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Autore: _ A r i a    21/06/2017    0 recensioni
{ primo esperimento di originale | giallo, introspettivo, romantico | sullo sfondo di una Roma affascinante e crudele | rating may go up }
Per un momento gli occhi di Chiara si perdono nel bianco neutro delle pareti, ben presto però il suo sguardo torna a saettare verso la finestra. La ragazza la raggiunge con pochi passi, approfittandone per sedersi sul davanzale: da lì la vista è sorprendentemente suggestiva, può quasi scorgere in lontananza i giardini di Villa Torlonia.
Chiara chiude gli occhi, riempiendosi i polmoni di un’ampia boccata di quell’aria insalubre, mentre un pensiero le attraversa distrattamente la mente, facendole sbocciare un lieve sorriso sul volto.
Cosa potrebbe mai succedere di così terribile in un posto del genere?
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Capitolo uno
L’inferno in Terra



«Ricordami perché questo caso è di nostra competenza, ti prego.»
Francesco si china a terra, un ginocchio poggiato sul suolo polveroso mentre fa scattare di nuovo la macchina fotografica.
«Perché i colleghi della Polizia sono oberati di lavoro e hanno chiesto gentilmente a noi di prendere in carico questo caso» spiega in fretta, cambiando angolazione «adorabili, non è vero?»
Paolo si arrotola le maniche della camicia fino ai gomiti, lasciando scoperti gli avambracci. Non stenta a credere che le vere motivazioni per cui il caso è stato affidato a loro siano ben altre: o per i loro colleghi il caldo afoso di agosto è insopportabile a tal punto da dover rinunciare a parte del loro lavoro – e questo lo dubita fortemente, quegli avvoltoi farebbero qualsiasi cosa per accaparrarsi i meriti delle indagini altrui, figurarsi se addirittura si mettevano a donare gentilmente casi che avrebbero potuto mettere in risalto persone non appartenenti al loro nucleo – oppure sotto a quella storia c’era qualcosa di più grosso.
«Già» commenta Paolo, con un sospiro seccato «proprio degli angeli dal cuore d’oro.»
I colleghi della scientifica, appurato che Francesco ha finito di fotografare vittima e scena del crimine, provvedono a coprire il corpo morto a terra con un lenzuolo bianco, mentre si affrettano a portare il cadavere via da lì. Con le temperature proibitive di quel periodo, c’è anche il pericolo che gli agenti atmosferici provochino delle modifiche molecolari compromettenti nella salma, il che sarebbe abbastanza problematico per la buona riuscita delle indagini.
«Comunque» Francesco si rialza in piedi, spazzando via la polvere dai suoi vestiti «per ora non sappiamo granché della vittima. Non aveva documenti con sé, però avrà avuto al massimo quaranta, quarantacinque anni. Non hanno cercato in alcun modo di cancellargli impronte digitali o altri elementi di riconoscimento, per cui possiamo ipotizzare che…»
«Fosse incensurato» conclude in automatico Paolo. Ha un’espressione corrucciata in volto, lo sguardo ancora fisso sulla pozza di sangue a terra, poco distante dal punto in cui, fino a qualche istante prima, si trovava il corpo della vittima.
«Conosco quello sguardo» Francesco gli si fa vicino, le braccia dietro la schiena «è lo stesso che hai ogni volta che c’è qualcosa che non ti torna.»
Paolo sospira di nuovo. E da quando in qua Francesco passa così tanto tempo ad osservarlo da accorgersi di una cosa del genere?
«Ragiona anche tu: in tutto questa storia non c’è una cosa che abbia senso» afferma infatti, impensierito «perché qualcuno dovrebbe prendersi il disturbo di uccidere un incensurato in un posto dimenticato da Dio come questo? Potevo capire se si fosse trattato di un latitante o di un qualsiasi altro genere di delinquente, se invece si tratta di qualcuno che non è nemmeno schedato capisci anche tu che il tutto comincia a delinearsi in una maniera abbastanza assurda.»
Per sottolineare la paradossalità della situazione, Paolo allarga le braccia, come a voler indicare il luogo tutt’intorno a loro: si trovano infatti in un capannone abbandonato, diversi chilometri fuori Roma, nel bel mezzo del nulla – o quantomeno di una campagna incolta, dove l’incuria la fa da padrona ormai da almeno un decennio, tra erbacce alte quasi due metri e rifiuti ingombranti ammassati in piccoli capannelli a distanza di un paio di metri l’uno dall’altro – tra le lamiere fatiscenti e il tetto mancante per metà. Tutto ciò non ha assolutamente alcun senso.
«Magari invece non è incensurato, anche se non gli hanno cancellato le impronte digitali» ipotizza Francesco, portandosi una mano al mento per riflettere meglio «chi l’ha ucciso potrebbe aver lasciato qui il corpo, impossibilitato in quel momento a spostarlo altrove o a cancellarne le tracce, con la convinzione di tornare qui in seguito per disfarsene definitivamente. Avrà pensato che tanto, essendo questo un posto abbandonato, nessuno avrebbe notato o meno la presenza di un cadavere, per cui avrebbe potuto anche agire con calma…»
«Mi sembra piuttosto azzardato, come scenario» replica Paolo, sempre più impensierito «ammesso e non concesso che il nostro amico qui appartenesse alla malavita, mi spieghi chi correrebbe il rischio di farsi scoprire lasciando il corpo della propria vittima qui, specie se il cadavere in questione appartiene a qualcuno che è schedato? D’accordo, in questo capannone non ci metterà piede anima viva da anni, però nelle campagne qui intorno ci sono alcune aziende agricole e le proprietà di qualche piccolo agricoltore, che porteranno sicuramente le greggi a pascolare qui intorno… per cui è impossibile che prima o poi qualcuno non si sarebbe accorto del puzzo di cadavere proveniente da qui, vento favorevole o meno. A proposito di questo, il caldo di questi giorni rende un po’ difficile stabilire da quanto tempo il cadavere si trovasse qui, tuttavia da quel che possiamo vedere è impossibile dargli meno di due giorni.»
«Beh, oggi è lunedì» riprende Francesco, concentrato al massimo nei suoi ragionamenti «questo apre la scena a nuove possibilità! Se il delitto è stato commesso due giorni fa, in un arco temporale compreso tra venerdì notte e domenica mattina, potrebbe anche essersi trattato di gesto episodico: magari qualche giovane, stordito dall’alcol e da chissà quale altra sostanza, dopo una serata in discoteca… potrebbe starci, dopotutto sono molti i ragazzi che frequentano questa zona un po’ più appartata, specie di sabato.»
«Non vorrei sminuire anche questa tua ipotesi, Francesco, sappi tuttavia che la trovo abbastanza inverosimile» ribatte Paolo, stavolta con un lieve sorriso «una persona in quelle condizioni non avrebbe mai la lucidità necessaria per sparare due colpi di pistola e centrare in entrambi i casi il malcapitato, addirittura in pieno petto. E poi, che motivo avrebbe avuto? D’accordo lo stordimento, mi spieghi però perché un ragazzo dovrebbe essere in possesso di una pistola e, per di più, dopo aver passato una serata in discoteca se ne andrebbe in giro nelle campagne romane ad ammazzare gente a caso?»
«Non lo so, magari anche la vittima si trovava nel locale dell’assassino, ci aveva provato con la fidanzata del ragazzo e questi ha deciso di porre rimedio alla faccenda con un regolamento di conti stile western?» prova Francesco, con l’abbozzo di un sorriso dipinto in volto.
Per tutta risposta, Paolo gli lancia un’occhiataccia.
«Okay, ho detto una cazzata, lo ammetto da solo» si affretta a riparare Francesco, mentre il sorriso scompare dal suo volto. «“Sii serio, Francesco, questo è un caso di omicidio vero, mica un poliziesco in TV”. Va bene.»
Paolo distoglie lo sguardo dal suo collega, tornando a fissare la macchia di sangue a terra; deve essersi allargata parecchio, nel corso dei giorni. È strano: nonostante quel cadavere si trovi lì presumibilmente da diversi giorni, in barba alla calura estiva il liquido non si è seccato. Adesso alcune mosche si aggirano su di esso, conferendo alla scena un’aria ancor più macabra.
«Piuttosto, c’è una cosa che continua a non tornarmi» ammette infine, con una certa dose di frustrazione nella voce.
«Sarebbe a dire?» s’informa subito Francesco, stringendo lievemente la fotocamera tra le mani.
«Se l’omicidio è davvero avvenuto qui, perché la scientifica non ha ritrovato nemmeno un bossolo?» domanda Paolo, consapevole di aver centrato un nodo fondamentale della questione.
«Mhh… l’omicida se li è portati via?» prova a suggerire Francesco, nuovamente in tono sardonico.
Prima che gli possa arrivare una nuova occhiata di traverso da parte di Paolo, si affretta a ritrattare.
«Va bene, la pianto» commenta infatti, scuotendo lievemente la testa.
«Comunque, finché non avremo un riscontro dalla scientifica è inutile stare qui a fare ipotesi» conclude Paolo, non senza una certa dose di rassegnazione «per quanto ne sappiamo noi, l’omicidio potrebbe anche essere avvenuto da un’altra parte e il corpo spostato qui in un secondo momento – anche se lo trovo improbabile per i motivi che ti ho spiegato prima. Ad ogni modo, adesso ci converrà andarcene di qui, quello che dovevamo vedere l’abbiamo visto. E poi questo caldo è davvero insopportabile.»

Chiara si maledice tra sé.
Ancora poco pratica delle strade di Roma, aveva pensato che affidarsi alla metropolitana fosse il metodo più efficace per non finire a Calcutta – o quantomeno evitare di perdersi al suo secondo giorno in quella nuova città.
Ovviamente, aveva sbagliato lato della metropolitana, finendo per andare anziché in direzione della sua nuova “casa” – Chiara nutriva ancora qualche remora nel definire in quel modo l’appartamento malandato dove era approdata giusto il giorno precedente – in quella opposta, ossia sulla linea per Termini. Fantastico.
Almeno così avrebbe imparato a controllare se ci fosse un altro ingresso, la prossima volta. Teresa le aveva detto che la distanza del loro palazzo dall’università era davvero irrisoria, per di più si era perfino prodigata nello spiegarle come tornare facilmente lì – solo che lei, ovviamente, non aveva capito nemmeno una parola della sua delucidazione, ancora troppo ignara in merito al nuovo, magico mondo delle strade di Roma. O almeno, così appaiono davanti ai suoi occhi, abituati alla realtà rurale di Pristino – per cui all’apparenza inconciliabili con l’attuale dimensione in cui si trova.
Un’altra cosa che avrebbe dovuto sicuramente evitare di fare era quella di lanciarsi sul primo treno disponibile, senza nemmeno controllare sulla mappa lì accanto se andasse nella direzione giusta o meno. Solo che vedere il vagone lì, davanti a sé, l’aveva inondata di energia, come se una scarica elettrica avesse percorso da capo a piedi il suo corpo… e se poi non fossero più passati mezzi per delle ore? No, doveva salire su quello, assolutamente.
La verità, constata amaramente Chiara, è che stava ragionando ancora con la mentalità di una ragazza che viveva in un paesino sperduto nel cuore dell’Italia. Ora che si trova a Roma, però, le cose sono notevolmente cambiate. Sembra ricordarsi solo in quel momento, infatti, che tra le altre cose Teresa le aveva detto anche che lì la metropolitana e i treni in generale passano praticamente ogni minuto. Chiara ricorda che a Pristino passava solo un treno, due volte al giorno, al mattino e alla seria. Probabilmente le ci vorrà ancora un po’, prima di abituarsi a quella nuova routine.
Tra l’altro, aveva vissuto tutta la sua – breve – permanenza in metropolitana in maniera estremamente rilassata, le mani strette attorno al sostegno in ferro centrale e lo sguardo perso in quella folla soffocante di persone. Solo quando dagli altoparlanti era stato annunciato che la prossima fermata sarebbe stata quella di Termini, aveva cominciato a farsi venire ben più di qualche dubbio.
“Beh, Termini è una stazione molto grande” aveva valutato tra sé, cogitabonda “se fosse dovuta andare in direzione di un punto di riferimento così importante Teresa me l’avrebbe detto, no?”
A quel punto, aveva alzato lo sguardo, fissandolo sulla piccola mappa della metropolitana fedelmente riportata sopra le porte del vagone. Se lei era salita a Policlinico e adesso stava andando in direzione Termini…
… allora aveva completamente sbagliato.
Prima che le porte del vagone si chiudano, Chiara schizza fuori di lì veloce come una scheggia. Riesce a confondersi in una stazione piccola, figurarsi nel caos che non fatica ad immaginarsi essere presente a Termini.
Così, mentre la metropolitana riparte, Chiara si avvia verso le scale, lasciandosi alle spalle un mezzo di trasporto pieno di turisti intenti a conversare in una lingua per lei incomprensibile e passeggeri d’ogni genere, razza ed età con al seguito enormi valige e trolley da viaggio.
“Sicuramente stanno andando alla stazione, saranno in partenza o qualcosa del genere” commenta mentalmente Chiara.
Nel frattempo, la ragazza sta frugando in maniera affannosa e confusa nella sua borsa, alla ricerca del proprio telefono. D’accordo, è una frana con la tecnologia e riesce a confondersi perfino con la direzione da prendere in treno – e no, essere in una città per lei nuova, immensa e totalmente sconosciuta è solo in parte una giustificazione – però deve pur trovare un modo per tornare all’appartamento.
Sta giusto digitando l’indirizzo dell’abitazione sul navigatore – e si sente immensamente stupida per questo – quando una folata di vento la raggiunge in pieno. Strano, da quello che ne sa lei a Roma non tira un filo d’aria da settimane…
La mappa sul suo telefono le sta segnalando che, per andare dall’università a via Pavia, non avrebbe dovuto prendere alcuna metropolitana, tuttavia Chiara non ha il tempo materiale per accorgersene, perché quel vento le sta portando via i fogli che aveva in mano.
No, i fogli!
È andata all’università, per poi puntualmente perdersi nei sotterranei della metropolitana, al fine di ottenere quei documenti: sono le ultime pratiche da riempire per l’ammissione a Psicologia e lei se l’è appena lasciate portare via così, in quel modo tanto banale.
Chiara non sa se mettersi a piangere. O forse ad urlare dalla frustrazione. Tuttavia, l’opzione che al momento le sembra la più plausibile, quantomeno se ci tiene a preservare la sua sanità mentale, è quella di mettersi ad inseguire quei dannati fogli.
Così, prima di poterci ripensare, inizia a correre dietro ad essi, lo sguardo puntato in alto a seguire la loro traiettoria attraverso il cielo.
Per sua immensa fortuna – o più probabilmente per un ennesimo colpo di malasorte – il vento pare di colpo placarsi, così che la sua pratica inizia a planare lentamente verso il suolo, finendo addosso ad un’altra persona, senza che Chiara possa fare niente per evitarlo.
«Ehi!» grida istintivamente, mentre si affretta a raggiungere il destinatario delle sue parole.
È un uomo, avrà al massimo quarant’anni, i capelli neri d’ebano e la camicia bianca spiegazzata, le maniche arrotolate fino ai gomiti. Al momento sta osservando confuso la sua pratica d’ammissione, la testa leggermente inclinata di lato.
Non appena la voce di Chiara gli giunge alle orecchie, subito alza lo sguardo nella sua direzione, la confusione che, seppur attenuata, stenta ancora ad abbandonare il suo volto.
«È tua questa?» il suo salvatore solleva appena i fogli, tenendoli ben stretti in una mano.
Nel frattempo, Chiara lo raggiunge; tuttavia, prima di potergli rispondere, è costretta a piegarsi su se stessa, le mani poggiate sulle ginocchia, mentre cerca di riprendere faticosamente fiato. Non credeva che la corsa l’avesse sfiancata così tanto.
«S-sì» si costringe a rispondere infine, sollevando il volto arrossato «mi dispiace, una folata di vento improvvisa me l’ha strappata via. Avrei dovuto essere più attenta…»
«Immagino di sì» commenta l’altro, restituendole i fogli «diciamo però che sei stata parecchio fortunata. Ammissione alla facoltà di psicologia, eh?»
«Ehm… già» ammette Chiara, non senza imbarazzo «ha letto?»
«Temo si tratti di “deformazione professionale”» ammette l’uomo, con un sorriso radioso che gl’illumina il volto.
Chiara sta già per domandargli quale sarebbe la sua deformazione professionale, quando d’improvviso sposta lo sguardo di lato, notando solo in quel momento che, appeso al muro di un palazzo poco distante da loro, si trova lo stemma delle forze armate.
Oh.           
«Comunque, piacere» prima che Chiara possa accorgersene, l’altra persona ha già allungato la mano destra nella sua direzione «Paolo.»
Chiara deve fare appello a tutte le sue forze per non lasciarsi sfuggire dei nuovi commenti monosillabici; per un momento quasi non si accorge neanche che l’uomo le ha rivolto di nuovo la parola, tant’è che – quando se ne rende conto – non può fare a meno di arrossire ancora di più.
«Chiara, piacere» si decide finalmente a rispondere, ricambiando lievemente la stretta di mano e limitandosi a tenere ora lo sguardo ben basso, fisso al suolo, decisamente in soggezione.
«Mi pare di capire che tu sia nuova di queste parti» commenta Paolo, con un sorriso bonario «beh, in tal caso benvenuta.»
«Oh, grazie» replica in automatico la ragazza, torturandosi una ciocca di capelli mentre se la sistema dietro l’orecchio «è così evidente, eh?»
«Avevi lo stesso sguardo perso che ho visto negli occhi di tanti turisti in tutti questi anni, da quando mi sono trasferito qui a Roma. E credo che lo avessi anche io, i primi tempi qui» spiega lui, scrollando le spalle. «Questa è una città immensa e piena di sorprese. Vedrai, ti troverai bene.»
«Spero solo di riuscire a trovare il modo di riuscire a tornare a casa e di non perdermi nei labirinti di Termini, adesso» ammette Chiara, mentre sente le guance farsi sempre più rosse e calde. «Incredibile, sono arrivata a Roma da due giorni e mi sono già persa.»
«Ah, non essere troppo dura con te stessa» la rassicura Paolo, lasciandole una pacca sulla spalla «vedrai che col tempo imparerai ad orientarti. In bocca al lupo con l’università, comunque!»
«Ancora grazie! Beh, allora arrivederci!» lo saluta Chiara, voltandosi di scatto e tornando a camminare verso l’imboccatura della via. Probabilmente al momento si stanno chiedendo entrambi cosa li abbia portati a dare confidenza ad un perfetto sconosciuto. Paolo è sempre così sulle sue, mentre Chiara è un’inguaribile timida, invece sono quasi riusciti ad intrattenere una conversazione. Che strano.
“Poco male, tanto questa città è così grande che, con molte probabilità, non lo rivedrò mai più in vita mia…” si sta giusto dicendo Chiara, mentre fa per scendere le scale della metro.
«Ehi!» d’un tratto una voce la richiama, costringendola ad alzare lo sguardo.
“… né tantomeno lo risentirò” finisce in quel momento di mormorare mentalmente, tuttavia Chiara sa già di essersi sbagliata per l’ennesima volta, perché i suoi occhi trovano la conferma a ciò che le orecchie avevano già intuito: la voce rivolta nella sua direzione, infatti, appartiene proprio a Paolo.
«Se non vuoi finire a Termini devi prendere la metro nella direzione opposta» le fa notare, con un sorriso bonario «l’ingresso lo trovi dalla parte opposta della strada.»
Chiara avvampa nuovamente; riesce a biascicare qualcosa di simile a un “grazie” un momento prima che l’imbarazzo prenda il sopravvento su di lei, costringendola a voltarsi e a schizzare in fretta e furia via da lì.
Paolo resta a guardare ancora per qualche secondo il punto in cui ha visto per l’ultima volta quella ragazza, prima che scomparisse, inghiottita dalla folla onnipresente sui marciapiedi romani. Non saprebbe dire nemmeno lui perché, eppure, mentre si volta per rientrare in caserma, pensa distrattamente che la giovane che ha appena incontrato abbia qualcosa di speciale.
I due ancora non lo sanno, eppure le loro strade sono destinate ad incrociarsi ancora.        





Angolo autrice

Odio il fatto di non sapere mai cosa dire in questa parte. Forse dovrei cominciare ad ometterla, eppure è come se  paraddossalmente  ci fossi così affezionata da non riuscire a farne a meno. Oh, perfetto, non ha assolutamente alcun senso.
Bando alle ciance, so già che adesso arriverà la parte in cui risulto assolutamente ridicola, per cui vedò di sbrigarmi e dire subito le cose importanti. Ringrazio anzitutto Gagiord per essersi presa l'onere di betare tutto ciò. È una precious cutie, prima o poi troverò il modo per ripagare tutti i suoi sforzi ♥
Poi, allora, vediamo: finalmente introduciamo la vicenda su cui verterà la storia. Abbiamo un omicidio: cosa sarà successo? Chi è la vittima? E il killer? Oh, beh, credo che sia ancora troppo presto per tutto ciò, se tuttavia qualcuno avesse voglia di lanciarsi in qualche volo pindarico in merito, le ipotesi sono più che benaccette ~
Spero di essere riuscita a far emergere un po' di più il carattere di Paolo: essendo un personaggio a cui tengo molto, è chiaro che più la sua personalità spicca e più me ne sento appagata. Tuttavia mi rendo conto che sia ancora un po' presto per esprimere giudizi in merito, per cui proviamo ad andare avanti e poi magari si vedrà, chi lo sa.
E dell'incontro tra i nostri due protagonisti, invece, cosa ne pensate? Io ne prevedo delle belle, tuttavia non vi anticipo altro.
Sono felice di essere riuscita ad aggiornare ad un mese esatto dalla pubblicazione del prologo, magari fosse sempre così! Nel mio piccolo cercherò sempre di mantenere una certa regolarità con gli aggiornamenti, tuttavia non vorrei mettermi fretta, altrimenti so già che il risultato dei capitoli potrebbe essere scadente, perciò... staremo a vedere ~
E niente, anche per questa volta credo di aver detto tutto. Grazie a chiunque leggerà, un commento è sempre gradito ♥ non so se riuscirò a rispondere perché questo è un periodo un po' incasinato, però come al solito proverò a fare del mio meglio, promesso.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto.

A presto
Aria
   
 
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