qualche pelucchio che ancora restava sulla nuca) a gridare come un ossesso.

-Ci sta prendendo in giro?! La macchina è ancora qui, lei è fuori dall’abitacolo! Si metta in macchina, svelto!- L’ometto ridacchiò e scosse la testa, indicando la macchina che, improvvisamente, si era messa leggermente a vibrare e a… rimpicciolirsi.

-Guardate, quello che dico è la verità!- Sotto gli occhi dei due poliziotti, l’automobile rimpicciolì le sue dimensioni fino a diventare…

un’automobilina giocattolo, dalle esigue dimensioni, che poteva stare comodamente nel palmo di una mano. Inorriditi, i due poliziotti rimasero letteralmente a bocca aperta, nel constatare che l’utilitaria fosse scomparsa e che al suo posto c’era un’auto giocattolo, le cui dimensioni avrebbe potuto guidarla un topolino.

-Ma… ma cosa… cosa significa?- L’ometto fece spallucce e, afferrato da terra, infilò il modellino nella tasca esterna del suo zaino a tracolla di colore verde.

-Ho rimosso l’auto, come avete gentilmente richiesto!- I poliziotti strabuzzarono gli occhi e vollero controbattere, ma lo strambo ometto con la ragazzina con gli occhiali si erano già allontanati, diretti verso la palestra dei Tendo.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Ranma / Vai alla pagina dell'autore: alaal