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Autore: Echocide    21/06/2017    4 recensioni
Dai lombi fatali di questi due nemici
toglie vita una coppia d'amanti avventurati,
nati sotto maligna stella,
le cui pietose vicende seppelliscono,
mediante la lor morte...

Agreste e Dupain sono due famiglie nobili di Paris, una città ricca di mistero e magia.
Una notte, il patriarca degli Agreste condanna i Dupain alla morte e dalla strage della famiglia, una bambina si salva: il suo nome è Marinette.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: Inori
Personaggi: Adrien Agreste, Marinette Dupain-Cheng, Altri
Genere: fantasy, romantico, drammatico
Rating: PG
Avvertimenti: longfic, AU
Wordcount: 1.876 (Fidipù)
Note: Ed eccoci qua con un nuovo capitolo di Inori e semplicemente non ho niente da dire, come ogni aggiornamento del mercoledì: dovrei scrivere altre storie dove tocco luoghi reali, così da allungare un po' queste note.
Evvabbè, in compenso vi lascio le solite informazioni di rito: vi ricordo che Inori vedrà il nuovo aggiornamento il 12 luglio e, come sempre, vi rimando la pagina facebook per ricevere piccole anteprime e restare sempre aggiornati.
Vi ricordo che domani  ci sarà un nuovo capitolo di Laki Maika'i, mentre venerdì sarò il turno di Miraculous Heroes 3 e sabato, invece, verrà aggiornata Scene.
E, dulcis in fundo, voglio ringraziare tutti voi che leggete, commentate e inserite le mie storie nelle vostre liste!
 


«Che cosa vuol dire che Adrien è scomparso?» domandò Gabriel, stringendo con forza i braccioli della poltrona, ove era seduto, e osservando glaciale i servitori, mentre chinavano la testa davanti a lui e indietreggiando di qualche passo: l’enorme uomo, che aveva assoldato come guardia personale del figlio, si prostrò ai suoi piedi con la testa bassa mentre la donna al suo fianco inspirò profondamente, sollevando appena lo sguardo e riabbassandolo: «Trovatelo. Immediatamente.»
I due servitori annuirono, andandosene poi subito e chiudendo la porta dietro di loro, mentre Gabriel teneva fisso lo sguardo su questa: andato. Scomparso. Suo figlio era sparito dal castello e nessuno sapeva niente.
L’uomo inspirò, sentendo il cuore battere più veloce e la sensazione di soffocare che prendeva possesso, mentre si portava le mani alla gola, allentando i nodi della camiciola e cercando di darsi un po’ di sollievo.
Dove era? Che cosa gli era successo?
E se anche lui…
Lasciò andare un respiro lento, sperando così di trovare un poco di calma ai suoi pensieri e lasciandoli vagare, ricordando lo screzio che aveva avuto con il figlio pochi giorni prima: «Lui…» mormorò, poggiando le mani sui braccioli e alzandosi in piedi, rimanendo fermo e indeciso sul da farsi.
Adrien non aveva parlato della giovane di cui si era invaghito, non aveva fatto alcun accenno al nome o al luogo in cui vivesse.
Non aveva nulla in mano per trovare il figlio, se questi aveva trovato rifugio presso la sua innamorata.
I passi pesanti al di là dell’uscio lo riscossero dai suoi pensieri e Gabriel alzò la testa, in tempo per osservare la porta aprirsi e la figura abbondante di Andrè Bourgeois entrare nella stanza e posare lo sguardo su di lui: «Bourgeois» commentò serafico l’uomo, osservando il suo ospite accomodarsi come se fosse il padrone di tutto: «A cosa devo la tua visita?»
«Chloé è venuta a trovare Adrien, ieri» buttò lì André, posando le mani sulla pancia prominente e sorridere bonario: «Ma dice di non averlo trovato.»
«Sicuramente era da madame Clotilde Agreste» commentò una voce divertita, facendo voltare i due uomini verso la porta e osservando il nuovo arrivato: Armand Lahiffe sorrise a entrambi, mentre si sistemava le maniche della giubba marrone, una tinta leggermente più scura di quella della propria pelle: «Sapete quanto il principe è affezionato alla nonna, no?»
«Dovrebbe star qui a far compagnia alla sua fidanzata.»
«Se fosse interessato alla fanciulla in questione» commentò Armand, con un sorriso indolente sulle labbra: «Penso che ribadirò il pensiero che dissi molto tempo fa.»
«Sappiamo bene il tuo pensiero, Lahiffe» sibilò André a denti stretti, fissando l’altro: «L’hai ripetuto costantemente per questi ultimi diciotto anni.»
«Forse perché, mantenendo la promessa di sua signoria, avremmo potuto evitare molti problemi a Paris» decretò Armand, abbozzando un sorriso: «Se fosse ancora viva…»
«Ora basta» mormorò Gabriel quasi sottovoce, interrompendo l’uomo senza spostare lo sguardo da André Bourgeois: «Volevate chiedermi qualcosa, Lahiffe?»
«Ero venuto a palazzo per un semplice saluto, vostra signoria» mormorò compito il nobile, sorridendo appena: «In verità sono qua per mio figlio e ho colto l’occasione per incontrarvi.»
«Potete andare adesso, Bourgeois ed io dobbiamo parlare di affari.»
«Ceramente, ma se mi permettete una piccola opinione: ripristinate gli antichi accordi, in modo che le famiglia Bourgeois e Kurtzberg si alleino e gli Agreste possano portare in seno…»
«Nessun Dupain entrerà in questo luogo, finché io sarò il reggente di Paris.»
Armand strinse le labbra, sollevando gli angoli in un sorriso incerto: «Come desiderate, vostra signoria» mormorò l’uomo, chinando la testa e scoccando un’occhiata all’altro, prima di voltarsi e uscire dalla stanza, sotto lo sguardo contrariato di Bourgeois: l’uomo fece schioccare le labbra, scuotendo la testa e inspirando profondamente, pulendosi la giubba dorata e sorridendo pigro a Gabriel.
«Mio figlio tornerà a breve.»
«Lo spero bene. Dovremmo muoverci per il matrimonio, non credi? Ormai hanno l’età giusta.»
«Sì.»
«E dovremmo fare qualcosa anche per quel Lahiffe» continuò André, guardandosi le dita intrecciate: «In fondo è sempre stato un sostenitore di Dupain e il suo voltafaccia è stato – come dire? – repentino? E se fosse una spia al soldo di Sabine Dupain?»
«Lo pensi?»
«Ne sono sicuro, devo dire» mormorò André, piegando le labbra in un sorriso: «Certa gente dovrebbe solo morire. Lui e tutta la sua famiglia.»


Adrien si portò il boccale di birra alle labbra, sorseggiando lentamente la bevanda e storcendo la bocca al sapore, mentre si guardava intorno, portandosi una mano al cappuccio e tirandolo leggermente, in modo da coprire meglio il volto: Nino lo aveva indirizzato a quella taverna, dicendo di chiedere di Fu e lui l’aveva fatto, domandando dell’uomo all’oste e ricevendo in cambio l’ordine di attenderlo al tavolo dove sedeva in quel momento.
Erano due giorni che aspettava e ancora non aveva avuto nessuna nuova.
Fu era stato un fedele sostenitore dei Dupain e forse non voleva incontrare uno come lui, l’altra alternativa era che il padre era giunto all’uomo e quindi Adrien non l’avrebbe mai e poi mai incontrato; il ragazzo sospirò, portandosi due dita al setto nasale e prendendolo fra esse: doveva tornare al castello? Doveva continuare ad aspettare? Doveva scappare e provare a vivere con i pochi mezzi che aveva?
Che cosa doveva fare?
«Vi chiedo perdono per l’attesa» mormorò una voce stanca, facendo riprendere Adrien che si ritrovò a osservare un piccolo ometto, mentre si sedeva nel posto avanti al suo: «Purtroppo non potevo muovermi come volevo» continuò l’anziano, sorridendogli calorosamente: «Sono felice di vedervi in salute, vostra signoria.»
«Voi siete…»
«Fu, per servirvi.»
Adrien aprì la bocca, scuotendo il capo e cercando qualcosa da dire, passandosi la lingua sulle labbra e rimanendo indeciso su quali parole usare: «Io…»
«Non abbiate timore, mio signore.»
«Non sono il vostro signore, quello era…»
«Tom Dupain, sì. Ma ciò non toglie che voi siete un nobile e meritate che io mi riferisca a voi con i giusti onorifici.»
«Io non sono più niente» mormorò Adrien, stringendo il boccale fra le mani e osservando il liquido al suo interno: «Io ho rinunciato al nome degli Agreste: io non volevo seguire quello che era il mio percorso e…»
«Posso immaginare» mormorò Fu, massaggiandosi la barbetta sul mento e annuendo con la testa: «Gabriel è sempre stato un uomo intransigente.»
«Il mio amico Nino, lui mi ha fatto il vostro nome ed io…»
«Nino è stato intelligente» decretò l’anziano, sorridendo: «Cosa volete fare, mio signore?»
«Io devo trovare una ragazza»
«Oh. Una ragazza?»
«Lei è…» Adrien si fermò, sentendo le guance farsi improvvisamente calde e, portata una mano al cappuccio, lo tirò appena per nascondere il volto: «Io mi sono innamorato di lei e voglio trovarla.»
«E poi?»
«Non so, sinceramente» mormorò Adrien, sospirando e scrollando le spalle, mentre fissava l’uomo davanti a lui come se avesse ogni risposta alle sue domande: «Che cosa potrei offrirle? Io…» si fermò, scuotendo il capo e chinando la testa sotto al peso della sua inettitudine, mentre teneva con più forza il boccale fra le mani.
Che cosa poteva fare per lei?
Che cosa poteva offrirle, se non solo sé stesso?
Le sarebbe bastato? Oppure avrebbe voluto ciò che aveva visto a palazzo?
No, lei non era così.
L’anziano annuì, guardando il ragazzo con il capo chino e si ritrovò a sorridere di fronte a quella dimostrazione di affetto e di incapacità: «Posso sapere il suo nome?» domandò, vedendo le iridi verdi alzarsi  velocemente e posarsi nuovamente su di lui: «Questa fanciulla che tanto amate avrà un nome, no?»
«Il suo nome è Marinette.»
Fu incassò quel nome, tenendo il sorriso in volto come se fosse dipinto e poi si abbandonò contro lo schienale della sedia: «Interessante» mormorò, portandosi una mano al volto e massaggiandosi la linea della mascella: «La fanciulla di cui siete innamorato è Marinette. Molto, molto interessante.»
«La conoscete?»
«Sì. E anche bene, oserei aggiungere.»


La spada pesava fra le sue dita e i muscoli delle braccia le dolevano per la fatica di tenerla su: inspirò profondamente, alzando nuovamente la lama e fissando il suo insegnante, mentre intrecciava la propria arma con la sua; Theo si mosse rapido e lei indietreggiò, parando i colpi meglio che poteva, tenendo la lama diritta davanti al volto, incapace di sferrare un attacco: «Così non andiamo da nessuna parte, mia signora» commentò l’uomo, abbassando l’arma e fissandola mentre scivolava a terra, la spada poggiata in grembo e le spalle che si muovevano sotto il respiro ansante: «Voi…»
«Devo solo riposarmi» mormorò Marinette, massaggiandosi il polso destro e alzandosi con fatica, osservando la lama del padre scivolare per terra; si chinò a raccoglierla, ignorando le fitte di dolore alla schiena e, una volta ripresa la lama fra le mani, ne pulì un poco l’elsa con le dita, indugiando sullo stemma con la rosa della sua casata: «Possiamo riprendere fra un poco?»
«Fra un poco sarà peggio, perché il vostro corpo sentirà più dolore di ora.»
«Sopporterò» mormorò la ragazza, rinfoderando l’arma e sospirando, mentre Theo faceva altrettanto; lentamente alzò una mano, portandola alla nuca e sciogliendo il nastro con cui si era raccolta i capelli, sentendo le ciocche solleticargli la gola, lasciata scoperta dalla camicia di foggia maschile che indossava.
Doveva imparare e alla svelta, lo sapeva bene.
Come sapeva altrettanto bene che, chiunque passava per la casa di Fu, si aspettava qualcosa da lei: lo vedeva negli sguardi di ammirazione e fiducia incondizionata che le indirizzavano, lo sentiva nella nota orgogliosa della voce di chi era lieto di servirla.
E lei?
Lei cosa pensava di tutto ciò?
Aveva smesso di interrogarsi, agendo come tutti si aspettavano da lei: era l’ultima Dupain rimasta, l’unica che avrebbe potuto guidarli.
La volevano? Bene, era lì. Che la usassero come più faceva comodo loro.
Poggiò la lama contro il muro, meravigliandosi dei suoi stessi pensieri e non riconoscendosi per niente: non era lei quella che stava pensando tutto ciò, non era Marinette ma semplicemente l’ombra di sé stessa; inspirò, portandosi una mano al volto e scacciando stizzita alcuni ciuffi, ascoltando la pesante porta di ingresso aprirsi e la voce di Fu risuonare nella casa.
Lasciò andare un lungo sospiro, abbassando lo sguardo sulle braghe e sulla camicia che indossava, scuotendo poi la testa: si stava addestrando e Fu non poteva certo pensare che lo facesse con uno scomodo vestito addosso; sentì i passi lenti dell’uomo, accompagnati da altri più frettolosi, che si avvicinavano.
Un altro affiliato dei Dupain?
Un altro sostenitore della causa?
Marinette alzò lo sguardo, osservando Fu uscire nel cortile interno con il suo ospite: rimase a bocca aperta, mentre il secondo si toglieva il cappuccio del mantello, rivelando la capigliatura bionda e un volto che lei conosceva bene; il suo sguardo incontrò quello verde e notò che non c’era sorpresa nel suo.
Lui sapeva dunque.
Fece un passo indietro, portandosi una mano alle labbra, mentre Adrien si avvicinava a lei con passo deciso e un sorriso timido in volto: «Sono felice di fare la vostra conoscenza, principessa Marinette Dupain-Cheng» dichiarò il giovane, piegando il ginocchio e inchinandosi davanti a lei: «Il mio nome è Adrien Agreste e sono il figlio dell’uomo che ha ucciso vostro padre. Io…» il biondo si fermò, alzando la testa e incontrando il suo sguardo: «Io mi rimetto a voi: la mia vita o la mia morte è nelle vostre mani.»
   
 
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